Lo Stato Moderno - anno II - n.17 - 5 ottobre 1945

LO STATO MODERNO RIPRESA DEL COMMERCIOESTERO Malgrado siano già trascorsi alcuni mesi dalla cessazione delle ostilità in Europa, la ripresa dei rapporti economici fra i paesi del continente e fra questi e quelli oltremare, è ancora ben lontana dal!'essere in una fase di realizzazione. Eppure non deve essere sfuggito U:l'attenzione di chi si è assunto l'im• pegno di assestare le cose europee il fatto incontestabile che nessun stato europeo avrebbe possibilità di vita se l'attività economica fosse circoscritta dai propri confini politici. La « vecchiaia > del nostro continente, in confronto agli altri, ha fatto sì che le nostre attività e produzioni si siano diversificate in infinite graduazioni e sfumature per cui non si possono sod– disfare i bisogni, anche i più essenziali, se non ricorrendo a beni che si trovano nelle più disparate regioni del mondo. La impossibilità di poterlo fare è, crediamo, una de:Ie cause del– l'esistenza in Europa di un nemico: la fame, ancor più temi• bile di quello sconfitto. emico che deve essere assolutamente dominato se non si vuole che la vittoria raggiunta col sacrificio di tante vite e di tanta ricchezza, si dissolva nel caos sociale e che alle enormi distruzioni de:la guerra si aggiungano altre ugualmente enormi, ma forse più dolorose, perchè dovute a cause meno indipendenti dalla volontà degli uomini. E' nemico che non si trova trincerato in poche regioni, ma si estende su tutta l'Europa: Francia, Belgio, Olanda, Germania, Jugo– slavia, Polonia, Grecia ed il nostro paese, per non citare che quelli dove la situazione sta per assumere caratteri tragici. Con la vittoria sui tedeschi, con la scomparsa della loro compagine militare, è pure scomparso quel complicatissimo sistema economico fondato, si, su condizioni che a lungo an– ùare avrebbero condotto al fal:imento, ma che momentanea– mente riuscivano a far affluire sui mercati una certa quantità di prodotti di prima necessità, mantenendo nel contempo la unità monetaria ad un livello non eccessivamente distante da quello normale. Una situazione grave Quest'organizzazione è scomparsa; nessuno se ne lamenta. ~fa nulla è venuto a sostituirla; per lo meno quanto è stato predisposto è asso:utamente inadeguato all'importanza del compito. L'autonomia nazionale e, molto spesso, anche regio– nale e provinciale, è venuta a sostituirsi a quella che in certa guisa era semi-continentale. Motjvi di sicurezza, di strategia, giustificano le misure prese; ma è altresì un fatto certo che nei grandi centri della Francia, dell'Olanda e del Belgio il tenore di vita delle popolazioni si è ridotto, dopo la libera– zione, a livelli non toccati prima di al:ora. A Parigi, nel gen· naio di quest'anno, la popolazione non disponeva che di 1.300 calorie al giorno, 500 calorie in meno di quanto disponesse durante la dominazione nazista. E' questa anche una delle ragioni per le quali l'unità monetaria, non più sostenuta da un sistema di costrizione fisica e morale, ha raggiunto il livello dettato dalle varie condizioni reali delle economie nazionali. A nulla vale attendere passivamente aiut_ida paesi dalla natura largamente forniti di beni e meno colpiti dalla guerra. In nessun paese i beni, di qualsiasi genere essi siano, si tro– vano in quantità inesauribili o in condizioni da essere pronti per l'uso; d'altra parte nessuno è disposto a cedere ad altri il frutto del proprio lavoro fino a quando concreti motivi di sicu– rezza non lo richiedono. Certo, ragioni di carattere tecnico, come le difficoltà dei trasporti, concorrono a rendere difficili i possibili aiuti, ma è fatto incontestabile che la stampa anglo– americana, durante i mesi scorsi, ha svolto spesso il tema della necessità per i paesi europei di fare fronte ai propri fabbiso– gni con le risorse locali. Occorre dunque accingersi a fronteg• giare, con serietà d'intenti, una situazione indubbiamente grave. Con queste previsioni per il prossimo avvenire, che cosa potremmo fare per migliorare le nostre condizioni di vita? Molto si è parlato e si parla dell'organizzazione del nostro mercato interno, dal punto di vista dell'offerta e della doman• da, della riattivazione dei nostri mezzi di trasporto, e così via. Poco o niente si dice invece rlelle possibilità di scambi con l'estero, come mezzo, fra gli altri, per ridare al nostro popolo un livello di vita decente; si sta dimenticando che il nostro paese, più di ogni altro. dipende dall'estero. La vera ricchezza La sola vera ricchezza dell'Italia è la mano d'opera. Il territorio non basta a sfamare i tre quarti della popolazione. Ci si trova, quindi, davanti a questa alternativa: o la nostra popolazione lavora in altri paesi o gli altri paesi fanno sì che la mano d'opera italiana lavori per loro in Italia. Poichè la prima alternativa è momentaneamente da scartare non resta che la seconda: cioè non resta che il commercio estero. Dalla seconda metà del 1943 ad oggi, i nostri scambi con l'estero si sono limitati al ricevimento di aiuti dalle Nazioni Unite ed alla esportazione in America ed in Inghilterra di piccole quantità di zolfo, mercurio, acido citrico e tartarico, agrumi, ecc. Nè si creda che, ritornando ad uno stato di cose normali, la situazione nei riguardi di questi paesi muti radi– calmente. Certo le nostre esportazioni comporteranno un maggior numero di articoli; ma in quanto al loro valore saran· no inferiori per parecchi anni, e non di poco, al valore delle nostre importazioni, le quali, anzichè essere rappresentate da generi alimentari e di consumo, saranno costituite da beni strumentali e da materie prime. Il saldo, per quella parte non coperta dai crediti a lunga scadenza che il mercato internazionale potrà avere convenien• za a concederci, dovrà essere bilanciato da saldi attivi della nostra bilancia commerciale con altri paesi e dalla esporta– zione della nostra mano d'opera. Dunque, poichè sia con l'In– ghilterra che con gli Stati Uniti la nostra bilancia commer– ciale non potrà essere che fortemente passiva, è interesse loro e nostro che l'Italia si costituisca saldi attivi commerciando con altre nazioni. Un duplice ordine <li motivi milita a favore della nostra ripresa commerciale con l'estero: l'impossibilità di ricevere aiuti adeguati alle necessità, nella contingenza attuale; il no· stro equilibrio economico nel quadro di un equilibrio inter• nazionale, per l'avvenire. Con quali paesi potremmo essere in grado di riprendere i nostri rapporti commerciali? Non certa– mente con tutti: il problema essenziale dei trasporti limita sensibilmente la sfera della nostra attività. Ma questa sfera comprende paesi che allo stato attuale delle loro condizioni economiche si trovano nei nostri riguardi in condizioni di com• plementarità, supposto che il loro assetto politico nel quadro internazionale non venga a mutare sostanzialmente. Intendia– mo parlare dei paesi balcanici dove, nel decennio 1929-39, abbiamo gradualmente perso una posizione particolarmente privilegiata a tutto favore dell'economia tedesca. Intendo an• che e soprattutto parlare dei paesi del vicino oriente (Turchia, Siria, Irak, Palestina) e dell'Egitto che, non colpiti dalla guer•· ra, hanno conservata integra la capacità produttiva, partico-– larmente agricola, e non sempre hanno avuto modo di con•·

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