Lo Stato Moderno - anno II - n.16 - 20 settembre 1945

LO STATO MODERNO 221 RASSEGNA DELLA STAMPA I Emigrazione (Realtà Politica, 1• agosto 1945). qu!!ibrio ec·onomico nazionale eh' e s s i tendono a determinare in modo razio– nale. Dal punto di vista sociale, tutto ciò si Il tema dei poveri emigranti co– stretti a lasciare la terra dei padri per andare in paesi lontani a lavorare per la prosperità l!ltrui è stato uno dei !eit-motiv della propaganda fascista; da quel quadro· patetico si traevano poi le conclusioni pratiche: niente emi– grazione, bensl colonizzazione di terri– tori coloniali italiani, ma, essendo le colonie nostre insufficienti allo scopo, necessità di guerre per conquistarci il • posto al sole», autarcl:)ia, intensa «produzione» demografica (che au– mentava il sovrapopolamento, ma in– ternazionalmente giustificava ancor più le pretese imperiali e le bellicose mi– nacce degli • otto milioni di baionet– te»), con le conclusioni che tutti sap– piamo. , traduce nell'affermare tanto per !'emi– grazione permanente quanto per !a tem– poranea i! principio che chi emigra per ragioni di lavoro non può essere !asciato partire aUa ventura, bensì può e deve avere dinnanzi a sè prospettive sicure, deve essere in possesso di rego!ari e validi contratti, che gli consentano ima seria e certa attività economica a eque condizioni. Ora, se quel tema era retorico e ser– viva a delle conclusioni sbagliate, ciò non toglie che fosse, e sia, reale il fatto del sovrapopolamento del terri– torio nazionale e fosse pure realtà la condizione di miseria e di umiliazione degli emigranti nostri, specia,!mente nei primi anni, quando di tutto ignari e 'di tutto sprovvisti dovevano fare il lo– ro noviziato, provocando spesso l'osti– lità di altri lavoratori per i bassi sa– lan cui vendevano il proprio lavoro. E' evidente che gli italiani devono po– ter ritornare ad emigrare, ma è altresì evidente che lo· devono fare secondo un nuovo orientamento;· a questo pro– posito ci pare assai utile riportare quan– to scrive Riccardo Bauer, sottolinean– do specialmente l'idea della comunità organica che emigra al completo, anche se Si dovrà durare qualéhe fatica per farla accettare ai paesi d'immigrazione meno popolosi e perciò più pi;eoccupati dell'assimilazione di forti nùclei mi– gratori. L'orientamento nuovo non può esse– re che consono alla situazione politico– economica internazionale. Che t stato generale- di crisi, cui si' cerca di far fronte con provvedimenti razionalmen– te inquadrati in piani più o meno com– piuti e rigorosi, ma pur sempre dovuti ad iniziativa del corpo politico, il quale soltanto può essere in possesso di tutti 9!i elementi estremamente complessi di ogni problema. L'emigrazione O !'immigrazione non è, sotto questo punto di vista, ch.p una del– le tante manifestazioni particola i in cui si arti'co!a l'attività economica na– zionale, la quale non può più essere ab– bandonata a! gioco delle iniziative indi– viduali, anche se queste non debbano essere negq.te in mogo assoluto. Lo Stato che cede mano d'opera e quello che ne accoglie di straniera non possono rima– nere indifferenti di fronte ad un feno– meno che necessariamente modifica l'e- L'emigrante, che con !a propria par– tenza assicura al paese d'origine un vantaggio, non può · essere considerato un reietto o un fuggiasco; è un citta– dino ed un uomo cui spetta aiuto fra– terno. Nella sfera dell'emigrazione tempo– ranea, si può a tal fine chiedere che uffici competenti curino l'organizzazio– ne, sotto forma cooperativa o meno, di vere e proprie compagnie di lavoratori assuntrici dell'appalto di Ìavori ed im– prese div'erse in Stati stranieri, sot– traendo così gli emigranti da un lato allo sfruttamento che in passato dolo– rosamente conobbero nella loro vita randagia alla ricerca d'occupazione (ta– vernieri, prestatori di denaro, ingag– giatO'Ti né assorbivano in gran parte il guadagno); dall'altro difendendoli con– tro !'infamia di contratti individuali ju– gulatorii, o!tre che dalla ostililà dei lavoratori indigeni spesso intinti di chauvìnismo · e di spirito particolaristi– co, e portati a scorgere nell'immigran– te, più che il collaboratore in una ope– ra a vantaggio comune, il concorrente, 1 quando non !o strikebreaker, il crumiro. Nel campo della emigrazione perma– nente si dovrebbe giungere al trasfe– rimento di vere e proprie comunità or– ganiche. Vi sono paesi (Amefica meri– dionale, Sud Africa, Kenia, ecc.) che debbono assorbire enormi masse di po– polazione per passare da uno stadio di vita semico!oniale a quello più profon– damente evofut 0 consentaneo alle gran– diose possibilità di cui sono ricchi. Pos– sono essi in effetti accogliere numerosi nostri lavoratori, !oro concedendo l'uso di vaste terre da dissodare e fecondare. · Ma non solo di contadini abbisognano e potremmo e dovremmo noi stessi of– frire lavoratori di ogni altra categoria. Soluzione ottima, sarebbe forse quel– la 'd! costituire, ad wera di uffici ad hoc, vere· e proprie comunità che si trasferiscano come tali 111,e!!a nuova pa– tria, interamente ordinate ed attrezzate ab origine, per reoarvi un nucleo de– mografico economico ed amministrati– vo immediatamente capace di f'unzio~ nare e fiorire. La nuova comunità partente in questa moderna « primavera» dovrebbe costì– tuirsi come unità dotata. ad es. è!ì un, proprio maestro, del medico, de! far– macista, de! segretd'rio comunale, di un legale - già brevemente istruiti sulle leggi de! paese di destinazione·- di tut– ti inoltre gli esperti deL!e necessarie at– tfvità artigiane, così preziose nella vita di una nascente colonia. Tutti conve– nientemente attrezzati. Precedute dai lavoratori siffattamente organizzati, !e famiglie rìspettive seguirebbero di poi non appena la nuova collettività si fos– se insediata in modo soddisfacente. Non più povere famiglie allo sbaraglio, ma ordinati trapianti di popolazioni labo– riose, col minimo disagio. Questa la mèta ideàle. Vogliamo per altro dissipare un ap– punto che potrebbe essere mosso alla prospettata soluzione, e cioè che si ten– da a creare in tal modo delle « colo– nie » italiane destinate a costituire co– me . altrettam.ti tumO'Ti a!!ogeni nella compagine nazionale ospite. No, si tratta di risolvere umanamente un problema , che in passato è stato affrontato e ri– solto con grave costo di vite e di la– crime. Le comunità costituite sono de-· stinate ad inserirsi lealmente - fuor d'ogni artificiosa esaltazione del sen,ti– mento nazionale - come unità orga– niche nella vita della nazione che !e accogliesse nel proprio seno, senza pri– vilegi o distinzioni di sorta. Non è un pezzo di patria italiana che si vuol trai– piantare perchè tenda ad artificiosa– mente conservarsi nella cerchia de!!(!' vecchia solidarietà nazionale, ma è una iniziativa resasi necessaria nelle pre-. senti circostanze storiche e che vuole essere attuata con spirito realistico e sgombro da falsi sentimentalismi è una nuova cellula umana che si aggrega act un complesso diverso dall'originale, per acquistare maggiore dignità civile. Ect è questo il risultato umano CUi tendia– mo e dobbiamo tendere. Ferociae ciwillà (Realtà Politica, 1 • agosto 1945). E' di comune esperienza la constata– zione di quanto la guerra, questa guer– ra, ci abbia induriti e resi insensibili alle manifestazioni più brutali di fero– cia; per convincersene basta pensare con quale placidità ognuno ascoltasse 0 leggesse di decine, di centinaia e di · migliaia di morti, vittime quotidiane · della guerra infuriante per terra, per , cielo e per mare e soltanto ,si scuotes– se, ma per breve mom.ento, all'annun– cio di un ritrovato ancor più micidiale. Solo lJl bomba atomica impressiona a più di un mese di distanza le, nostre menti, ma non tanto, e non soltanto, per un senso di compassione umana, quanto per un pericolo incombente sul– la nostra personale incolumità in un futuro malcerto. A guerra finita, que– st'indifferenza alla morte e questo abi-

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