Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

~O STATO MODERNO 181. LE VICENDE POLITICHE DEL _PERIODONAPOLETANO ( continuazione dal numero preced'ènte) Probabilmente in questo periodo s'inserisce un fatto narra– tomi da testimoni attendibili. Il generale Basso avrebbe dato ordine di anestarmi, ma il colonnello dei caTabinieri inca– ricato dell'operazione si sarebbe rifiutato di eseguirla. Inoltre si fece un tentativo dì rendere irrsostenibile la mia posi– zione. Avendo io consentito che un centinaio di studenti si rad~as~ in un'aula dell'Istituto di Farmacologia a redigere gli statuti di una loro associazione, la ,polizia occupò l'istituto e quando io con gli studenti mi recai a reclamare lo sgombero dei locali gli agenti apersero. il fuoco, fortunatamente senza vittime. La cosa ebbe ancora uno strascico con la polizia al– leata che credette di dover assumere la difesa ,di quella italiana; ma poi tutto finì senza seguito, e tenni fermo sul punto della libertà universitaria. Intanto, a poc_o a poco la vita politica si rafforzava. I partiti politici, prima senza permesso, poi col permesso co– minciarono a pubblicare foglietti settimanali. Le comunica– zioni migliorarono. Ci si potè collegare con le province. Stabilimmo di tenere verso Natale un congresso dei C.L.N. a Napoli. Il governo alleato ce lo proibì. Protestammo. A capo della protesta ·si mise Benedetto Croce. Venne al Comitato di Liberazione e redasse la protesta da trasmettere ai tre capi degli alleati. I democratici cristiani non volevano aderire alla protesta. Il Croce e il Comitato non si turbarono della minacciata · secessione. Si recarono dal colonnello Hume a consegnare la protesta: all'ultimo momento sopraggiunsero i democratici cristiani ad apporre la loro firma. Il risultato si fu che ci venne consentito di tenere il congresso nel mese di gennaio a Bari e di schierare le nostre forze di fronte alla piccola monarchia di Brindisi. A qualche cosa la tenace resistenza aveva portato. II In occasione del mancato convegno di Napoli i partiti si erano alquanto riorganizzati. Erano venuti a Napoli non pochi rappresentanti delle province, si erano tenuti consigli regio– nali è le direttive si erano precisate; ma i partiti comincia– vano anche a divergere fra loro. Man mano che essi s'irrobu– stivano, si preoccupavano di più del proprio successo, e po– sponevano quelli che erano gli interessi comuJlli e che pote– vano consolidare un regime di libertà uscente dalle rovine del fascismo. Errore grave perchè s'indeboliva la base stessa della loro azione, facilitando riprese fascistiche. Avviéinandosi il congresso di Bari, r attività d'intrigo della monarchia, che si preparava a .>trasferirsia Salerno, crebbe notevolmente. I comunisti, e dietro di loro i socialisti, il 21 o il 22 gennaio andarono a Vietri sul Mare a trattare col mare– sciallo Badoglio. Non conçlusero nulla, ma diedero il -~gno di un'iniziativa non concordata col C.L.N. Naturalmente i democristiani e r ala conservatrice dei liberali ripresero gli assaggi per un compromesso con la monarclùa. Saggiarono il terreno con me. Addussero il fatto che combattendo la mo– narchia appoggiata dagli alleati ci trovavamo in un \'icolo cieco e che correv'ano il pericolo di non spuntarla e di pro– vocare la reazione del popolo; secondo loro il governo• Bado– glio aveva possibilità di successo, in quanto disponeva del potere e dei nuovi partiti che sotto l'auspicio del sottosegri-– tario degli interni Vito Reale si andavano costituendo. Non mancarono gli accenni a quello che era il gr~de cavallo di battaglia dei Carignano, che cioè il pubblico era incline a considerare fa politica come una turpe malattia e che biso– gnava pensare al pane delle moltitudini affamate (quasi che una sottomissione alla monarchia dovesse di colpo creare la abbondanza). Insistevano sul divario fra teoria e pratica e poi sull'argomento cattolico-gesuitico dell'irrimediabile cor~– zione del genere umano, che è il preambolo di ogni lassi– smo. Risposi semplicemente che il transigere era un conva– lidare il neofascismo e il sistema di soperchieria, oggi della monarchia come ieri di Mussolini; che non si poteva risolle– vare il paese piegandolo a un compromesso poco decoroso. Se non si dava segno di una decisa volontà di mutar si– stemi per l'Italia era finita, si restava un popolo morto. So– stenevo che di fronte alla politica non del tutto esplicita degli alleati non bisognava abbandonarsi ad atteggiamenti isterici di entusiasmo o di scoramento: solo la fermezza pacata po– teva giovarci.· In complesso questi assaggi ebbero un effetto demoraliz– zante, venissero da destra o da sinistra. Si ebbe un tentativ() d'infiltrazione anche nel partito d'azione ad opera di taluni massoni, probabilmente d'intesa con la massoneria philipso– niana; ma tutti reagirono energicamente ed ogni tentativo di compromesso fu risolutamente respinto dal P. d'A. In complesso nei giorni che precedettero la convocazione del congresso di Bari, un'aura di diffidenza dominava in Na– poli, sia fra i partiti, sia entro i partiti ~r gli intrighi ~o– narèhici. L'ambiente era invece molto migliore a Sorrento, nella vil– la di Benedetto Croce. Benchè un grosso gruppo dei suoi seguaci fosse più o meno criptomonarcbico, e disposto a tran; sigere col re, il senatore, d'accordo in ciò con lo Sforza, era implacabile nei riguardi del re. Parlava della possibilità di dichiarare a Bari decaduto Vittorio Emanuele III e prepa– rava il grande discorso che fu la più dura rèquisitoria èontro la politica della monarchia nel ventenniÒ. Forse egli s'illu– deva che, purgata del maggiore responsabile e del figlio (in questo periodo anche verso il principe troppo compromesso col fascismo l'accanimento era forte ed appassionato), la mo– narchia potesse salvarsi nella persona del nipotino. Da parte mia non gli nascondevo l'impossibilità di conservare una di– nastia una volta che eran caduti nel fango la leggenda e il prestigio della casa, e che perciò era più coerente e più utile per il paese che anche chi non fosse di convincimenti repub– blicani prendesse posizione per la repubblica. Infatti ogni transazione avrebbe in qualche modo trasferìto nel diritto co– stituzionale il delitto del colpo di stato fascista che invece doveva essere espiato. Da parte del Croce e dello Sforza c'era la disposizione a costituire e a mettersi a capo, in Bari, ad una commissione che di fatto fosse un ;mtigovemo, a patto che questo anti– governo, pur ricavato· fra tutti i partiti, fosse scelto organi– camente da un presidente secondo le costumanze parlamen- . tari invece che per meècanica aggregazione dei designati dei– partiti. L'utilità di un antigoverno con nomi di prestigio in– ternazionalmente riconosciuto che potessero agire sull' opi– nione pubblica alleata mi fece inclinare verso tale possibilità, della quale, naturalmente, non credetti opportuno far cenno neppure agli amici di partito, per evitare che trapelassero le nostre intenzioni. L'importante era non fare un gesto a cui non seguisse un'azione adeguata. Tra il 25 e il 26 gennaio

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