Lo Stato Moderno - anno II - n.15 - 5 settembre 1945

LO STATO MODERNO 197 R.as segna della stampa Speranzesulla bomba atomica (L'Jta,tia Ubera, 22 agosto 1945) La bomba atomica ha affrettato di pa– recchi mesi la fine della guerra in Estre– mo Oriente; essa ha però, con la sua stessa micidialità, posto nuovi proble– mi morali e politici circa l'avvenire di un"umanità ancora non affrancatasi dal flagello della guerra e ora in pericolo di soccombere vittima delle armi da lei stessa inventate. Gli eterni pessi– misti già ripetono profezie wells1ane di catastrofiche guerre planetarie; noi, per conto nostro, riteniamo ,davvero di trovarci di fronte a qualcosa di cosi terribilmente nuòvo che crediamo ve– ramente possibile che il problema del– la guerra sia posto e risolto su nuo– ve basi e col problema della guerra anche quello della pace· e della giusti– zia internazionale. Così ci sentiamo di aderire a molte delle argomentazioni dell'articolo di Robert Vansittart, « La politica di potenza è saltata in aria»: n 6 agosto 1945 è stata lanciata la prtma bomba atomica. Essa ha posto fine a qualcosa di più che la resistenza giapponese e le sue conseguenze poli– tiche sono proporzionate alte conseguen– ze militari e fisiche. Ci siamo sempre inchinati, in tu"tti i tempi, davanti alla « grandezza ». La base dei Tre Grandi è l'antico culto deUa grandezza; la Carta di San Francisco ne ha consacrato la nuova apoteosi. Ma ecco che questa improvvisamente si è rivglata una illusione come la maggior parte dei nostri miti materiali. I Gran– di, Tre o Cinque, si erano posti al di sopra della Legge, facendo gli altri dipendenti dal loro voto. Ora tutti sono sullo stesso livello: in alto o in basso. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti pos– sono b·en decidere d! mantenere il se– greto: fra non molto il segreto si dif– fonderd. I Grandi si recarono a Potsdam. Le loro conclusioni, benchè in parte eccel– lenti, sono viziate dalla loro noncu– ranza per !e piccole nazioni, nessuna detle quali è stata consultata e che sono costrette a mendicare le riparaztoni presso i ricchi. Gli alleati occidentali, rinunciando ad avere voce in capitolo nell'Europa Orientale, hanno continuato e rafforzato la tradizionale eresia delle sfere di influenza, nelle quali i Grandi hanno sempre incluso arbitrariamente i piccoli. I! mondo veniva in tal modo ricostruito sulle salde fondamenta del– l'ingiustizia, ma ecco che il 6 agosto tali fondamenta venivano infrante. In seguito a ciò molte cose devono cambiare, anzitutto la mania per il nu– mero: la politica degli • otto milioni di baionette» ha avuto proprio in Giappo– ne la più clamorosa délle confutazioni. ... un vecchio feticcio è andato in fran– tumi: il numero e la grandezza non hanno più alcun valore. A che giova in- fatti aumentare le popolazioni e ar– marle fino a! denti se in definitiva l'a– tomo è l'ultima parola? Con una mag– gior massa di popolazione non si avrà che un maggior numero di vittime. Per tutti quelli che « basano la loro fede sulla Bibbia della spada e del cannone • la carn,e .da cannone è stata semplice– mente sostituita dalla carne da atomo. Di conseguenza nessun precedente concetto dt « sicurezza • è più valido. i grandi Paesi non la troveranno più negli Stati « cuscinetto », nei Protetto– rati, nelle sfere di influenza, nell'annes– sione di 1 territori altrui, netl'assorbi– mento di paesi vicini o neU'imposizione dei sistemi stranieri. Con le sue pre- • messe la Carta Atlantica intendeva eli– minare questa illusione di sicurezza. E tuttavia ,ci si è aggrappati ad essa fin– chè un'esplosione non l'ha distrutta. Il risultato sard la riforma della morale internazionale: Iddio sa quanto sia ne– cessario! Lentamente siamo arrivati a comprendere che nessuna societd è salda quando non sia basata su,Ua paritd fra gli individui, ma non abbiamo tradotto in pratica la paritd fra le nazioni, seb– bene questa sia stata proclamata nella dichiarazione di Mosca. Ora siamo pros– simi ad ottenerla grazie all'uranio. Contro. coloro che nonostante tutto van ripetendo che « le guerre Ci sono sempre state, e ci saranno sempre•, mi paion assai calzanti le considerazioni del Salvatorelli (La Nuova Europa, 10 dicembre 1944): « La guerra classica· era un esperimento, la « prova delle armi •, come si diceva, o il • giudizio di Dio•• con cui, a un certo punto, per una specie di tacita convenzione seco– lare, si decidevano contese che le trat– tative pacifiche non erano i;iunte a ri– solvere. La posta del gioco era supe– riore, come di ragione, alla messa in gioco. Oggi si rischia tutto per ottenere - se ,pur si ottiene - qualicosa; si litiga spendendo per il processo la totalità del patrimonio , sull'appartenenza di una partiL'ella del quale la lite dovrebbe decidere. Attraverso un ampliamento illimitato ,la guerra ha realizzato una vera « ireductio ab aibsurdwn •• un as– surdo, tuttavia, che purtroppo è stato realizzato sulle vive carni dell'uma– nità». J tempi mutano (Domenica, 26 agosto 1945) Invitiamo i nostri lettori a riflettere, se già non l'abbiano fatto per conto loro, sul rovesciamento della politica sovie– tica fra il 1917 e il 1945 come è incisi– vamente ricordato in questo corsivo: Nel 1917 Lenin si rivolse a tutto il mondo per invocare, con argomenti del– la più pura ortodossia marxista, « una pace senza indennitd e senza annessio– ni•· Nel 1945 Stalin, Tito e i loro amici comunisti all'estero reclamano a gran voce e sempre con argomenti ortodossi: una pace con molte ìndennitd e molte annessioni. Questo, nella nostra attuale situazione di italiani ci può dispiacere, ma come esseri pensanti ci esorta di nuovo a considerare che !e ideologie si adattano agli Interessi nazionali assai più facilmente di quanto gli interessi si pie– ghino alle ideologie, e a giudicare gll uomini non da quello che dicono ma. da quello che fanno. Si osserverà subito che quello eral'at– tegglamento morale dei vinti, questo quello dei vincitori; la morale è dav– vero una sovrastruttura dell'economia, il marxismo ha proprio sempre ragione! Parole oneste (L'Unità, 24 agosto 1945) Ci pare che non siano state sottoli– neate come meritavano le parole pro– nunciate da Togliatti a Roma in occa– sione del Convegno economico del par– tito comunista italiano; sono veraJ\lente le parole sensate di un uomo che sa ri– fuggire dalla facile demagogia: It nostro· orientamento generale si concreta nei seguenti' punti: in primo luogo, noi siamo contro ogni politica catastrofica; siamo per la politica co– struttiva, anche nel campo economico; non vogliamo la bancarotta dello Stato ed agiamo dal basso e dall'alto contro la. inflazione, anche se questa potesse ser– vire a determinati gruppi di operai~ perchè essa è contro gli interessi dei ceti medi: e dei ceti a reddito fisso. In secondo luogo, nOi siamo per una. politica di pi:,oduzione, di lavoro e non per una politica di sussidi, eccetto che fn casi ristretti e determinai. La con– cesstone del 7 5% dei salari a masse– operaie, che ri~angono in fabbrica quasi senza lavorare, è stato un prov– vedimento straor<itnario, col quale non è ,possibile continuare: bisogna dirlo apertamente agli operai. La politica di mantenere masse di cittadini a spese dello Stato condurrebbe inevitabilmen– te - come già è avveputo nel passato - alla rovina della società ed in par– ticolare alla rovina del regime. Questo non impedisce che si possa accordare un sussidio per lenire le conseguenze– della disoccupazione. Particolarmente importante può essere, nella nostrà si– tuazione, il sistema dei turni. Ma la po– litica fondamentale nostra è una poli– tica di produzione. « In terzo luÒgo, si pone il problema: Iniziativa privata? Controllo? Pian.o na– zionale? Oggi pensare ad un piano na– zionale è utopistico. In un regime so– cialista con la dittatura de! proletaria– to, i bolscevichi ·sono giunti al -piano nazionale industriale nei 1928,a 10 anni dalla rivoluzione. Noi non siamo in ima societd socialista, nè ci proponiamo di instaurarla immediatamente. Nella no– stra societd un piano economico nazto– nale non è possibile.

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