Lo Stato Moderno - anno II - n.14 - 20 agosto 1945

LO STATO MODERNO 163' mettere una ordinata liquidazione dei beni: non li per lì tumultuosamente, senza accordi preventivi, senza una siste– mazione predisposta nei luoghi di arrivo, in quel modo cioè che i Tedeschi usarono durante la guerra e che noi rimpro– veriamo loro come barbaro. E, soprattutto, non si può al "tempo stesso - come dicevamo nel numero del 20 giugno_ di que– st"anuo - sottrarre territori (e in qual misura!) alla ~rmania, e pretendere di stipare i Tedeschi di fuori nel ridotto spa– zio che le si lascia. La Germania propriamente detta - senza l'Austria e i Sudeti - aveva alla _vigilia della seconda guerra mondiale una densità di 145 abitanti per kmq., superata in Europa solo dal Belgio, dall'Olanda e dalla Gran Bretagna. Una popolazione così densa - se si tien conto che il paese non dispone di grandi risorse agricole - deve vivere in gran parte d'industria. Ma se noi le togliamo molte di que– ste industrie, se noi la riduciamo in 350.000 kmq., o meno ancora, in luogo di 470.000, se noi in questi 350.000 kmq. costringiamo i 68 milioni di abitanti di prima e i tre mi– lioni espulsi dalla Cecoslovacchia ed altri ancora dall'Unghe– ria e dalla Polonia, portando la densità a 250 abitanti per kmq., si apre una crisi senza rimedio che può avere le più gravi conseguenze per l'Eurcpa intera. Purtroppo, i nazionalisti di tutti i paesi non capiscono tutto questo o non vogliono capirlo. E i governi - anche quelli nati dal travaglio della resistenza e della liberazione, in Francia come in Cecoslovacchia, in Polonia come in Jugo– slavia - sono accecati dal nazionalismo. E avviene così che la Francia tenti colpi di mano nella Val d'Aosta e nella ·Li– guria occidentale e rinneghi l'indipendenza concessa nel mo– mento della crisi alla Siria ed al Libano (nei confronti della Germania non si sono ancora rese note le rivendicazioni), e che la Cecoslovacchia espella i Tedeschi dei Sudeti e re– clami la Lusazia e °la Slesia, e la Polonia accetti di buon grado le frontiere dell'Oder e del Neisse, e la Jugoslavia si insedi a Trieste e in Carinzia. Ma a questo modo si pre– para soltanto la terza guerra mondiale. Se ne renda conto il giovane Governo laburista di Londra ed eserciti tutta la sua influenza per impedire che il sessennio tragico. della se– conda guerra mondiale si concluda con trattati di pace forieri di maggiori tragedie. ANTONIO BASSO DISCUSSIONISULL'"OCCUPAZIONE TOTALE,, 1. - Le discussioni svoltesi in Inghilterra sulla piena oc– cupazione, vale a dire sulle condizioni necessarie a dar vi_taad una attività produttiva tale da assorbire tutta la milno d'opera disponibile, fu impostata da alcuni articoli apparsi sull' Econo– mist nell'ottobre e novembre 1942, articoli che diedero luogo a discussioni quanto mai interessanti e portarono ad una nota conclusiva redatta nel gennaio 1943; mentre nel maggio 1944 apparvero contemporaneamente un volume del Beveridge dal titolo Full emiployment in a free society ed un Libro Bianco del Ministero della Ricostruzione ~ulla politica econo– mico-finanziaria del Governo britannico per il trapasso dal tempo di guerra al tempo di pace in cui si stabilivano le di– rettive e si studiavano i mezzi ritenuti più atti sia a far su– perare tale congiuntura che a mantenere, successivamente, la piena occupazione. Le correnti di pensiero citate e le dichia– razioni del Governo britannico traggono vita da un comune motivo: cioè che il conflitto europeo ha messo in luce la pa– radossale possibilità di far sparire la disoccupazione pagando il doloroso prezzo di una guerra. Ci si chiede perciò giusta– mente ,se non è possibile raggiungere lo stesso fine in modo ben diverso; fine di fondamentale importanza per una demo– crazia in quanto le masse, a torto od a ragione, valutano la si– curezza del domani e la libertà dal bisogno ,più delle stesse libertà politiche. Un esame degli articoli dell' Economist e del• la discussione seguitane può essere perciò assai utile. 2. - La disoccupazione, come è noto, è di diversi tipi. An– che in momenti di grande prosperità economica vi sono in– dividui temporaneamente disoccupati in quanto, ad esempio, per ragioni climatiche, non possono svolgere la loro attività, Mme nel tipico caso dell'industria edilizia. Con opportuni provvedimenti si può contenere questa forma di disoccupa– zione: ma non è questo evidentemente il caso che importa discutere lungamente in uno studio a carattere generale. Inol– tre il passaggio dall'una ali'altra impresa e, più ancora, da una data occupazione ad una di diverso tipo richiede normal– mente un certo lasso di tempo e di conseguenza sul mercato ,è sempre presente, purtroppo, un certo gruppo di disoccupati, magari solo per un breve periodo; spesso la disoccupazione sa– rebbe poi minore se le masse operaie avessero la vo:ontà o la possibilità di spostarsi rapidamente da un luogo ad un altro. Ma le cause indicate di disoccupazione non sarebbero respon- ... sabili, qualora operassero esse sole, che di una qu~ta relati– mente modesta di disoccupati, in quanto, ben più notevole, è il peso delle fluttuazioni cicliche cui è soggetta la dinamica della vita economica. Intesa la disoccupazione nel senso qui spiegato si può convenire che, nel caso inglese sia corretto parlare di piena occupazione qualora i disocc~p;ti non sup1'– rino il mezzo milione di unità, vale a dire il 3 per cento della popolazione occupata. Quale è la terapia economica da applicare?· Il pensiero del– )' Economist al riguardo si può così sintetizzare: 1) Le depressioni cicliche sorgono soprattutto a causa della mancanza di equilibrio, fra il flusso dei risparmi volon– tari e quello delle spese per il mantenimento e l'aumento delle attrezzature produttive. 2) Il metodo per prevenire questo periodico squilibrio do– vrebbe essere il controllo della creazione di attrezzature pro– duttive per renderla più regolare e sufficientemente _ampia da assorbire il flusso dei risparmi. 3) Nel perseguire questa politica lo stato dovrebbe dare una priorità, fra i vari mezzi che l'esperienza e la terapia eco– nomica consigliano, allo stimolo dell'investimento di capitale in imprese «rimunerative»· (sia pubbliche che private) ed a quegli investimenti pubblici definiti come necessari in quanto richiesti dalla politica oppure dalla necessità di mantenere l'occupazione totale. Solo quando questi espedienti siano esau– riti lo stato dovrebbe imbarcarsi in lavori pubblici « non ne– cessari » e « non rimunerativi ». 4) Per stimolare l'investimento «rimunerativo», i con– trolli indiretti, soprattutto per mezzo del tasso di interesse, sono verosimilmente _inadeg~ati, e si dovranno adottare me– todi diretti, quali garanzie contro il rischio, allo scopo di espan– dere gli investimenti; inoltre si dovranno adottare agevolazioni fiscali, come le esenzioni o riduzioni di carico tributario per l'investimento dei fondi di ammortamento se effettuato du– rante la depression~. 5) Non yi è ragione di teniere che, con questi mezzi, l'oc– cupazione totale non possa essere consegujta. La necessità di perizia e vigilanza deve garantire il raggiungimento di tali fini senza portare altr-i mali quali totalitarismo economico e politico, inflazione, conflitti economici fra stati, monopoli pro-

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