Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

LO STATO MODERNO 135 STATO E DEMOCRAZIA II La teoria contrattualistica, che attribuiva alla libera vo– lontà degli uomini la fondazione dello stato non era nuova, anzi era antkhissima; e dato il suo scopo di sottrarre l'ori– gine dello stato alle concezioni meramente provvidenziali e teologiche, e cli riallacciarlo all'attività razionalmente gui– data dell'uomo, non poteva non .essere stata accolta favore– volmente dul razionalismo umanistico e teologico del pen– siero moderno; e infatti, la corrente del -diritto naturale (dal Grozio in poi), che rappresenta la traspo.,izione, nella sfera delle scienze morali e giuridiche, di quelle esigenze razio– nalistiche che s'eran prima fatte valere nella sfera delle scienze naturali, accolse e div..ulgò )a tesi contrattualistica dell'origine dello Stato, a sEfgnoche, nell'uso comune degli storici del pensiruo politico, indirizzo gi\;lsnaturalistico e dot– trina contrattualistica dello Stato sono espressioni equivalenti. Ma nel corso del '600 e del '700 la teoria del contrattua– lismo, premuta dalla pratica ad essa antitetica dell'assolu– tismo, non solo non era potuta giungere ad un completo e coerente chiarimeuto cli se stessa, ma si era piegata alla situa7Jone politica del tempo, facendosi essa stessa conva– lidatrice della concezione assolutistica della stato. Secondo la communis opinfo deg:i scrittori del dfritto naturale, al contratto sociale, che faceva cli una moltitudine dispersa un popolo (pactt1m societatl,), si affiancava, o meglio si sovrap– poneva un nuovo contratto, in virtù del quale il popolo, cosi costituito, si sottometteva ad un sovrano, fosse esso un principe, un concilio aristocratico o un'assemblea popolare (pactum subiectionis). Questo secondo contratto, che am– mettendo l'alienazione da parte del popolo della sua libertà, finiva per distruggere l'efficacia del primo, e quindi la ra– gione stessa della concezione contrattualistica, questo se– condo contratto, o patto di sottomiss~one, presupponeva per rafforzarla quella separazione tra popolo e sovrano, tra sudditi e capo, tra dominati e dominatori, jn cui si rivela la caratteristica rssenzia!e dello stato non democratico, pre– supponeva cioè quella entificazione dello stato, quella con– siderazione dello stato come ente per sè stante, che sin qui abbiamo indicato come il principio informatore delle dot– trine del dispotismo antico e moderno. Rimanendo nella via tracciata dal contrattualismo, il supe– ramento della teoria del dispotismo non poteva avvenire se non attraverso l'eliminazione del patto di sottomissione; que– sta eliminazione so]tanto avrebbe ridato tutto il suo vigore e la sua efficacia di fondamento democratico dello stato al patto di società. Ed è questa l'opera del Rousseau; il quale, rompendo una tradizione in cui il pensiero politico si era solidificato, poteva essere ben considerato dai suoi contempo– ranei, e soprattutto dalla generazione successiva, protagonista della Rivoluzione, come il primo grande scrittore rivoluziona– rio. Dei due contratti costitutivi dello stato, il Rousseau, men– tre negava ogni efficacia al secondo, cioè al patto di sotto– missione, sostenendo che nessun individuo, così come nessun popolo, potevano alienare la propria libertà, che è un diritto inalienabile, manteneva in vigore unicamente ed esclusiva– mente il primo, il patto di società o contratto sociale, e attri– buiva a questo contratto, mediante il quale « ognuno dan– dosi a tutti non si dà a nessuno», e a questo solo, il valore di fondamento unico ed esclusivo della sovranità. In questo modo lo stato non era più un ente precedente storicamente e logicamente al popolo, nè comunque un ente diverso e separato dal popolo, ma sorgeva col popolo stesso, s'identificava con la volontà stessa del popolo unificato nella \'Olontà generale. Lo stato è, secondo Rousseau 1 la volontà generale; lo stato è quindi il popolo; nello stato che sorge direttamente e immediatamente dal contratto sociale, non vi sono più dominati e dominatori gli uni dagli altri irrimedia– bilmente scissi, ma ciascun cittadino è insieme governante e governato. Proprio per l'eliminazione di questo dualismo, la dottrina cli Rousseau può essere considerata come la prima e più coerente teorizzazic;_me dello stato democratico moderno, inteso, come abbiamo cercato d'intenderlo sin qui, come lo stato in cui il potere direttivo ed esecutivo non è entificato in una persona superumana o in un apparato subumano, a cui gli uomini si debbano inchinare come schiavi o da cui debbano essere utilizzati come strumenti, ma è la manifesta– zione più diretta e legittima della volontà degli individui, mutuamente collegati in una collettività. Se un'accusa si po– teva muovere al Rousseau, non era certo quella _dinon aver trovato il nodo della questione; ma se mai di aver cercato di scioglierlo, anzichè di tagliarlo: voglio dire che egli aveva trovato il modo di passare dalla teoria dello stato dispotico a quella dello stato democratico, rimanendo sempre sulla stessa strada che era quella della ricerca di una sovranità unica, indivisibile, indistruttibile, conforme alle esigenze e agli ideali dello stato unitario e accentrato; o in altre parole, che aveva cercato una nuova soluzione del problema dello stato accettandone i termini antichi. Ne veniva di conseguenza che la soluzione da lui proposta - la volontà generale è il sovrano - anche .per quel!' eccesso di dottrinarismo che lo aveva portato a risolvere un problema di prassi politica in una formula razionale, o era inattuale, e quindi poteva essere tacciata di astruseria e di astratto ideologismo, oppure poteva dare adito all'accusa di condurre al dispotismo in modo altret– tanto inevitabile delle dottrine che essa stessa aveva voluto eliminare. In fondo, r astrattezza della dottrina del Rousseau era in relazione col fatto che la democrazia era ai suoi tempi e in quelli immediatamente successivi un frutto ancora acerbo, era cioè capace di accendere passioni di élites intellettuali, ma inetta a trascinare le masse che sole possono dar corpo e realtà ad uno stato democratico, se questo deve essere costi– tuito dal popolo per non diventare un nonsenso, appunto un'astrattezza di dottrinari, e la formula del Rousseau era quindi astratta, come sono necessariamente astratte tutte le idee precorritrici che non scaturiscono dalla realtà ma la prean– nunziano. E di fatto la prassi politica del secolo scorso sul continente europeo - chiusa la parentesi rivoluzionaria - pur ascendendo gradatamente sulla via dell'indebolimento del– l'assolutismo monarchico, non prese l'ispirazione, se non,. a brevi e sterili intervalli, dal democraticismo di Rousseau, ma risalì al!e dottrine liberali del Locke e del Montesquieu, i quali insegnavano non già a scavalcare l'ostacolo del dispo– tismo, ma a girarlo, non a rovesciare il vecchio stato, ma ad esautorarlo. Effettivamente, la strada percorsa dai diversi paesi sorti a libertà era ben lontana da quella che era stata indicata dal Rousseau; perchè non era '6'erto la strada della conquista totale ed esclusiva dello stato, cli cui il Rousseau aveva mostrato la direzione senza peraltro offrire i mezzi suf– ficienti a raggiungerla, ma fu bensì la strada, praticamente più sicura se pur più lunga e forse infinita, del graduale smantellamento del vecchio stato, considerato come una roc caforte che non si poteva prendere ma si poteva bensì ren

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