Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

134 LO STATO MODERNO rocratico. E' ad una-delle più autentiche conquiste democra- tiche che qui la mozione fa appello. ' La second.1 parte della mozione - che va riferita in modo particolare alla precedente mozione approvata il 28 luglio con cui si invitavano tutti i partiti antifascisti e tutti gli organismi rappresentativi dell'opinione pubblica « a pronunciarsi in fa– vore di una repubblica demo.cratica ispirata alla difesa del:a libertà e del lavoro » - mobilita sforzi, idee e propositi per la Costituente elevata ad evento decisivo per la democrazia ita– liana. Molto realisticamente si pone qui come preHminare uha necessità che rispetto alla Costituente potrebbe sembrare ac– cessoria: quella della neutralità di tutto l'apparato statale, e specie di quanto vi rappresenta forza coattiva, di fronte alla convocazione, n!raUivitù ed ai risultati deJla Costituente. La forza delio Stato non dovrà in alcun modo esercitare pres– sione sulle elezioni e sul lavoro della Costituente, nè serbare alcun vincolo, nemmeno morale (donde lo svincolo dal giura– mento di rito) alla conservazione della preesistente e tradizio– nale compagine statale. Quanto ai postulati che il P.d.A. assume cli propugnare alla Costituente, alcuni sono ormai nella sostanza vitale del pen– siero e della prassi del P.d.A. Così l'affermazione della repub– blica e quella della riforma dello Stato in senso autonomistico– decentratore. Per quanto non si tratti di novità in senso asso– luto, facendo già parte delle tesi programmatiche del Partito sin dall'origine, meritano invece qualche atteqzione i postu– lati relativi ad una riforma strutturale dell'economia, per la loro particolare formulazione. Si ribadiscono anzitutto: il concetto, più che noto ai let– tori di questa rivista, che questa riforma va perseguita e at– tuata in una intrinseca connessione di esigenze politiche e di esigenze economiche, senza che le une sovrastino o svuotino di contenuto le a~tre, e dove l'agente unificatore è costituito dall'essere entrambi in funzione di libertà, di autonomia, di elevazione dei singoli; ed il concetto che questa sost~nziale riforma dell'assetto del Paese o si realizzerà in modo organico e coordinato (il che significa articolarsi in istituzioni ,e in si– stemi) o rischierà di naufragare nell'anarchia. Quanto alJe ri– chieste specifiche non poteva mancare quella de.Ila nazionaliz– zazione dei complessi monopolistici, base del settore colletti– vizzato dell'economia. Dobbiamo ritenere che il termine di «nazionalizzazione» sia stUto introdotto unicamente per togliere ogni equivoco (che invero si verificava nella propaganda spic– ciola) con la « socializzazione » di reminiscenza fascista, per quanto questa (come ebbe già a notare altra volta chi scrive) portasse un nome del tutto usurpato. Resta comunque fermo che, lo si chiami «:nazionalizzazione» o «socializzazione». il P. d. A. propugna il trasferimento di imprese oggi private (nel capitale, nella gestione e negli interessi} a disposizione della collettività, nell'interesse di questa e con organi che della collettività (e non di una ristretta categoria di produttori, ab– bracci pure tut'ta la maestranza di una impresa) siano i rap– presentanti ed i tlltori. Quanto ai comitati aziendaU ne viene messa in luce la capitale funzione - pragmatisticamente e senza ìrrigidimenti preventivi in formule predisposte - ad un duplice effetto. Da un lato come • controllo sociale » che può articolarsi dalla funzione di mero controllo del moYldodel la– voro sulla consistenza, efficienza e integrità dell'imprpesa (im– pedendo inerzie, distrazioni di mezzi, storno di fondi, ecc.) alla conquista finale di una vera e propria compaYtecipazione alla gestione. D'altro lato come avviamento ·ad un democratiz– zazione aziendale che elimini l'arbitrio e l'autoritarismo uni– laterale dei dirigenti, per far di ogni impresa il risultato del– l'opera, della resplmsabilità e della volontà cli tutti. Per ciò che concerne la riforma agraria, si mette in evi– denza che la liquida~ione della grande proprietà terriera (ir- realizzabile senza un ente pubblico articolato che attraverso la varietà regionale tenga conto della varietà bio-morfologica delle zone agricole) dovrà « tendere a forme individuali asso– ciate o collettive di gestione della terra da parte di tutti gli effettivi partecipi della produzione». Opportuna affem1azione questa a sfatare l'opinione che il P.d.A. tenda ad una unila– terale soluzione in senso piccolo-coltivatore, conservatrice an– che nel suo apparente rivoluzionarismo,e faccfa una questione di proprietà e di titolo giuridico, là dove esso ricerca invece la forma di gestione socialmente più utile, non per ]e c1assi agricole ma per l'intera collettività. , Terzo, e più breve, argomento della mozione è la politiea estera. Netta, come da nessun altro è stata fatta, è ]a rivendi– cazione che l'Italia - « non solo popolo vinto, ma popolo risor. gente alla libertà ed alla democrazia » - debba essere inclusa su piede di parità in tutti i consessi de:Ie Nazioni Unite, can– cellando quella situazione di minoranza giuridica e morale in cui è ancora indebitamente confinata. Non vogliamo andare più in là di una esegesi quasi lette– rale. Que!lo che il P.d.A. saprà concretare positivamente sulla base di questa costruttiva mozione sarà non già la conse– guenza di una mera affem'lazione verbale, per solenne che sia, ma il risultato degli sforzi, delle iniziative, del pensiero, dell'opera cli tutto il Partito: di tutti noi, cioè, e di ciascuno di noi. GIULIANO PISCHEL Un equivoco Difficile è chiarire che cosa sia. {equiooco; e allora 1i.pren– de1emo la 1 tradizione degli 1antichi socratici, ,1uwvam.ente Jillu– strata e ammodernata t.la Benedetto 'Croce, ,di illumiuare )un concetto con un. esempio. La mozione approvata dall'ultimo consiglio nazionale del Partito Socialista offre una preziosa possibilità di procedere con w, ,net.odo simigliant.e. E' a tutii noto in che cosa consiste il dramma del partito socialista: -il marxismo 110n serve più come anna di combatti– mento, eppt1re si. deoe uw.ntenere i-l marxismo; il classismo si rivela ormai come 1111 letto di Procuste, eppure si deve man• tenere il classismo. No, 110n è proprio per i sociali.sii che Bau– (Jelaire scriveva quel suo amarissi-tno oerso: "'A quiconque ;l perdu ce qui ne se retrouve jamais ». I socialisti si ostinano a _11011 perdere niente. Cosi si evitano -nostalgie, ma ~·iavviluµ– pa,w in ,equivoci. A w1 certo punto della mozione si dice: « il Partii.o Socialista fa appello.agi-i operai, ai contadini, ai tecnici, agli impiegati, ai funzionari, agli 'intellettuali, perchè formino un blocco solo cli tutte le forze progressive ciel Paese». Sem· bra chiaro, 110? Il cerchio operaistk;o ·è ·rotto, il partito sociali– sta allarga i suoi 71ol1r10ni, si appresta a uscire dai cancelli della classe per abbracciare la 'Nazione tutta nelle pe.,sone di tutti i cittadini lavoratori. , E invece è, appu11to, un equivoco. Leggete le righe che se– g.,0110immediatamente: « Il fo11clame11to della politica del par– tito socialist<1 è nell'azione della classe operaia >. Avviso aun– que ai tecnici, agU impiegati, ecc, Il loro voto è desiderato, m{1 non si facciano illusioni, al momento dell'azione essi sa· ranno travolti e non sarà su loro che si farà affidmnento. E ,così i polmoni si sono ancora una volta afflosciaU, e la fral· tura tra la classe opemia e il paese si è ristabilita, con gra· Pissimo nocumento ·per gli irJteressi generali, ma con la do– vuta salvaguardia dell~ coerenza marxista. Il partito socialista rripete il 1919. Se la storia non ne ripe· terà le conseguenze sarà soltanto se altre forze assumeraruw l'iniziativa politica e 'trarranno l'Italia dalle 'secche degli equi- voci ideologici. VITTOR

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