Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945

112 LO STATO MODERNO - 20 LUGLIO 1945 Dopo la Conferenza di S. Francisco ... Dalla Società delle Nazioni. alle Nazioni Unite Dopo due mesi di lavoro, dal 25 aprile al 26 giugno 1945, le delegazioni dei cinquanta Stati partecipanti alla Conferenza di San Francisco hanno approvato i centoundici articoli dello statuto della nuova organizzazione mondiale. Così, a un quarto di secolo dalla nascita della Società delle Nazioni, sorgono le Nazioni Unite. L'idea prima dell'uno come dell'altro organismo è nata in America ad iniziativa dei due soli presidenti « democratici » che gli elettori dei 48 Stati abbiano in questo secolo mandato alla Casa Bianca, Woodrow Wilson e Franklin Roosevelt. E con l'idea il nome (League of Nations, United Nations), pas– sato poi in tutte le lingue occidentali con quel concetto di « Nazioni » che mal corrisponde alla realtà, in quanto di lega o di unione di Stati, e cioè di governi, si tratta veramente in 13ntrambi i casi, anche se di fatto la maggior parte degli Stati !)Ontraenti, e diciamo pure la maggior parte degli Stati del mondo, sian oggi Nazioni dal punto di vista della loro com– posizione etnico-politica. E' questa la prima critica che si fa alle « Nazioni Unite» ~ai molti che si aspettavano di veder uscire dalla seconda guerra mondiale una associazione di popoli anzichè una asso– ciazione di governi. Quanto a noi, che questa associazione di popoli auspichiamo da venticinque anni, non diciamo tutta– via che la Conferenza di San Francisco ci abbia delusi: chi abbia letto gli articoli che un anno addietro noi pubblicammo i11materia sulla serie clandestina di questa rivista sa che noi non ci attendevamo da questa fine di guerra più di quanto realisticamente essa ci poteva dare e solo vedevamo la pos– sibilità di fare, attraverso lo statuto che si sarebbe potuto sperare, un passo verso quella forma più evoluta di viver ci– vile internazionale che noi auspichiamo con tutto il calore della nostra profonda convinzione democratica. Altro grave motivo di delusione per molto è quello che si è chiamato il diritto di veto delle Grandi Potenze, che costi– tuisce la più patente offesa al principio democratico, e che proprio per una ragione di principio avremmo desiderato non veder sanzionato in un articolo della Carta. Dobbiamo per altro riconoscere che la formulazione primitiva ha subito pa– recchie attenuazioni nel testo definitivo, e che il veto è rima– sto in sostanza solo per i più gravi compiti spettanti al Con– siglio nei confronti delle minacce alla pace, dei turbamentti della pace e degli atti di aggressione. Ma è chiaro che per evitare un atto di aggressione da parte di una grande Potenza -:-ome gli Stati Uniti o come l'U.R.S.S. (il discorso varrebbe un po' meno per il Regno Unito, e meno assai per la Cina e la Francia) non è la democrazia di nessuna Carta delle Na– zioni che potrà valere, bensi la democrazia interna dei due grandi paesi; solo cioè in quanto essi si reggeranno con ordi– namepti realmente, e non solo teoricamente, democratici, in quanto la volontà liberamente espressa dei rispettivi popoli e non quella dittatoriale di un despota deciderà della guerra e della pace, e in quanto tali popoli non avianno mire impe– rialistiche nei confronti degli altri, vicini o lontani, solo allora le aggressioni da parte di tali Stati potranno essere evitate. ~ allora .essi non avranno difficoltà ad abolire anche sulla ,« Carta » il diritto di veto, a democratizzare anche il capi– tolo VII dello statuto di San Francisco. Come pure, per quanto concerne la prima grave critica che si muove all'organizzazione delle Nazioni Unite, finchè la realtà dell'ordine internazionale sono gli Stati e non i po- poli - e i popoli per divenirlo debbono innanzitutto gover– parsi da sè, il che significa l'eliminazione di ogni dittatura, poichè possono bensì darsi Stati totalitari, ma non popoli to– talitari - è chiaro che si avranno unioni internazionali, più o meno democraticamente organizzate, di governi e non di popoli, anche se esse si chiameranno « Società delle Nazioni> e « Nazioni Unite». Ma non commettiamo l'errore di sottovalutare il passo che ;;i è fatto dal Covenant di Ginevra alla Carta di San Fran– cisco, e neppure quello di trascurare la nuova grande orga– nizzazione internazionale o di ridic_olizzarla come, con quella grossolana insipienza con cui trattava tutti i problemi dello $pirito e i rapporti che non erano, o non parevano, di forze, fece il fascismo nei confronti della vecchia S. d. N. La vec– chia S. d. N., accanto ai molti errori, fece molto bene, e più ne avrebbe fatto se non fosse stata sistematicamente sabo– tata dai governi totalitari che non potevano aver simpatia per quelle realizzazioni che, sia pure molto imperfettamente, incarnavano l'idealità democratica. Certo, a Ginevra si chiac– chierava, come si chiacchiererà a Londra o in quell'altra città che ospiterà in definitiva le Nazioni Unite», e molte di que– ste chiacchiere potranno anche essere inutili: è la stessa ac– cusa che i reazionari e i superficiali senza convinzioni poli– tiche fanno a tutti i Parlamenti del mondo, che, sì, qualche volta o in qualche paese potranno anche chiacchierare trop– po, ma sono pur sempre il propugnacolo, fino ad oggi non sostituito, delle libertà popolari, e quanto più maturi diven– tano i popoli da cui emanano tanto più seria ed efficace ne diviene l'opera. Occupiamoci, dunque, noi Italiani, delle « Nazioni Unite•. seguiamone i lavori e studiamone la possibilità, anche se nella nuova organizzazione l'Italia non è stata ancora ammessa, e se essa non vi avrà più comunque la posizione di membro permanente del Consiglio ch'essa aveva nella Società delle Nazioni, anzi appunto per questo. L'Italia sarà forse il primo degli Stati non invitati a San Francisco che sarà ammesso tra le « Nazioni Unite», e ciò sarà senza dubbio di buon auspicio per noi. E se la struttura delle « Nazioni Unite» è . tale che la preponderanza spetta nettamente al Consiglio sul– !' Assemblea, e alle cinque grandi Poten?.e in seno al Consi– glio di Sicurezza, è pur vero che del Consiglio faranno parte . anche sei membri eletti per due anni, di preferenza tra coloro che più avranno contribuito - la formula è curiosa data la natura del documento, ma è indice di uno spirito che vor– remmo vedere sempre vivo tra le Nazioni Unite - « al man– tenimento della pace e della sicurezza internazionale e agli altri scopi dell'organizzazione». E all'Assemblea sederanno. a parità di diritti, tutti i membri delle Nazioni Unite, e i pic– coli avranno modo di portare alla ribalta dell'opinione pub– blica internazionale i loro problemi, e il loro voto - anche se i poteri dell'Assemblea si limitano nella maggior parte dei casi a fare raccomandazioni - vi avrà lo stesso valore di quello dei grandi, quello del Lussemburgo come quello del– l'U.R.S.S. E attraverso l'Assemblea l'azione di Stati come l'Italia, che sarà ancora un grande Stato anche se non sarà più una grande Potenza, avrà modo di esercitarsi largamente se saprà essere coerente, tempestiva, e ispirata ai grandi prin· cipi della solidarietà internazionale. Certo, anche a prescindere dai due problemi fondamentali accennati in principio, noi avremmo voluto di più. In qual-

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