Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945

LO STATO MODERNO - 20 LUGLIO 1945 rittu-ro un'arte: « ,the highest perfection .of hwnan k'j!ow– Jedge •: que!l:a che nel suo gwco vario, ricco e comp!.esso stimolerebbe al !oro più alto sviluppo tutte le facoltà del– l'uomo. Fin qui nulla di male o di pericoloso, tanto più che l'an,nunciata bufera si risolve assai spesso, come abbiamo constatato, in uno scambio di fiorite cortesie: tutto si !imita, in ultima analisi, ad un gradevole gioco di società. « Le coz,ps n'est ni oislf ni travaillé, et cetle modérée agitation le tient en ha,Jeine ». Ci sembra tuttavia ,che neUa lettera su riportata l'amico Valiani si compiaccia di piacevolmente con– fondere, per maggior comodità di ragionamento, l'« insurre– zione » con la « Tivoluzione ». Se vogliamo dire !a verità netta1'1-ente, senza trastuUarci in giochi di parole, converrà ammettere che quetla del 25 aprile è stata una insurrezione: una insurrezione nazionale e politica .(non già sociale, come vorrebbe il Vaiiani): non una. rivoluzione, ma solo un episodio gi una rivoluzione. Questa è in atto ed in sviluppo non già da ieri, ma da molto tempo: da queU'afoso giorno del giugno 1914 in cui le secche deto– nazioni di Serajevo annunciarono al mondo che una nuova e fatale storia cominciava per l'umanità che aveva dimen– ticato !'odore della polvere e il sentimento tragico delta vita. Da quel giorno di sangue e di destino è venuto meno un equilibrio politico, sociale, economico e morale, che ancor oggi non è ricostituito perchè ancora non sono state domate le vecchie antitesi use a violentemente scontrarsi. La rivo– luzione è oggi ancora in cammino, attraverso la faticosa ric.erca di nuovi assetti e di nuovi punti di equilibrio: e com– pito di politici consa,pevoU è queUo non già di agitar'e · il , cencio rosso davanti al toro inferocito, ma di operare per traduTTe le esigenze essenziali in concreti istituti, per colare la materia fluida entro forme che la contengano e ne con– sentano il consolidamento. La rivoluzione potrà dirsi vitto– riosa, prendendo corpo nell'effettiva conquista del pqtere da parte d'una nuova classe di politici e di' amministratori, solo se Le sue energie vitali sapranno tl'Ova,re in tali istituti il loro sbocco e la Loro consacrazione: se a c10 non si arrivasse, l'onda che sale sarebbe fatalmente rigettata indietro, e la conservazione prev.arrebbe. Perchè ciò non avvenga, perchè la rivoluzione liberale sia vittoriosa e nel suo spirito e nel suo nome risorga la patria umiliata, noi di questa Rivista, amico Valiani, siamo qui: a combattere c&ntro luoghi comuni, atteggiamenti retorici, dei– ficazioni, mitizzazioni ed allucinazioni: pazienti a subire gli attacchi degli avversa.Ti ed i rimbrotti degU amici, ad acco– gliere con fronte serena !e faciLi condanne. Come ieri neUa trincea della resisbenza, anche oggi nell'opera deU:a rifles– sione e della critica chiarificat:Tice intendiamo essere - e null'altro - gli oscuri e devoti servitori del nostro Paese e deUe sue cause supreme. Voglia creder-e, signor Direttore, al sensi della mia pro– fonda considerazione. Suo devotissimo V. ALBASINI SCROSATI STATO E DEMOCRAZIA Chiunque si soffermi ad osservare le teorie politiche e ·giu– ridiche, sostenute o avallate dagli stati fascisti, non tarderà a sorprendersi del fatto che la presentazione dottrinale de1lo stato totalitario sia avvenuta, in Italia e in Germania, con due formulazioni teoriche diverse e a primo aspetto antitetiche. La dottrina dei fascisti militanti, ispirata e guidata dalla formula mussoliniana « tutto nello stato, nulla fuori dello stato, ecc. », giunse a considerare lo stato ·come ente superiore agli individui, singolarmente presi e nel loro complesso come un'individualità avente una volontà e un'intelligenza proprie, diverse da quelle dagli individui singoli, dotate di una per– sonalità morale e non soltanto giuridica, di una propria auto– nomia e dignità, di fronte alla quale la personalità degli indi– vidui è deficiente e viziata, bisognosa a sua volta di un'inte– grazione in un ente sopraordinato e infallibile. Per dare una veste teorica a questa affermazione, sorta da un'esigenza pra– tica di dominio da parte del gruppo detentore del potere, fu rispolverata 1!1 teoria hegeliana dello stato etico per opera de– gli unici dottrinari che il fascismo ebbe ad incontrare sulla sua strada, voglio dire da Gentile e dai gentili~ni, essendo che gli uomini delle scienze giuridiche ed economiche, alcuni per pigrizia e timidezza spirituale, altri per fierezza o sempli– cemente per spirito abitudinario, continuarono a versare il vino nuovo delle leggi fasciste nell' otri vecchie dello stato di di– ritto, oppure a centellinare il vino vecchio rifiutandosi di assa– porare il nuovo. Non e'è dubbio che lo stato etico sia stato il biglietto d'ingresso del fascismo nella filosofia e in genere nel– l'ambiente culturale italiano. La sua teoria è riudicibile, ad uso dei sudditi, a due principi fondamentali: 1) lo stato ha una sua morale, vale a dire non è sottoposto alle leggi della morale o del costume degli individui; 2) la morale dello stato è più perfetta di quella degli individui, e quindi gl'individui attuano pienamente la loro personalità morale soltanto volendo quello che vuole lo stat~. Ad accogliere questa formula, il mondo culturale e politico italiano non' era _deltutto mal pre- " parato, sia per il diffondersi di un neo-hegelismo, che si rite- neva cosmopolitico è universale ed era soltanto provinciale ed effimero, nella filosofia della scuolà, sia per il continuo ver– deggiare del vecchio albero del machiavellismo, inteso come dottrina dell'autonomia della politica, e di cui .Ja stessa dottrina dello Stato etico, attraverso le teorie tipicamente ita– liane della ragion di stato, confluite poi nel sistema del dispo– tismo teocratico ed illuminato, era l'ultimo e più robusto vir– gulto, sia per la prassi formalmente democratica, ma sostan– zialmente paternalistica del regime di governo italiano dopo la formazione del regno, in cui la lotta dei partiti e le auto– nomie amministrative non avevano impedito che, invisibile o visibile, sottintesa o invocata, non sovrastasse sugli animi, so– prattutto nei momenti di crisi, la maestà dello stato. Al contrario, in Germania, dove pur la tradizione hegeliana dello stato era rion soltanto in casa propria, ma aveva già ispi– rato o almeno sostenuto nel periodo bismarckiano e sino alla prima guerra mondiale, le dottrine degli scrittori di diritto pubblicò, facendo deviare la concezione liberale dello stato, inteso come garante e protèttore dei diritti soggettivi naturiili degli individui, in una formula apparentemente liberale (stato di diritto), ma sostanzialmente autocratica (dallo stato come persona reale del Gierke alla dottripa dell'autolimitazione dello· Jellinek): in Germania, ripeto, la dottrina dello stato etico non ebbe, nel movimento nazionalsocialista; nè propugnatori nè difensori. L'unico tentativo di trasportare Hegel nel campo nazista fu fatto dai' giurista neo-hegeliano Julius Binder, ma non trovò consensi, perchè parve che la tr~posizione fosse artificiosa, essendo lo stato hegeliano, appunto per il peso già àvuto nella tradizione, assai più adatto a rappresentare il vec– chio stato tedesco, aristocratico e militare, impersonato nel partito conservatore, dal quale del resto il Binder proveniva, che non la realtà nuova del cosiddetto stato di popolo. La dottrina, via via accolta dagli appassionati o interessati seguaci del nuovo regime; hl antitetica a quella dello stato etico, ·per– chè giunse, anzichè ad un'esaltazione dello stato, ad una sva– lutazione dello stato nei confronti del popolo, in quanto lo

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