Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945

LO 'STATO MODERNO - 20 LUGLIO 1945 107 UNA LETTERA Leo Valiani ha indirizzato al direttore de « Lo Stato Mo– derno» una lettera che doveva essere pubblicata su questa Rivista insieme ad una risposta di Vittorio Albasini Scrosatl. Poichè tale lettera è stata pubblic,ata da altro periodico, contrariamente agli accordi, la direzione de « Lo Stato Mo– clerno" ha ritenuto opportuno pubblicarla in « estratto•, unitamente alla ris-posta, senza attendere l'11scita di questo numero della Rivista. Ora, com'è ovvio, «Lo Stato Moderno» ripubblica e la lettera e la risposta. Milano, 26 giugno Caro direttore di • Stato Moderno», leggo sugli ultimi due numeri della tua bella Rivista una analisi del!~ divergenze politiche avutesi nella direzione del Partito d'Azione per l'Alta Italia, nei mesi che precedettero la liberazione; analisi molto polemica nei confronti della tendenza maggioritaria di cui io sono stato il principale esponente. Certamente io sostenevo otto mesi fa che i C.L.N. doves– sero essere gli organi basilari del nuovo stato rivoluziona·– rio, mentre oggi accetto la loro riduzione a organi sempli– cemente consultivi. Ma significa questo che io avevo torto otto mesi fa? Non mi pare, perchè c'è stato un periodo, du– rato due o tre settimane, in cui i C.L.N. hanno effettiva– mente esercitato la totalità del potere statale. Se poi vi hanno .dovuto rinunciare, non fu perchè abbiano dato cat– tiva prova, come temevano otto mesi fa gli amici della ten– denza minoritaria, chè anzi gli Alleati hanno solennemente e pubblicamente elogiato le capacità di amministrazione ri– voluzionaria dei C.L.N. medesimi, e ciò nel momento stesso in cui vi hanno sostituito la loro propria amministrazione. Se i C.L.N. hanno dovuto battere in ritirata, fu semplice– mente perchè la rivoluzione democratica, politica e sociale, di cui erano i portatori, si è arrestata ai confini dell'Alta Italia, non si è estesa al Centro e al Sud, e nell'Alta Italia stessa si è sostanzialmente limitata alle città, grandi e pic– cole, e non è r-iuscita a sollevare impetuosamente le masse contadine. Il che per l'appunto prova che la nostra tendenza aveva ragione di credere nella rivoluzione - di cui altri escludeva la possibilità -: la rivoluzione ha avuto luogo ed è stata grandiosa. Ma i rivoluzionari non erano abba– stanza numerosi, non hanno fatto in tempo a scuotere le campagne; perciò la rivolm;ione ha segnato una battuta d'arresto e ha dovuto rinunciare a qualcuna delle sue con– quiste. Se volete dire che avevamo torto perchè alla prova dei fatti ci siamo rivelati non abbastanza numerosi nel paese, allora, va bene, non c'è niente da obbiettare. A qualcuna, non a tutte. Diversamente che nel Sud, sia– mo riusciti a epurare nel Nord tutta l'amministrazione dello Stato, dai prefetti e dai questori fino agli uscieri, e siamo riusciti a respingere in malo modo (alcuni abbiamo impri– gionato) i burocrati che Roma ha mandato quassù ad assu– mere la direznone della polizia e a prendere consegna dei l\Iinisteri (questi sono ancora sotto la nostra tutela: i fun– zionari di Roma avevano l'incarico di fare sparire gli incar– tamenti compromettenti per la burocrazia della Capitale). Questa conquista rivoluzionaria è ancora intatta. Abbiamo Poi ottenuto che gli Alleati accettino quassù i nostri prov– vedimenti di epurazione civile e penale e riconoscano l'a– zione delle nostre CommissiÒni provinciali di epurazione, che operano in uno spirito radicalmente diverso da quello che finora ha prevalso a Roma. Proprio oggi abbiamo avuto in notevole misura partita vinta anche nel campo dell'epu– razione economica, affidata pure ai nostri organismi; cosi mentre Donegani è in prigione, Marinotti, Pirelli, Quinta– va!le, Benni e decine dei loro col'(Ìpaijnj non possonf! t1Jtta~ DI LEO VALIANI via rientrare nelle aziende, gestite dai Commissari del C. L.N. e controllate dai C.L.N. aziendali. Anche in questo .campo si è fatto esattamente il contrario di quella che è la praxis invalsa nell'Italfa precedentemente liberata, dove i grandi capitalisti ex-fascisti hanno il loro paese di Bengodi. Certo, i partigi:ani hanno dovuto cedere le armi, e noi tutiti eravamo a priori disposti a cederle; i primi accordi con gli Alleati, in questo senso, sono stati presi a suo tempo da una missione del C.L.N.A.I. di cui io facevo parte. Ma molti partigiani sono stati immessi nella polizia e sono risultati infondati i timori di chi pensava che i partigiani sarebbero stati inadatti a compiti di ordine pubblico. Anzi, in molte provincie del Veneto, dell'Emilia e della Liguria, la Guardia partigiana sussiste tutt'oggi, legalizzata dagli .Ailleati, che finora l'hanno esentata dal disavmo. Molti fascisti sa– ranno ancora in giro, ma molti altri sono in prigione, anche per colpe che la legislazione di Roma non considera come tali e perciò neppure perseguita. E le migliaia di nemici della democrazia, che sono stati fatti fuori con procedimenti rivoluzionari, non risorgeranno per effetto della trasforma– zione dei C.L.N. in organi consultivi. Insomma, la rivoluzione, nelle sue due o tre settimane di vita, ha fatto una lavoro in profondità, senza del quale verosimi>lmente non avremmo neppure avuto il governo Farri, ma una terza edizione del ministero Bonomi, sia pure con la partecipazione P. d'A. e del P. S. E alcune delle nostre ·conquiste rivoluzionarie, come il sequestro dei beni di coloro che hanno fatto « profitti di guerra e di regime » e il controllo dei lavoratori sulle aziende, fanno parte inte– grante della dichiarazione programmatica del nuovo Mini– stero romano._Ciò non toglie che abbiamo fatto molte con– cessioni a Roma, semplicemente perchè non siamo riusciti a portare la rivoluzione fino a Roma; ma abbiamo imposto la nostra volontà, nei confronti di Roma, in parecchi punti importanti. Sarebbe fuori luogo fare una sì lunga replica agli articoli, del resto assai degni di attenta meditazione, che voi avete pubblicato sull'argomento, sostenendo l'opposta tesi, se si trattasse solo di problemi retrospettivi. Tanto, il torto e la ragione negli avvenimenti del passato non sono di compe– tenza di noi giornalisti e militanti, ma della Provvidenza storica che fa vivere nella memoria delle genti quel che è degno di essere ricordato e fa cadere nell'oblio il resto. Però questa polemica non riguarda, in fondo, il passato. La de– mocratizzazione dell'Italia non è ancora compiuta, la re– pubblica popolare non è stata ancora proclamata, i mono– poli industriali e la grande proprietà terriera, di cui Il programma del Partito d'Azione prevede la confisca o la nazionalizzazione, sono ancora nemici minacciosi, l'esercito è ancora .l'esercito della monarchia, e dalla Federazione Europea dei popoli siamo ancora lontani. Dovremo abbat– tere altre Bastiglie e, prima di riuscirvi, ci toccherà forse farne la conoscenza dall'interno, grazie ad eventuali ritorni reazionari. Ad un certo momento, se -le mie previsioni sono esatte, dovremo affrontare una nuova crisi politica e do– vremo decidere di nuovo se avere fiducia o meno nelle forze della rivoluzione popolare che forse non sorgeranno più nel Nord, ma proprio nel Sud. Io spero che la seconda rivoluzione sarà altrettanto pacifica quanto quella d'aprile è stata - soprattutto nei suoi mesi di preparazione - cruenta, cosi come in Inghilterra e in Francia alle «grandi» rivoluzioni sono succedute quelle «gloriose»; ma questa è poi cosa per cui conviene rimettersi a Dio. A noi spetterà solo la scelta tra la strada del lento piccolo riformismo e quella della lotta a fondo. ·Non so se starno d'accordo su queste conclusioni o se le divergenze di otto mesi fa· con– servano Il loro valore; comunque mi è parso doveroso chia– rire la mia posizione. Affettuosamente tuo LEO· VAL~J\N!

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