Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945

100 LO STATO MODERNO - 20 LUGLIO 1945 tili e industriali, addormentati dal comodo ma insa– lubre e malsano clima del protezionismo; i nostri impiegati e operai sono vicini all'ebbrezza dell'infla– zionismo e mostran di credere più nelle mirifiche virtù degli aumenti di stipendio e salariali, che a quelle classiche ma dure del lavoro e della produ- zione. · II paese è inquieto: come dopo tutte le guerre sfortunate combattute per di più su tanta larga parte del territorio nazionale, residui di banditismo serpeggiano lungo tutta la penisola. Antichi, non risolti problemi agrari (Valle padana, Puglie, Sici– lia) si manifestano con scatti irrequieti, segni di un disagio, che, non curato tempestivamente, può pren– dere forme ancora più acute ed irritate. Forse tra non molto una imponente disoccupazione industriale renderà drammatico il problema teorico dell'inter– vento pubblico nella gestione delle aziende private. Il paese è sfiduciato: non ci si accorge d'un tratto di aver vissuto nella menzogna •e nella baratteria senza perdere di colpo ogni fede nei valori morali, i soli che consentono di vivere oltre lo schianto. Se questi, come abbiamo detto, sono mali inevitabili, non cessano perciò di essere mali effettivi, ricchi di pericoli. Questa sarebbe già di per sè, nella sua mera obiettività, una situazione più ricca di promesse per i conservatori, che non per chi giustamente teme nella conservazione la premessa degli antichi errori e delle sciagure future. Ma un altro fattore - un fat– tore imponente - che tende a rendere statica la situazione del paese - è dato dalla occupazione alleata. Sono problemi che dobbiamo abituarci a vedere con occhi chiari se -vogliamo evitare sorprese; può darsi che la nostra diagnosi sia errata; sarà allora opportuno che questo errore sia dimostrato tempe– stivamente al paese. L'Italja vive dunque un'avventura paradossale ed assurda; ha bisogno d'una rivoluzione e non la può fare; non è un'esperienza comune nella storia delle nazioni, ed occorre anzitutto prendere netta coscien– za di questa drammatica postulazione del nostro problema, per non isterilire ancora le nostre discus– sioni con mere prospettive massimalistiche. La vita politica italiana è oggi nettamente, fer– reamente condizionata da situazioni obiettive contro le quali non è saggio - nè sarebbe d'altronde op– portuno - prendere posizione. Chiarire questo si– gnifica chiarire anche l'antistoricità di una contrap– posizione tra iniziativa dall'alto e iniziativa dal basso. Riprodurre oggi questo problema, nel momento in cui il governo è nelle mani del Comitato di Libera– zione Nazionale, significa non rendersi conto che attualmente governo e paese fanno, dal punto di · vista dell'iniziativa, una cosa sola, sol che i partiti - necessari mediatori tra i due - non si affati– chino ad oscurare questa verità evidente. Ma poichè qui si vuol fare soltanto una fotografia del paese, dovremmo parlare anche dei fascisti, e di conseguenza del problema epurativo, il quale, sci– volato dal piano politico a quello giuridico, ha per– duto in chiarezza e non ha guadagnato in giustizia. Su questo punto la nostra opinione - salvo pit'.– largo discorso altra volta - è che si debba guardare al passato, non dimenticando che il futuro può avere una sola formula efficace, quella della riconcilia– zione nazionale. Agire duro non è in contrasto con questo programma. E' invece in contrasto agire len– tamente e lasciare il paese nelle ombre del sospetto e nel timore. Qualcosa ci dice che, succeduto Farri a Bonomi, anche questo problema sta ritrovando la sua strada giusta. « Dobbiamo fare le leggi tenendo conto della realtà». Pare una proposizione ovvia. Ma come Amendola ritenne di essere in dovere di pronunciarla nel 1920,. non ci sembra troppo modesto riproporla all'atten– zione nel 1945, anche se la necessità di tale richiamo può per breve istante addolorarci. MARIO PAGGI ' SFIDUCIA NELLA CIVILTA Leggo nel Corriere d'informazione del 12 luglio u. s. la seguente notizia: « Castaldi è uscito dal convento per ridare la libertà alla moglie. La ,polizia del popolo della zona di Como ha trovato il modo di fare uscire dalla volontaria clau– sura l'ex-federale di Torino che, come è noto, si era rifugiato in un convento... La polizia in questi giorni aveva eseguito il fermo della moglie del Castaldi e questo fatto ha deciso l'ex federale a uscire dal suo nascondiglio e presentarsi alle autorità per ridare la libertà alla moglie». Le nequizie dei tempi mi induce a dichiarare prelimirwr– mente che è moralmente equo, legalmente giusto e politica– mente necessario che il Castaldi abbia dalla Corte d"Assise competente la pena che si merita. Anche la massima. Chiaro? Quello che in gergo forense si chiama -« il merito » del pro– cesso Castaldi no11cl interessa. Ma la moglie, t10; ma l' ostag– gio, no. Non rifaremo qui la polemica che il dolore, l'indigna– zione e la rivolta morale ci avevano suggerito contro i nostri nemici. Anche percl1è sarebbe cosa in realtà troppo penosa. Qui vogliamo solo sottolineare un particolare aspetto sugge– ritoci dalla n·otizia. Questi, e fatti consimili, dimostrano una manchevolezza grave agli effetti della costruzione democra– tica: significano che non si ha fiducia nella efficienza della legalità, della lilnrtà e della civiltà. Vent'anni di fascismo hanno insegnato a troppa gente a credere più riel viottolo che nella strada. Nè basta il volto insanguinato della Patria a dimostrarle il contrario. Come si fa a far capire a troppi. ita– liani che la differenza tra fascismo e democrazia t1on consiste nella differenza di « contenuto » in un provvedimento, in mille proovedimenti, ma che può star tutto in quella cosa sotti– le che è il rispetto o meno della personalità umana? Che ogni qualvolta una persona umana viene distolta dal suo naturale destino per motivi che le sono estranei, con violenza o con frode, contro il diritto positivo e contro « quell'alta non scritta imprescri.ttibil legge » di cui parla Eschilo, non la democra– zia sola è finita, ma la civiltà stessa, e che questo, questo solo è il fascismo eterno di Caino e di Hitler? Noi non amiamo le associazioni tra perseguitati. Pure i11 questo caso ameremmo se11time il parere. Forse chi ha sof– ferto aorebbe pietà di chi soffre. E qualche volta la pietà è l' ultimB trincea della libertà. VITTOR

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