Lo Stato Moderno - anno II - n.9 - 20 giugno 1945

LO STATO MODERNO - 20 GIUGNO 1945 51 e v'è appunto chi non riesce a dimenticarla e vor– rebbe ancora aggrapparsi ai motivi che in essa sono stati svolti, senza riuscire a intendere come possano 0 ggi venir aspramente smentiti e dalla realtà di fatto e dalla tranquilla evoluzione di gran parte dei suoi stessi più calorosi patroni. Di fronte a coloro che con facile tribunizia elo– quenza sostenevano ché i soli organi di governo, dopo la liberazione, avrebbero dovuto essere i C. L. N. in tutte le loro diramazioni periferiche e coll'ausilio delle organizzazioni di massa, non sono allora man– cate voci più pacate ed interpreti di più meditato pensiero, a far notare come, da un lato, difficilmente si sarebbe potuto ammettere l'esistenza di una società politica polverizzata in innumerevoli centri di vo– lontà e di espressione, e, dall'altro, in ogni caso, mentre l'occupazione alleata avrebbe provocato l'as– sunzione dei poteri. di governo da parte dell'ammini– strazione militare nell'Alta Italia, non sarebbe mai stato possibile, senza effetti esiziali per i più vitali interessi nazionali, l'instaurazione nel Nord d'un re– gime politico in netta ed insanabile antitesi con quello del Sud. Certo, le voci concitate e altisonanti hanno prevalso, come è antica. consuetudine, su quelle più sommesse, e la politica rumorosa e promettente ha • prevalso su quella più severa e più impegnativa: si è creato il mito di C. L. N. avulsi dalla loro origine e indipendenti dai partiti politici, si è proclamato che ad essi e soltanto ad essi era affidata ogni possibilità di realizzazione democratica e che sarebbe occorso difenderli fino all'ultimo sangue come le sole citta– delle della riconquistata libertà. Tuttavia sono bastati pochi giorni a snebbiare molti cervelli e a capovol– gere completamente I_asituazione psicologica, ed oggi quelle che apparivano come ipotesi capaci di accen– dere le polveri sono candidamente accettate e com– piacentemente giustificate, - giacchè si presentano sotto la veneranda porpora del fatto, contro cui si spunta cigni argomento: e solo i malinconici che an– cora non hanno appreso come la politica sia l'arte del dimenticare (arte, però, e non scienza) si attardano nelle recriminazioni e nelle polemiche. Un ciclo della vita nazionale ha il suo termine, ed una benefica rivoluzione degli spiriti ha la sua conclusione. Sarà necessario dire che, perchè questa produca tutti i suoi benefici, è opportuno trarre al– cune elementari deduzioni, che sono il succo stesso di questa così vitale esperienza? In primo luogo, occorre constatare la morte d'una prima e più grossolana illusione: quella, cioè, che pre– tendeva dovere la rivoluzione democratica aver luogo alla periferia anzichè al centro. È oggi nella persua– sione comune che tale rivoluzione si è ormai tra– sferita al centro, ed al centro deve essere compiuta: è nella capacità di trasformare· gli istituti fondamen– tali dello Stato e di piegarli alle nuove esigenze della coscienza liberale che si dimostrerà la capacità poli– tica dei partiti italiani e la loro aderenza alle esigenze della situazione storica. In secondo luogo, appare la convenienza· di can– cellare definitivamente dalla comune opinione il falso e retorico. concetto del C. L. N. che è sinora prevalso su ogni più sottile e realistica considerazione. Organi d'una coalizione di partiti, nulla saprebbe mai tra– sformare i C. L. N. in enti distinti dagli interessi, dai vizì e dalla volontà dei loro componenti: e ne ab- biamo una dimostrazione solare (se ancora occor– resse) nell'estenuante ed umiliante svolgimento del– l'attuale crisi di governo, in tutto degna della più cor– rotta e decadènte democrazia parlamentaristica, nella quale si logorano e si disperdono i valori accumulati in venti mesi di lotta nel Nord. I C. L. N. sono or– gani che hanno assolto ad una funzione storica di elezione, ma non potranno diventare mai organi per– manenti, e vivranno, più o meno rigogliosamente e fecondamente, fino a quando vivrà la coalizione dei partiti, e non un'ora di più. Vorremo dunque cessare . una buona volta dal proclamare, come ancora oggi si va enfaticamente facendo sulle colonne di troppi gior– nali, che alla sorte dei C. L. N. regionali, provinciali e comunali è indissolubilmente legata quella delle autonomie amministrative, fondamento delle libertà civili? Tali autonomie dovrebbero in realtà star troppo in cima ai nostri pensieri - e in verità molto ·se ne parla, ma poco si lavora a realizzarle - perchè sia lecito legarne il destino permanente a quello di enti necessariamente transitori. D'ora innanzi, un lin– gu;1ggio più severo e sorvegliato gioverà meglio alla tranquillità degli spiriti e alla chiarezza delle idee. Il Paese pretende di vivere nella realtà e non nel re– gno dei sogni, un'urna ingannevole, per dirla col Goethe, dove sono frammisti innumerevoli biglietti bianchi. La coscienza del Paese non ammetterebbe ' delusioni, nè sopporterebbe inganni senza sentire vio– lentata la propria libertà. In terzo luogo, occorre che i C. L. N., nelle loro nuove funzioni si compenetrino dell'importanza co– struttiva che il loro lavoro può avere, se compiuto con aderenza ai problemi concreti dell'oggi. Soprat– tutto, che i C. L. N. regionali intendano.come sul piano di studio cui possono esser chiamati spetta loro non soltanto la definizione della competenza del futuro nuovo ente autarchico, ma anche il difficile e deli– cato compito di delimitazione della sua estensione ter– ritoriale in base alla ricognizione ed ·all'accertamento dei centri di aggregazione e di coordinamento dei mol– teplici interessi reali locali. In quarto luogo, sul piano politico generale ap– pare ferrea, inderogabile necessità che il primo passo della rivoluzione che si inizia sia rappresentato non diciamo dalla restaurazione, ma dalla instaurazione di un regime di reale garanzia dei diritti individuali e delle libertà essenziali. Troppe zone del Paese sono ancor oggi dominate dall'intimidazione e dall'arbitrio violento di gruppi irresponsabili, e un senso di per– plessità e d'inquietudine si va diffondendo in larghi strati dell'opinione di fronte alla carenza dei pubblici poteri. Non vale .fingere di ignorare la situazione di fatto, nè l'ipocrisia servirà certamente a rinnovare il costume politico. Ciò che la grande maggiorànza de– gli italiani chiede ai partiti è che essi non cerchino di sfuggire alle loro responsabilità, ma abbiano il co– raggio di assumerle e di sostenere fino in fondo la loro parte. • Dobbiamo proprio aggiungere che, aperto questo nuovo ciclo della vita nazionale colla restaurazione dell'unità dei poteri è augurabile che tutti e ciascuno, in ogni partito e fuori d'ogni partito, siano consape– voli della solenne gravità dell'ora, nella quale con– viene fornire al Paese ed al mondo la prova dell'effet– tiva capacità del sistema politico fondato sul libero

RkJQdWJsaXNoZXIy