Lo Stato Moderno - anno I - n.3 - settembre 1944

il Croce); volle, infine, esaltare i valori " fisici " e "razziali ", e ciò fece a scapito di quelli culturali che voglion dire "educazione " e « vita morale ", cioè le due cose di cui gli Italiani hanno maggiormente bisogno. Ora tutto ciò è crollato, rumorosamente crollato: questo lo dobbiamo al fa– scismo; esso ci ha curati con lo stesso veleno di cui volevano guarire; dal negativo si è sviluppato il positivo. L'Italia, liberatasi dal fascismo, non cerca più, vogliamo crederlo, il suo dio indigetc ma la formula d'una vita per cui il popolo partecipi a quel governo che deve trarlo sulla via del progresso materiale e morale. Nelle sue carni sono tutte le ferite della prova sofferta; essa è 1.m libro aperto; è un tessuto sul quale l'esperimento è stato condotto fino all'ultimo sangue. Ormai vuole chiare-z.za e concretezza, romperla con i compromessi da cui nacque ad unità, riconoscere freddamente la via, anche e sopratutto se questa via comporti le estreme rivoluzioni. Essa è più povera ma insieme più ricca: l'ha fatta ricca la sua stessa nudiUt di oggi, il suo doloroso rifiutare l'essere una vivente quanto tragica testimonianza degli errori e delle incertezze proprie al nostro tempo. E' qui che torna acconcio, con– cludendo, ricordare che l'Italia, per trarsi innanzi, non deve necessariamente risu– scitare la polvere di Legnano e di Gavinana, come qualcuno può credere dal nostro discorso ma solo rintracciare, riafferrarsi a quel filo di cui si parlò dapprincipio e, smentendo la leggenda che la sua storia sia la cronaca giornaliera, plasmarsi sui dati concreti della propria esperienza politica. La continuità di cui -dicevamo è un· fatto; il passato fa pressione sull'oggi: ne illumina la strada di luci che, tolto il velo, risplendono con nuovo vigore: è la strada di un socialismo che senza più infingimenti e riserve chiameremo « liberale " ed « autonomista "; la strada di una Europa fe– deralista; la strada dove rovinano gli ultimi nazionalismi, gli ultimi imperialismi (e rovinano fatalmente anche se da questa guerra ne dovessero uscire dei nuovf). Questa è secondo noi la più aut~ntica voce dell'Italia e, perciò, l'ora dell'Italia. _ L'ascolterà l'Europa? SICANUS FEDERAZIONI REGIONALI E FEDERAZIONEEUROPEA La guerra volge ormai al suo termine, e si avvicina il i-nomen-to in cui l'Europa avr_àil suo nuovo assetto più o meno duraturo. Se coloro cui spetta, tutti, in tutti i paesi, avessero tratto dalle tragiche esperienze dell'ultima generazione il debito insegnamento, non v'è ·dubbio che si arriverebbe subito, all'indomani stesso della cessazione delle ostilitf➔, alla Federazione Europea: ma, ahimè, l'uomo non è che rare volte un animale ragionevole. È pertanto difficilepensare che possano nel giro di pochi mesi - ed anche, forse, di pochi anni: ma non facciamo noi stessi gli u_ccelli di malaugurio' -- essere superati tutti gli ostacoli che vi si frappongono: diffidenze delle Grandi Potenze vittoriose preoccupate di non perdere le loro posizioni di predominio, animosità di vincitori contro vinti, non ~opite ambizioni imperialistiche anche di Stati minori, influenze in senso contrario esercitate dal di fuori su determinati Stati, attaccamento dei - singoli paesi che dovrebbero esserne membri al principio dell'assoluta sovranità stata!~, rancori secolari tra popoli e popoli, questioni di varia natura, e spécialmente territoriali, tuttora apertz, diffidenzed'ogni specie contro le novità e le loro possibili conseguem.e. E' vero per contro che certe grandi innovazioni si possono realizzare solo d'impeto, nei momenti storicamente propizi : e bene fanno quindi i nostri amici.federalisti a puntare in pieno, per il dopoguerra, su questa carta. Ma procuria– mo di non perder mai di vista la realtà. L'altra volta, venticinque anni addietro, fu realizzata d'Impeto, neila cerchia -6-

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