Lo Stato Moderno - anno I - n.3 - settembre 1944

Le vie sono due soltanto: o ritornare alla Corte di Assise quale era una.,volta (che ebbe nella seduta del 4 giugno 1926 solo difensore il sen. Raimondi), oppure affidare tutti i reati alla competenza dei Tribunali. li problema dovrà essere impostato solamente su queste due soluzioni senza andare alla ricerca del meglio. li difetto capitale della vecchia giuria era la mancanza del secondo grado. Esperienza secolare ha insegnato agli uomini quanto sia difficile ad uomini risolvere il problema umano del delitto. L'appello è un segno di umiltà che la giustizia non deve dismettere mai. A. B LA RIFORMA DELLA LEGISLAZIONEPRIVATISTICA E DEL CODICE CIVILE In uno stato moderno -- cioè in uno stato di diritto - una trasformazione politica non è concepibile che come 11nariforma delle istituzioni giuridiche: quando poi la trasformazione vuole affermarsi come 11nritorno ad un regime di legalità, allora tanto più ampio e grave appare il compito legislativo che investe tutto il comple~so delle istituzioni pubbliche e private. La tremenda crisi che attraversiamo, e durerà dopo guerra, se è crisi economica è ancor più crisi giuridica, e se la solu– zione della prima non è certo compito esclusivo dello Stato, compito esclusivo dello Stato è la soluzione della seconda: il ripristino di giuste leggi e di tutte quelle forze che ne presidiano l'attuazione. La via da battere non puù essere che questa se lo Stato intende riconquistare la fiducia di un popolo e non semplicemente conciliarsi delle masse con demagogiche lusinghe. Non ci occupiamo della riforma nel campo del diritto pubblico, che per ragioni esposte esaurisce di per sè quasi tutto il compito di una risoluzione politica, ma vi sono alcuni problemi generali e di metodo che, di natura squisitamente pubblicista, costituiscono la premessa indispensabile per affrontare qualunque riforma anche di diritto privato. E qui un primo problema si pone: è possibile rifarci ad una data più o meno remota, sovvertendo con un tratto di penna tutta l'opera legislativa di un periodo di più anni come affetto di un vizio d'origine di illegalità? Crediamo che non sia nè utile, nè possibile, sia in linea generale, sia per quel che riguarda il diritto privato e sopratutto la codificazione. Anzitutto sarebbe necessario fissare con esatto criterio giuridico il momento in cui si effettuò la frattura colla legalità costituzionale: problema del massimo in– teresse giuridico e politico che non si potrebbe risolvere qui: poniamo anche che si possa fissarla nel corso del 1925 e per essere più precisi alla legge 24 dicembre 1925, chè, affermando il principio per cui Ministri e Capo del Governo diventavano responsabili solo verso il Re, e l'altro per cui si sottraeva alle due Camere il libero diritto d'iniziativa, si toglievano agli organi rappres(;ntativi le loro fondamentali attribuzioni e si avvolgeva tutta l'attiviU1 di governo in un cerchio chiuso di irre– sponsabilit;1 verso il Paese. (Del resto questo regime costituzionale pare abbia avuto una universale condanna dopo scomparsi gli ultimi custodi fedeli della ten– denza ortodossa costituzionale fascista: il Re, il Gran Consiglio e Badoglio). Ma anche posta una univoca e concorde soluzione di questa prima -questione pregiudiziale, sarebbe semplicistico pensare che il rimedio potesse essere costituito da un'aboli– zione tota lita ria di tutta l'opera legislativa di alcuni lustri. Questo sarebbe e troppo e troppo poco, e quindi un sistema grossolano ed anti– economico, se è vero che anche l'attività legislativa ha una sua economia. Sarebbe troppo poco perchè l'abolizione ex mmc dell'efficacia legislativa di - 21 -

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