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Henry David Thoreau

Disobbedienza civile

Tratto da Disobbedienza civile, 1849

Come deve comportarsi un uomo, al giorno d’oggi, verso questo governo? Io rispondo che non può associarsi a esso senza ignominia. Non posso riconoscere, neppure per un istante, come mio governo, quell’organizzazione politica che è anche governo dello schiavo. Tutti gli uomini riconoscono che esiste il diritto di rivoluzione - vale a dire il diritto di rifiutare obbedienza, o di opporsi, al governo, quando la sua inefficienza o la sua tirannia siano grandi e insopportabili. Ma quasi tutti sostengono che questo non è il caso attuale, ma piuttosto quello presentatosi nel 1775, all’epoca della Rivoluzione. Ma se mi si venisse a dire che quel governo era malvagio perché imponeva delle tasse su certe merci straniere che arrivavano nei suoi porti, con ogni probabilità non farei gran chiasso - che di quei prodotti io posso fare anche a meno. Tutte le macchine hanno il loro attrito, il quale, probabilmente, genera il bene in quantità sufficiente da controbilanciare il male. Comunque, è sbagliato agitarsi per esso. Ma quando l’attrito giunge ad avere la sua propria macchina, e l’aggressione e il furto sono organizzati, io dico: "Gettiamo via quella macchina!”. In altre parole, quando un sesto della popolazione di una nazione, che si è impegnata a essere il rifugio della libertà, è formato da schiavi, e tutto il paese è ingiustamente percorso e conquistato da un esercito straniero, e sottomesso alla legge marziale, penso che non sarebbe affatto troppo presto che gli uomini onesti si ribellassero; e ciò che rende questo dovere estremamente pressante è il fatto che il paese così percorso da orde straniere non è il nostro, ma che nostro è l’esercito invasore. Paley, che per molti è la comune fonte autorevole su questioni morali, nel suo capitolo sul Dovere di sottomettersi al Governo Civile risolve tutto l’obbligo civile con la convenienza; e dice quindi che "fintantoché l’interesse di tutta la società lo richieda, cioè fintantoché il governo costituito non potrà essere combattuto o mutato senza danno pubblico, è volere di Dio... che a esso si obbedisca - ma solo fino a quel momento... Ammesso questo principio, la giustizia di ogni atto particolare d’opposizione al governo è ridotta al calcolo, da un lato della quantità di pericolo e di dolore, dall’altro delle probabilità di successo e delle spese di riparazione”. E dice che, di questo, ogni uomo giudicherà da solo. Ma Paley sembra non aver mai contemplato i casi ai quali la regola della convenienza non è applicabile; nei quali cioè un popolo (o un individuo) deve far giustizia, costi quel che costi. Se io ingiustamente ho strappato una tavola a un uomo che stava per annegare, io devo restituirgliela, a costo d’annegare. Ma questo non sarebbe conveniente, per Paley. E però, chi in una simile contingenza si salvasse la vita, la perderebbe. Il nostro popolo deve smetterla di tenere degli schiavi, e di far guerra al Messico - sebbene, come popolo, ciò possa costargli la vita. In pratica, le nazioni sono d’accordo con Paley, ma pensano veramente tutti che il Massachusetts stia facendo quel che è giusto, nell’attuale crisi? "Una sgualdrina, di qualità, una puttana vestita d’argento, lo strascico della cui veste è sollevato da terra, ma la cui anima si trascina”. Praticamente, quelli che, nel Massachusetts, si oppongono a una riforma antischiavista sono non delle centinaia di migliaia di politicanti del Sud, ma centinaia di migliaia di contadini e mercanti del Nord, che si occupano (e con profitto) più dell’agricoltura e del commercio che dell’umanità - e che non sono preparati a rendere giustizia agli schiavi e al Messico, costi quel che costi. Io non me la prendo con i nemici lontani, i quali sarebbero innocui se questi non cooperassero con loro e non eseguissero i loro ordini, ma con questi altri, con questi nemici vicini. Di solito diciamo che la massa degli uomini è impreparata; ma il progresso è lento, perché, materialmente, i pochi non sono più saggi o migliori dei molti. Non è poi così importante che i buoni come te debbano essere molti. Importa, piuttosto, che in qualche luogo esista una qualche bontà assoluta: farà lievitare l’intera massa. Quelli che mentalmente si oppongono alla schiavitù e alla guerra, e che tuttavia, in effetti non fanno nulla per opporvisi, sono delle migliaia; si credono figli di Washington e di Franklin e se ne stanno con le mani in mano dicendo di non saper che cosa fare; non fanno nulla; giungono persino a posporre la questione della libertà a quella del libero lavoro, e, quietamente, leggono i prezzi correnti insieme con le ultime notizie dal Messico, dopo pranzo, magari appisolandosi sopra ambedue. Qual è, al giorno d’oggi, il prezzo corrente di un onest’uomo e di un patriota? Esitano, e si dispiacciono, e talvolta fanno delle petizioni, ma non fanno nulla di serio e che abbia un qualche effetto. Aspetteranno, con l’animo ben disposto, che gli altri pongano rimedio al male, così da non dover più dispiacersene. A ciò che è giusto essi danno, al massimo, un voto, un debole incoraggiamento e un "Dio ti aiuti” - quando, però, è giusto, passa loro vicino. Ci sono novecentonovantanove patroni della virtù per ogni uomo virtuoso. Ma è più facile trattare con il reale possessore di qualcosa, piuttosto che con il suo guardiano temporaneo. Il voto è una specie di gioco d’azzardo, come gli scacchi o il tric-trac, con una leggera tinta morale, un gioco con il giusto e l’ingiusto, con questioni morali; è, naturalmente, accompagnato dalla scommessa. La reputazione dei votanti non rischia nulla. Si vota, forse, come si pensa che sia giusto; ma non si è vitalmente interessati a che il giusto prevalga. Siamo disposti a lasciarlo alla maggioranza. Il dovere di voto, pertanto, non supera mai il dovere di compiere ciò che è conveniente. Persino votare per ciò che è giusto è come non far nulla per esso: significa solo esprimere debolmente il desiderio che ciò che è giusto prevalga. Un uomo saggio non lascia il giusto alla mercé del caso, né desidera che esso prevalga attraverso il potere della maggioranza. C’è pochissima virtù nell’azione di masse di uomini. Quando, alla fine, la maggioranza voterà per l’abolizione, sarà perché la schiavitù le è divenuta indifferente, o perché ne sarà rimasta poca da abolire, con quel voto. Allora la maggioranza sarà la nuova massa di schiavi. Solo il voto di chi afferma con esso la propria libertà può affrontare l’abolizione della schiavitù.

Non mi sono mai rifiutato di pagare l’imposta per la manutenzione delle strade statali, poiché desidero essere un buon vicino tanto quanto desidero essere un cattivo suddito; e per quel che riguarda il sostenere le scuole, sto ora facendo la mia parte a educare i miei concittadini. Non è perché io obbietti a qualche particolare "voce” nella cartella delle "imposte” che mi rifiuto di pagare; è semplicemente perché desidero rifiutare obbedienza allo Stato, e ritirarmi e stare da esso discosto effettivamente. Non mi metto a seguire il corso del mio dollaro, ove potessi, finché non compri un uomo o un moschetto con cui sparare - il dollaro è innocente; mi preoccupo invece di seguire le tracce e gli effetti della mia obbedienza.

[…] il governo non mi preoccupa molto, e gli rivolgerò meno pensieri che posso. Non sono molti i momenti che io vivo sotto un governo, persino in questo mondo: se un uomo ha il pensiero, l’immaginazione e la fantasia liberi, se quel che non è non gli appare mai per molto come se fosse quel che è, egli non può essere intralciato fatalmente sul suo cammino da stolti governanti o riformatori. So che la maggior parte degli uomini ha opinioni diverse dalle mie; ma questi, le cui vite sono consacrate per professione allo studio di questi o simili argomenti, mi soddisfano tanto poco quanto gli altri. Gli statisti e i legislatori, che tanto completamente sono dentro l’istituzione, non l’osservano mai chiaramente e nudamente. Parlano di rinnovare la società, ma senza di essa non hanno luogo di riposo. Possono essere uomini d’una certa esperienza e discernimento, senza dubbio hanno inventato dei sistemi ingegnosi e persino utili per i quali sinceramente li ringraziamo; ma la loro intelligenza e la loro utilità giacciono entro certi limiti non molto ampi. Dimenticano sempre che il mondo non è governato dalla politica o dalla legge dell’adattamento. Webster non va mai dietro il governo, e così non può parlare con competenza. Le sue parole sono saggezza per quei legislatori che non contemplano la possibilità di riforme radicali, nell’attuale governo. L’autorità del governo è... ancora piena di scorie; per essere strettamente giusta, dev’essere sanzionata e accettata dai sudditi. Sulla mia persona e proprietà, il governo ha i diritti che io gli concedo, e nulla più. L’evoluzione da monarchia assoluta a monarchia costituzionale, e dalla monarchia costituzionale alla democrazia, è un’evoluzione verso il rispetto dell’individuo. Anche il filosofo cinese era tanto saggio da considerare l’individuo come base dell’impero. E la democrazia è, forse, come noi la conosciamo, la forma di governo più progredita possibile? E’ forse impossibile fare un passo più avanti, verso il riconoscimento e l’organizzazione dei diritti dell’uomo? Non ci sarà uno Stato veramente libero e illuminato, finché lo Stato stesso non riconoscerà l’individuo come una forza più alta e indipendente, dalla quale la forza e l’autorità di esso Stato derivano, e non giungerà a trattarlo di conseguenza. Mi piace immaginare che alla fine ci sarà uno Stato che potrà permettersi d’essere giusto verso tutti gli uomini, e che tratterà gli individui con lo stesso rispetto con cui si tratta un vicino; uno Stato che addirittura non penserà sia pericoloso per la propria quiete il fatto che alcuni individui vivano per proprio conto, senza alcun rapporto o commercio con esso - individui che abbiano compiuto tutti i loro doveri di vicini e di esseri umani. Uno Stato che producesse tali frutti, e li lasciasse cadere appena sono maturi, preparerebbe il cammino a uno Stato ancor più glorioso e superiore: io ho immaginato che possa esistere anche quest’ultimo, ma non l’ho ancora visto in alcun luogo.
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