Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 3-4 - feb.-mar. 1943

è fuori della poesia, come è fuori del sentimento e della vita, a meno che • sconfitto come Prometeo • non rientri di violenza nei "limiti d'una più appassionata umanità), nel titillamento decadentistico e lette• rario. Non si risolvano gli interrogativi morali, le ansie cosmiche, i problemi delle cose circostanze nel breve giro del personaggio. Nè un astratto mondo intellettualistico personale, nè uno sfrenato mondo fantastico, nè un sentimentalismo raffinato possono contenere l'uomo. L'uomo si completa al di fuori, nelle sue proiezioni attive, nei suoi gesti che lo tolgono dall'indistinto dell' anonimo e lo fissano con un carattere. " In te ipsum redi,, ... ma "si tuam naturam mutabilem inveneris, trascende temetipsum,, . Realismo, questo? Non impegniamoci con le pa• role ed evitiamo la debolezza dell' incasellamento in formule, buono per gli e,bciclopedici da strapazzo, per la gente dalle mezze culture • la gente per cui son fatte le etichette delle scatole e gli aforismi più o meno da cioccolatini. Ricordiamo, anzi, a proposito di parole e di formule, che certune delle più recenti • anche in teatro • non avevano altra ragione di rilevanza se non quella di essere temporanee, polemiche, termini di rilancio d' un discorso, appoggi d'un trapasso dialettico. Certe riduzioni alla essenza scheletrica, certi richiami alla sostanza astratta, certe affermazioni d' un ritmo interno delle cose e delle azioni come unico carattere importante di queste, non ebbero ragione d' essere per sè • e perciò tanto rapidamente si dissolsero l'una nell' altra • ma furono estemporanei episodi d' un dibattito, espedienti per sollevarsi da una situazione statica, pulsanti per l' elettrizzazior.e d'un corpo affralito da depositi secolari. L'unica ricerca sempre valida e perennemente sostanziale per tutte· le arti è soltanto questa: ritrovare ad ogni tempo il . proprio rapporto con l' immutabile sostanza umana, adattare il diaframma oculare alla profondità di campo, ferma restando la sostanza del panorama. Ne deriva per il teatro, la giustezza della ricerca di nuove forme espressive, acutizzate nella percezione dei motivi spirituali, così come si è raffinato in ciò l'udito morale moderno; ma invalicabilità dei termini suoi propri che lo fanno campo d' una esemplare vicenda fra l'uomo e il mondo. Debbono cioè restare • qualunque soluzione tecnica venga a definirsi - l' uomo e il mondo. Ci sono segni d' un tale positivo aTvertimento fra i giovani? Possiamo dire che i giovani risentono molto la vibrazione psicologica e morale dell'epoca. Che le incertezze programmatiche, le continue revisioni d' una civiltà che si raddensa lentamente in mezzo a ritorni e ad involuzioni, li mantiene in parte nella fluida zona delle esperienze e delle ricerche formali, per altro seguite e orientate con grandiosità di proposito (Joppolo) ; altri (come Costa che stavolta pubblichiamo) stentano a liberarsi del dato autobiografico per giungere a scrivere una storia del mondo. Confondono la molteplicità delle percezioni frammentarie con una abbondanza di cose da dire, con un arioso respiro sulle cose. Altri, invece, da altre esperienze, eredi di altre ascendenze formative, stanno toccando la riva. Non ci conforta t11nto in questo ·il clamoroso successo e la intrinseca qualità costruttiva del "Vicolo senza sole,, che ha recentemente rivelato Zerboni al grosso puhhico. A parte il pascolismo delle cadenze finali d'ogni atto e un epidermico sentimento, non troviamo che il nodo dei problemi della nuova coscienza venga a fiore in tale lavoro. Ma avete sentito delle 2 Fondazione Ruffilli - Forlì "Paludi,, di Fabbri, di quella rivolta guidata da un mite contro una società i~pa_ntauata, avete afferrato quella capacità di riscossa implicita nella coscienza d' una espiazione assunta deliberatamente da uno solo? E nella " Lotta con l' Angelo ,, di Pinelli, non è il risolutivo dilemma del male assoluto e del bene assoluto che torna a gravare sulle azioni degli uomini e a determinarle? Ecco l'uomo che ha ultimato il suo viaggio di eccessive umiltà e di sfrenato orgoglio in se stesso, torna a prendere posizione nel mondo, a giudicarlo a viso aperto. Per farsi magari sconfiggere, ma per lottare secondo il suo destino. E' certo che qualche cosa matura e il resto • statene certi - matura negli addiacci degli accampamenti. Noi guardiamo ai giovani per obbligo d'ufficio, per compito di parte, dato che son queste posizioni nelle quali è chimerico poter mantenere atteggiamenti di impassibilità storica. Ma lo facciamo anche per un ragionamento maturato, fattosi convinzione attraverso le recenti diatribe. Queste recenti diatribe che hanno dimostrato la loro inconsistenza e la loro ingenerosità perchè, se una cosa hanno affermato, è stata proprio la filiazione diretta • naturale e legale • della giovane generazione di pensiero dalla precedente. Una filiazione non preYentiva e generica, ma immediata e puntuale, dimostrata dal nostro tornare oggi, in sede culturale, sui nomi e sdle scoperte che essa lanciò, anni addietro, in sede di scandalo. Ma fra l'una e l'altra c'è l'incompatibilità, la impossibilità di convivenza che c'è talvolta nelle fa. miglie fra un padre e i suoi figli. Nati da lui, fatti come lui, ma sradicati, come se tra loro mancasse un cemento, un termine di unione. E qui proprio si spiega. L'altra generazione si è limitat,; a metterci al mondo carnalmente, a darci intellettualmente gli occasionali riferimenti dell'ambiente nel quale ci ha fatto crescere • l'ambiente culturale da lei creato. Ma è stata una generazione che non ha prodotto maestri. Li ha diradati nelle scuole, li ha fatti scomparire quasi nell' arte. Ha avuto scarsezza di capacità o di volontà didattiche. Forse troppo poca certezza delle proprie po• sizioni ave,-a in sè, da non sentirsene straripare. Invece a noi, per l'impulso dei tempi che aspirano a una finale risoluzione, tutto si presenta sotto termini didattici. C'è in noi quasi più impulso ad apprendere, a studiare, ad osserYare che a produrre. Ne è prova convincente l'esuberanza di materiale ragionativo e critico dei fogli giovanili, la vastità delle ossenazioni e delle informazioni di tanti. Tutto a noi si disegna sotto un profilo didattico, educativo, organizzativo. Problema di cultura, di complessi, di scuole, di corpi. Deriva da questa nostra esigenza l'imposizione d' un teatro che postula un diretto attaccamento alla vita, un proprio innesto diretto e non più un teatro che trae dalla vita mediante le altre arti, la letteratura, la pittura, la musica. I problemi maturano storicamente nel tempo e col tempo. Le solu~ioni procedono l' una dall' altra, come ogni generazione dalla precedente. Ma il problema di un tempo è forse legato principalmente, per rispon• denze interne, alla gente di quel tempo. Forse i giovani, in genere, di questo momento sono disposti a comprendere il monito d' un teatro quale dicevamo più che gli uomini, in genere, dell'altra leva. In questo senso consideriamo avallo importante il gruppetto degli uomini che camminano in testa. ARMANDROAVAGLIDLI

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