Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 2-3 - mar.-apr. 1942

di Nazzari. È la disperazione? uno scampo fatuo dalla nostalgia inevitabile, dal malinconico rito delle serate retrospettive ? Soltanto la disperazione ? O addirittLru il cinema è là, coi " Mariti,,, per esempio, in attcsn di tntt' altro cinema da quello che fu dei nostri classici, di un' acqnisito mestiere di romanziere? Ripetiamoci la storia del melodramma, che dà Monteverdi nella P"rezza. di cultura e d'anima, prof onde altissime ambedue ; che dà la noia del mestiere onesto e dell'arte minore in secoli di rendita stilistica e d' anime tuttavia irrequiete; ma che dd Verdi proprio a servizio dei cantanti e degli impresari, del mondo dove il " genere ,, è crollato. bruciato dall' industria : li tirocinio di II n vero ignora11te sarà la poesia, allora? aspettiamo nn Verdi per il cinema ? Osserviamo attentamen1.e le reazioni del pubblico e persino le simpatie dei produttori ; e da questa parte, da quest' altra, a casa nostra, maledetta casa!, ci compromettiamo nel rito mondano dell'intelligenza, nella serietà e purezza più facili e inutili, nella morale dei gesti di rifiuto che ci consolano in quanto "bei gesti,,, nell' inganno quotidiano e signorile della cultura, in quello art~gianale di una preparazione tecnicistica, sempre, dove, più seria. Il commendatore che ha torto, i maestri che tacciono, assenti: commemorano il cine. ma . . . Una retorica, un giochetto dove si fallisce er~camente, dove il martire scrive saggi critici. Ma compromettersi, ma ritentare col giallo e la commediola, ma avere, soprattutto, un inizio remoto di cartapesta e di polvere, altre macchine, altri libri • o amici. Macchine magari che lavorano per compiacere al commendatore; libri che estasiano il commendatore. Ideologie politiche grossolane come quelle di un Pabst. Letture poetiche e superficiali come quelle di un Clair. Qui il cinema. E la vita. E il giusto dennro. E il commendatore che ha torto mentre l' lLOmo di cinema gli dà ragione. Che non si sappia dov'è la poesia• è semplicemente un film : a finire laddove si dovrebbe cominciare : e magari a trascurare, per rivalsa, nobilissimi prodotti dell' "altro cinema,, , di quello che è, volere o no, il cinema di questi tempi, il cinema degli anni dopo il ' 30, proprio storicamente. Oh ! bastano un po' più di funzionalità nell'uso della camera e dei suoi movimenti, qualche ricerca di inquadratura e d'illuminazione, per mandarci in sollucchero, per farei gridare al prodigio! E continuiamo, per un altro verso, a lodare la maggiore, "serietà industriale,, o " attrezzatura tecnica ,, del cinema italiano, che dànno " bene a sperare ,, : senza avvertire lo slittamento SlLlpiano accademico e formalistico, l' avvicinarsi dell' esiziale babau Perfezione (o Inerzia) ... Non ci accorgiamo, intanto, che se al tempo di "Forttmale sulla scogliera,, non dava fastidio la panoramica tic-tac dal basso in alto e da sinistra a destra, dalle gambe di Tala Birrel al volto di Heinrich George, e ne dava moltissimo ,ma lunga scena dial o gata tra due persone fissa in un'inquadratura, oggi insensibilmente ci siiccede il contrario . . . O se ce ne accorgiamo, ci par d'essere scesi un gradino più in giù e stiamo lì per piangere di rimpianto o rimorso: non pensiamo neanche per un momento che invece del cinema forse stiamo rimpiangendo un altro cinema. Così continuiamo a frequentare le retrospettive come esercizio di un nobilissimo vizio mentale : siamo aristocratici e stanchi : o battaglieri contro il mostro dell'industria, che intanto fa almeno .il suo dovere minore ( non di pitì : chè anzi il nostro stesso sopravalutarla la incita all' inerzia, almeno quanto l' atteggiamento di ostilità polemica : che almeno ha fatto del bene, anche se ora è destinata a non farne più, o tutto il contrario). Ogni volta, sulla soglia ormai f umiliare del Cineattu_alità, uno squisito timore, ima sublime esitazione : commemoriamo il cinema, commemoriamo il cinema ... Poi il blLio. Allora E il co11pnendatore ha stravinto, una volta tanto, Giovanna d'Arco piangerà l'ultima sua lacrima sullo anche in nome della poesia. I poeti bucano il muro sfonda di una parete grigia umida desolata; e i negri fallace del carmina non dant panen con un film di Capra o di Vidor, con tutto il pane cioè sotto i denti. La nostalgia retrospettiva ha giuocato alla critica migliore lo ~cherzo più infame : la tendenza, appena riconosciuto un poco di cinematografo tra tanto teatro e tanta letteratura (il gran peccato!), a pt;issarlo senz' altro per buon cinematografo, mentre è semmai solo cinematografo, (lo è, secondo l'-estetica a tutt'oggi più accreditata): a riconoscere buon film quello che 42 FondazioneRuffilli- Forlì di " Alleluja ,, alzeranno lunghe ombre in una notte di esaltazione ; e le balalaike di Ozep si accavalleranno modulandosi in un montaggio senza fiato, una sull'altra nei locali nottlLrni della Russia zarista ... Abbiamo dimenticato per via i "Promessi Sposi ,, di Camerini. Ne parleremo, ormai, un'altra volta. Resta affermato ch'è un ottimo film. E che gli ottimi film ci fanno una terribile paiira, non ci lasciano dormire. RUGGERO JACOBBI

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