Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 2-3 - mar.-apr. 1942

Vecchie stampe di Cornelis Bega: nascita della farsa una partecipazione di Kierkegaard sarebbe inconcepibile, tanto preciso è il suo volto di osservatore, di spettatore senza condizioni. Del resto, è anch'egli prima di tutto un personaggio. Il teatro del suo tempo, l'opera bujf a, il vaudeville, la farsa, gli recava l' eccezionale contributo di una civiltd inconcepibile e leggiadramente fantasiosa. Egli scrisse, perfino, la vita di un'attrice. Ma l' indicazione che egli ci lascia di questo problema complesso e in cui mille fila s' incontrano, è quella di una estrema e vittoriosa solitudine. La decisione, tocca a ciascuno; nè alcuno può sottrarsi a questo teatro come tribunale, al paragone delle sue sentenze, che sole rincuorano la tristezza di Kierkegaard. 12 FondazioneRuffilli- Forlì Due frammenti di Kierkegaard (testo) Al Teatro Konigstiidter si rappresentano farse, ed è naturale che ci si trovi tra un pubblico estremamente misto. Chi si proponesse uno studio sulla patologia del riso nelle varie classi sociali non potrebbe trascurare l'occasione offertagli dallo spettacolo di una farsa. L'allegria e le risate del loggione e delle gallerie sono ben diverse dai critici applausi di un pubblico colto, e rappresentano un costante accompagnamento che è indispensabile allo svolgersi della farsa. L'azione prende generalmente lo spunto dalle classi inferiori della società, il che fa che loggione e gallerie vi si ravvisino immediatamente. Il loro chiasso e gli applausi non vogliono significare nn ·apprezzamento estetico sull'uno o sull'altro attore, ma l'espressione esplosiva della loro gioia : gli spettatori di questa cate• goria non hanno nessuna coscienza di sè come pubblico, ma tendono subito a scendere in istrada o nel luogo dell'azione per farsi della partita. Qnesto, a causa della distanza, non è possibile, e allora essi si comportano come ragazzi costretti ad assistere dalla finestra a una gazzarra giù in istrada. Non che Ja platea e le prime gallerie non vengano prese anch'esse dall'ilarità: ma è di un genere del tutto diverso da queste grida popolari cimbroteutoniche. In codesta nuova sfera sociale la gamma possiede sfumature infinitamente più larghe, se pure in un senso diverso da quanto avviene alla rappresentazione delle migliori operette. Una definizione estetica della farsa in generale sarebbe votata ali' insucesso : essa non potrebbe raccogliere l'approvazione unanime del pubblico colto, perchè, essendo l' effetto della farsa in funzione della attività creatrice svolta dai singoli spettatori, ognuno vi trova il suo piacere nella maniera più varia. Tanto più che nell'allegria si è liberi da tutte le regole esteticlie che per tradizione accompagnano l' ammirazione, ·il riso, la commozione ecc. Per l'uomo colto una farsa rappresenta un gioco nè più nè meno che una lotteria, con in meno anzi l'inconveniente di guadagnar denaro. Ma il pubblico che va normalmente a teatro, preferisce evitare quest' alea, e trascura volentieri la farsa, se non la disprezza addirittura, ma il danno è tutto suo. Possedendo, limitatamente, una dose di serietà, chiede al teatro di elevare o di arriccbire lo spirito, o per lo meno gli piace immaginarselo; vuole poter provare raffinati godimenti artistici, o almeno illudersi di averli provati ; pretende di indovinare come sarà lo spettacolo dalla semplice lettura del cartellone. La farsa si sottrae a simili convenzioni : essa può, infatti, causare le impressioni più discordanti, e produce il paradossale risultato di essere tanto meno attraente quanto meglio recitata. Nè, per sapere

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