Il Socialismo - Anno III - n. 20 - 20 novembre 1904

ANNO III N. 20 IL SOCIALISMO .;I, Rivista quindicinale diretta da ENRICO FERRI .;1, ABBONAMENTI : ITALIA: Anno L. 5 - emestre L. 2,50 ESTERO : Anno L. 6,25 • Semestre L. 3,25 Un numero centesimi 25. SI PUBBLICA Per la Direzione e Redazione rivolgersi all'ono– revole prof. Enrico Ferri, Roma, Via Montebello, 2-E - Per l'Amministrazione rivolgersi: // Sociaiismc Rivista, Roma, Via S. Claudio, 57. · il 10 ed il 25 d'ogni mese PROBLEMI SOCIALI L1\ GUERRA I?ERI?ETU1\ Il tenente colonnello Mande ha pubblicato nella Jllv11l/y Nt:1•ù-w di agosto un articolo intitolato: cc In– tluenza della guerra sulla vita sociale>>. Quest'artic0lo mette in mostra tale unilateralità di vedute e assur– dità e arbitrìo d'afft!rmazio11i, che non occorrerebUc con– futarlo, se non gli desse una certa autorità l'essere riassunto in Afi11erva, rivista seria e diffusa. lo non so da che cosa sia stata mossa (luclla rcdatione :id acco– glierlo; forse dal proposito di non lasciare senza nota alcuna corrente di pensiero, anche inconsistente; forse dal fatto che le conclusioni lusingano un'idea favorita di qualche redattore, per esempio del signor Rip., tut– t'altrO che Lardo e sciocco nel cogliere il destro per dar pedate alle odiate masshne sovversive, il quale scriveva a proposito ùel russo .Plckanoff e del giapponc.:;e Ka– tayama sedenti accanto e vituperanti la guerra nel Con– gresso d'Amsterdam: « l'atto è nobile, non c'è che dire. anzi grandioso; tale realmente <la commovere gli animi e suscitare 1 anche nei cervelli piì.1 pigri, l'idea d'un avvenire piì:t glorioso, d'una civiltà superiore a quella dc:i nostri giorni. Intanto, però ... )>. E faccio una pa– rentesi : quando sento uno che fa grandi elogi d'un altro e poi insinua a mo' di cuneo un pe,ò, un ma, con seguito di biasimi detti con umiltà, con quella re– ticenza che poco dice e molto fa immaginare, penso che il primo è un ne1nico acerrimo dell'altro e vuole spacciarlo; questo è il metodo seguìto dalle donne che vogliono demolire le loro b11011eamiche. Però. seguita il signor Rip., se il Giappone avesse ceduto, la Russia avrebbe presa la ~lanci uria e la Corea e stretta in una morsa la vita del Giappone: ora, il principio etico piì.1 alto imaginabile potea volere che questo si lasciasse mangiare? <t Timi is tl,e questuml - conclude Rip. trion– fando. - Le idee più alte e generose possono diventare fallaci utopie, quando astraggono dalla dura, crudele, infrangibile, inviolabile, adamantina (5 aggettivi racca– priccianti!) realtà. >) Ed ecco il colpo demolitore del– l'amico (dagli amici mi guardi Idclio) degl' ideali. Egli, entusiasmato alla fa1tfara guerresca dei 5 aggetti vi, pare ci guardi col viso del maestro che tiene lo scolaro per un orecchio e lo ammonisce paternamente a badare alla consecutio temponem. Ma (ecco il terribile ma) un tarlo rovina l'iir1palcatura del ragionamento: se invece della desistenza dei giapponesi io suppongo quella dei russi, o suppongo un conciliativo accordo fra loro? la solu,done cambia. Oh, si dice, voi presumete troppo! Questo è un altro conto 1 rispondo, ma non è quello il modo di ragionare di principii etici. Nel dolore del– l'obbrobrio che persiste malgrado tutto, giova almeno vederi:: che gli apologisti t: panegirisli della guerra ab– biano argomenti di questa forza. E vengo al colonnello ~'lande: egli comincia di– cendo che la sociologia è ritardata nel suo cammino principalmente dal fatto che i sociologi mag~iori non vogliono scernert! l'influenta della guerra sul carattere delle na.doni. Ora io nego che alcun sociologo, pur mediocre, disconoscà tale effetto della guerra; e non lo potrebbe, però che la guerra è stata finora, e sarà pur– troppo per qualche tempo ancora, uno dei piì.1spiccati cd t!fficaci e quindi meno trascurabili fatti della vita collettiva umana. Ma l'autore chiarisce appresso le sue intenzioni lamentando che nessun sociologo abbia rile– vati i mirifici effetti cli bene che la guerra. nel campo sociale come nel morale, trae dagli eccidi e dalla di– struzione. E, dopo avere scoperto che certi morbi strus– sero più vite di certe guerre (che 1nonta questo?), ci ammonisce che bisogna studiare le cause della guerra, morbo sociale, con pari attenzione che i microrganismi produttori dei piì:1gravi morbi fisici 1 affine d'eliminarlo o, quanto meno, attenuarlo; e nel tempo stesso lo pa– ragona alle grandi febbri che rinnovano e purgano dalle impurità il corpo. O <lunr1ue, occorre eliminarlo questù grave male, o tenerselo perchè ci purghi? Non è dif ficile arguire che il colonnello, seUbene la contraddi– zione l'abbia creata lui per la lotta tra il buon scnsu naturale e l'edu..:azioire sovrapposta, eleggerebbe la se– conda via. Pure è strnno che in nessuno abbia mai riscontrata la voglia di cader malato per la soddisf,l– zione cli guarire della buona salute che aveva: sarà perchè non comprendiamo ancora molto bene quale sia per noi il meglio. Segue nell'articolo una esposii;ione dell'origine delle guerre, con la divisione degli uomini in agricoltori e militi, un'invasione dei montanari sui pianigiani e la reazione vittoriosa di questi (propriamente dei loro mi– liti, in ciascuno dei quali nasce l'idea del sacrificio pel bene comune). Ma, cessato il pericolo, i lavoratori non vogliono più i soldati, divenuti superflui, sorge (come un fungo) il funesto individualismo; i soldati si difen– dono perchè hanno le armi, avviene la guerra civile e l'invasione dei nemici esterni che finisce con la distru– zione della cornunità discorde o con la sua vittoria, la quale dà 1;odo alla casta militare di riafferm.arsi e ri-

RkJQdWJsaXNoZXIy