Il Socialismo - Anno III - n. 7 - 25 maggio 1904

100 IL SOCIALISMO sociale esistente. La teorica turatiana della conside– razione dei profitti nel movimento degli scioperi - pare incredibile! - è in nuce nella Critica della Ragion pratica. Non si potrebbero scovrire più nobili antecedenti al riformismo italico! Ma il ri– sultato di tutte queste cose insieme: il « regno dei fini » Filippo Turati, la « cooperazione delle classi)> Agostino Depretis, il « trasformismo» Emanuele Kant, nonchè !'on. Giovanni Giolitti e la bancarotta del marxismo, scoverta in Italia, tre anni dopo che l'aveva violentemente negata, dal compagno Bisso– lati; il risultato di tutte queste cose è che la classe favoratrice dovrebbe rinunziare alla sua azione ri– voluzionaria e sostituire all'esercizio della conquista per atto di forza la dimostrazione sentimentale del bisogno impellente. L'embrasso11s-11ous,Folleville sostituito al lVfanifesto dei Conumisti. E dice l'ono– revole Bissolati che questo è anche un progr~sso teorico. Ciò a cui in ultima analisi si tende con tutte queste novelle nuvole che si vogliono imporre al so– cialismo: ritorno a Kant, dottrina della democrazia, positivismo, ecc., è persuadere al proletariato la rinunzia dell'attiva e pugnace lotta di classe. Il fine più o meno consapevole di tutte queste escursioni dottrinali è rompere ·1e dighe che tengono chiusa e serrata la grande fiumana proletaria, che marcia meditatamente verso un fine dichiarato, e lasciare che ne trabocchino le acque per le pianure vicine, perchè con l'inutile innondazione manchi ad esse la forza di raggiungere la mèta lontana. Di qui gli assalti che con tanto fervore si dirigono non contro questa o quella specificata dottrina del marxismo (poichè anche il marxismo è soggetto alla sorte comune di tutte le dottrine e dove è invecchiato, dove sorpassato, dove ruinante) ma alla sua con– cezione generale del movimento operaio, che Marx non i11,ventò, nè prescrisse, ma ritrovò e dedusse e che è la logica stessa immutabile del movimento operaio, sem,;a di cui questo nè è pensabile, ne e possibile. La lotta .-oniro il 11,ar:rismo è la lotta coutro il socialismo. ARTURO LABRIOLA. L'usuranel Mezzogiorno Importante e del pili alto interesse sarebbe lo sludio particolareggiato del fenomeno dell'usura, com' esso opera e sovraneggia nelle città e, piì:1 ancora, nelle cam– pagne del Metzogiorno cl' Italia. Politici e studiosi, i quali si sono occupati del cosiddetto << problema meri– dionale» hanno solo en passant accennato a questo pu· trido verminaio umano, ma non v'è stato finora alcuno, a quanto ne sappiamo, che si sia ampiamente trattenuto su11abrutta e vergognosa piaga, tutta meridionale, per disGuterla sulla base di studi pazienti e di più pazienti lunghe e non sempre facili indagini. · Certo l'opera non è delle pili semplici; ì,; l'usura uno di quei ca,rcinomi della vita sociale borghese dalla quasi inafferrabile fisonomia patologica; essa, immane idra divoratrice e dissanguatrice, avvinghia intero un organismo sociale, pur dissimulando la sua presenza nella pii1 avvolgente penombra. L'apparente assenza non toglie purtroppo che l'idra sia più viva e presente che mai, e mieta numerose le vittime, seminando dappertutto lo squallore e la miseria. · Diverse e di. varia indole sono le cause concorrenti a questa difficoltà d' indagini e di studi sul fenomeno usuraio. Prima, fra tutte, la spiegabile ritrosia di quanti si videro, dalle pressanti necessità, costretti a porgere il collo allo strozzino, di comunicare altrui le loro an– gustie finanziarie; ritrosia questa propria agli individui ed alle collettività pezzenti, che non sanno confessare la miseria susseguita a periodi non facilmente dimenti– cabili di larga e diffusa agiatezza. A ciò devesi aggiungere un secondo motivo, impor– tante per chi tiene a mantene~e nude le membra alla Dea Verità, ed è che in un campo così strano e nebu– loso, come quello dello strozzinaggio, facil cosa è, per chi ne discute, restare vittima degli abbaglianti vaga– bondaggi della fantasia popolare, cosl pronta a sbizzar– rirsi intorno a certe figure che muovono i loro passi nel quasi mistero, intorbidando dippiì.1 acque già tor– bide di propria natura, sino a trasformare, moltiplicare e sconvolgere la vera e positiva realtà delle cose e degli uomini. L'usuraio è in questo simile al mito della leggenda che tutti dicevano di conoscere, n1.adi cui nessuno sapea precisare la natura e le forme; più potente del barone feudale esso non ha castelli e soldati, pur essendo cir– condato da mura più solide che non fossero le mura dei castelli del medioevo e da soldati pii, fedeli dei mercenari dell: età di mezzo. Sono suoi usberghi e suoi difensori le sue penombre, più o meno simboliche, e ancora più il bisogno, le di– strette e la miseria dei disgraziati a lui ricorrenti e da lui tiranneggiati. L'usuraio può dirsi superiore alle stesse leggi che lo condannano; egli, l'u..omomeno rispettabile, sarà sempre il pili rispettato di tutti ed intorno a lui la miseria dei pili costruirà barriere insormontabili di difesa, fatta cli paure e di preoccupazioni di tenerselo caro. Tutto l'in– genuo dìlettantismo legislativo dei due mondi potrà ful– minarlo di mille sanzioni terribili, ma Sylhoc dominerà. Nel Mezzogiorno questa muraglia ideologica è co– struita da un pezzo, poichè in mezzo ad un popolo ammiseriio ed in una regione ove il capitale circolante è scarso quando non manchi addirittura, è naturale che debbano apparire come salvatori, degni di riconoscenza e di tutti i riguardi, persone che rendono possibile il prestito a chi è a manco di danaro e cli mezzi per pro– curarselo sul momento, non importa se alla Colchide, posseduta e avidamente difesa da una tal genia di sal– vatori del prossimo, si perviene colla certezza di nau– fragare nel viaggio di ritorno.

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