Il Socialismo - Anno III - n. 5 - 25 aprile 1904

IL SOCIAUSMO 7 I del popolo, ad esempio del Belgio, si sentì rimprove– rare da Turalì che era un far del socialismo piccolo– borghese. Turati, volendosi differenziare da noi, ci invitava a lasciarlo lavorare, mentre noi abbiamo sempre lavorato senza chiedere il permesso ad alcuno. Ci si rimprovera pure la pregiudiziale repubblicana, ma bisogna, a tal riguardo, far merito al Bissolati d'altri tempi d'aver gridato in Parlamento: Abbasso il re! Ci chiamano anarchici perchè accennammo all'uso • della violenza, eppoi Chiesa e Cabrini vennero 'lui a glo– rificare i propositi violenti dei lavoratori del porto dì Genova i qual:, se sopraffatti nelle loro richieste, avreL– bero persino abbattute le gru i, lrauliche di quel porto. Per quanto rivoluzionari, il sistema di glorificare e– consigliare la distruzione dei mezzi cli lavoro non entra nei metodi della nostra propaganda ed esso non depone certo a favore delle pretese coscienze riformistiche. Ci sono gli esempi di riforme rivoluzionariamentc conquistate, come ci sono esempi cli complete rinnova– zioni sociali, fatte pacificamente. La costituzione dell'assemblea del terzo Stato 1 nel 1 giugno 1789 si fece senza violenza; mentre la pic– cola riforma ciel calmiere nel '74-75 provocò rivolte e repressioni. li proletariato dev'essere educato alla resistenza, e, quanto alle riforme, noi crediamo che siano efficaci sol– tanto quelle che trasformano la superstruttura politica e giuridica de11a società per opera diretta della classe economicamente dominata. Fedeli alla disciplina del partito, collaborammo e collaboriamo anche noi alle riforme ed io ricordo che fui mandato dal Cabrini nel Vercellese, ove son nato, per parlare nei comizi in favore della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli; ma quel!a legge si spuntò perchè non corrispondeva ai bisogni immediati del pro– letariato. L'oratore conclude così: Io spero che il Congresso si ispirerà alle conce– zioni rivoluzionarie marxiste e cosl, tornando a Vene– zia, io porrò sentirmi pili agguerrito e pili forte nel trasfondere lo spirito di combattività nei lavoratori ve– neziani. Nella seduta pomeridiana prende la parola F1urro TURATI. Dice di prendere la parola fermamente persuaso che il suo discorso non sposterà più un voto. Ormai !.utto si ~ cristallizzato. Non abbiamo davanti a noi· un Con– gresso socialista, ma bensì un'accademia di vari gruppi, che tendono a fini diversi. Si parla tanto dell'unità. E' certo bella la formula: 11110 il proletariato, 11110 il socia– lismo, ma come tutte le formule semplici anche questa è falsa. Il proletariato non è un blocco solo, ma una stratificazione di sotto classi, che si mandano avanti una per una. E' vero che l'unità è la forza. Ma deve essere unità di forze tendenti ad identici fini, non due avversari litiganti ìnsiem.e. Forse che l'esercito russo accrescerebbe le proprie forze se gli venisse in mente cli formare un'unità sola coll'esercito giapponese? Non so se il mio metodo sia migliore di quello di Labriola. So solamente che il peggiore dei metodi sono i nostri due metodi insieme. Da questo non può nascere se non la stasi e l'impotenza. fn Italia è ancora. da fare tutta l'opera della demo– crazia. Marangoni crede sia una contraclizione la no– stra, di avere prima combattuta la democrazia e di voler ora compiere la sua funzione storica. In verità non vi è contra<lizione alcuna. Abbiamo combattuto la democrazia borghese perchè ipocrita, inetta, bugiarda ed ora cerchiamo di fare ciò che essa promise senza farlo. Pa"rlando della violenza dice che essa molte volte ostacola il progresso. La Co1nune ha ritardato il mo– vimento democratico in Francia cli almeno 20I anni. Cri• tica i concetti di Marx sulla violenza dicendoli in pa– recchi punti sorpassati dalla storia. Quanto al ministerialismo, TURATI crede che sarebbe somma stoltezza se un socialista si azzardasse di e1!– trare in un ministero senza un esplicito ordine del pro– letariato organizzato. Ma quando il proletariato comanda bisogna esser pronti perfino di andare al ministero ('Mocc1-11interrompe: Anche in regime monarchico?). Non lo so. 1 on posso dire 0ggi quello che il proleta– riato ci dirà cli fare domani. Posso dire solo che esso saprà imporre la strada a me cd a voi ! Critica l'ordine del giorno intermedio che chiama il labriolis1no senza logica. 'on si deve mantenere l'equi– voco. E' meglio che ognuno batta la propria strada. Così forse il proletariato potrà di nuovo credere ad una unità di partito del socialismo, unità neJ.la vita, non nella morte, come la vuole il centro ! Come ultimo oratore dell'ordine del g:iorno inter· medio ed unitario, prende la parola ENRICO F1<.:RR1. Turati diceva che questo non è un Congresso socia• lista, ma una schermaglia acca<le1nica, fra due partiti cozzanti che non possono uscire di qui in concordia fraterna. Io dico che i lavoratori di fuori chiedono con ansia se qui dentro si deciderà la vita del partito socia– lista e Filippo Turati risponde: <( la morte. » Ah, certo, quando si concepisce col cervello e col cuore che i socialisti qui convenuti debbono essere paragonati ai giapponesi cd ai russi, contendenti san– guinosamente fra loro, ah, certo allora non vi è pili unità a salvare ! Ma pcrchè non è qui Cami\lo Prampolini, lui, apo– stolo del partito ? Egli ha sempre eletto ccl ha ripetuto anche recen– temente che l'uniti del partito non doveva andare compromessa. Unità di partito: non sopraffazione degli uni sugli altri; ma unità fraterna con un lavoro vario e multi– forme, dove ciascuno possa svolgere la sua attività, facendo tacere gli oclii e le polemiche personali. finchè imperversava la reazione i socialisti erano uniti e compatti nella comune difesa. Ora, conquistate le libertà relative, ognuno agisce _con indipendenza: onde qualche volta sembra che nelle azioni rispettive degli uni e degli altri vi sia d_issidio.

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