Il Socialismo - Anno II - n. 21 - 25 dicembre 1903

IL SOCll\LlSMO 323 nulla è stato preconizzato, in questi giorni, da una troppo entusiasta, imprudente pubblicazione tedesca, come il successore di Francesco Giuseppe. Un bai/on d'essai, questo, che è, però, un sin– tomo dello srnto·deg)i animi, ed un segno della coe– sione tenace del movimento tedesco,gravitante al Sud. lo sono d'accordo con Ugo Ojetti in questo sol– tanto: che credo essere una illusione troppo facile perchè sia vera, quella di molti, per la quale l'Au– stria abbia a sfasciarsi alla morte del vecchio Impe– ratore. Non è lui, ma il clero, la spina dorsale del mal connesso Impero. La sorte dell'Austria non è legata alla vita di Francesco Giuseppe: indipenden– temente da ciò, sarà per esser determinata dagli eventi esterni e dagli interni conflitti; e 'l mestier del profeta non sembrò mai tanto arduo come per chi volesse pred.ire se prevarranno gli interessi co– muni de' popoli ali'Austria soggetti, ovvero gli in– teressi divergenti: confederazione democratica nel primo caso, la quale sarebbe favorita dalla coesistenza di almeno due naziolialità diverse in ognuno dei territorii dell'Impero: smembramento e inco_rpora– zione delle singole parti nei rispettivi nessi politici, nel secondo caso. Ma di più immediato e pii, universo interesse è la conclusione eh' io voglio trarre. Non " temporaneamente ebbri di baldanza, i Te– deschi », amico Ojetti !, ma sistematici invasori del Sud, baldanzosi soltanto perchè consapevoli, brutali perchl: sicuri della loro forza, della loro metodicità. Ora, l'interesse supremo degli Italiani irredenti coin– cide con l'interesse supremo della nostra civiltà e del nostro sviluppo sociale ed economico, e l'uno e l'altro coincidono con gli interessi generali della pace, quando noi, dentro e fuori de' confini politici d'Italia, ci te– niamo in buoni e leali_ rapporti con gli Slavi, i quali con noi, come noi con loro, han tutto da gua– ·dagnare e niente da perdere. E mentre l'entente (la quale non ha ragion d'essere concreta se non fra quegli Italiani e quegli Slavi che son del pari sog– getti all'Austria) varr:\ a tenere in rispetto l'inva– denza pangermanica, varrà allo stesso tempo a impe– dire che la medesima influenza slava si svolga quando che sia a danno nostro. E non è fuor d'opera ar– gomentare che se questa entente non avesse a sta– bilirsi, i Croati sarebbero alla fine costretti a non far pii, asssegnamento, per la tutela della loro esistenza e per la speranza della loro entità nazionale, altro .:he sulla Russia. Già la Francia repubblicana, pur tanto lontana di tradizioni e di aspirazioni dalla Russia, pur libera, ricca e forte, dovette dare la sanzione morale e politica, e 'l presidio de' suoi mi– lioni, all'assolutismo moscovita, allorchè si vide stretta per ogni dove da una cerchia di ferro. Non si co– stringa un popolo che aspira a liberi reggimenti, a darsi mani e piedi legati al più potente inimico della libertà. E allora il pericolo slavo incomincerebbe davvero ad esser concreto e tangibile alle nostre spalle. Invece lo accordo spontaneo fra due popoli, sce– vro di commistioni ufficiali e statuali, vale a tener lontano pericolo siffatto, ed instaura l'equilibrio fra le due grandi forze, germanica e slava, una delle quali prendendo il sopi avvento sull'altra, sarebbe per generare la conflagrazione, l'idea della quale servì sinora a coonest:ue il dissanguamento militarista negli Stati dell'Europa. Bruno Franchi. PROBLEMI SOCIALI L'"OPERA POSTUMA,, DICARLO MARX ( Continua=ione). Ma veniamo alla critica di Achille Loria. « Alla teoria del Marx s' ha da rispondere un·a cosa «soltanto: che se veramente quella da lui addotta fosse << la causa della diminuzione nel saggio del profitto, « questo non verrebbe mai a scemare, poichè una « diminuzione nel saggio del profitto sarebbe addi– « rittura inconcepibile. Perchè mai, infatti, il capita• << lista accrescerebbe la parte del suo capitale, che è « impiegata in capitale costante, quando ciò, o non « accresca il profitto, o lo accresca in proporzione mi– « nore del capitale impiegato, cosi scemando il sag– « gio del profitto stesso, mentre egli può, conservando « la precedente proporzione fra le due /onne del capi– « tale, ottenere il saggio di profitto fin qui percepito? .. « Ora, se invece la espansione del capitale costante ha « per effetto di scemare il saggio del profitto, il capi– « talista non s' indurrà mai a consentirla, o a promo– « verla. Nè vale contro questa obbiezione così evi– « dente l'asserto del Marx, che l'impiego del capitale « costante, se diminuisce definitivamente il saggio gene– « raie del profitto, accresce però immediatamente il « profitto del capitalista, che pel primo lo introduce; « e che questa elevazione transitoria del saggio del « profitto è lo stimolo, il quale provo~ le progressive « espansioni del capitale costante... E quando_ pur. si « voglia ammettere che qualche capitalista insensato « morda a\l 'amo e segua una condotta così opposta al « suo vero interesse, ma il calcolo pili elementare rile– « verà bentosto a lui ed ai suoi colleghi tutta la gra– « vità dell'errore commesso e li indurrà a ritornare sui « propri passi, ossia a riconvertire il capitale costante « in capitale salari, dando per sempre il benservito a « quella maligna ed improduttiva forma di accumula– « zione. Per quanto si consideri la cosa, sempre si « scorge che il capitale tecnico, !unge dall'essere una « causa di riduzione del saggio del profitto, non s'im– « piega se non in quanto elevi il saggio del profitto, « o non lo scemi ed accresca i profitti real i, e che per• « ciò è duopo di ricorrere a ben diversa cagione, a « ben differenti fenomeni, se vuole aversi la spiega-

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