Il Socialismo - Anno II - n. 19 - 25 novembre 1903

296 IL SOCIALISMO Il Partito conse,-vatorc che oggi è al potere, è in piena crisi. Mancava già di una vera omogeneità quando ne era capo il Sii vela i oggi che questi si è ritirato, 11011 saprei dire come andrà a finire. Il posto lasciato eia Silvela se lo disputano per lo meno tre individui : l'attuale capo del Governo, il Villavcrde, uomo di forte volontà ed ii' pili accreditato fra i conservatori in que– stioni di finanza; Maura, uno dei primi oratori parla– mcnt..iri e conservatore con tendenze cleric.'lli, e Dato, autore della legge sugli infortuni e di quella sul lavoro delle donne e dei fanciulli. 1 n tali condizioni non essendovi un fauo positivo clic possa guìdandola dar forza cd influenza all'opinione pubblica, sarà molto dinicile al Partito conservatore cli mantenersi per molto tempo al potere. Se critica è la posizione dei conservatori, non meno lo è quella del partito liberale. Dopo la morte cli Sagasta il disordine regna nelle sue file. Le ambizioni cli coloro che furono capi un giorno di piccoli gruppi e che erano a stento contenuti dalla grande autorità cli Sagasta e dalla sua grande cono– scenza degli uomini, sono irrefrenabili ora che l 1 astuto capo dei liberali è scomparso dalla scena della vita. Olu·e, e senza contar l'antico liberale generale Lopez Oominguez 1 nè il più moderno Canalejas, tre uomini di ugual for?.a politica si contendono la preminenza nel partito : il Mantero Rios, il marchese De Vega De Ar– mijo e Moret. Le cospirazioni, il lavoro di retroscena di ognuno di essi per strappare elementi agli avversari, cd il cal– colo e l'affidamento continuo ch'essi fanno sulla bene– volenza dei conservatori per sottrarre in0uenza agli av– versari, fanno si che il partito liberale in Parlamento e fuori apparisca come disorientato, di poco valore, cd impotente a soddisfare le condizioni più necessarie per salire al potere. In questo momento in cui i conservatori per la crisi che attraversano mostrano anche ai più miopi la loro debolezza, i liberali dovrebbero ristabilire la disciplina nelle loro file e dare alle loro forze la direzione ne– cessaria perchè il potere possa cadere nelle loro mani. Ma siamo ben lontani da ciò, e la lotta fra Moret, De Vega Armijo e Montero Rios è piì.1 che mai viva. I due ultimi già vecchi e con limitato seguito per poter assumere la responsabilità di un partito, lavorano con– cordi perchè il primo non abbia a diventare il capo della maggioranza liberale. L'attitudine degli uni e degli altri non fa sperare certo dunque nulla di buono; forse: - la divisione ciel partito, se non in più, in almeno due distinti gruppi. i repubblicani, salvo i federali ed i partigiani di Buir Zonilla, sono oggi uniti e riconoscono per capo Salmeron. Tale unione che ha destato enorme entusiasmo è più apparente che reale. La maggior parte degli uo– mini più o meno importanti che da principio la inizia– rono, furono mossi più dal desiderio di un trionfo elet– torale che da quello di creare una seria unione capace cli instaurare prontamente il regime repubblicano i e così, siccome il movente ebbe carattere personale, fi– gurano nell'Unione repubblicani temperati accanto a radicali e ad altri che hanno dichiarato di essere anar– chici. Inoltre nello stato maggiore di tale Unione non abbondano gli uomini puri e conseguenti; sono jn ge- nerale avventurieri e gente che per far carriera e per arrivare prontamente a.Ila deputazione hanno fatto senza riguardo le pili svariate evoluzioni politiche. Così si spiega come manchi un programma e come nei casi dubbi il capo si mantenga sulle generalità. Se si fosse formulato un programma chiaro e preciso il disaccordo si sarebbe tosto manifestato e l'Unione, sia pure apparente che oggi esiste, non esisterebbe affatto. L'Unione ha avuto la sua migliore esplicazione nella campagna elettorsile. Nelle ultime elezioni essa ha potuto inviare al Parlamento ben 34 deputati, vincendo a Madrid, Barcellona, Valenza ed altri importanti centri cli po~olazione, mentre nelle elezioni precedenti non si erano avuti che q deputati repubblicani. 'Tale trionfo elettorale non fu solamente dovuto al– i' entusiasmo prodottosi per la Unione, ma ben anche ai molti voti dei malcontenti per la pessima politica elci partiti monarchici. Se l' Unione repubblicana fosse saldamente cemen– tata, se aves~c un programma e seria disciplina, se molte delle sue figure piì.1 salienti amassero davvero la repubblica, questa sarebbe presto una realtà per la Spa– gna, perchè nè la monarchia ha dei veri clifcnsari, nè le condizioni dei partiti monarchici sono tali da im– porre e da far temere. La mancanza di tali condizioni inclispens;abili, che potrebbero favorevolmente contrapporsi all'antipatia cd al discredito che pesa sui partiti monarchici, è la ra– gione per cui la monarchia non ha per ora nulla a temere. Difatti la prova di quanto diciamo si ha nel fatto che, ad onta della decomposizione nella quale si dibatte il partito liberale, non un solo elci suoi uomini si av– vicina al campo repubblicano. Si calmerà certamente la febbre rcpubblican:i, ri– sorgeranno col malcontento i piccoli gruppi nei quali prima si divideva, e la Monarchia non avrà a preoc– cuparsi 'di loro perchè di forza e valore insignificanti. L' unico vantaggio che deriverà eia tale movimento an– timonarchico saranno !'energie nuove che si riverse– ranno nelle file del Partito socialista. Pablo Iglesias. SCIENZA ED ARTE I Patriarchi del Socialismo IX. BRISSOT DE WARVILLE (1754-1793). La Rivoluzione fmncc~c, che non h!l sortito risu\t!lti di rc:tliz. 1_1,zionc sociali:;tica, è Sl!lta nclb mcnt!llit:\ S11:l l'!lffcrmazionc brga, impctuos.1. del pcn~iero socialista. Il fiono dello sconvolgimento s.-.lc. Adesso la Rivoluzione è un r:iziocinio. E in questo raziocinio c'è qualche cOS..'ldi cliçper:ito e di ossesso quasi, m!l nel fondo ~t.:i. il dado massiccio di un con• ,•incimcnto incrollabile. Alla Rivoluzione m:tnc.w!l l!l voce quotidi!ln!l, insistente, for• nita di quelle mirabili virt\1 pcrsu:lSive che ha solo b polcmiCL su tutto e su tulli 1 la voce del giornalismo. Brissot dc Wan•illc fu, in ordine cli tempo, l' inizi:'l.to1·cdel giornalismo rivoluzionario e, cioè, del giornalismo che è segno spe– cifico della modernità, esponente dell!l dcmocr!lzia mont!lntc, for1.!l del connubio Mero, !-treno 1r.1. la esigenza del prolctari!lto e i:'I.

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