Il Socialismo - Anno II - n. 15 - 25 settembre 1903

IL SOCIALISMO 227 lità di rimanervi un'ora di più oltre quelle che il sonno richiede, ricorre alla bettola, abbandona la famiglia e si dà alla delinquenza. Dategli una casa possibile, fate che la casa sia più confortevole della bettola, e l'uomo preferirà restare a casa. Così insegnano l'esperienza ... e il materialismo storico. Aroldo Norlenghi. L'"OPERA POSTUMA " DICARLO MARX I LA TEORIA MARXISTA. La teoria marxista del valore non è che lo sviluppo ed il perfezionamento della teorica esposta e formulata dagli economisti classici Smith e Ricardo. All'opposto degli economisti che basano il valore sull'utilità fiscale e sull'uomo economico provvisto di desideri e che opera degli scambi, Carlo Marx si ad– dentra subito nell'esame obbiettivo del valore di scam– bio eh.e si rivela e manifesta, nei rapporti sociali degli uo~1ini, come un attributo delle cose. Ma ecco, rapi– damente, in cosa cons_iste la teoria marxia_na. Nella presente società borghese, la ricchezza so– ciale si presenta sotto la forma di una vasta accumu– lazione di prodotti, di merci, aventi un valore di uso (capacità, nel prodotto, di soddisfare ad un bisogno sociale, fisico od intellettuale, 11011 importa) ed un va.– lare di scambio, o valore propriamente detto. Ora, nell'atto che una merce si scambia con un'altra merce, in data quantità, si forma una equazione. ~d esempio, se un abito è scambiato con un orolog10, abbiamo l'equazione: abito = orologio. Perchè un'equazione si abbia fra due termini, è necessario esista un elemento comune ad entrambi. Questo quid comune non può essere formato dal va– lore di u.so che implica la qualità della merce, perchè un fenomeno di qualità non può costituire la base ad un rapporto di quantità, mentre poi il valore di uso rispettivo delle merci è immensurabile. Quindi, astra– zione fatta dal valore di uso, non rimane alle merci che un solo carattere comune, quello di essere prodotte dal lavoro umano, per cui il valore di scambio di una merce è misurato dal lavoro umano. Alla stessa conclusione si arriva per altra via. li valore di scambio, che sorge naturalmente dalle re_la– zioni degli uomini in società, non è il fatto semplice dello scambio che. lo crea: lo scambio non fa che ma– nifestarlo agli occhi dei produttori. Ora, se noi rimon– tiamo' alla base della società borghese, alla società mercantile, noi constatiamo che lo scambio non è che l'esponente di un fatto semplicissimo. . . . Con la divisione del lavoro lo scambio dt merci di qualità diversa diventa una necessità generale, ma i procJuttori conoscono benissimo la quantità di lavoro occorrente alla. produzione di una determinata merce, onde cercano di dare e ritirare un prodotto il quale abb\8 costato la stessa quantità di lavoro. Lo scambio non fa che manifestare i rapporti sociali immediati delle persone nei loro lavori privati sotto la forma indiretta di un rapporto sociale fra le cose. Inoltre gli uomini, come lavoratori, hanno delle attitudini di qualità e quantità differenti, che risaltano ancora di pitl a se– conda degli strumenti di produzione adoperati. Un tes– sitore a mano produce meno di un tessitore alla mac– china, come un artista produce nello stesso tempo maggiore valore di un semplice imbianchino. 1 Vedi nel fascÌCQIOprecedente le osscrv:u:io11i di proemio :t questo stu• dio, e il C:\pitolo su // jJrol,/emn del 'llnlorr. I.:\ fine di questo studio si :\vr:l nel pro,.5imo numero, col C:\pitolo: La lr11s/ormazione dtl pluwnlore ÙI jJrojillo rd il saz~io mrdio del jJrofllo. Il valore di scambio è quindi misurato dalla quan– tità di lavoro semplice socialmente necessario alla pro– duzione di una merce in una società data, sottintenden– dosi che il lavoro complesso si riduce ad una maggiore quantità di lavoro semplice, come del resto l'esperienza ci dimostra quotidianamente. L'equazione che si forma nello scambio di determinate merci, quindi, non è che l'esponente ed il riAesso dell'equazione che gli uomini fanno della quantità di lavoro sociale semplice neces– sario alla produzione delle merci stesse. D'altronde, il lavoro semplice cangia di carattere nei differenti paesi e secondo le epoche, per quanto sia determinato in una data società. 1 Quindi la riduzione di ogni genere di lavoro a la– voro semplice od astratto, si basa sopra un criterio puramente sociale che deve modificarsi a misura che cambiano le condizioni generali in cui avviene il la– voro. Non trattasi di un criterio costante, di genere metafisico, ma di un criterio storico-sociale. Marx, in– fatti, osserva che in certe occasioni il lavoro altra volta complesso diventa semplice, e viceversa, in causa delle trasformazioni avvenute nelle condizioni del lavoro. 2 In conseguenza, la economia marxista dà la dovuta parte alle differenti energie umane, sia sotto l'aspetto fisico che intellettuale, con la sola limitazione che si parla sempre di lavoro che si esplica in un dato re– gime e per mezzo di dati mezzi cli,produzione, essendo l'elemento sociale del valore quello che prepondera sopra ogni altra considerazione. Si capisce ora perchè Marx abbia scritto che « il « valore di scambio non è altra cosa che un modo so– « ciale particolare usato nel computo del lavoro impie– « gato nella produzione di un oggetto ». 3 La sostanza del valore è quindi il lavoro e la sua grandezza, la quantità di lavoro semplire socialmente necessario; per cui, a misura che la quantità di lavoro socialmente necessario alla produzione di una merce, diminuisce o aumenta, diminuisce· od aumenta il suo valore di scambio. Ed ora veniamo alla evoluzione storica della forma ciel valore. 4 Nella società borghese. il valore ha assunto una forma definitiva nella moneta, che non è che il risul– tato di uno sviluppo storico del valore di scambio me– desimo. Infatti, ali' inizio, si ha lo scambio di una merce con un'altra qualsiasi in determinate proporzioni. Ad esempio: x merce A = J' merce B, o viceversa; ossia la forma semplice o accidentate del vat01:e, che_si afferm_a nello scambio del lavoro in due soli oggetti concret1. In seguito si sviluppa la forma valore totale, in cui 1 Capitai, I, p:\g. 17, colonna ,. . . . 2 Si giudichi or:\ il Sorci, che nel 7our11nl des luommusles scrive che l:t teori:t del v:ilorc m:trxista suppone che lo sviluppo dcli' industri:\ modcrn:\ si:t :irrivato :id un grado i11cui le spcci:.lit:t spariscano ed _il l:.vo~o _u_ma~o diveng:\ indisti11to, mentre il i\farx p:trte d:\ premesse storiche prmut1ve, e speci:.lmente dalla società semplicemente nv:rcantile. Vedi pure Capitai, [, pag. 84, colonn:t 2. 3 Cnfilal, I, pag. 32•33. . 4 Al Loria che di fronte al\:t soluzione del problema del tasso medio del profitto nel 30 volume del Capitale, col pass:iggio storico del v:tlore di scambio al prcuo di prodt1zio11e, :\ffermava che :\farx certo non l'avre!Jbe pubblicata, trauandosi di mera ,nistific:izione, dedichiamo b seguente nota, che Man: pose nel 1° volume ad illustrazione della form:i valore: .. • L'economi:\ classica non è mai riuscita :\ dedurre d:illa SU:\ an:ih51 • dcll:i merce, e spcci:\lmente d:il valore di questa, la forma sottQ la quale • diviene valore di scambio, ed è questo il suo errore principale. Sono pre- • cisamente i suoi migliori rappresentanti Smith e Ricardo, che tratt~n~ la • forma v:tlore come qmilcosa di indifferente non avente rapporto mt1mo • con la n:tturn dell:t merce stessn. Non è sol:imente perchè il ,•alore come • qu:tntit:\ assorbc tutta l:\ loro nttenzione. La t:\gione è pi~t.profonda. • La form;i valore del prodotto del l;ivoro è la forma p1u astrntrn e la • più generale del modo di produzione :\tt11:tle, che acq-.iista p~r ciò s1:Mo ·•un carnttere storico, quello d'un modo p:trticolare della produzione s~1ale: • Se si commette l'errore di prtnderb. per la form:\ 11aturnle, etcrn:\, d1 ogni • produzione in ogni societ:t, si perde nccess:tri:\mentc di vista il .!ato .spe- • cifico dcli:\ form:\ v:tlore, poi della form:i merce, e a nn grado pm sv1lnp- • pato, dcll:t form:\ monet:i, forma c:ipit:ile, ecc. • Capitai, I, pag. 28, colonna 1, not:t. 1.

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