Il Socialismo - Anno II - n. 15 - 25 settembre 1903

ANNO Jf. ROMA·, 2 5 SETTD!BRE I 903 N. 15. IL SOCIALISMO ./e.O Rivista qaiJJòicinaleòiretta da ENRICO FERRI ./e.O .lBBONAMENTI. - ITAI '.A: A.nno L. 5 • Seme~tre L. :a,50 I SI. PUBBLICA I Per la Direzione e Reduione rivolcersi ;a.\l'on. prof. ENRICO !:sTno: A~:o n :;;: ~e!~m:~~e L. a,:as, il 10 ed il 25 d'ogni mese ~:::~~r::~;s.,~~: 1~ ::e~:\: .a~·~:::,' ~ :~ ;! ~:: 0 5 :• PROBLEMI SOCIALI PER L'IGIENE DELLE ABITAZIONI Parlando delle abitazioni, è difficile non ripetere cose dette e ridette, e non ricordare i tristi effetti della trascuranza igienica, fra cui principalissimo questo: che le abitazioni malsane della povera gente sOJtOcausa cli danno e cli pericolo non solo per le classi pili mi~ sere della società, ma anche per le agi,tte, alle quali può facilmente diffondersi un'epidemia quando abbia trovato un adatto terreno di cultura nelle stamberghe incubatrici. L'igienista e il sociologo trattando delle abitar.ioni non tralasceranno mai di farci la lista delle malattie provenienti dalle case malsane e di descri– verci, con le statistiche alla mano, la proporzione di- 1·etta fra questa malsania e la monalità. Vana fatica! - Già altra volta scrissi in queste stesse colonne che il progresso della società non sta più tanto nelle nuove scoperte, quanto nel porre in opera quelle già fatte. E' giunto oramai il tempo di discendere dalle vette della speculazione teorica alle applicazioni immediate, pratiche, obbiettive. Posto in socio l'elementarissimo principio, che aria, luce e ventilazione sono necessarie quanto il pane - ebbene, corriamo pronti ad aprir finestre, a dar luce e ventila:done. Perchè, parrà im– possibile, ma gli uomini sono ancora ridotti a questo, che alla preghiera dei cre<lenti rivolta a Domine Dio, percht.: dia loro il pane quotidiano, dovrebbero ag– giungerne un'altra, perchè dia loro aria e luce. Quando però si tratta cli penetrare davvero nel vivo di una questione, allora ecco igienisti e sociologi ritrarsi e far le boccuccie e tirar fuori i se e ma più meticolosi <::. procedurali che immaginar si possano. Entro subito in un caso concreto e lo faccio anche per un senso di dovere, desiderando giustificare il mio singolo voto dato recentemente in Consiglio comunale. ·Si tratta, inoltre, direi quasi del mio testaÌncnto consi– gliare, dovendo forse presto abbandonare per cavillo di magistrato codesta carica, alla quale per volontà di popolo ero stato chiamato. ' È bene anzitutto ricordare, che: « Non esistono forse altre città dove siano abita1.ioni più luride e malsane come quelle di ta– lune parti di Torino>>. Queste cose diceva l'onore– vole Villa in pieno Consiglio, domandando il sussidio 1 I.a rccenle scntcn7.:t di Casale che gli avvocati dicono definitiva, c,dudc ~orlcnghi, Cerruti, Chenal, èhiappo..r.i e ì\lorgari dal diritto elct• tor:,\c amministrativo, mantenendoci, str:111a incongrncnia !, quello politico, An1.i Filippo Turati ha pre!lcntato su que~to argomento uno speciale disegno di legge alla Camera. Per tale Jlentcnia io ed il Chiappori do\•remmo de– cadere da con~iglieri comunali, ma l 'Amministr:i1.ione torinese presa fra la se1Hcn1:a della magistratura e l'opinione pubblic:t che quella nffende, 11011 ha ancora prouunciato la nostra decaden1.a effettiva, Non Mlppia.mo ))er 11uanto temp~ ci lasceranno a .gonii:r.are a.I nostro posto, per quel che, se– condo l'umore, potril chiamarsi longanimi1I, o ironia.. dcbolczz:, od energia, riconoscimento di un diritto o di,;conoscimcnto di 1111 dovei'<,, della Giunt:i e sua i\laggioran1.a, per una cooperativa di ~ase operaie, cli cui egli si è fatto l'iniziatore, e di, cui ci dispiace non poter Oggi parlare pii.1 a lungo, perchè tempo e spazio ci asS;il– lano. Tanto il Villa, come il compagno e collega Ca– salini visitarono, ciascuno a sua volta, anditi os'curi, scale orribili, soffitte malsane e giunsero a conclusioni dolorose, di cui il Casalini rendeva conto nell'Avanti dell'anno decorso, e nei suoi studi nella 0-itica Sociale. Basti ricordare che nel censimento del 1901 troviamo conviventi in una sola camera 4 famiglie cli 12 per– sone, 8 cli 11, 29 di 10, 46 di 9,156 di 8, 360 di 7. E' gala se la parte più retribuita elci lavoratori pllò riuscire ad abitare un quarto o quinto piano od un ammezzato, ma la più gran pane è obbligata a vivere nei quartieri periferici in vicinanza dei grandi opifici. In queste località che non sentono il controllo della vicina e raflinata classe borghese, si possono vedCre coloro, i quali più affaticandosi durante il giorno avreb– bero bisogno del massimo igienico riposo durante la notte, abitare una misera cameruccia ·con l'intiera fa– miglia composta di padre, madre, bambini e qualche vecchio. Spesso poi, anzi troppo spesso, codesta mi– sera camera, se camera si può chiamare, non ha nè aria nè luce, o guarda in un qualche cortiletto infetto d'ogni possibile emanazione, dal quale si vede il sole a scacchi come nelle passeggiate carcerarie. Si discuteva nella seduta del 15 giuino al nostro i\lunicipio una modificazione all'art. 4 del regolamento relativo alla riçostruzione e riforma degli edifici esi– stenti. Questo regolamento fa parte delle norme d'igiene per la costruzione delle case e costituisce il capitolo X del regolamento cl' igiene. Veramente invece di capi– tolo X, dovrebbe chiamarsi unico, essendo il soro che sia stato votato; un regolamento completo, come fu per essere proposto dal nostro solerte e co1i1petentissimo dott. Rarnello, direttore dell'uflìcio cl' igic11e, fin dal 1897, non si è ancora adottato. Riporto questi dettagli perchè dagli avversari della maggioranza si rece una specie di ostruzionismo, dicendosi che non ero in argomento. In codesto capitolo X si sono adottate alcune delle norme contenute nei regolamenti ministeriali come quella, per es., dell'altezza dei piani; io domandai che vi si inclu– desse anche uno degli articoli succe~sivi che riguarda la squadratura e cubatura dell'ambiente in prOr>orzionc con le persone che lo abitano. La mia proposta era fonnulata in questi termini: << Ogni ambiente dovrà avere almeno 8 metri quadrati di superficie e 25· metri cubi cli volume per ogni persona che lo occupa. Do– vrà avere almeno una finestra che sia aperta immedia– tamente all'aria libern. La superficie illuminante delle finestre sarà non minore cli 1 / 10 della superficie della stanza, e quando vi° sia una sola apertura di finestra, questa non avrà una superficie minore di rn. q. 2. Per le sof1itte sarà tollerata un' a1l1piezza di luce delle fine~ stre eguale almeno ad 1 / 1 :, della superficie del pa\·imento e di un 111i11ùmmi cli m. q. 1 .50 ». Si noti che qualche cosa di analogo alla mia proposta, è stato stabilito nel

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