Il Socialismo - Anno I - n. 24 - 10 febbraio 1903

IL SOCIALISMO :;97 c:impo del consumo nazion:tle - cd allora è giocofort.:t abb.'\ss: i.rc iI prezzo - o farsi esportatori c:idendo sotto le disposizioni della conforenza di llruxclles. Oda Lerda-Olberg. Nota sulla « Quistione degli zuccheri». Quì si p:,rla dcli' • Italia,, come di un corpo solo, nella sua qualità di St:tto politico. L' • Italia• cm. rappresentata all:-i Con– ferenza di Uruxellcs dal!' on. comm. )fo.raini, capo del simf,ualo di fnllp dei 33 fabbric:tnti di zucchero che ci sono in Italia. L' • 1- tali:l.•, com'è consider:lla ne li' articolo dello studioso olandese, si riduce in sost:mz:l... :ti signori 33 fabbric:rnti di zucchero. L:t tcrrn itali:m:l è di sc:1.rso rendimento per la b:i.rbabietol3. cl:\ zucchero, e così, mentre l' indu~tria dello zucchero non è rimunerativa, lo :mc– chcto costa da noi più che d0Yml(1uc, ed è meno che dovunque consum:'ltO: I' induslri:'l dello zucchero è tutt:i. :i.rtificinlc:, :i.rtifici:i.l. mente m:i.ntenuta da! da.zio protettore, e quindi a noi 32 milioni di consum:itori interessa importare lo zucchero dall'estero, d:mdo in c:mtbio i nostri .prodotti n!lturnli, soprnttulto olio, vino, agrumi, e foccndo valere la nostra consuma1.ione dello zucchero estero come huon argomento perchè le nazioni da cui si introduce lo zucch~ro focci:tno buone condizioni per la esport!lzione in esse dei pK,dotti nostri. Tutto ciò è nell'interesse nostro, di 32 milioni di consum:t– tori; ma non è nell'interesse dei 33 fabbricanti di zucchero, i qnali, approfitt:iudo dell:t t:tl quale complic.uione del problema, e del disinteresse per esso, pro\'eniente per lo meno da ignornn:r:a, per parte dei deput:'lti it:tliani, sono riusciti a forsi così ben v:tlere d:t port:tre d:t 30 milioni a per lo meno 40 milioni il prezzo del c..>nsumo dello 1.ucchero in lt:tlia: e ciò con l'approvazione fatta :i. tamburo b:tttente, e con l:l sob opposizione del gruppo soci:':.– lista (Bissolnti e Ciccotti), della legge npplic:i.nte ali' lt:i.li:t la con– venzione di Bruxelles. Questn convenzione nelle nazioni come l' Au– s1ri:-t,la Fr:lncia, l:t Germania, l'Olnncb., dove l:t terr:1:è favor:evole :-tll:tcultura della b:i.rbabietob eia zucchero, produrrà cffetti\':tmcnte un:t diminuzione di prezzo, e un aumento di consumo; ma in ltnli:l produrrà necessariamente I' effelto opposto, come dimostrava Edo:i.rdo t:iretti ne' suoi nrticoli sull' Avonti I ].,. 1.re: ttione nllora non potrà :t meno di suscitarsi nelle intel• ligenze e nelle volont~ : e gli nrgvmenti di fatto non m:mchernnno, pcrchè già, per esempio, I' Austrin, che introduce\'a in ltalin la maggior quantità dello tucchero, un:1 volt:t che si è visto chiudere il nostro mercnto, non ha a\'uto nessun ritegno a chiudere il mer– C..'ltO suo ai nostri ,•ini, denunci!lndo appunto In cla.usob. dei vini. Ma. noi abbinmo \'Olcntieri pubbliC!lto il ri:i.~unto cosl chiaro e limpido che la nostrn redattrice ci ha fotto dcli' importante :tr• ticolo o1:mcle~, sin percnè i nostri lettori potessero farsi un'idea c,>mplet:l dclln quistione degli zuccheri, sia perchè dalle vicende di questa produzione si può vedere ancora una volta la orgnnica impotenza del regime borghese n mettere e m!lntcnere in rnpporto di equilibrio 1:i.produzione col consumo. T!lnto che occorse un ntto iuconsapc"ole di collettivismo - occorse cioè una convenzione in– tcrnnzionale per mettere un po' di rcgoh nclln produzione e nel consumo dello 1.ucchero, e nessuno oserà dire che questo • un po' di regola• si:\ una buona rcgob. per tutti. Ne faccinmo noi con• ~umntori italinni In esperienza! Si può infolli giurare che la pro– tezione dello zucchero non s:uà ridotta. in Italia., e la cl:msol:t !,) :..uà per I' lt:i.lia sospes.1. in etemn, perchè un'industria così tisiC!l e così artifici:tle come quella dello zucchero in Italia non diverrà certnmcnte mai esportatrice. L'avere messo il miraggio del In di• minm:ione della protezione dognn:tle, e quindi del prez7,o dello zucchero, non è stato quindi che uno specchietto da allodole. Per l:i stcssn ragione è un:i burla la clausol:t d). Effettiv:t e ccrtn, or• <linnta dnlln legge, non impediln dalle cose, lasci~tn. pns53,re dalla Cnmern, che non er:t neanche in numero legale, è l:i clansol:t () che libera i signori 33 fabbricanti d:t ogni concorrenz:t. cster:t. Toccherà al popolo italiano e per esso al Pnnito socialista (giacché i liberisti professori di economia non h:tnno con sè un partito politico) di for sì che l' • lt:1lia • i-mell:tdi essere i 33 falr bricm1ti di zucchero per essere i 32 milioni di consumatori. B. F. DALLEALTRERIVISTE A proposito di una statistica del regicidio. Nella Civillà callotica del 7 febbr. corr. c'è una in– teressante nota sugli Italiani ud/a statistica del regicidio. Vi :;ono elencati, per data e nomi delle vittime e degli autori, 73 regicidii, di cui 18 consumati e 55 at– tentati, commessi in tutto il mondo dal 1881 al 1903. Fra i 18 regicidi i consumati soltanto 4 furono commessi eia Italiani e dei 55 attentati soltanto 7. Onde la prima conseguenza che ne induce la C. C. è che vi sia esagerazior)e, non giustificata dai fatti, nel dire che il regicidio è una triste specialità degli Ita– liani; mentre tutte le nazioni d'Europa e d'America hanno dato un contributo non certo minore, dal 1801 al 1903. Veramente, però, la C. C. avrebbe dovuto per maggiore esattezza notare che il numero degli italiani regicidi, a differenza degli altri, segna un aumento no– tevole nell'ultimo ventennio. Ma la conclusione finale su cui - tirando l'acqua al proprio mulino - insiste la C. C. è che questo frutto sanguinoso del regicidio è prodotto dalla laici::– ::a::ionedegli Stati moderni, onde « le menti di parec– chi sono spogliate delle grandi idee di Dio, della vita avvenire, della nobiltà del! 'anima umana, dei precetti del decalogo, della fratellanza cristiana». Sicchè - ogni salmo finisce in gloria - si lascia intendere: tor– nate in g-rcmbo alla Chiesa (Cattolica ... perchè quella Maomettana o Buddistica o Protestante non hanno eguale virtù) c ... il regicidio sparirà. Come si vede, è questo un caso particolare di quella affermazione generale che « la religione è un antidoto della criminalità». Affermazione smentita dalla storia (perchè nei tempi di maggior fervore religioso la cri– minalità fu più feroce e sanguinosa), dalla statistica (che mostra nelle provincie più cattoliche, per es. del Belgio, una criminalità più forte che nelle altre) dalla psicologia (come io ho dimostrato nel cap. VI cieli' Omi– cidio, Torino 1895, pag. 46~ e segg.): ciò che ha bril– lantemente dimostrato il nostro Nix, nell'articolo Re– ligio11e, moralità, delitto. (Socialismo del 10 ottobre 902, pag. 262). Ma oltre questa positiva smentita alla affermazione che la laici::::azione degli Stati moderni sia il mal seme del regicidio, mi preme ricordare il fatto eloquentis– simo, eia me altrove rilevato (Il reçicidio, negli Studi sulla criminatitit, Torino, 1901, pag. 440 e segg.) Il fatto cioè che in tutti i secoli i regicidii (e omi– cidii politici in genere) furono commessi da uomini di tutti i partiti individualisti. Dai clericati, come Clément e Ravaillac; dai legittimisti, come Paris l'ainé; dai preti, come Verger e Cotilla ; dai repubblicani, come L' Admiral e Carlotta Corday; dai Liberati, come Fieschi e Orsini; dagli anarchici, come Caserio 1 Brcsci, ecc. Invece nessun regicidio fu commesso mai da uo– mini appartenenti al Partito socialista. Perchè il Partito socialista è il solo che faccia pr<r paganda cd educazione contro t'uso della 1.1iolc11::a ed è il solo che instilli e radichi veramente il sentimento e la pratica della « fratellanza cristiana ~ ... che è una cosa. ben diversa della fratellanza ... e .. .,:, .. :a. Sicchè, sempre 1 in ogni caso, eccelle sulla base in– crollabile dei fatti e dell'esame scientifico anche la su– periorità morale della dottrina socialista, sopra qualsia~i altra dottrina politica. Ciò che spiega la incoercibile

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