Il Socialismo - Anno I - n. 13 - 25 luglio 1902

196 IL SOCIALISMO sulla necessità dì continuare accanitamente l'opera nostra di pro– paganda del programma massimo socialista, per accumulare ed or– g:mizzare una poderosa energia popolare, la sola che possa im– porre - senza violenze, ma per la stessa sua esistenz.-i.\'isibile - una diversa e più feconda politica così al Governo, come :tlla Estrema Sinistra. E gli stessi KING e 0KEY 1 che hanno dimostrato di conoscere cosl bene l'Italia di oggi ed hanno attestato t:lnta simp.-i.tia per l'opera compiuta dal Partito socialista, ci danno questo stesso :un– monimcnto (pag. 114-115): • li pericolo del!' Estrema Sinistra non è pili che possa essere dottrinaria od estrema: è un po' nella possibilità di attriti fra le varie lr.u:ioni, ma bm pilt nella tentazione di divmlare rispettabile e eome lui/i gli altri partiti ... ,Qualche maniera d'intesa con la Sinistra c ostituzion:i.le può essere ine,•itabile e d:i. desiderarsi: ma ciò implica la possibilità di contagio con lt cattr.Jt tradizioni della politica ita/;ana... St ii Partilo socialista, in cui tante speranze sono riposte, comtr,1a la sua sincerità t purità, potrà sollevare il paese a un nuovo livello; ma st si abbassa, come prima di esso 1:t Destra e la Sinistra si s(lno abb:tSSnte, allora lo st:lto nuovo dell'Italia sarà peggiore di quello passato ,.. E. Ferri. PROBLEMI SOCIALI Evoluzione e Rivoluzione. ' Una riforma sociale può benissimo essere compor– tabile con gli interesssi delle classi dominanti; essa non tocca certo pel momento il loro potere sociale e in date circostanze può anzi fortificarlo ancora. Una rivoluzione sociale è invece sin dal principio inconci– liabile con gl'interessi delle classi dominanti, poichè essa in tutte le circostanze significa la distruzione del loro potere. Nessuna meraviglia che le classi domi– nanti denigrassero e stigmatizzassero sempre la rivo– luzione e, tutte le volte che esse credevano minacciata la loro posizione, contrapponessero all'idea della rivo– luzione sociale, quella della riforma sociale, che esse elevavano al cielo, ma molto spesso, senza realizzarla sulla terra. · Gli argomenti contro la rivoluzione si attingevano dalle forme del pensiero rispettivamente dominante. Finchè il Cristianesimo dominò il pensiero degli uo– mini, la si rigettò come peccaminosa sollevazione contro l'autorità istituita da Dio. Nel nuovo testamento si trovavano sufficienti prove per condannare la rivolu– zione, poichè esso era nato nel tempo dell'impero romano, durante un'epoca nella quale appariva senza speranza qualsiasi sollevazione contro i poteri domi– nanti ed era cessata ogni vita politica indipendente. Le classi rivoluzionarie rispondevano con prove attinte dal vecchio testamento, nel quale spesso vive ancora lo spirito di una originaria democrazia agricola. Allorquando il modo di pensare teologico fu sosti– tuito dal giuridico, si definì la rivoluzione come vio– lenta infrazione all'ordine giuridico esistente, dicendo che nessuno possa avere un dritto alla violazione del dritto, che un dritto alla rivoluzione sia quindi un'as– surdità e che la rivoluzione sia in ogni caso un'in– giustizia. Ma i rappresentanti delle classi che tendono ad elevarsi contrapposero al dritto storico esistente il dritto da essi desiderato come dritto della natura e della ragione eterna, come dritto umano inalienabile. La ricohquista di quest'ultimo dritto, che non si potè perdere se non con violazioni del dritto, non può esser mai una violazione del dritto, anche qup.ndo essa avvenisse con una rivoluzione. Oggi le frasi teologiche non hanno più presa, al– ·meno negli strati popolari rivoluzionari, ma anche l'ac- 1 È un':i.ltra parte dell'opuscolo Riformt t Rivoluzio,u sociale, pub– blicato a Berlino nel giugno 902, di cui abbiamo dato una prim:\ pnrte nel Socialismo del IO agosto, fosc. Xll. La tr.ldu~·ione è del compagno P. Martignctti di Benevento. (N. d, D.). cenno al dritto storico ha perduto vigore. L'origine rivoluzionaria dell'odierno dritto e dei Governi odierni è troppo recente perchè possa invocarsene la legit– timità. Non solo i governi di Francia, ma anche le dinastie dell'Italia, della Spagna, della Bulgaria, del– l'Inghilterra, dell'Olanda, sono di origine rivoluzio– naria i i re della Baviera e del \:Viirttemberg, i gran– duchi di Baclen e di Hessen devono non solo i loro titoli, ma anche rilevanti parti del loro territorio, alla protezione del rivoluzionario parvenu Napoleone; gli Hohenzollern sono giunti alla loro attuale posizione sui rottami di troni, e anche gli Habsburger si sono inchinati innanzi alla rivoluzione dell'Ungheria. L'alto traditore Andrassy, appiccato in effigie nel 1852 divenne ministro imperiale nel 1867, senza essere divenuto in– fedele alle idee della rivoluzione nazionale ungherese del 1848. La stessa borghesia aveva attivamente partecipato a tutte queste infrazioni del dritto storico. Essa quindi non poteva più, una volta divenuta classe dominante, condannare la rivoluzione in nome di questo dritto, sebbene la sua filosofia del dritto facesse tutto il pos– sibile per conciliare tra loro dritto naturale e dritto storico. Essa doveva cercare argomenti più efficaci per condannare la rivoluzione, ed essa ii trovò nella nuova maniera di pensare attinta dalle scienze naturali da essa adottate. Finchè la borghesia fu rivoluzionaria, anche nella scienza naturale (geologia e biologia) domina– rono le teorie delle catastrofi, le quali partivano dal concetto che l'evoluzione della natura avvenga per grandi salti improvvisi. Quando fu completata la rivoluzione borghese, al posto delle catastrofi subentrò il concetto della evolu– zione graduale ed impercettibile, che risulta dall'accu– mulazione d'innumerevoli piccolissimi progressi, ed adattamenti nella lotta della concorrenza. Alla borghesia rivoluzionaria era molto comodo il pensiero delle catastrofi anche nella natura : aUa bor– ghesia conservatrice questo pensiero apparve irragio– nevole e contro natura. lo non voglio certo affermare che i naturalisti sieno stati determinati nelle loro rispettive teorie dai bisogni politici e sociali della borghesia. Appunto i rappresen– tanti delle teorie delle catastrofi, furono talora molto reazionari e di opinioni tutt'altro che rivoluzionarie. Ma ognuno è involontariamente influenzato dalla ma– niera di pensare della classe nella quale egli vive, e ognuno pone qualche cosa di essa n_ei suoi concetti scientifici. In Darwin, noi sappiamo positivamente che le sue ipotesi naturalistiche sono state molto influen– zate dai concetti economici di Malthus, di questo deciso avversario della rivoluzione. Non è neanche acciden– tale che le teorie dell'evoluzione emanino dall'Inghil– terra (Lyell, DarwinL dal paese cioè la cui storia da 250 anni non mostra 1 se non tendenze rivoluzionarie frenate sempre a tempo debito dalle classi dominanti. Per l'esattezza o meno di un concetto, l'essere esso determ"inato dalla opinione delle classi da cui emana non prova naturalmente nulla: però dipende da questa opinione il suo successo storico. Se le nuove teorie dell'evoluzione furono accolte con rapido entusiamo da vasti circoli popolari, che non avevano assolutamente nessuna possibilità di esa– minarle, ciò derivò dalla circostanza che esse corri– spondevano a bisogni profondamente sentiti dai me– desimi. Da un lato - e ciò le rendeva preziose anche agli strati rivoluzionari - esse eliminavano, molto più ra– dicalmente di quanto non facessero le vecchie teorie catastrofiche, ogni necessità cli riconoscere un potere so~

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