Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 16 - 31 agosto 1909

434 RIVISTA POPOLARE mente, ma di far lavorare gli altri (1); che gli operai sai vo in piccolissimo numero d'eccezioni cbe conferman" la regola, sono condannati per la modi?it~ dei loro salari e per il caro degli utensili industnali a restare sempre operai; che tra essi ed i padroni vi è oramai un abisso; che impieganti ed impiegati formano due classi distinte, nnite sennza dubio da una collaborazione indispensabile, ma separati dalla loro educazione, dal loro modo di vivere, dalle loro aspirazioni ; secondo che l'unione fa la forza; che l'organizzazione e la disciplina che necessitano per il hworo collettivo sono un bnon noviziato per giungere all'emancipazione del lavoro; che la classe dei salariati riprendend? a suo pr0fitto la tattica dei borghasi contro la nobiltà e la Chiesa, combattend1) a sua volta in nome dei diritti dell'uomo e dell'uguaglianza, ba nella sua massa incessantemente accresciuta e sempre piu cosciente del suo interesse, tutto ciò che occorre per conquistare un posto al sole. . . . Ed allora gli operai si sono rivolti da nemici a1 capitalisti; le lotte politiche e sociali che avevano turbato le città del medio evo, hanno ripreso con furore in tutte le contrade ove l'industria è divenuta scientifica, complicata, meccanica. Si può vedere qui. accampate l'una contro l'altra, misurandosi collo sguardo provocandosi col gesto e colla voce, due armate terribili che sembrano pronte a venire alle mani. Si può dire che il capitalismo sviluppandosi in tutta la sua pienezza, ha generato, nutrito, sviluppato il socialismo che mira e lavora a distruggerlo e sostituirlo. + Quale sarà l'esito di questa lotta che è ora calma; ora violenta, ora interrotta da brevi tregue e da tentativi di conciliazione, ora avvivata da conflitti acuti? Non è cosa da ricercare in uno studio storico. Lo storico non è un profeta: è il passato, non l'avvenire che egli può illustrare. Ciò che egli può fare è l'applicazione a riconoscer0 il senso nel quale si dirige l'evoluzione che segue dallo sguardo al passato. Ora, quando sl mettono insieme, dal cominciare del medio evo fino ai nostri giorni i differenti sistemi economici che hanno predominato volta a volta, si distingue pur sotto la loro diversità, la persistenza di una stessa linea direttrice. t:5i parte dall'economia domestica chiusa in cui il proprietario basta a sè stesso, produce pel suo dominio tutto ciò di cui bisogna. Si passa in seguito ali' economia urbana in cui la città è il centro di un territorio molto ristretto ma sufficiente a farla vivere· Si giunge dopo all'P,conomia nazionale in cui lo Stato, con più vaste dimensioni ed una più complessa amministrnzione cerca pure di ehiudersi in sè stesso. Si arri va, infine all'economia internazionale che a poco a poco abbraccia la terra abitata ed abitabile (2). Ebbene, sembra che la succel'.'oione dei quattro sistemi faccia un ciclo e si ritorni, in fine dei conti daccapo al principio. Il proprietario isolato è sovrano distribuendo pel meglio dei suoi interessi le sue culture e i suoi stabilimenti tra gli uomini residenti sulle sue terre, in modo che tutti i suoi ed i loro bisogni sieno soddisfatti: potrebbe passare per il modello pel quale ci si guida incosciamente. L'ideale verso il quale si gravita parrebbe essere questo: l'umanità amministrante il globo intero come un dominio unico e chiuso ove per una intesa amabile tra tutti i suoi abitanti, ogni paese avrà il suo com- (1) « Un uomo non giunge che all'agiatezza col lavoro che fa egli stesso; se perviene alla ricchezza è per il lavoro che ha fatto fare agli altri). Taine: Histoire de la litterature anglaise. (2) (Sui caratteri dei tre primi sistemi, confr. Karl Bùcher: Etudes d'histoire et d,economie politique. Paria, Alcan 1901. pito e si incaricherà di apportare alle entrate comuni ciò che può di meglio produrre; ove ciascuno gruppo umano avrà la sua parte ed il suo genere di lavoro dipendente dal suo numero, dalle sue attitudini e dalla sue condizioni geografiche (1). Ma quell' ideale è lontano ancora ed è appenR concepito e formulat) chiaramente dai cervelli piu avven turosi. E' senza saperlo, senza voìerlo, che le società s' incamminano verso questo stato futuro. Frattanto, in attesa che i I pianeta sia sfruttato dal genere umano come una gsande proprietà da un buon padre di famiglia, vi sono delle tappe intermedie da tra versare. Fra ciò che è e ciò che sarà non si possono evitare le transizioni, e transi:,,ioni naturaii potrebbero ben essere vaste le confederazioni internazionali, tenenti il mezzo tra l' isolamento nazionale che non é già più completo og~i se l'unificazione totale del campo economico. Per questo noi vediamo sorgere in torno a noi dei piani d' intesa economica e politica che banno tutti per scopo dichiarato di ri11nire in grandi masse delle popolazioni separate fin qni le une dalle altre da interessi, rancori, pregiudizi e frontiere. Si parla talvolta di una unione doganale dell' Europa centrale o della Europa meridionale, talvolta anche della fondazione degli Steti Uniti di Europa, che impedirebbe al vecchio mondo diviso e spezzettato di essere ingoiato dalla massa enorme delle nazioni d'Asia, d'America e d' Africa. Si parla ancora di panslavismo e di progetti imperialistici inglesi che riunirebbero in una stessa legf-1. dietro uno stesso confine doganale tn tti i popoli di origine slava o di lingua inglese. Che che si pensi di questi sogni che possono restare sulla carta ma che possono anche essere dei precursori e dei creatori di realizzamento futuro, nessuno ne saprebbe contestare la tendenza che si manifesta da per tutto a costituire, sotto forma d'imperi o di repubbliche, 1:1c.onfronto delle quali l'Impero romano sembrerebbe un piccolo cantuccio di terra , delle enormi agglomerazioni di uomini e di territori nelle quali, gli Stati attuali, divendo provincie coordinate, non sarebbero più che i membri solidali d'un corpo immenso. Può anche avverarsi che l' unità economica del globo in cui ·viviamo sia preceduta da una lotta tra quattro o cinque aggruppamenti formidabili rappresentanti già delle concentrazioni gigantesche. Ma non ci perdiamo tra le brume mistE>rioseche avviluppano e velano le età non ancora nate. Non contiamo le possibili scoperte, sici.che ::1iapprenda ad immagazzinare il calo1e del sole e ad utilizzare la forza delle maree, sia che si ~i11nga a risolvere definitivamente le difficoltà della navigazione aerea ed a trarre dal radio o da qualche altra rrateria ignuta risorse insospettabili. Limitiamoci a constatare ciò che presentemente è da tutti conquistato. I q11attro ultimi secoli sono stati testimoni di un accrescimento colossale ed incei;san te della potenza dell'uomo snlla natura nella produzione e circolazione delle ricchezze. Si sono viste le macchine, schiave di ferro, rimpiazzare sempre più i lavoratori di carne e di ossa, trasformare in gran parte il loro lavoro muscolare in lavoro cerebrale. Essi hanno quasi soppressa la schiavità ed il servaggio; essi hanno sconvolta l'antica gerarchia delle classi, l'anno anche a metà rovinata assicurando prima la vittoria alle cl11ssi medie facendo poi crescer di . numero la cltiSSe operaia, di impC\rtanz1:1i.n, sapere, in dignità, insegnaudole ad f:lggrupparsi e dandole la piena coscienza di sè stessa; essi hanno anche permesso di concepira come probabile, se non prossimo, uno stato sociale nel quale gli uomini cesseranno di esser divisi in una parte eletta avente per eredità il privilegio di (1) Confr. Lè0n Walras-Etudes d'economie politique appliquée - Lausanne 1868 p. 304.

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