Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 16 - 31 agosto 1909

RIVISTA POPOLARE 431 le sono aperti dai clienti che ha o che spera di avere; che la grande industria e la macchina non possono svilupparsi che preced11ti da uno sviluppo commerciale il quale rende necessario un aument'o nel rendimento del lavoro umano (1). Si è dunque in diritto di affermare in nome della storia e della logica che la trasformazione del modo di produzione per quanto importante essa sia, non è il fatto iniziale, primordiale, dal quale dipendano tutti gli altri, che è essa stessa una conseguenza; che è causata dall'estensione del mercato, dalla crescente domanda d'un consumo che aumenta ; che si tratta solo di un caso particolare di una legge generale che trova la sna applicazione nelle scienze sociali tanto bene come nelle scienze fisiche e naturali: il bisogno crea l'organo. Ciò detto sorvolando, sulla questione di origine, noi possiamo dir che il capitalismo ha percorso, dopo la metà del medio evo, tre fasi successive (2); carntterizzate precisamente dalla estensione del cerchio nel quale ha volta per volta esercitata lx.s 1a azione. Prima è stato chiuso nella cinta di una città, in seguito confinato nei limiti di uno Stato, tende oggi ad ab bracciare tutta la terra. In altri termini il capitalismo cominciò con una fa.se urbana, seguitò con una fase nazionale ed è entrato presentemente 1n una fase internazionale. + Al principio, dopo il grande movimento che ai tempo delle crociate riavvicinò, urtò mescolò il Nord ed il Sud d'Europa, l'Occidente latino coli' 01·iente greco e musulmano, vale a dire nel XIII secolo, il capitalismo appari coi suoi segni distintivi nel seno delle città sovrane formate nei paesi più ricchi e più commercianti. E) visibile in Italia come in Fiandra, a Firenze come a Bruges o a Gand e di già vi si discutono dei problemi e vi nascono contese che si potrebbero credere di oggi o di ieri. La ricchezza mobiliare, quella degli armatori, dei negozianti grossisti, dei cambiavalute, si atteggia a nemica della ricchezza fondiaria ; i possassori del danaro entrano in conflitto coi possessori della terra; il borgo combatte il castello che lo domina ma che è da esso avviluppato; la borghesia si emancipa, p!Hzialmente o totalmente con mezzi ora pacifici ed ora violenti, dal feudalismo. Le prime città libere furono quelle ove il negozio era più florido. Si sa che più d'una rifiutò il titolo di cittadini ai nobili che non si facessero iscrivere nella corporazione. Cosi costituita,contro ed alle spese dei signori terrieri, la classe borghese prende la mano sul lavoro. Il commercio si separa dall'industria propriamente detta e gli comanda. Per rendersene conto basta osservare ciò che avviene nell'industria che era allora più avanzata più importante, quella ialle drapperie. I venditori di drappi di vennero dei mercanti grossisti che non fabbrica vano più essi stessi, ma che davano ordini a piccole fabbriche e più spesso forni vano la materia prima. Essi non pensavano più solo a soddi8fare una clientela locale, ma facevano lavorare per lH. esr,orta.- zione, mirando a consumatori lontani, aleatori e mezzo sconosciuti. In conseguenza divennero grandi personaggi I grandi signori del commercio; con i cambia valute, gli • orefici, i membri delle professioni liberali, sono dappertutto nel numero delle corporazioni principali, hanno onori e privilegi rifiutati ad altri mestieri. (1) Va da se che l'industria, sviluppandosi, sviluppa a sua volta il commercio. L' interdipendenza è la regola nei fenomeni sociali. (2) Queste fasi sono in parte simultanee, 1,el senso che; di versi Stati e le parti di uno stesso territorio non sempre sono al medesimo stato evolutivo. Si può ess<!re in un punto alla terza frase mentre altrove si è alla seconda o alla prima. A 'l nesta prima separazione tra coloro che vendono e coloro che producono, tra coloro che ordinano e coloro che eseguono , se ne aggiunse ben presto una seconda. Nello stesso modo che il commerciante capitalista, capo d'intrapresa, ·non si confonde coi fabbricanti a lui subordinati , cosi un fosaato sempre più largo si apre tra il padrone lavorante per suo conto nella sua bottega con utensili cht, gli appartengono e l' operaio salariato, dipendente da chi lo paga, ridvtto a poco a poco a restar per tutta la vita iu questa situazione precaria ed inferiore, obbligato a rinunziare alla ape· ranza di stabilirsi un giorno in una officina propria. Per riprender l'esempio, si vede, nella industria del drappo, il lavor.o dividersi, decomporsi in una serie di bisogni successivi che sono compiuti da una serie di corpi di mestiere. Vi sono pettinatori , ~ardatori , pigiatori, tessi tori, filatori, tosatori, tintori, tra le ruani dei quali il prodotto passa prima di esser finito. Ciascuno di tali gruppi ha cessato di essere indipendente da quelli che 1' avvicinano; e di più, i lavoratori che li compongono vivono a.l soldo altrui, sono di già agglomerati in vasti stabilimenti ove son sottoposti ad una disciplina rigorosa ; essi formano così una classe speciale, sempre sprezzata, spesso maltrattata, qualche volta temuta dalla classe dei mercanti e banchieri come da quella degl'imprenditori, serventi da intermediari tra le due altre. Per questo vari tentativi di rivoluzione sociale riempirono i tragiei annali del XIV secolo. A Firenze la lotta tra i grassi e i magri tra le arti maggiori e le a?'ti minori è, senza. dubbio , una lotta di classe, l'una contro l' altra armata per la differenza dei loro interessi economici. A Bruges, a Gand, in venti altre città si trovano le stes8e lotte tra i grossi borghesi e le unghie turchine - come sdegno8amente •,rano chiamati gli operai tintori. La questione opert.1a1 le teorie ugualitarie, le aspirazioni comunistiche agitano e scompigliano le città e si assiste a più riprese ad uno spettacolo che l'Europa ha riveduto all' indomani del 1848, all'aileanza della chiesa, della nobiltà e dell'alta borghesia , contro le rivendicazioni di coloro. che sono mantenuti colla forza al basso della gerarchia sociale. E' tutto qui? No; quelle repubbliche municipali oscillano come gli Stati moderni tra il protezionismo ej il libero scambio ; secoiido che vi predominano gli artigiani o i mercanti essi proscrivono ogni concorr, tza. oppure si aprono interamente ai prodotti stran eri. Come gli Stati moderni, esse muovono guerre accanite alle città rivali che loro disputa.no uno sbocco , un pae1,e buono da sfruttare; esse hanno le loro banche, le loro rendite ed i loro debiti perpetui; hanno i loro banchi e le loro colonie di sfruttamento. Riassumendo; predominanza del capitale , danaro, creazwne di grandi istituti finanzia.ri , subordinazione dell' industria al commercio, scomposizione del lavoro, lotta di classe, espansione coloniale. Tutti qu<::isticaratteri sono inerenti al regime capitalistico e nello spazio più ristretto delle città , essi disegnano nettamente , come un primo schizzo delle nostre società contemporanee. + Tn ttavia le città ove nacque e crebbe il capitai ismo sono, nel medio evo come degli isolotti perduti iu mezzo ad un insieme diversamente organizzato : 00, sono nè tanto numerose, nè tanto forti per svellere i1 regime anteriore sopravvivente intorno ad esse. Ognu11a. di loro non irradia. che su uno stretto territorio, e si mu0vono come tanti piccoli mondi isolati. Ma ecco che ne( XV e al XVI secolo si compiono grandi cambiamenti in Europa. L'infinito smembramento del Medio Evo è sost~tuito -da an~ ·oncentrazione politica; grandi Stati come la Fran-,.-.·, la Gran Bretagna , la Spagna si formano ed orga11 ,:zano ; le

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