Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 15 - 15 agosto 1909

396 RIVISTA POPOLARE allora esistente. Cercare trattative, fu minacciato lo sciopero: poi t1itto si accomodò a un concordato di studii, i q nali dovevano essere menati a termine, e lo furono, in Mag~io scorso. La Federazione del lavoro incaricò alcune classi di operai di chiedere l'applicazione delle nuove tariffe. I proprietari tirarono in lungo. La crisi una assai seria crisi della produzione scoppiava intanto in Svezia. I capitalisti pensarono che era giunta l'ora propizia, per rimettere a. posto i lavoratori; e buttando sul lastrjco circa 80 mila operai proclamarono la serrata. La Federazione del Lavoro ba risposto proclamando lo sciopero generale, che è stato seguito, e rispettato dovunque. Naturalmente, vi sono le inevitabili defezioni, ma la massa operaia sciopera, e in generale non è disposta a cedere. Un fatto che è doveroso notare, e che risulta bene in questo sciopero è la calma risolnta degli scioperanti. Non tnmultuano, non battagliano, quasi non fanno neppure riunioni. Scioperano, se!nplicemente; cioè, semplicemente, non lavorano. Come finirà la faccenda? Certo uno sciopero generale non può durare dei mesi e neppure delle settimane: ond' è che da una µarte come dall'altra, dagli operai come dai capitalisti, dietro invito del governo portano degli accenni di trattative: si arriverà all'accordo? ~• pr<.,babile, in ogni modo giova sperarlo; ma intanto questi operai del Nord danno un magnifico esempio di risolutezza e di calma. Lo sciopero generale ha dnrato, senza tumulti, quattro giorni prima che le organizzazioni operaie più necessarie alla vit,a si decidessero a vedere se si può trattare. E trattare col consenso di tutti gli altri scioperanti. Ciò che dimostra essere la classe lavotatrice Svedese matura per più larghe e radicali ronquiste, di quelle cbe a mezzo della propria Federazione oggi richiede. + Il presente fascicolo è uscito con notevole ritardo causa la partenza del Direttore, da Napoli per la Sicilia. NOI + L'ordine :regna ..... a Barcellona. - Dnnque il canncne ha finito per Rvere il disopra su i ribelli. Montjnich, il castello-galera d'infame memoria, è pieno di prigionieri, agli ospedali rigurgitano di feriti : ed ora, grazie alle energiche misure del governo, l'ord.ine regna a Bm·cellona. E naturalmente i reazionari di ogni paese si sono affrettati a vomitare nei giornali il fiele delle loro anime malnate. La rivolta, si è detto, è stato un tentativo sepa• ratista. La prova è che in due o tre piccole città, o grosse borgate, la repubblica è stata proclamata. Dunque nemici della patria! Certo l'::tccusa é grave; ma bisogna vedere se è altrettanto ginsta. Inutile stare a scrivere parole gravi. Le carognette della reazione, invocando che l'opera di vendetta al signor Maura sia energica e pronta e patente, hanno dovuto tirare ,n ballo le monache sgozzate, i frati massacrati e torturati, i .preti insultat.i prima poi uccisi. In verità i rivoluzionari si contentarono di una cosa stupida ma innocente assai, avendole dissotterrate per caso - credevano scuoprire tesori - derisero delie monache morte, e due, che erano vive e belle, furono baciate da alcuni di loro: ciò che in fondo, non deve essere troppo dispiaciuto alle verginelle. E bruciarono chiese e conventi. Il governo intauto annunzia che dentro Montjnich si sono fucilati soltanto 120 ribelli presi con le armi alla mano. Ma questi ribelli sono appunto· i nemici della patria; perché bruciarono chiese e conventi. Ora è opportuno non dimenticare che la Spagna è una nazione poveribsima, ed il popolo Spanuolo uno dei più poveri, anzi il più povero d'Europa. Poca industria, e questa tutto accentrata nella sola Catalogna, piccolo commercio, traffici quasi nulli; il lavoro depresso nei suoi sviluppi e nei prezzi della mano d'opera. Ma il po' di commercio che c'è è nelle mani di compagnie e di aziende nelle q 11ali i frati hanno il ruas, simo potere ed il più del capitale; i conventi erano, e sono, fabbriche, officine, botteghe ed agenzie nelle quali si fa una concorrenza spietata· al lavoro laico, e vittoriosa. Non vittoriosa per superiori qualità. di merce o di fabbricazione, o per puntualità di consegna e rapidità di esecuzione delle ordinazioni ma perché i conventi sono, in Spagna, esenti da tutte le tasse che gravano - e terribilmente - su tutti gli altri cittadini e su tutte le fahbriche, e le officine e le aziende laiche. E' dunq11e in un fattore es •enzialmente economico che dobbiamo cercare una delle ragioni della rivolta e del carattere anticlericale che ha assunto E non è tntto. Il potere pretesco in Spagna é sconfinato. Il prete il frate hanno nelle mani tutti gli ingranaggi del movimento nazionale; il governo e tutti i suoi meccanismi obbediscono ai preti, ai gesuiti i quali vogliano mantenute in Spagna la ignoranza e la miseria perché è appunto su questi due mali che ha salde basi il loro potere. E questo è un secondo punto. Ma ciò an0ora non basta. Il popolo non solo è oberato dalle tasse, sfrnttato dalla concorrenza fratesca, oppresso dalla intransigenza clericale; mà egli solo era chiamato a spargere in guerra il proprio sangue per difenderP gli averi, le colenie, i traffici, i commerci di codesti preti, frati e ricchi i quali - con poche pesetas si potevana liberare dall'obbligo di andare a far la guerra. Povero popolo Spagnuolo gli toccava proprio la parte del somiero che piglia la legnate e porta il vino e beve l'acqua. E questa parte gli toccherà ancora ehi sa per quanto tempo; poichè non sembra ancora giunto il momento in cui gli Spagnoli potranno liberarsi dei loro bastonatori mitrati e coronati. Continuiamo la ennmerazione. La guerra di Cuba, ed il popolo Spagnolo ne sopportò eroicamente i dolori e le nmìliazioni, la guerra di Cuba mise in luce il marcio dell'esercito e della marina; il popolo dovette subire ancor nuovi aumenti di tasse durante la guerra e dopo, e gli sforzi furono vani. Per chi si battette ieri a Cuba, il popolo Spagnolo? Per i capitalisti del suo pae;,e, Per loro soli; la patria nou e' entrava. Ed ecco ora arrivare la g-nerra col Marocco; perché? Perchè certi capitalisti Spagnuoli posseggono una miniera in quel paese. Ed è tutto. Tutto, tntto: poicbè data la . gelosia dell'Europa, la Spagna non può sperare di potersi annettere a guerra terminata una tetta del R,if. Guerra a perdita assoluta, dunque: no; c'è la miniera. La miniera possecluta dai capitalisti Spagnoli che non vanno alla guerra. Per loro dunqne il popolo doveva fare la guerra. La patria non c'entra. Non é il bene del.la patria sperperare uomini e denari per l'interesse capitalistico di poche' persone, e per fare il comodo dell' Europa cavan do per lei le castagne dal fuoco. Ed il popolo disse - e ben disse - che no. Non fu uno scoppio di vii tà colletti va - come certi giornalisti guerci hanno voiuto vedere - che spinse il popolo ad impedire la partenza delle truppe per il teatro della guerra. La partenza delle truppe fu ur.a occasione come un'altra, come qualunque altra favore· vole alla dimostrazione che il popolo e stanco del regitne monarchico - gesuita di Spagna. Delinquenti? ~ quali? Bruciarono i conventi e le chiese dando tempo e pnssibilità a prati, ai frati aile monache di fuggirsene prima.

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