RIVISTA POPOLARE 01 Politica, Lettere e Scienze Sociali Hirettore: Prof. NAPOLEON}J COLAJANNI (Deputato al Par1amento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese Italia; a1mo lire H; semestre lire 3,50 -- I~stero: anno lire 8; semestre lire 4:,50 Un numero separato Cent. ao Amministrazione: Cm·so Vittorio Emmmele, n.0 115 - NAPOLI Anno XV - Nnm. 8 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 30 Aprtle Hl09 SOMMARIO: Gli avvenimenti e gli uomini: Noi: li dis1.1st1·0morale della più grande città di Sicilia - In chi deve sperare Messina - Nel 50. 0 anniversario di un placido tramonto - Per due pubblicazioni politiche di grande attualità - Le complicazioni in Oriente - Giovanna d'Arco e il vergognoso opportunismo cattolico - Afrodite e LesboIl pericolo della polizia russa - N. C. Gustavo Chiesi). - La Rivista: Ancora del dazio sul grano - N. ColaJannl: Discutiamo - Prof. FrancescoScaduto : Reati elettorali ecclesiastici - Ferruccio Luppis: L' estetica del!a pietà - Mario PIio: Stelloncini letterarii - Rivista delle ltlvist;e: Un visionario socialista. H. G. Welles , (Die Gren,boten) -- Giorgio Sorel. L'apostolo della violenza, (Cor·riere della Sera) - Ricerche metereologiche, (American Review of Reviews) - La legislazione sociale in Inghilterra, (Giornale dei lavori pubblici) - La libertà e l'obbligatorietà nelle assi· curazioni sociali, (Giòr·na!e degli Economisti) - La dominazione giapponese in Corea, (L' Economiste français) - L'av • venire dell'India, (Nortli American Review). GLI ftVVE.NIJvlENTI e GLI UOMINI Il disastro morale delle più grande olttà di Slollla. - Il 28 Dicembre 1908 un disastro spaven1evole colpi .Messina; in Aprile 1909 un disastro morale, che andavasi preparando da tempo, ha colpito Palermo. Nelle apparenze si tratta di una piccola faccenda elettorale amministrati va; ma questa è l' indice delle condizioni politico-morali gravissime, nelle quali versa quella che fu la città delle barricate e che ora si voleva dare in ... affitto i:1. Pecoraino. Di che si tratta? Di una cosa semplice e nuova ad un tempo: si dovevano fare le eletioni amministra• tive e alla vigilia tutti i candidati rispettabili si erano ritirati dalla lotta; era avvenuto quello che il Gi01·nale di Sicilia ha chiamato: un pleb'iscitodi astensioni. Padrone della sitnazione, distributore di seggi al Consiglio comunale era rimasto un certo Pecoraino,. tlll ricco industriale, che, pare, abbia sborsato molte migliaie di lire per le lotte politiche amministrative. Percbè tanto s110 interessamento? Si dioe che egli sia contrario alla istituzione di un mulino municipale, la coi prima ed ultima pietra fu posta dal Re tre anni or sono, che dovrebbe fare concorrenza al mulino di sua proprietà, che lo ba arricchito. D'onde quella che il Corriere di Catania giustamente ha chiamato la industrializzazione delle elezioni. La situazione creata da questo intervento, che provocò il plebiscito delle astensioni divenne tale che il sabato precedente alle elezioni il PrefettJ di Palermo sospese le elezioni. Caso strano: l'atto sullA. cui legalità c'è tanto da dire venne accolto con un sospiro di sollievo da tutti gli onesti. Ma noi non crediamo che il guadagno sia stato troppo: l'animo di un popolo non si rinnova per cosi poco ! La degenerazione politica e morale della grande città si è preparata lentamente e sono state numerose le manifestazioni rivelatrici, perché si possa . sperare che la rigenerazione possa essere preparata alla s11a volta da un ukase del prefetto; il quale più che il salvatore sarebbe il maggiore responsabile. Di lui, infatti Il Giornale di Sicilia in un articolo dal tìtolo: Situazione vergognosa ! seri ve : Non sappiamo se altrove, in altri grandi comu'1i, sia.'JÌ mai presentata situazione elettorale simile; a Palermo, in mezzo secolo di regi me costituzionale giammai, tranne che oggt in cui si dà così miserando spettacr:lo di ludibrio in faccia a tutti i paesi civili del mondo. I cittadini, a un giorno e mezzo soltanto dalle elezioni, non sanno ancora chi sono gli uomini sui quali deve cadere la loro scelta; non sanno ancora a quale programma politico e amministrativo devono accordtrre la loro fiducia; in un momento in cui l'amministrazione del Comune tra lo sfacelo di tutti i servizi, attraversa una tristissima fase finanziaria e in cui sorge minaccioso e improvviso il pericolo clericale a non lontana scadenza. E in questo mutismo, col quale si tenta di prendere alla sprovvista il corpo elettorale, la V"rano le più inconfes ,abili intenzioni, e le più .volgari ambizioni, oramai liete di poter arrestar i' attimo fuggente per la realizzazione di un fosco sogno lungamente durato. Di chi la colpa? - Del prefetto De Seta, il q11ale de! suo alto ufficio si serve per una politica elettorale di cui nessun governo, nessun ministro, nemmen0 lo. stesso Giolitti, gli ha conferito il mandato. Il Comune di Palermo va al fallimento, la pubblica sicurezza regala l'impunità ai più audaci malfattori - informi l'as sassinio Petrosino, come caso tipico - e il prefetto de Seta non si cura che di reggimentare la mafis e la delinquenza per le elezioni. Per giunta, ora, espone al ludibrio la cit•à di Palermo, usando i più volpeschi tranelli, i più miseri espedienti; come un qualsiasi agente di polizia in un paesello di montagna, per favorire questa o quella consorteria, questa o quella ambizione personale, questo o quello interesse privato. Sprofondato in questo cinico lavorio di demoralizzazioni.! po• litica e civile del nostro paese, egli oggi lascia la città senza gas, la cittadinanza malsicura, e le industrie danneggiate da una agitazione, a far cessare la quale non crede di interve· nire con l'autorità e l'energia del suo uffido e dei suoi mt:zzi. E dire che lo si sopporta ancora, dopo tanti anni di triste esperienza I.... Noi non intendiamo attenuare di un millesimo di linea la responsabilità. del Prefetto de Seta; ma è doveroso constatare che la situazione vergognosa hanno un pò tutti contribnito a crearla: clericllli e liberali, socialisti e democratici - non esclnso il giornale locale. Un' ultima parola., che riuscirà forse sgradita ad amici carissimi, ma. che sentiamo il dovere di pronun-. ziare. Ci fo un tempo in cui a Palermo trn gli sghignazzamenti degli uni e il dolore degli altri si parlò dei socialisti di .... Florio; ma ora si parla anche dei socialisti di..... Pecoraino !....
198 RIVISTA POPOLARE Perchè mai? Percbè si crede e si dice che socialisti e popolari coli' indnstria!izzatore delle elezioni siano venuti a trattative e siano state tentati degli accordi, secondo i quali Pecoraino avrebbe dovnto pagare le spese delle elezioni e i popolari e i socialisti avrebbero dovnto scegliere i candidati. Noi crediamo che queate voci siano calunniose o almeno esagerate. Ma se in esse ci fosse un anima di verità vorrrmmo augurarci, noi che amiamo Palermo dalle nobili e grandi tradizioni, noi che sappiamo quanto influenza il suo esempio esercita su tutta la Sicilia, noi vc,rrf-mmo augurarci, ripetiamo, che socialisti e popolari, senzR preoccuparsi del successo, levino alta la handiera dei principi e combattano pel loro trionfo senza concessioni e senza transazioni sdegnosi delle vittorie effimere, che possono giovare ad un individuo, ma che distruggono un partito, vittorie che sono effimere, perchè artificiose e non rispondenti alle condizioni intellett.uali, politiche e morali delle masse, che dovrebbero assicurarle. + In ohi deve sperare Messina. - Monsignor Orazio Mazzella. arcivescovo di Rossano, assistente al Soglio pont.ificio. Conte Romano, Membro del]' Accademia di S. Tommaso dei dieci d'Italia ecc. presso l'Editore Dasclèe di Roma ha pubblicato certi ameni cenni apoologetici s11 La Provvidenza di Dio , l' efficacia della preghiera, la Oarita cattolica ed il terremoto del 28 dicembre 1908. Il titolo stanca; il contenuto è divertente. •Monsignor Mazzella in sostanza è di accordo con quel coso che 11el Con·iere· d'Italia mise in rapporto la distn,zione di Mei<siua coll'ordine del giorno del Cir colo antic. ·ricala Gi01·dano Bruno, che contiene il voto della distn1zione della religione ed aggiunge: e Ah I vorreste che q llando nel mondo ci sono uordni cosi malvagi, Dio nou riserbi a sè il diritto di scagliare contro di loro, all'ora stabilita da lui, il fuoco, l'acqua, le convulsioni dellH terra?> (pag. 25). Se cosi è uon si comprende perchè l'Arcivescovo ecc., ecc. ecc. se la prende calda colla Rivista popolare che segnalò la crudeltà che i cattolici assegnarono al loro Dio attrib11endogli basse idee di vendetta contro i miscredenti e coinvolgendo nella punizione i credenti e gli innocenti. Se volete sapere perchè Dio talora distrug-ge i suoi fedeli, vi serviamo su bi to. A pagina 26 monsignor ecc. scrive: . << Ma dunque il terremoto di Messina e di Reggio è stato un castigo di D:o? Non inti.!ndiamo dir questo, e nessuno po. trebbe dirlo C()n certezza, se Dio non lo manifestasse. La catastrofe è un fenomeno naturaJe, che Dio ha potuto introdurre nel suo piano di creazione per molteplici fini, degni della sua sapienza e bontà. Ha potuto farlo per raggiungere un fine della stessa natura, ottenendo per mezzo di una catastrofe un bene fisico p:ù generale, come quando con una tempesta di venti, che produce danni, si purifica l'aria; ha potuto farlo per un fine di ordine mor.il e, come per esempio, acuire il genio del. l'uomo, eccitandc a studiare la natura per difendersi dalla sua pot~nz;, distruggitrice, e così determinare un pregresso della sc1enzu; ha potuto farlo per uno dei fini i quali la fede ci dice, che talora l'hn fatto, come sarebbe quello d'infliggere ad una città un esemplare castigo : ha potuto farlo per un fine a noi ignoto. Per qus le fine in concreto Dio ha operato in un caso speciale'? Per quale fine Messina e Reggio sono stat~ distrutte? E' possibi ~ fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna ..:osa . on certezza ». • Intanto per noi, al nostro c:i:opo, basta la sicurezza, che le catastrofi possono cdscre, e ./o,·o sono esigenza della giu st'zia di D o ». E uon ronlf11to dellla rsposizione di questi fiui possibili dell'opera iniq11a di distruzione del suo Dio lo arcivescovo di ecc. ecc. aggiunge che il concetto e che Dio si serve delle grandi catastrofi per raggiungere 110 fine alto della sua giustizia si trova in tutte le pagiue della Bibbia,. Lo sapevamo I E sapevamo che i preti insegnano che e spesso è tratto di amor paterno da parte di Dio far « cadP-re i nostri voti e rispondere alla nostra prec ghiera, concedeudo un bene spirituale invece del « bene temporale chieRto da noi > (pag. 89). Dnuq ue i buoni cattolici non poesono che dichiararsi contenti e soddisfatti della catastrofe di Messina che ha procurati i beni apfrituali alle vittime ... e 1Jiente rimedi e provvedimenti I Basta la preghiera e la fidncia nella Di vina provvidenza ... E Monsignor ecc. rincalza: « E cosi o signori, noi abbiamo pronunziato « una parola di speranza. La tP.rra trema? noi siamo e pieni di spavento? Sursum corda! noi possiamo e vincere con la preghiera» (pag. 47 e 48). Se questo balordo opuscolo non fosse edito del Desclèe, ch'è l'Editore caro ai clericali e se nella prima pagina non portasse il doppio : Imprimatu1· delle autorità ecclesiastiche, si potrebbe sospettare ch'esso fosse una satira sanguinosa del!' "' Asino > di Podrecca. Ma è proprio l'opera di un porporato alto per qnanto imprudente ed asino. Del resto non c'è da meravigliarsene. A queste teorie è costretta ad affidarsi la Chiesa Cli.ttolica per giustificare tutti gli atti, che stanno contro di e~sa. E la Chiesa cattolica è tanto accomodante che se conserverà la sua influenza tra qualche secolo potrà proporre la beatificazione ..... di una delle grandi, della più grande vittima della catastofe: di Nino Di Leo! + Nel 50. 0 anniversario di un placido tramonto. - E' stato ricordato e commemorato coo varie pubblicazioni di occesione il 27 Aprile 1889, giorno in cui Casa Lorena. fu espulsa dalla Toscana. La rivoluzione fu incruenta: un vero placido tramonto quale Alberto Mario l'augurava a Casa Savoja provocando i fulmini cartacei di Edoardo Arbib e di altri. Fu· merito del GrJ.nduca se sangue non fu versat,o? Molti attribuirono il placido tramonto alla mitezza del Granduca e dei suoi; ma parecchie pubblicazioni hanno ricordato in questa occasione, che i miti lorenesi fiancheggiati dai soldati austriaci spe:-iso si mostrano feroci persecutori e non diversi dagli altri sovrani minacciati dai popoli nel loro dominio. · Se Leopoldo di Toscamt non oppose resistenza; se coi suoi prese la via dell'esilio pacificamente ciò av venne per merito dell'esercito toscano, eh' na stato guadagnato alla causa italiana e che si mantenne in piena armonia colla coscienza pubblica e per l' azione minacciosa dell'elemento popolare capitanato da Dolfi. •Questa la conclusione che risulta lampante da nna recentissima ripubblicazione di una conferenza del Generale Giovanni Cecconi (1), valoroso ufficiale dell'antico esercito toscano, che prese p1'-rte attiva agli avvenimenti del 1859 in Toscana e narra cose viste ed ope1·ate. Egli co-11fe1·ma pienamente il giudizio omesso sin dal 1865 dal Guarnieri, o che forma l'epigrafe del libro del Cecconi: e Il generale [;lloa negli ttffi.ciali toscani non vide che Aust1·iaci e austriacanti, menfre in realtà e1·ano essi, che avevano fatto la riuoluzione • . Gli avvenimenti del 1859; l'abdicazione dell' Lnµeratore del Brasile, la separazione della Norvegia dalla Svezia sono avvenimenti, cbe insegnano la possibilità ~ei placidi t1:amonti, quando la coscienza pubblica li impone unamme. ♦ Per due pubblicazioni polltlohe di grande attualità. - Una si deve a Vico Mantegazza, conoscitore profondo dei Balcani ed espositore acuto e diligente degli avvenimenti contemporanei (2). Il (1) Il 27 Aprile 1859. Firenze. Bemporad· 1909. (2) La Turchia liberale e le questioui balcaniche Milano Treves 1908. L. 6.
RIVISTA POPOLARE 199 titolo dei singoli capitoli ce ne fa comprendere l' importanza : L'Italia e la Turchia. Progetto ferroviario e rifo'rma. Nelle capitali balcaniche. A Costantinopoli. La Macedonia prima della rivoluzione. La rivoluzione. La caduta dei fav01·iti. La costituzione di Midhat. Un regime scomparso. L'indipendenza Bulgara. L' annessione della Bosnia Erzegovina. Il Ma.ntegazza fa un'aspra critica della. politica incerta del governo italiano e sopratutto del ·suo rappresentante a Costantinopoli Marchese Imperiali . E' pieno di simpatia pei giovani turchi e per la loro opera che biasima quando usarono una sgarberia verso il rappresentante della Bulgaria. Il Mantegazza narra spesso cose viste e sa frammischiare l'aneddoto colla documentazione diplo1natica. Il secondo è di Gino Bertolini (1). Egli descrive con vivacità d'impressione e in forma attraente un villggio in automobile in Istria, Croazia, Dalmazia e Bosnia - Erzegovina, illustrando i costumi, i sentimenti le passioni, le aspirnzioni degli slavi e dei musulmani, che abitano quelle pittoresche regioni, senza trascurare mai l'occasione di ricordare le impronte lasciate nella medesima dalla Civiltà latina e dal .dominio di Venezia. • Abbiamo ricor<iato qui , anzichè tra le recensioni, questi due libri, perchè vogliamo su di essi richiamare vivamente l'attenzione dei lettori. + Le oompllcazlonl In Oriente. - Pareva che la bufera che si era addenF1ata in Oriente in seguito alla annessione della Bosnia e della Erzegovina, si fosse dissipata, senza provocare quei fatti dolorosi che erano facilmente prevfldibili e parevano fatali: qnando ecco scopp;a nello stef:!so Oriente un'altra tempesta. li partito reazio11ario Turco, cui l'avvento della CoRtituzione aveva tolto posti, prebende e potere si è levato subitamente in un feroce tentativo di riprendersi il dominio che aveva perduto. Ne sono avvenute, in sul subito, uccisioni e violenze, ed il partito liberale-di cni il famoso comitato Giovane-Turco, Unione e Progresso è mag1ia pm·s - ha dovuto abbandonare il governo e lasciare che i reazionari cantassero vittoria. Il vecchio Sultano Habd-ul-Amid deve aver gongolato nel Ano cbinso recinto di Yldiz-Kiosk e forse , come suole in ogni esplosione di gioia , avrà strangolato, in una espansione d'amore senile qualche donna del suo Harem. Ma la festa è stata di breve durata. Riavutisi dalla sorpresa i Giovani Turchi sono corsi alla riscos:-ia e stretta Costantinopoli in un cerchio di soldati fedeli a loro ed alla Costituzione hanno dichiarato decaduto, malgrndo le proteste d'innocenza, il Sultano fedifrago. Ed un regime nuovo, di sincerità viene a rinsaldare quella opera di libertà che i Giovani Turchi preparar<no nel silenzio, durante tanto tempo con tanta sagacia, e che erano riusciti ad attuare senza ricorr~re a violenze, senza provocarne; senza spargere sangue, da uomini veramente civili. Ma. ciò che sembra meno certo è se, alle complicazioni intnne cui si trovano di fronte i partigiani della Costituzione in Tnrchin , non si aggiungeranno complicazioni create dall' egoismo delle Potenze Europee. Fieramente eolpevole è l'Europa nel suo atteggiamento dinanzi alla questione d'Oriente. Si dic~ : li mantenimento della pace vuole che le Potenze non intervengano negii affari di Turchia. In base a q nesto ragionamento l'Europa ha assistito indifferente ai molteplici massacri di Armeni, allo l:jcempio della. Macedonia , per fino all' ultima audace rapina commessa da una potenza Europea. Il sangue e corso a mari, non che a fiumi, e le ecatombe dei morti non :ilonobastate a scuotere dallt\ sua indifferenza l'Europa. Indifferenz!I. proprio ? (r; Tra Musulmani e Slavi. Milano. Treves. 1909. L. 6. No. Questo è il peccato grave dell'Europa. Non è rimasto indifferente per insensibilità. o neutrale per vero desiderio di pace; ma non ha agito per lo egoismo vile e feroce, per la gelosia odiosa che• divora non i popoli ma le cieche e sorde e bestiali diplomazie d'Europa. Ora un periodo _nuovo si apre , e sarà di lotta. Forse la Turchia si avvicina alla sua fine? •Non lo crediamo: potrebbe finire il potere degli Osmanli; e la dinastia cbe conta fra i suoi uomini molti più pazzi sitibondi di sangue, che saggi condottieri di popolo, potrà finire cacciata dall'ira del popolo stanco di essere dominato ieri ed oggi da un criminale ipocrita, o domani da una perfetta e vana nullità. come Rechid ; ma per la compagine dei popoli Turchi non è ancora suonata l'ora che la vedrà di nuovo su i carri di guerra traversare oltre il Bosforo in via pel ritorno alle sterili lande dell'Arabia petrea. Ma la diplomazia Europea agogna che fieri diventino i torbidi nel paese , e gli fomenta. La Germania , si dice, ha favoreggiato, sotto mano, la levata di scudi dei reazionari : l' Inghilterra e la Russia soffiano nel fuoco della rivolta. E non per amore della pace ; ma bensi perchè ciascuna delle potenze spera di conservare o di riprendere la propria influenza a Costanti• nopoli. Nota. Gli avvenimenti di Turchia ci ricordano , che un giornalista noto pei suoi tratti di spirito, che in lui sostuiscono e costituiscono tutto, ha tratto occasiooe dai medesimi per concluderne , che i popoli non si trasformano con un colpo di bacchetta magica e che le costituzioni ali' inglese non sono adatte a tutti i popoli. Sin qui nulla di male; anzi il nostro accordo è pieno Però l'allegro giornalista, che avrebbe dovuto ricordare essere stato il proprio direttore, Scarfoglio, il più commosso ammiratore delle trasformazioni turche , ha voluto dare una frecciata contro Colajanni attribuendogli l'opinione della uguaglianza tra Negri e Anglo-Sassoni e at'Jer mando che il nostro direttore non ha mai visto un Negro. Che egli non abbia visto un Negro, può darsi. Ma egli, però, non si permette di giudicare un libro, di cui non cor,osc nemmeno il titolo. Se il giornalista in discorso conoscesse il titolo del libro di Colajanni, cui egli si riferisce, saprebbe che egli ha posto il paragone tra Latini e Anglo-sassoni e non tra Negri e Anglo-sassoni. Della evo:uzione dei Negri si occupò incidentalmente ed espose le osservazioni di un certo Bryce sul relativo fallimento della loro emancipazione negli Stati Uniti. Se leggerà la Commonwealth di Bryce e Latini ed Anglo-sassoni di Colajanni ci sarà da sperare, che un altra volta scriva meno scioc:hezze sulla quistione delle razze. + Giovanna d' Arco e Il vergognoso opportunismo cattolloo. - A RoLila ci oono state grandi feste per la beatificitzione della Pulcella di Orleans. Quarantacinque mila francesi, il fior fiore dei 1·uraux e dei reazionari della Francia, vi hanno preso parte E' stato un ottimo affare pei cocchieri, per- gli affitta-camere, pei piccoli commercianti di Roma ed un poco anche per l'ineffabile Pio X, che facendo I' apologia di Giovanna d'Arco, ha tentato vendicarsi della scellarata separazione, e dell'opera della repubblicd. esaltando il patriottismo del la Francia monarchica, di cui, come un commediante da Circolo equestre, ha baciato la bandiera. Con ciò egli spera di rialzare le- sorte dei monarchici ? Bepi è tanto ingenuo; ch'è capace di pensarlo, perché egli non sa che per gli Orleans lavorano soltanto certi sindacalisti col loro Pataud. Ma le feste di questa beatifo.:a.zione nel la coscieuza dei cattolici sinceri, che conoscono la storia di Giovanna d'Arco hanno dovuto produrre un turb \mento ed una umiliazione inenarrabile. Invero, chi provocò il martirio e la morte dell'eroina di Domremy, che oggi la Chiesa mette sugli altari? Un vescovo, quello di Beauvais, un papa, Euge-
200 RIVISTA POPOLARE nio IV, }e. Chiesa cattolicR ..... L'Inquisizione, la maledetta istituzione che formerà. sempre il disonore e la vergogna dei cattolicismo, per ordine del vescovo, del papa e della· Chiesa dichiararono che Giovanna d'Arco ., che si è fatta chiamare la Pulcella, era mentitrice, perniciosa. istigatricfl del popolo, indovinatrice, superstiziosa, bestemmiatrice di Dio, presuntuosa, negatrice della fede a Gesù Cristo, vanitosa, idolatra, crudele, dissoluta, invocatrice del diavolo, apostata, scismatica ed eretica >. Come tale fu condannata al rogo. Fu bruciata viva sulla piazza del Vieux Marcbè di Rouen e le sne ceneri furono sparae al vento nel 1431. Ma se le sue ceneri forono sparse al vento quali reliquie hanno adorato in San Pietro i buoni minchioni vonuti a Roma per assistere alla sua beatificaziont,? Tutti gli storici hanno, anche senza volerlo, documentato l'infamia del cattolicismo, che bruciò viva una povt"lra fanciulla, che credendosi guidata dalla voce di Santa Caterina da Slena, volle liberare ]a Francia dal giogo ing!Pse, ottenne delle vittorie contro gl' invasori - fo chìamata la F ulcella d' Orleans, perchè costrinse gl'luglesi a togliere l'assedio di quella città - e fece incoronare Carlo VII a Reims. Caduta nelle mani degli Iugle~i, però, il vescovo di Beauvais, il papa e l'Inquisizione, per fare loro cosa grata - tutti da codardi ed opportunisti, come sempre - Ja condannarono al rago. Ma in Francia restò sempre popolare; perciò il cattolicismo di oggi per basso opportunismo in senso opposto dà no calcio al cattolicismo di ieri, che per viltà la fece hruciare viva, e la porta sugli altari. I giornali italiani di parte liberale in questi giorni hanno riprodotto la sobria narrazione che del martirio della Pulcella fece Anatole France; ma chi vuole leggere la narrnzione drammatizzata di '}Uello avvenimento per sentirsi rimescolare il sangue contro l'infamia - della Chiesa cattolica deve leggere le pagine che all'avvenimento consacrò Eugenio Sue nei Misteri del popolo. Non c'è di meglio per mettere alla gogna il papato. ♦ Afrodite e Lesbo. - Ricordiamo d'aver letto ed ammirata, Rnni fa, una festa solenne alla quale Gug lie]mo II, t-anto a.mante dei carnevaletti, vo1ls che gl'intervenuti vestissero gli antichi costumi romani. E la festa fu - tutta una rievocazione del mondo ro- _mano. Il Kaiser latinizzato per l'occaiione in Cesare, vi si recò accompagnato da guardie pretoriane, aug11stiani, senatori, veliti, littori, che facevano scintillare al sole le aquile ed i fasci. Povero Guglielmo! Se avesse saputo che cosa gli serbava l'avvenire invece del mondo rorrano avrebbe rievocato il mondo greco, dalla civiltà più antica e più raffinata, giacchè i suoi fedelissimi sn dditi pare che dei greci appunto sieno ammiratori ferventissimi. Infatti, mentre la magistratura germanica - nemmeno più a Berlino vi sono giudici I - credeve di mettere la pietra sepolcrale agli scandali della Tavola rotonda c-mdannando Harden a 600 marchi di ammenda, un nuovo e più impressionante scandalo è scoppiato nell' aristocrazie berlinese, trascinando nel fango piuecchie signore fra le più intellettuali della capitale. Le quali avevano formata una vera associazione di pervertite, servendosi della pubblicità dei giornali per riunire aderPnti ed usando per parola d'crdine, il molto significativo motto, che intitola questo stelloncino. Ora, è nn fatto che questi pervertimenti, che esistono da per t11tto ma ili forma sporadica, pigliano vera forma di Ppidemia nei paesi più progrediti ed evoluti: c'è stato anche a Milano lo scandalo dei pompieri, ima tavola rotonda di più modeste proporzioni della berlinese, ma sudicia qt1anto quella. Non sappiamo se anche adesso la facoltà medica di Berlino difenderà le tribadi come difese, dopo il caso Krnpp, non ricordiamo quante migliaia di omosessuali, trovando naturalissimo il contegnr.. delle signore. Certo, son lontani i tedeschi di oggi da qnelli del 70-71, che ·Zola ci descrive contemplanti gl' incendi comunardi di Parigi, ritenendoli come gi11sta vendetta de] Dio vendicatore contro la Sodoma moderna, da qnei tedeschi che si credettero guidati da Dio nelle loro vittorie contro i francesi corrotti. In poco più d' ·un trentennio, quali mutamenti 1 Krupp, prima, poiMoltke dal nome glorioso:, Eulemehrg ed altri ed altri; il fior fiore dell'aristocra1.ia berlinese, gli amici e i consiglieri dell'imperatore, accusati e convinti di pratiche innominabili con qnei corazzieri bianchi dei quali Gu~lielmo ama indossare la candida divisa. Ed altri scandali, indignato per la balorda r.ondanna, minaccia l'indomabile Harden. Ora, Gnglielmo potrebbe imitare Sisto V il quale Ri fece portare una caricatura nella quale era rappresentato trn i porci, fece mettere a questi animali il zncchetto cardinalizio e rimandò il disegno sulla statua di Pasquino. Soltanto ai porci, invece dello zncchetto rosso, Guglielmo dovrehbe far mettere l'elmo a punta. E di più, egli che è tanto amico delle lettere e delle arti, potrebbe cemmissionare a qualche teutonico Messer Giovanni un novello Decamerone, per lasciar ai postari una fedele e sincera dipintura dei raffinati costumi della Germania odierna. • Il pericolo della pollzla russa. - La breve nota pubblicata da Giovanni J aures, su L' Humanitè, a proposito degli agenti provocatori che la e Terza Sezione > della polizia Russa sguinzaglia attraverso l'Europa, col pretesto di sorvegliare i ri voi uzionar i, ba messo in piena luce un pericolo assai grave che minaccia. ]e altre Nazioni europee dove i Russi profughi dalla patria ricevono ospitalità, Non già che la cosa arrivi inaspettata., nè che la rivoluzione sia una uovi tà originale, ma è stato bene che i pnnti sugli i fossero messi con tale e tanta chiarezza. Certamente <lopo la scoperta. dell'affare Azeff, che ha dimostrato come le più fiere eseruzioni di membri devoti al regime assolutista sieno dovute ad opera di agenti provocatori, i quali o vedono giungere l'opera loro più lungi di ciò che vorrebbero, o servono a puntino gli interessi speciali della polizia, sopprimendo qualche membro del governo, dopo questa scoperta diciamo la rivelazione di J aurea diventa, quasi, una cosa saµuta e natura.IP. Ma il pericolo non è men grave però. La polizia Russa, che forma uno Stato nello Stato, che è onnipotente laggiù, appunto per quei suoi metodi e grazie ai suoi l'lgenti provocatori I cerca ora di operare auche in altr,e nazioni , tende a sovrapporsi alle polizie dei vari Stati, e trasportare i suoi criminosi sistemi fuori dei confini del proprio stato. Questo è il pericolo grave che incombe non solo su i rivoluzionari russi esuli in Europa , ma altresi su tutti i partiti di avangnardia, ai quali potranno essere facil mente addebitati i delitti commessi , o istigati , dagli agenti provocatori Russi. I fini, palesi, di q nesta tattica della polizia Russa , sono di ottenere l' arresto e la condanna di rivoluzionari nemici del governo Russo: ma ehi ci assicura che il fine recondito non sia poi di carattere molto più ( come dire?) ..... diplomatico, e tenda a provocare complicazioni delle quali non la politica estera Russa, ma la politica estera della polizia russa, tragga profitto a danno della pace o della tranquillità. dell'~uropa? Si sa ormai che la lotta della poiizia Russa cont-ro i rivolmdonari non è tanto diretta 11 di fendere lo Tsar, ed a proteggere il governo - le uccisioni organizate e commesse dalla Azeff ne offrono una prova-quanto a mantenere nelle mani della polizia quel potere che ne fa in realtà la sola ed incontrollabile padrona ò.ella
RIVISTA POPOLAìlE 201 Russia. Creare all'estero difficoltà politiche, sopprimere uomini non Russi che pos~ono incomodare la politica della Okrana, può essere anche un buon sistema di guerra, per chi se11te elle il potere comincia a sfuggirgli. Avrebbe dovuto essere 11otato- e molto più severamente biasimato dai giornali italiani - il contegno di assoluta indiffere11za tenuto dal Consolato e dalla Ambasciata Russa a proposito del delitto di Via Frattina in Roma. Se codesta indifferenza fosse stata tenuta da privati - e dinanzi alla giustizia n!Jn ci sono che privati - sarebbe stato un indizio chiaro di complicità.· E forse non male capirono quelli che vagamente accennavitno che gli assassini del Polacco dovevano frequentare Via Gaeta ed esservi noti. Ma l'< ttimo ambasciatore di Russia s'è disinteressato della faccenda proprio come se il morto, in vece che Russo, fosse stato un ottentotto. Ora. , il nostro modesto parere, è che i poliziotti russi non debbono avere il diritto di venire ad esercì tare quà i vari i generi del loro mestiere. A sorvegliare i rivoluzionarii, a vedere che non commettono cose contro la • legge, devono bastare, e bastano, le polizie nazionali di ogni paese; i poliziotti russi che preparono trauelli, tendono insidie e commettono delitti non devono essere certi della impunità; non devono avere il diritto di recarsi in Francia, in Italia, altrove a perpetrare i loro misfatti, a completare i loro attentati, senza che poi - perchè essi sono i poliziotti dello Tsar - le polizie Europee abbiano il diritto di cercare veramente il bandolo della matassa. . Si rimprovera alla polizia Italiana di non trovare gli autori del delitto Via Frattina: si capisce. Alla polizia Italiana si è imµedito di cercare là dove essa è certa cLe troverebbe: e allora? • Dal semplice omicidio di un uomo, la polizia .Russa, è salita, in Francia, a più alte opere; e,j ha proposto l'attentato. Questa volta Jaures è riuscito a mandarlo a vuoto. Ma non si è certi che ci sia sempre un Jaures a metter bastoni nelle ruote ai capoìavori di quei bravi assassini agli stipendi dello Tsar, e ciò che non è riuscito oggi può riuscire domani. Questo è il pericolo grave, al quale i governi devono .parare , non permettendo ali e di verse arnbase iate Russe di fare agire, sotto il naso dalle polizie dei varii paesi d'.Eu ropa, e nella perfetta impunità 1 manigoldi che l'Okrana manda in giro fuori dei confini della Russia. + Nemmeno In questo numero abbiamo potuto dare l'articolo sull'amministrazione della giustizia che prenderà molto spazio; ed altri articoli dobbiamo rimandare. La 'rivisfa (jelle 'riviste non è molto numerosa per lo stesso motivo; ma c'è un articolo su Wells,- su cui ricLiamiiimo l'attenzione dei nostri amici lettori perché il romanziere scientifico inglese è poco conosciuto in Italia. NOI + Gustavo Chiesi. - Improvviso, dolorosissimo mi arriva l'annunzio della morte di Gustavo Chiesi, cui ero legato da circa trent'anni da amicizia sincera. Egli fu cittadino onesto e coraggioso, giornalista fiero ed intelligente, repubblicano saldo ma non retorico, scrittore di molto valore. Diresse parecchi giornali repubblicani; e da Direttore dell' Epoca in Genova dette la prova della sua rettitudine e della rrna fierezza contro la corruzione perroniana. Tra le sue tante pubblicazioni ricordo un magnifico libro illustrato sulla Sicilia (Ed. Sonzogno), uno dei miglil,ri, che si siano scritti sull'isola disgraziata e un altro interessantissimo sulla Colonizzazione nell' Est Africa (Unione Tipografico Editrice 'l'orinese ). La parte avuta nei fatti di Milano del 1898 la narro colle parole della Ragione: « La repressione sanguinosa del 1898 lo sorprese nel posto di battaglia come direttore dell'Italia del Popolo nella quale era successo a Dar·io PApa. Era suo q11el~ l' indimenticabile articolo : Ne avevano BeteI scritto mentre il piombo dei soldati comandati da Bava-Beccaria insa,guinava le vie di Milano I locali dell' Jta lietta furono invasi da truppe e guardie, mentre il Chiesi, tra il crepitare della fucileria, era intento a raccoglier notizie dell'eccidio, ma:1 mano ch'erano recate dai reporters e a scrivere commenti di fuoco>. « Il direttore Chiesi con gli altri redattori e amici fu ~ggu~n~ato dagli invasori, ammanettato e trascinato rn png10ne > « Nel processo svoltosi sotto il regime dello stato d'assedio e durante il quale il Chiesi mantenne un virile e fiero contegno, ii trib·111ale militare lo condannò a molti anni di reolusioue. Dopo oltre un anno ue fo liberato dall'amnistia>. Aggiungo che nel processo di Milano, accanto alla K.oulichoff. fu dei pochi, che si contenne fieramente. Da deputato non brillò, perchè non possedeva il dono della parola. Era stato avversario della politica. coloniale quale corrispondente del Secolo dopo Dogali e Adua; ma in seguito ad un'inchiesta nel Benadir si converti since• ramen te al la medesima. Questa conversione sincera gli portò sventura. Essa prima lo mise in conflitto coi suoi e!ettori repnbblic~ni di Forlì e lo costrinse a dimettersi da deputato; ora lo richiamò nell' Africa maledetta, dove dopo breve malattie, vicino Adis Abeba, lasciò la vita· N. C. Ancoradel dazio sul grano La quistione della cerealicoltura e del dazio sul grano è problema vitale per la economia italiana, di cui noi se anche non avessimo promesso formaimente di ritornarvi pet rispondere ad alcune osservazioni dell'Einaudi, accettate anche dal Bonomi, ce ne saremmo intrattenuti per conto proprio sicuri di compiere un dovere contrapponendo la nostra propaganda a quella antagonistica dei pochi liberisti e dei molti socialisti. Riteniamo doverosa ia nostra contropropaganda perchè siamo convinti, che a forza di battere e ribattere sui pretesi d::inni del dazio e sui benefizi che la sua abolizione apporterebbe alle classi lavoratrici, queste finiranno col1'e_~ercitare tale pressione da raggiungere l'intento. Se l'impegno assunto nel n umcro precedente della Rivista e la nostra convinzione non fossero stati sufficienti ad occuparci dì nuovo della quistìone, vi si sarebbe.aggiunta una lettera cortese dell'egregio Deputato Luigi Montemartini, che c'invita alla risposta. Rispondendogli, così , prendiamo parecchi piccioni con una tava. Il deputato socialista per Stradella scrive: Caro Colajanni, Sequestrato pel lavoro della Giunta delle Elezioni non ho potuto ascoltar~ alla Camera il tuo ~Hsc0rso per la riduzione del dazio sul grano, che leggo ora e che è un vigor<'so discorso in soategno del dazio medesimo, che tu vorrt stì tem• poraneamcnte ridotto per ragioni e consiJerazioni , mi pare, specialmente politiche. Mi permetti poche osservazi0ni che avr~i esposto se avessi potuto prendere parte alla discussione? Non mi cimenterò certo con te in una discussione teorica sul protezionismo e sul liberismo: sono un profano, e mi
202 RIVISTA lascerei presto mettere mori combattimi;:nto senza neanche procurarti l'onore e il piacere di avert:: vinto un forte avversario. Affamo solo una cosa che non può venire smentita: il ribasso, anche eccessivo, dei prt::zz1 di certe derrate agricole non conduce sempre ali' abbandono della loro cultura , ma spinge dove è possibile, ad intensificarla. Noi viticoltori, per esempio, da quando la crisi ci stringe alle reni, in molti posti invece di abbandonare la vite ci siamo sforzati di ricavarne un prodotto unitario agricolo maggiore ( 1). Ed io penso che altrettanto dovrebte fare, per gran parte d'Italia, un ribasso ciel prezzo dd grano in riguardo alla granicoltura. Ma tu m'interrompi come hai interrotto Raineri: e dove cè da combattere la meteo, okgia? PerJona, ma da buon naturalista rispondo che la meteorologia ed il Padre EternJ non si combattono col protezionismo doganale. E mi spi:.'.go. Certamente avrai visto il volumetto pubblicato in questi u1timi mesi dal min:stero di agricoltura, coi primi risultati dei campi sperimentali i<stituiti nelle vostre provincie. Dai conti colturali che ivi si danno, io credo che quando ìl prezzo dd grano è a 24, 25 lire al quintale (e !"Einaudi ha lucidamente dimostrato che anche senza dazi doganali difficilmente sì scendtrebbe al disotte,), la granicoltura in molte provincie è, poco sì, ma un po redditiva anche coll'aratro a chiodo, e diventa largamente rimu:1erativa oppena si adottino (e levando la protezione doganale: sarebbe stimolata l'ado7ione) metodi un po' razionali di cultura. In certe provincie invece, anche coi sistemi migliori, vendendo a 2 5, si perde, anzi si perde di più colla culturo moderna che con quella arretrata la quale ri • chiede nessun anticipo dì capitali. E' in queste provincit che c'è da combattere colla meteorologia e col Padre Eterno, ma io là vorrei che non si coltiva-sse il grano, poichè là prima della granicoltura deve pa, ·sare avanti tlitto quel qiagnifico programma agrario cht: ha svolto il Raineri (rimboschimenti, rassodamenti, bonifiche, opere idrauliche ecc.). cui vi daremmo volentieri l'appoggio dei nostri entusiasmi, ma che per ora non è neancht: allo studio! Continueremo noi a tent:re alto artificialmente il prezzo del grano, fino a programma compiuto, per vedt:re attiva in quelle regioni una cultura che ailo stato 9.ttuale non può a meno di •iu• scire danncsa alle provincie medesime (rendendo in apparenza meno necessari i lavori di r,mboschimento, rassodamento ecc.), e dannosa all 'intiera nazio:·ie per la quale fa aumentare la media. del costo di produzione del primo alimento? Vorrem mo noi ostinarci a compiere una opera inutile, contro la Paura? Tutti aspiriamo comt: te a vedere aumentata la produzione n_azionale, ma tale aumt n: o deve venire da un'intensificazione della cultura nelle terre dove essa è possibile, non da una estensione di essa là dove sarebbero più redditive colture diverse. E fa protezione doganale temo favorisca più I' esten sìone che i'intensificazicne: vorrei che i dati statistici da te riferiti nei rapporti tra produzione e protezione; considerassero enche l'estensione della suptrficie coltivata, e vorrei si po tesso sapere quanta parte dei sacrificii che facciamo va mi• seramente perduta là dove le condizioni meteoriche e geofisicht: ri-:hiedono protezioni e sacrifici di ben altra natura. Intanto mentre voi vi sforzate a vincere, col protezionismo doganale, gli avversi fattori naturali, i grossi proprietari (spe eia/mente del Nord) delle terre più adatte, in nome vostro ma non per conto vostro , intascano rlegli utili di cui non avrebbero bisogno e che· noi non vorremmo pagare I (2) Non insisto sulla portata finanziaria della abolizione del dazio sul grano. A parte anche la considerazioae che il bi lancio fisiologico c1ei cittadini d0vrebbe preoccupare almeno quanto quello finanziario dello Stato, se, come e a sperarsi, con o senza protezionismo (io credo che senza sì farebbe piu predto) si riescirà ad aumentare la produzione nazionale, lo Erario ctovrà pure fare a meno di questo cespite d'entrata I Ecco le mie osservazioni. Ora criticale il più benignamente possi'::>ile. Saluti cordiali dal tuo LUIGI MONTEMARTINI (1) Richiamo su questo fatto l'attenzione di coloro che sosten gono il dazio snl grano per far diminuire la produzione del vino, e per e.lare un vantaggio anche ai nostri viticoltori. Noi ringraziamo di tale buona intenzione, ma assicuriamo che in molti posti l',~ttuttle sperequ:tzione, aumentata anche artificialmente tra i prezzi dei vari prodotti, rende ancor più dolorose le condi~ioni di quelli che, abituati a cambiare un ettolitro di vino per avere un c1ui1.tale e mezzo di grano, devono ora dare tre ettolitri per un solo quintale. z. m. (2) Il corsivo è di Montemartini. La Rivista POPOLARE + All' osservazione del Montemartini relativa al prezzo di L. 25 al quintale, che egli crede acquisito definitivamente risponderemo dopo che avremo esposto il ragionamento dell'Einaudi; così pure a quelle sulle condizioq.i climatologiche e geologiche risponderemo - oltre ciò che avevamo detto nel numero precedente della Rivista colle paro le di un tale, la cui autorità vale più della nostra e che, speriamo, non vorrà mettere in dubbio il nostro cortese contraddittore; ed a più esatto apprezzamento sull'agricoltura del Mezzogiorno noi lo ricondurremo precisamente coi dati e colle considerazioni della pubblicazione, cui egli ci rinvia : I campi dimostrativi di concimaz.ione indiretta del frumento (1). Intanto rileviamo che il Montemartini parafrasando e male interpetrando l'interruzione dell' on. Colajanni all'on. Rainìeri sulla influenza del clima nel mezzogiorno da buon natun:ilista osserva che la metereologia ed il padre eterno non si combattono col protez.ionismo doganale. Chi l'ha mai pensato? Colajanni ricordò l'avver· sità di Giove Pluvio , per ricondurre alla ragione coloro che attribuiscono alla solita poltroneria dei meridionali la scarsa produzione unitaria del mezzogiorno e che con imperdonabile leggerezza dimenticano o ignorano che negli ultimi due anni fu scarsissima tale produzione a causa della ostinatissima siccità. Ai liberisti che dimenticano o ignorano tutto ciò si ricorda che il protezionismo se non può fare venire la pioggia , può invece compensare i danni delle siccità. Ma il Montemartini pensa che il ribasso dei prezzi non costringe necessariamente ad abbandonare una coltura, ma ad intensificarla. Questa obbiezione s'infrange o meglio si riduce ad una bolla di sapone di fronte ali' esperienza che vale più delle chiacchiere. La riduzione del prezzo non intensificò la coltura del grano in Inghilterra; non la intensificò in Italia sino al 1887. Questi due esempi, di una eloquenza schiacciante, che furono da noi ricordati nel numero precedente, sono conclusivi e distruggono la speranza che nutre il nostro egregio contraddittore sulla pretesa azione stimolatrice del liberismo. E' liberista rigidissima la prima; era liberista l'Italia sino al 1887. Intanto in Inghilterra la granicoltura si ridusse definitivamente di oltre il 50 °/ 0 ; si ridusse pure in Italia e si allargò di nuovo e si intensificò in pari tempo dopo il r 888. La virtù stimo latrice , se i fatti dev.J no valere più delle chiacchiere, in Italia come in Francia, come in Germania , come negli Stati Uniti, pare che si debba riconoscere nella politica protezionista. Il liberismo, in Italia come in Inghilterra, esercitò o esercita una terribile azione deprimente! Il Montemartini, more solito, riconosce che in molte provincie del mezzogiorno il clima e il suolo non sono adatti per.la coltivazione del gra~o ed esalta i provvedimenti consigliati dall' on. Ra1nieri - rimboschimenti, sbarramenti ecc. - Anche noi li abbiamo esaltati; e noi sono degli anni che li' abbiamo chiesti. E non sono venute I Non possono venire, mettendocisi di buzzo buono sin da ora, come fattori efficientì di rigenerazione che fra venti anni ..... Quando verranno e daranno la loro efficienza l'allevamento alla stalla potrà riuscire più proficuo; ma non risolverà il problema demografico, di cui ( 1) Roma. Ministero di agricoltura , industria e comme,·- cio, 1909.
RIVISTA POPOLARE 203 non fa menz10ne il Montemartini , perchè egli, come la quasi unanimità degli Italiani, forse, disprezza la demografia. Lo risolverà, lo va risolvendo, purtroppo l'emigrazione, che costringe ad apbandonare la cerealicoltura per deficienza di braccia in molte parti del mezzogiorno. Lo nota anche la citata monografia sui Campi dimostrativi ecc. Occorrono venti anni almeno per ottenere i risultati dei rimboschimenti e per fare gli sbarramenti .... Ma da oggi a venti anni? Reponse, s'il vous plait, amico Montemartini. Intanto a lui osserveremo che non sian10 noi a promettergli il maggiore consumo di vino col protezionismo. Si rivolga ai liberisti per questa promessa. Noi, invece, abbiamo da parecchi anni avvertito che la sostituzione della viticoltura, alla granicoltura, e quindi una maggiore produzione di vino, quando nel vino minacciamo di affogare , sarebbe una follia disastrosa. Lo avvertimmo prima che ci si chiudesse il mercato austro-ungarico ; a fortiori possiamo riaffermarlo adesso. E speriamo , almeno su questo di avere consenziente il deputato socialista. In verità quando si è stati costretti a nominare una Commissione - e l'hanno chiesta; e chiedono rimedi efficaci e pronti, anche i Piemontesi e i Lombardi delle zone viticole, di cui mena vanto il Montemartini - una Commissione, diciamo, che studia i mezzi più rapidi per ovviare alla terribile cns1 del vino; quando un membro autorevole di tale Commissione consiglia premi ed esenzioni di imposta a coloro che distrurranno i vigneti - leggere per credere l' in tetvista del senatore Melodia nella Tribuna del 1-2 Maggio - consigliare l' aumento della produzione del vino se non è crudele ironia, è qualche cosa di peggio! Egli su di un punto ha ragione: il dazio procura guadagni esorbitanti a molti proprietari, specialmente del Nord. La sua osservazione , compresi i maggiori guadagni ai settentrionali , per noi ha tanto di barba. Egli può vederla discussa nel libro di Colajanni : Per la econQmia nar:ionale ecc. pubblicato nel 1901. Sin da allora egli consigliava un ordinamento diverso dall'imposta del reddito , in guisa da fare loro restituire almeno una parte di quei grassi guadagni. Questa circostanza dovrebbe richiamare l'attenzione del Montemartini su quella grande iniquità tributaria che sì chiamò l'accelera• mento del catasto, che ha consentito un disgrav:o dell'imposta fondiaria precisamente a quei proprietari del settentrione ...... che non ne avevano bisogno I Se egli volesse essere tanto buono da dare un occhiatina a quel libro vi troverebbe anche accennata chiaramente l' idea svolta da Ciccolti nell'ultima discussione; cioè: di non far servire il dazio ai soli fini fiscali , ma di consacrar parte del suo prodotto a benefizio diretto dei lavoratori ed al miglioramento dell'agricoltura. + Nel numero precedente abbiamo promesso di ritornare sui giudizi dell' on. Agnini contro gli agricoltori del mezzogiorno e della Sicilia, che egli presentò come se fossero poggiate sui dati e sulle osservazioni dirette del chiarissimo prof. Valenti. Ebbene abbiamo voluto prendere i volumi 1° degli Esperimenti di Statistica agraria per controllare l'esattezza delle citazioni ed abbiamo potuto convincerci che l'on. Agnini non li ha letti esattamente. Anzitutto il Valente nelia Relazione al ministro premette delle considerazioni, che rispon_dono alle riserve da noi esposte sulla difficoltà delle generalizzazioni. cc I rendimenti, che si ottengono dalle « diverse colture erbacee e legnose presi isolata- « mente , egli dice , dicono ben poco. Perchè se ne « possano trarre fruttuose deduzioni, convieLie co- « noscere se ed in quanto la cultura considerata cc si avvicendi con un anno o più di riposo; ovvero cc se più d' uno dei prodotti considerati si ottenga cc contemporaneamente o successivamente dallo stes- « so campo in un solo anno, perchè in definitivo « quello che conta è la produzione complessiva del « terreno. Un ettaro di terreno, che dia nello stesso u tempo 10 quintali di frumento, e 30 quintali di <.e fieno dall'erbaio che gli succede, 15 quintali di « uva dalle arborature, produce , coeteris paribus, « assai più di un terreno che dia soltanto 20 quincc tali di frumento. « La statistica agraria deve metterci in grado Ji <.e correggere gli apprezzamenti correnti intorno ai cc prodotti medi dell' agricoltura italiana , i quali, « secondo ogni probabilità sono assai lontani dal « rispecchiare le condizioni reali del nostro paese « e non possono quindi servire di base ad un utile « comparazione con le notizie, che ci provvengono « dall'estero » (Vol. 1° pag. 17). Il Prof. Valenti sulla Sicilia nel 1° VoL riporta una sola osservazione fatta a Paceco , in provi n. di Trapani. Paceco per la natura del suolo e del clima non è· in una buona condizione per la produzione del frumento. [n ogni modo essa nel 1906 vi dette, secondo l' i I lustre osservatore in sei appezzamei. ti di 1965 ettari una produzione media di I 1,5 quintali per ettaro (pag. 58). Siamo dunque ben lontani dai 5 quintali denunziati con isdegno dall'on. Agnini. Nel 2° volume la produzione per ettaro discende a 7,34 per tutta la Provincia di Trapani; ma non c'è più traccia della produzione media di Paceco, con nostra sorpresa. . Ma all'affermazione cervellotica del deputato socialista avrà potuto dare origine ciò che il Valenti dice di Conversano ì n provincia di Bari. Qui egli dice il prodotto unitario medio sarebbe di soJ.iquintali 5. Però, egli soggiunge, - e l' on. Agni ni, che ha saltato quel brano non potè apprezzare 1 aggiunzione: - « Se non che è da tener conto che vi sono tre cc distinte categorie di terreni coltivate a frumento: « a) terreni nudi o quasi, in cui l'influenza « delle arborature non è apprezzabile ; « b) terreni in cui il seminativo preva~e, _masu « cui la presenza delle arborature contribuisce a « deprimere il rendimento; <.e c) terreni per intero coperto dalle arborature cc dove la coltura delle piante erbacee è del tutto « secondaria e dà rendiml!nti minimi ». « Dal basso rendimento di quest'ultima categocc da di terreni non si potrebbe tuttavia giudicare « che essi si trovino in uno stadio d'intensità della « coltura poco elevato, dac~hè se _il fru1:1ento non « dà in una superfìce coltivata d1 ettari 3661 che « quintali 131953 pari a qu_inta~i 3,80 per ettaro, « in questa stessa superhc1e_ s1 ?tte_ngo_no 38,847 « quintali di uva, 16,592 qurntalt d1 ollve e 3185 cc quintali di mandorle » (pag. 142). Ha inteso l' on. Agnini? . . 11 deputato socialista nella sua inte1:v1sta las\.'.1~va intendere che a giudizio_ del Val~nt1 1~ mesc_h1_na resa di 5 quintali, era dov 1 uta alla 1gn~·v1a mer1d10nale che ara la terra coll aratro perticale ecc. M~ il Valenti; però, trova modo di .ric_or1are eh~ in provincia di Trapani , e senza gh. arnt1 che_da l'Ungheria-poteva ag&iunger.e - avv~cne_ cc la nco_- <.< stituz!one dei vigneti, a cui con mirab;.le energia
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