RIVISTA POPOLARE 185 Del resto le biografie degli uomini singolari non parlano troppo in favore dell'istituto familiare. Rari sono quei padri e quelle madri che non dico abbiano favorito, ma almeno non abbiano ostacolato la lib'era, prepotente inclinazione d' un qualche figlio di genio. Il figlio beneaugurato e stimato in famiglia è quello di mediocre animo e di mediocre intelligenza, l'umile pecorella che non mette a soqquadro e non abhandona l'ovile. Il d'Annunzio in un capitolo del Trionfo della Morte e il Sudermann in Casa Peterua harìno con efficacia significato il disagio in cui viene inevitabilmente a trovarsi nella casa dei suoi la creatura superiore ai pregiudizi ed alle meschine contingenze quotidiane. Specialmente questo avviene in provincia. E proprio quando il figlio studioso e pieno di volontà esprime il desiderio di recarsi in un grande centro di vita e di cultura moderna per allargare la cerchia delle sue cognizioni e provare le proprie energie in un mondo migliore che non quello in cui ogni maggiore attività è segnata dal solito monotono desolante leit-motif il borbottio della pentola casalinga. La città è l'incubo delle pavide madri e dei pacifici padri: vi scorgono essi mille insidie fisiche, morali, economiche; ne temono per la integrità dei vecchi principì etici e religiosi con gran cura nel figlio inconculcati. • Questi dissidi, questi conflitti, spesso di piccolo momento, si fanno non di rado violenti, velenosi assumono una gravità eccezionale. Ho conosciuto giovani buoni ed affettuosi, dolorosamente sorpresi nella loro tenerezza filiale di subire l'onta di male parole, di veder sorgere nei propri genitori dei nemici irreducibili e-perchè non dirlo ?-addirittura atroci ... E' la patria potestas intesa nel suo originario, primitivo significato di tirannia e di ferocia che sorvive nel genitore moderno, malgrado gli evidenti cambiamenti avvenuti nell'indirizzo civile della società. Chi ha avuto la bella ventura di sortire i natali e svolgere la propria attività in un ambiente propizio, chi non ha dovuto lottare per cl istricarsi di una fitta rete di pregiudizi; chi non conosce la necessità amara di certe rinunzie, non può credere alle mie parole; e.-: J '. e giudica per lo meno eccessive. Eppure esagerate non sono. Possono esse offendere la pru.ierie di qualche tradizionalista; ma io ho ferma crs:i:L,za eh' esse sono in modo perfetto corrispondenti a verità nella diagnosi d'un pathos sociale. E ilresultato preciso di molteplici esp rienze. Il rimedio ? Se avessi fede nella medicina delle passioni, se fossi con vinto degli effetti pratici dei predicozzi morali, direi: Combattiamo i pregiudizi che ancora si annidano nella famiglia, aiutiamo la lenta trasformazione di questo secolare istituto, secondo lo spirito dei tempi nuovi. Altrimenti avran facile giuoco i suoi nemici, coloro che ne vogliono in buona o mala fede sovvertire le basi ».. Ma più che nei pistolotti retorici io ho fiducia nella sapiente inevitabile evoluzione naturnle delle cose. E ritengo che il corso del tempo e lo svolgersi degli eventi non dimostreranno l' inutilità dell'istituto familiare. Penso invece che rinnovato nella sua fisonomia, spiritualizzato nella sua essenza non apparirà più come un avanzo di epoche andate, come un impediniento, una costrizione di esuberanti energie giovanili, ma come una scuola, una palestra per gli anni della puerizia e dell' adolescenza, un dolce riposo dalle quotidiane fatiche e battaglie nell'età matura ed un rifugio, un asilo per la vecchiaia stanca ed impedita. GINO BELLINCIONf ~TBèèON~INI èBTTBRf.tRI xxxv. Fili d'erba-li Manipolo ed altri versi-I romanzi e lo stileli volo d'Icaro - li santo misterioso - Cardello - In automobile - Viaggi politici - Nell' estremo oriente - I ricordi di Folchetto - Un medico dell'Harem - Giovanni Prati, Michele Amari ed Emilio Praga - Roma e Pompei-L'arte del medio evo - Il divenire dell' arte -- Tristano ed Isotta - Il vangelo della vita. Nato da un incrocio di razze diverse , <:Omemolti dei più grandi e singolari uomini di cui si glori il genere umano, nato di schietto tronco plebeo, nato in terra vergine e nuova alla civiltà, Walt Whltman è stato un poeta davvero « universale e solitario •, come il divino nostro Leonardo sognava l'artista supremo : universale , perchè I' ispirazione sua non conobbt! confini , e spaziò dalle bellezze e dalle meraviglie del corpo umano ai misteri e alle contemplazioni della religione eterna e comune senz'idoli e senza dogmi, dalle foreste inestricabili e dai fiumi enormi del suo paese alle immensità degli spazii sidere! e ai secoli senza fine del tempo preumano e di quello che seguirà all' estinzione del seme d' Adamo , dai furori e d,igli orrori della guerra di secessione alla speranza e alla fc:Je sicura della fratellanza avvenire di tutte le genti; e soli - tario, perchè tutto vide con occhio personalissimo suo, tutto sentì e comprese ed assimilò coi suoi nervi individui, col suo cuore, col suo cervello, con la sua anima originale e diversa, tutto espresse in una lingua, in uno stile, in un ritmo esclu. sivamente suoi , che egli non imitò da alcuno , che nessuno saprà mai se non contraffare da lui , e che noi stessi non apprendiamo nè ammiriamo nè analizziamo se non con un certo turbamento, con uno sgomento vago, con una malsicura trepidazione, come accade ogni volta che ci s'imbatte in qualcosa di veramente nuovo. Fattorino, operaio, tipografo, giornalaio, pubblicista, soldato, infermiere, impiegato, poeta, visse tutte le vite, dd suo grande popolo, del suo solenne momento storico, e ne fece una sola meravigliosa epopea , _senza precisa architettura , senza simmetria classica , senza divisioni convenzionali , senza misure, swza strofe , senza versi , senza rime ; ed anche senza eroi, senza protagonisti, senza avventure, senza fantasie; ma in cui passa tutta la folla , circola tutta la vita , risuonano tutti i rumori, cantano tutte le musiche , pulsano tutte le passioni, splendono tutti i miracoli del secolo decimonono e della civiltà transatlantica. Ed è di questo poeta e profeta quasi Jirei biblico , perchè ad un tempo caratteristico e peculiare di un luogo e d'un'epoc 1, e spaziante con l'ispirazione panteista e col sentimento cosmopolitico per tutte le infinità delle cose e delle anime, che Luigi Gamberale ha atfrontata I' eroica fatica di tradurre le quasi intraducibili FOGLIE o' ERBA per la « Biblioteca dei Popoli » del Sandron. C'è riuscito? Sì , e no. No , perchè, ripeto , il ·whitman , come tutti i poeti , anzi come tutti gli stilisti (ed egli , a suo modo, lo è in grado tanto più straordinario quanto più istintivo e non per proposito) non si può tradurre senza svisarlo; e sì, perchè tutto ciò che un traduttore coscienzioso, paziente, penetrante , può fare per rendere con la maggiore sincerità e fedelt/i il suo modello, il Gamberaie lo ha fatto ; e ha dato ai molti , ai troppi italiani che non conoscono a fondo l'inglese, anzi il neo-inglese particolare al popolo nuovo e poligenico d'oltre oceano, il mezzo di co - noscere finalmente nella sua opera complessiva il maggior poeta del Nuovo Continente, non noto finora fra noi che di nome, o per qualche scarso frammento, all'infuori del mondo, ahimè esiguo, degli amatori di lingue e letterature settentrionali.
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