RIVISTA POPOLARE 65 ♦ 1l maggiore Di Giorgio mette in rilievo il fatto che il Ranzi e j. segua~i di lui, nella loro propaganda, hanno usato una intemperanza ed una violenza di linguaggio, vietate dalla disciplina milit~re; ~anno lanciato proteste, lettere aperte, specie d! u_lti"!iatum in nome collettivo , disdicevoli alla d1sc1plrna militare; hanno persino pronunziato minacce contro autorità militari e contro il governo, con~annate dal regolamento di disciplina e dal codice p~na~e 1:11litare. Ed infine, per isfogare le loro pass10m , s1 sono coperti coll' anon imo o col pseudonimo. Egli riporta dal Pensiero militare e co_me1~ta _amar~rnente una serie di periodi, di passi, v1vac1 ed 1mpres~ionanti, che suonano offesa al prestigio dell'autorità militare, e che sembrano tradire il carattere e le norme di obbedienza e_di rispetto, mute e devote, che, della comune, si ritengono la caratteristica, l'anima stessa del militare. E di fronte a qL1esti gravi attentati contro la disciplina, il Di Giorgio sente talmente scossa la sua anima di soldato, che non può, non sa più contenere la sua spigliata, simpatica e corretta parola in quei limiti di convenienza e di misura eh' egli avrebbe desiderato, e, dolorando denunzia al Paese l'esistenza di una profonda crisi disciplinare nell'esercito; crisi che impone una soluzione pronta e radicale. Contro il Ranzi, ch'egli ritiene autore primo e resp?_nsabile_ di questa crisi , il Di Giorgio scaglia le prn atroci contumelie: volgare ed audace istigatore a delinquere; apostolo della propria vendetta per_sonale; uomo che « conduce per la sua riabili-- tazmne, una lotta cbe, nel furore che lo dominaun vero delirium tremens I chiama eroica titanica sub~ime )), 01:dit?re clan_destino di pronu~ciamenti e dt c_onv~l~10_11co1llettive. (Pagg. 76-50 op. cit). Agli u~.:iah, che seguono il Ranzi nella sua opera nefasta e delittuosa, il Di Giorgio non risparmia gli epiteti più umilianti e disonorevoli: massa predestinata alla ri;:.1ozione del grado e dall'impiego; sciagurati indegni di rivestire le insegne stesse del soldato; gente che tradisce la fede giurata; specie di pretoriani in rivolta; feccia della dasse degli ufficiali. (Pagg. 30, 3r, 50, op. cit.). Infìne msorge, tonante di sdegno, contro il Ranzi e. i seguaci suoi , dichiarandosi colpito in pieno viso, allorquando questi (novembre 1907) in seguito alla punizione disciplinare intlitta dall'autorità militare, ai promotori di una bicchi~rata datasi in rI orino in onore di lui, parlò così come parlerebbe il capo _di una cospirazione militare, quasi pronta a sco~p1are, tr.a frenata da lui, soltanto da lui (1). << D1 fronte a tanta audacia - scrive il Di Giorgio - un dilemma s'impone. Ciò che Ranzi afferma è la verità? E, pochi o molti 1 incitati o moderati da lui, un numero di ufficia.li è pronto alla rivolta? E allora non c' è tempo da perdere. Si dichiari la Patria in pericolo e, con tutti i mezzi, si ricerchino le fila della congiura e si colpiscano inesorabilmente i congiurati. Si tratta invece di una delittuosa vanteria del Ranzi? E allora si deferisca il Ranzi al magistrato e gli si chieda conto di questa (1) ~ Se dall'alto-dice il Ranzi-si seguita a provocarecon metodi indegni del tempo in cui viviamo; se si seguita a rendere impossibile la nostra opera moderatrice, prima o .poi avverrà molto probabilmente che .... dalla pericolosa gazzarra del Pensiero militar<::, si passerà a qualche cosa che non sarà gazzarra; perchè sarà invece condotta con molt'l segretezza. Ma quanto all'essere meno pericolosa .... lo diranno e lo direbbero i fatti n. calunnia. Lo impone l'onore del]' esercito e dei singoli ut11ciali, colpiti ciascuno individualmente in p}eno viso, dalla calunnia atr~ce. Lo impone il credito dello Stato, scosso da queste voci nella sua posizione internazionale. Nè si tema lo scandalo. Esso è_già_ en_orm_e I ll_ (Pag. 39 op. cit.). Ma 11 D1 G1?rg10, 111 questa dolorosa disamina non per~e la padronanza del suo spirito acuto ; ~ mentre impreca contro coloro ch'egli ritiene autori della crisi disciplinare lamentata, riconosce, francamente e sinceramente, l'esistenza di alcune cause gravi « cause costituzionali » che· <e se si vuole fare opera di vera salvezz1 » occor;e dirimere a qualunque costo. Egli dice infatti: <e Ho analizzato in tutta la sua bruttura il tu~ more; ~ar~i ingiusto, reticente, disonesto, se non hu~eggiass1, con eguale franchezza, anche gli altri lati del problema, se non additassi le altre causec~use costituzionali - della malattia ». Pag. 70 op. citata). cc Le due quistioni della carriera e del trattamento-che sono le cause fondamentali della crisi disciplinare - vanno risolute e presto e senza riguar~o ~ spe~a. E se dovessero portare un aggravio che il bilanc10 dello Stato non può sopportare, ebbene si abbia il coraggio di sopprimere tre, quattro, sei corpi d'armata; di ri1•unziare alla costruzione delle nuove artiglierie, di munire la frontiera di nuovi forti. Chè, lasciando i quadri nello stato nel quale ora si trovano, nè i corpi d' armata piò numerosi, nè l'artiglieria più potente, ne la frontiera meglio munita potrebbero, se l'ora fatale scoccasse, salvare la patria e l'esercito dalla estrema rovina ». (Pag. 75). E poichè per la vigente legislazione su la disciplina mil.itare e <e per una suprema necessità di Stato, non può esser permesso agli ufficiali di associarsi e di far valere collettivamente le loro rag~on_i, dev'essere lo Stato a provvedere di sua iniz1at1va e con previdente larghezza ». (Pag. 74). Ora ci sia consentito un breve, modesto parere sul giudizio che il Di Ciorgio lancia a carico di coloro ch'egli chiama « modernisti ». 11 Di Giorgio onestamente dichiara di non conoscere « neppure di veduta lJ il Ranzi; ed insiste t~ttavia nel ritenere la campagna del Pensiero m.ilttare come {(campagna fìne a sè stessa >> come il mezzo per <e la riabilitazione >> dell'ex capitano rimosso dal grado e dall'impiego per mancanza contro l'onore (r). Noi però riteniamo che assai meno severo sarebbe stato il suo giudizio s'egli conoscesse da vicino il Ranzi ; e forse non esiterebbe a stimarlo capace della rinunzia alla propria riabilitazione se sapesse di aver demeritato di fronte all'esercito' che il Ranzi ha difeso con ardore di apostolo, e di avere ingannata comunque l'opinione pubblica. Il Ranzi non è il condannato dal Tribunale di ~oma per d(/famaz.ioni giornalistiche, non è lo squahficat~ dal Consiglio di disciplina per essersi rifiutato dt battersi in duello, nè il calunniatore atroce della uffìcialità; egli è ancora - malgrado le sue intemperanze, l'uomo segnalato dal Generale Corsi alla stima dell' esercito e dell' Italia, il sostenitore strenuo di un programma di riforme militari da tutti approvato, compref-o lo stesso Di Giorgio. E' l'uomo infine che ha contribuito efficacemente a far nominare la Commissione d' Inchiesta per l'Esercì to, e a formare una opinione pubblica favorevole alla soluzione delle urgenti quistioni, che si 1< A buon intendi tor ........ ! se ve n' è ancora a Palazzo di ( 1) Tale è finora considerato nell'esercito, il rifiuto di batVia XX Settembre». tersi in duello.
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