Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 3 - 15 febbraio 1908

64 RIVISTA POPOLARE genze del caso, sf convenisse meglio un giornale ; e nel 1903 fondò, in Roma, il cc Pensiero militare » - divenuto « Pensiero di Roma >) e ridiventato « Pensiero militare • tuttora esistente. - Il Ranzi è uomo di cultura non comune, brillante e facondo oratore, vigoroso polemista. Nel decennio '92-1902, egli seppe meritarsi l'ammirazione ctegli uomini più illustri della gerarchia militare (Corsi Fantoni Zanelli S., Pittaluga, Pedotti, Marazzi); nonchè quella di Guglielmo Ferrero, suo contraddittore in una polemica sul «JMilitarismo >). Il Generale Corsi ebbe a scrivere del Rauzi che, dopo la bella difesa fatta da questo in pro dell'onore delle istituzioni militari, vilipese dal Ferrero, egli (il Corsi) lo vedeva « giganteggiare sulle nuove generazioni >) Ed il Ferrero ebbe a dichiarare che, se i Ranzi. negli eserciti odierni, fossero numerosi, egli si sarebbe convertito al militarismo. Di mente eletta, di tempra adamantina, il Ranzi en « Modernità militari >) nelle collezioni della sua Rivìst& cc armi e progresso J> e del suo giornale « Pensiero militare » nonchè in conferenze ed interviste, ha costantemente sostenuto la necessita di rinnovare l'esercito, avvicinandolo sempre più alla nazione, affinchè palpitasse con essa e ne traesse forza e guida a bene _adempiere la sua funzione sociale. Il programma che il Ranzi si propose iniziando la sua campagna giornalistica a favore dell'esercito riscosse l'approvazione dei migliori intelletti, che alle cose militari, s'interessavano. Ma, dure circostanze di fatto e toga di entusiasmo, .. non fecero valutare al Ranzi i mezzi di cui disponeva e le forze su le quali poteva contare. Il « Pensiero militare » sorse su la base degli abbonamenti degli ufficiali, specie di grado inferiore. ·Privo di redattori bene scelti e bene rimunerati, d'apprima offerse ospitalità, poi chiese, come alimento (non bastando l'opera del solo direttore) la . collaborazione degli ufficiali volenterosi. Poggiando su tali basi, il giornale doveva necessariamente finire col diventare principaimente l'organo del malcontento che, già fìn dallora, si agitava nelle caserme a cagione delle di~graziate condizioni di carriera degli ufficiali inferiori, e degli arretrati sistemi disciplinari in uso. Ad affrettare l'avvento di tale fenomeno, concorsero spiacevolissime circostanze, sorte tra il Ranzi e gli alti comandi gerarchici, a proposito della elezione del Consiglio direttivo della Società cooperativa fra ufficiali, chiamata cc Unione militare >), La lotta ebbe inizio da una vertenza personale tra il Ranzi, Capitano in posizione ausiliaria e capo del partito dei giovani, ed un Tenente Colonnello di Stato Maggiore, ritenuto come il rappresentante del partito del Comando. Il Tenente Colonnello, in pubblica assemblea di socì, attaccò violentemente il Ranzi nella sua fìgura morale, sia come giornalista, sia come capo del partito ( 1), Il Ranzi, che ,aveva sperimentata la ostilità dell'alta burocrazia militare a cagione della vivacità che veniva, man mano, assumendo la prosa del Pensiero, si credette vittima di mene sleali e gridò alla calunnia. Da allora ingaggiò una lotta a fondo contro lo Stato Maggiore, cui apparteneva l'accusatore e eh' egli riteneva come l'inspiratore e il respon- (I) Il Tenente Colonnello denunziò il Ranzi come fornicatore interessato, ed in segreto, con il partito del Comando a danno della massa di ufficiali che lo seguiva. Ciò che il Ranzi negò sdegnosamente. sabile vero di quelle mene; lotta che lo condusse alla perdita del grado di ufficiale (1). E' doveroso peraltro aggiungere che il Ranzi, anche dopo questa gravissima punizione subita, non perdette mai di vista l'aspetto tecnico politico; morale ed economico del problema militare. Era però naturale ed umano eh' egli, combattuto nella sua propaganda con una contrapropaganda di severità disciplinare poliziesca; smentito circa la esistenza di una grave quistione morale nell'esercito; offeso nell'amor proprio e persino nell' onore, mettesse da parte gli inciampi delle convenienze e dei riguardi formali e persino delle forme disciplinari e desse, alla sua campagna, quella vivacità ed irruenza valevoli, per un lato a stringergli d'attorno quanti in lui riponevano fede, da altro lato a mettere crudamente a nudo i termini del problema militare, specie le piaghe più pericolose che travagliano l'esercito, nello intento di mettere in guardia Paese e Parlamento contro il pietoso, sistematico inganno dei dirigenti militari (2). Tre anni di lotta vigorosa e possente hanno dato ragione al Ranzi: il Parlamento ed il Paese hanno finalmente compreso che l'esercito e le condizioni dei « quadri i) meritano, impongono l'attenzione e l'interessamento di loro, non meno della marina militare e mercantile, dell'emigrazione, delle condizioni economico sociali dei contadini del Mezzogiorno e dei minatori di Sardegna. Il Ranzi ha visto finalmente nominare una commissione d' in.:. chiesta per l' esercito ed un ministro borghese al dicastero della guerra; ed è riuscito, specie dalle grandi manovre del 1907 in qua, ad interessare vivamente al grave problema, il giornalismo italiano. ♦ Ma un opuscolo testè pubblicato da un distinto ufficiale di Stato maggiore, il Maggiore Antonio Di Giorgio (3) viene a turbare l'idillio tra il Ranzi ed il giornalismo che ne canta le lodi. Esso rileva circostanze e fenomeni gravi, prospettanto la quistione militare in un modo pressochè nuovo (per coloro, s'intende, che non guardano, alle cose, tanto pel sottile) e conclude condannando severa~ mente il Ranzi e suoi ammiratori. L' opw,colo ha destato molto interesse sia nel mondo mili tare, sia in quello non militare, e già diviene come il salmo sacro della cosìdetta stampa dell'ordine; quindi merita intrattenerci un po' sul contenuto di esso. E per evitare inutili prevenzioni-, permettiamo che null'altro ci muove a parlare, all'infuori del desiderio onesto di esporre il nostro pensiero sulla entità, sulla portata dell'odierna crisi disciplinare, prospettata dal Di Giorgio. (1) Il motivo di questo grave provvedimento contro il Ranzi fu il rifiuto di questo a battersi in duello col Tenente Colonnello accusatore. (2) In quanto alla lotta che il Ranzi sostenl}e contro lo Stato Maggiore : « Lo Stato maggiore, ecco il nemico , noi rileviamo, e potremmo documentare se ragioni di spazio non lo vietassero , che il Ranzi non intese mai di pregiudicare la rispettabilità delle persone che ne fanno parte. Egli, più volte e su quel medesimo giornale incriminato, riconobbe e rese omaggio ai meriti preclari di alcune tra esse. Le sue accuse furono sempre rivolte al sistema che presiede sia alla sua costituzione numt:rica ed organica, sia al suo funzionamento come organo di comando e di governo disciplinare. Il Ranzi insomma intendèva far conoscere che quell' Istituto, riservato a pochi, non si adatta punto al nostro esercito, costituito com' è SU• basi democratiche; e che, se non in dritto, nel fatto esso non dà garenzie sufficienti che a farne parte vengano chiamati tutti coloro che ne posseggono i meriti. (3) « Il caso Ranzi e il modernismo nell'esercito » (Firenze Bemporai, 1908.

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