78 RIVISTA POPOLARE si era. piantato in piazza della Iudipendeuza arringando cose alla buona, senza bigoncia, appoggiato alla ringhiera che girava attorno ad una statua di Giuseppe Garibaldi, e tenendo bravamente un Rigaro acceso in bocca; si senti va la bocca troppo amarn, come se avesse inghiottito un boccone composto di tossico, e quel fumo di tabacco lo ristorava: cosi si sfogava a stimmatizz~re la condotta deplorevole di quel paese di ladroni. e Quale disonore per un paese civile I Ma il nostro è un ovile di pecore e di caproni. Monsignore passava in carrozza 8aporitamente adagiato distribuendo la sua santa benedizione a destra e a sinistra, alla gente accb-lcata dinanzi alle botteghe, alle signorine gremite nei balconi; e i zolfatari dietro a gridare con calore : e Evviva il nostro Vescovo ! Beppe, per non vedere quel vituperio, si ecclissò dietro la statua del grande capita.no. [ suoi seguaci , rimasti li, ebbero un tratto dì spirito affrontando a viso aperto quelli della Lega. e Evviva Garibaldi I > gridarono a loro volta. I zolfat,ari, credendo che con quelle parole si rendesse un nuovo omaggio al vescovo, poichè ritenevano che non esistessero più socialisti nel loro paese, si diedero a urlare anch'essi : 1 ,. Evviva Garibaldi ! Don Rvmeo si vide perduto; per un,_pezzo, per quanto gesticolascie disperatamente, non riusci a frenare la ribellione al buon senso per quel vocio comprotnettente; infine, a furia di sgranare gli occhi, di stralunare le pupille, di corrt1gare le ciglia setolose, di spalancare la bocca, di degrignare i denti e di serrare i pngni, fece comprendere di uon continuare con ,. Evviva Garibaldi I > e Che significa ciò? b gli fecero comprendere alcuni capomastri. e Santissimo Dio! Non eapete dunque che dicendo ,. Viva Garibaldi ! ,. si va contro alla Chiesa ? Quale sorpresa! Ammutolirono. Come cani. scottati dall'acqua bol!P,nte, tornarono i.n carr8ggiata. ♦ Un'ora dopo don Giacinto diceva al Loretti: e Ve<li '? Sono anche incoHcienti. E credo che basti ». LUIGI MARROCCO ~IVI.STA DELLE RIVISTE Girolamo Vitelli: La nuova Ieg·ge universitaria.- Si disputa ~u per i giornali pro e contro il nuovo disegno d legge universitaria. lo l'approvo per avervi trovato due cose importanti, un aumento stipendio e la buona intenzione di frenare la corsa alle cattedre universitarie. Era difficile aumentare gli stipendi; perchè se sc1t.nza e scienziati sono degni di ogni amorosa sollecitudine da parte dello Stato, e non si può dire che lo Stato nostro abbia esagerato in tale sollecitudine; pure per grande che sia l'interesse scientifico di noi professori, e per grande che sia nella maggior parte di noi, il bisogno di aver tanto da vivere decoro samente per la scuola e per ~a scienza, non si deve dimenticare che il sak è enorme111enLe car0 •a ltalia, ché ta;;se .;oormcmemente gravosa opprimono i contadini poveri, che non so guanti milioni guadagnati con la conversione deJla rendita alla poveni gente non hanno fruttato sinora più di un modedestissimo risparmio nei prazo del petrolio. Disgraziatamente neppure questi provvedimenti universitari fanno eccezione alla regola: anche essi, come già quelli riguardanti i professori delle scuole medie, si debbono non ad iniziativa spontanea <ld governo, ma ad agitazione degli inte• ressati. E ciò è male, e cominciamo già a vederne !e cattive conseguenze. li governo in questo modo è stato volens nolens costretto a considerare come caposaldo del disego di legge lo aumento dello stipendio, suppergiù in quella misura che gli interesssti desideravano, e a subordinarvi tutto il resto, anche ciò che evidentemente supera per importanza I' interesse eco-; nomico dei professori. Questi alla lor volta si sono facilmente trovati d'accordo nd reclamare nn miglioramento economico, ma discordano, e non per interessi personali soltanto, nel resto. Il governo dunque è stato illuminato da i professori nell'argomento che in verità, era per sè stesso chiarissimo; ma a do - vuto, pare, far da sè negli argomenti di indole didattica e e scientifica, p1ù difficiii, più complicati, più bisognosi di ac• curata elaborazione da parte dei competenti, cioè prtncipalmente dei professori stessi. Nè conviene lesinare ul Ministro la debita lode per quello che ha dovuto fare, sempre che si ritengano giustificate le condizioni nelle qualì era obbligato a muoversi, e non sia nè utile, nè giusto addossare al Ministro d'oggi l'inerzia ·e gli errori del governo intero per più di quaranta anni. La legge proposta qualche inconveniente corregge; ad esempio , quello dei corsi liberi dei professori ufficiali. Questi erano da sopprimere, e auguriamoci che il Ministro non ceda su questo punto e sieno soppressi davvero. Chi non vede - a parte tutto ci?:, che si potrebbe dire sulla assiduità dei professori, sulla utilità dei loro corsi ec. - che con l'attuale sistema di corsi e di esami, se un professort:: di materia con esame obbii6atorio annunzierà un corso libero, speciale o generale, su ::i.ualsivoglla argomento, noioso o dilettevole, utile o meno utile, facile o difficile, moltissimi, se non tutti, gli scolari del suo corso ufficiale accorre~anno ad iscriversi, pochi per vero interesse a quel tale arn,omento, i più perchè nulla spendono ad inscriversi, perchè è ben difficile che sieno proprio obbligati a frequentare il corso, perchè con l'inscriversi sanno di procurare un vantaggio finanziario al professore che dovrà esaminarli, perchè, se anche del danaro il professore non fa gran caso, sono ad ogni modo sicuri di fargli piacere mostrando interesse per l' argomento che gli sta a cuore. Conosco qua 1cuno di tali professori, zelantissimi, coscienziosissimi, delicatissimi, e so da essi medesimi che ai loro corsi a titolo privato s'inserì vono bensì cento scolari, ma appena dieci li frequentano: nè io trovo che essi abbiano da vergognarsi di un compenso ben meritato, sia quale si voglia il numero degli uditori. Dirò di piu, che non oserei neppur biasimare chi facesse coscienziosamente il corso a titolo privato per il solo scopo di raggiungere quella indispensabile agiatezza, che la retribuzione ufficiale non assicura oggi all'uomo di studii. Ma chi negherà che, quando al professore ufficiale sarà concesso un minimum ragionevole di stipendio, non sia più da tollerare un uso che, anche contro ogni volontà del professore, contribuisce a demoralizzare la gioventù universireria? Meno semplice si presenta la questione degli incarichi ai professori ufficiali, poicbè, oltre quegli incarichi precarii e temporanei che sono e saranno di tanto in tanto inevitabili, non si può escludere a priopri che in alcuni casi il miglior modo di provvedere alla scien..ia, ali' insegnamento, al benes sere della Facoltà, sia appunto quello di indurre un professore ufficiale ad inst:gnare anche una scienza affint:. Non insisto
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