Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 3 - 15 febbraio 1908

RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Scienze Sociali Birettore: Prof. NAPOLEONE UOLAJANNI (Deputato al Par1amento) Esce in Roma il 15 e il 30 ct· ogni mese rtialia: anno lire 6; semestre lire 3,50 - .Estero : anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 ,\mministrazione: C01·soVittorio Emanuele, n.0 116 - NAPOLI • Anno XlV - Nnm. 3 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 15 Fe bbralo 1908 SOMMARIO: Gli avvenimenti e gli nomini: Noi: (Il disservizio postale - Congresso e voti dei ferrovieri - Il blocco anticlericale - E come si potrebbe negare l'utilità del regime monarchico ? - Per la perequazione degli stipendii - L' ltalia nella politica Austriaca - L'Inghilterra e le sue colonie - Il nuovo (< Messaggio 11 di Roosewelt. - Austria Russia e Turchia nei Balcani - La Rivi'sta: La tragedia Portoghese - Altarlva: li caso Ranzi- Di Giorgio (ossia modernismo e antimoder,1ismo nel!' esercito - Dott. Napoleone Colajannl : Per la nostra politica coloniale - L. Fontana-Russo· Critica e difesa di un Trattato di politka commen iale - VincenzoCanl : Lo stato in atto - Luigi Marrocco : Quadretti siciliani (La sorpresa di un socialista)- ltivista delle ltlvlstie: La nuova legge universitaria - (Il _Marr_occo) - La Francia decade (Contemporary Review,)- Alla ricerca di un partito (Rassegna contemporanea) - Apologia della politica coloniale La penetrazione pacifica - (Revue politique et parlementaire) __:_ Recensioni. GLI fl:VVENIMENTI e GLI UOMINI Il disservizio postale - I reclan1i dei nostri abbonati che giustamente si lagnano, perchè non ricevono la Rivista, non solo continuano ma diventano più numerosi ed insistenti. Possiamo assicurare che il nostro ufficio di spedizione adempie colla n1assin1a. cura ed attenzione al suo completo; le fascette di indirizzi - tranne per gli abbo• namenti che giungono dopo la pubblicazione del fascicolo - sono immediatan1ente stan1pate. E , d' altronde , se si trattasse di errore di indirizzo, la rivista dovrebbe essere respinta all'amministrazione - cosa che invece non s1 avvera affatto. In seguito ai vivi e ripetuti nostri reclami, sappian10 che la Direzione compartimentale di Napoli sta facendo una inchiesta per assodare le cause del disservizio. Voglian10 augurarci che si riesca ad escogitare provvedimenti atti ad eliminare gl' in con venienti gravi deplorati da noi, dagli altri giornali e dai privati. ♦ Congresso e voti del ferrovieri. - In Roma negli ultimi giorni di gennaio e nei primi di febbraio si è tenuto un Congresso dei rappresentanti dei Ferrovieri. Le discussioni sono riuscite non viva.ci; ma spesso violente, perchè dall'epoca dello sciopero di Milano, le due tendenze, la. riformo-integralista e la sin• dacalista-rivoluzionaria per la. prima volta si sono trova.te di fronte. Per pochi voti - una decina sopra 60 votanti circa - è prevalsa la tendenza più moderata. Di ciò ci sarebbe da rallegrarsi come indizio di una corrente sana che potrebbe prevalere tra i ferrovieri. Ma... ci sono dei ma. Se i ferrovieri sono divisi sulle tendenze sono di accordo sulle domande da avanzare. L'accordo è pieno sul voto in favore delle riammissione dei ferrovieri destituiti. Essi cosi s' intendono sovrapporre alle leggi, alla magistratura, allo Stato. Furono essi ingiustamente puniti? Lo dirà il Consiglio di Stato; e se ingiustamente puniti verranno reiutegrati in nome della legge e della giustizi~. Di grazia, e forse immediata, si dovrebbe parla.re soltanto in pro di Peraudo, il cui contegno era stato corretto prima dello sciopero e si mantenne tale anche dopo. I ferrovieri dichiarano che vogliono es:;ere considerati come operai ed avere i diritti e i doveri degli operai. Benissimo. Continuino l'agitazione in tale sei;iso facciano abolire l'articolo della legge ferroviaria, che li considera come pubblici funzionari. Se devono rientrare nella grande categoria degli operai comuni, però, rinunzino alla carriera e alla pensione. Domandare i diritti dei funzionari e quelli degli operai ad un tempo, rinunziando - facile , comoda rinunzia! - ai dove1·i degli uni e degli altri è da pazzi o da prepotenti. I ferrovieri, infine, sono di accordo sulla presentazione del famoso memoriale, col quale si domandano varie inezie: riduzi.oni di ore di lavoro e aumento di stipendi. Ciò che domandano tti riduce ad una cosa semplicissima: ad assorbire essi soli il resto del prodotto delle ferrovie, che non serve per le forniture e per tutte le altre .spese, la.sciando a carico dei contribuenti l'onere degli interessi dei miliardi spesi per costruirle. Attualmente ne assorbono quasi la metà, una parte cioè del prodotto, che non arrivano ad assorbire le ferrovie di tutto il mondo. La domanda non potrebbe essere più assurda e più ingiusta; dichiarandola tale, però, non intendiamo af-

58 RIVISTA POPOLA RE fatto affermare, come scioccamente e malignamente vanno ripetendo alcuni ferrovieri nei loro giornali, che noi repntiamo florida la loro sit11azione, altissimi i loro stipendi e salarii. Non abbia1uo mai affermato questo; abbiamo soltanto affermato cne la loro situazione economica è migliore di quelle delle categorie dei lavora tori tra le quali i ferrovieri vengono reclutati. Ci sono delle sperequazioni per alcune categorie di ferrovieri; ma sono eccezioni che Hi possono agevolmente eliminarr. Se il 111emoriale non verrà accolto prol>abi!men te avremo un altro sciopero; e se non lo sciopero il sabotage, che si presta alla iniziati va individuale. + 11 blocco anticlericale. - Filippo Turati nel numero della Critica sociale del 15 Fe_bbraio pubblicherà 1rn magni fico articolo sul Più grande blocco. Il più grande blocco dovrebbe essere quello anticlericale e donel>be funzionare nelle prossime elezioni politiche, delle quali si dovrebbe cercare la piattaforma neli>anticlericalismo. Il deputato pn Milano combatte questa idea come insidiosa e tendente a ridare la verginità politica. a molti liberali !i. variati; egli vorrebbe cose più concrete sul terreno delle riforme sociali e politiche. Noi siamo perfettamente di accordo con lui e siamo convinti, che sino a tanto che i clericali non scendano sul terreno elettorale colla loro fisonomia e col loro programma. genuino, muniti di tutte le loro armi e della santa bened,zioua papale, il blocco anticlericale non ha ragione di essere. Gli equivoci di Cornaggia e di Cameroni non possouo farlo nascei·e. Ma la mozione Bissolati sull'insegnamento religioso ,nelle scuole non pare fatta apposta per fare sorgere quell'equ•ivoco o inutile più grande blocco che Turati deride e combatte? Non att.entiarno risposta alla domanda nè da Turati, nè da Bissolati. + E come si potrebbe negare l'utilità del regime monarchico? - I monarchic·i italiani si danno bel tempo a proposito della tragedia portoghese e segnalano i berrnfizi della monarchia nella tranquillità colla quale è avvenuta la trasmissione del potere da Dom Carlos a Dom Manuel. Si sa: Morto il Rei Viva il Rei Ma di grazia: la stessa tranquillità non regnò negli Stati Uniti e in Francia quando vennero assassinati Lincoln e Carnot? • Il vero carattere del regime monarchico sta in questo episodio rhe gli stessi monarchici non commentano. Quando la Corte portoghese si decise a cacciare il Dittatore Franco ed a rinnegarne l'opera liberticida, Dom Manuel si presentò al Consiglio di Stato e per accaparrarsi la simpatia e la pietà dei suoi membri preso da viva emozione - emozione preparata in anticipazione - disse: e ancora senza esperienza e senza scienza politica mi pongo nelle vostre mani e conto sul vosfro patt?-fottismo e sulla vostra saviezza > • Dunque lo Stato in Portogallo - come altrove - si regge non per la scienza e l'esperienza del Re, ma per la ~rnviezza degli alfri. Non è questa la prova pratica ed evidente della inutilità completa del Re? + Per la perequazione degli stipendi. - L' articolo del ~ig. Canì 0i ha procurato delle rettifiche, quasi mai scompagnate da lodi per la chiarezza ed equanimità dello scritto. Una protesta cortese ci è venuta dall'egregio sig. Nostini da Rimini. Egli rileva - ed a noi sembra, che abbia ragione - non essere esatto che gl' ispettori demaniali siano tra i fouzioLari privilegiati. Ritiene errata la percentuale degli Ispettori a L. 6000 ..rispetto agli altri fonzionari e specialmente nei rapporti tra Ispettori delle imposte e Ricevitori del Registro; ed avverte che tnentre il m.ini1uoi:,tipendio degli Ispetto1·i del Registro è di L. 4,500, quello degli fapettori del Demanio è di L. 3,500 nel µrogetto Giolitti. Ma questo ed altri errori che potrebbero essere rilevati da altri sono una inevitabile conseguenza della difficoltà enorme della quistione + L'Italia nella politica Austriaca. - LA. Hituazione del barone Aherenthal che pareva così forte, il giorno stesso della lettura delle sue dichiarazioni alle Delegazioni (27 Gennaio p. p.) sembra ora assai ::-cossa e principalmente per opera dei clericali; i q11ali mal digeriscono le parole dello A herenthal a proposito dell'Italia, e degli Ungheresi; questi. poi, appunto nelle dichiarazioni, hanno trovato di che ridire a proposito dei confini doganali anstro-11ogarici. E' la famosa vecP-hia questione della autonomia che gli ungheresi vorrebbero fosse loro riconosciuta e che lo Aherentbal respinge energicamente. Naturalmente ad accendere le ire dei clericali è venuto anche il discorso del deputato K1·amarz, sostenitore alle Delegazioni Ungheresi della politica. dello Aherenthal, il quale ha dichiarato che la. politica austriaca è e deve rimanere estranea ed insensibile ad ogni ingerenza del Vaticano. Questa affermazione rinsaldata dalle dichiarazioni del deputato sociali:-;ta Italiano Fittoni, il quale ha affermato che tutto la popolazione italiana soggetta ali' Austria è lieta del riavvicinamento sincero dei due paesi, non è del gusto dei clericali austriaci i quali prendono la parola d' ordine dal Vaticano. E per il Vaticano le dichiarazioni dello Aherenthal sono un po' indigeste. Avere lavorato accauitamen'te a mantenere ed acnire il dissenso fra i due paesi; avere sperato che questo dissenso preparasse la rovina dell'Italia, ed un ritorno ad un'antico stato di cose; avere sfruttato abilmente ogni agitazione per rendere sempre più sospettosa l'Austria a proposito della fedeltà dell'Italia, eppoi sentire il ministro d,,gli estPri A ust.ro-unga.rico venire a dichiarare che le relazioni sono ottirue e che i piccoli malintesi e le nubi che c' erano un tempo sono dissipati, vedere in un discorso rovinare un' edificio µenosamente architettato; è 1rn po' amaro. Ma il fatto è così. Forse il lavorio dei clericali riuscirà a sbalzare via lo Aherentbal ma le loro speranze, orma.i , possono rassegnarsi a dormire il sonno dei giusti. Ed è bene che sia cosi. U Italia non ha bisogno, nè desiderio di guerra; e se le necessità politiche le impongono di non essere militarmente debole, è logico, giusto e bene che questa necessità sia compresa dagli alleati, e da loro considerata un dovere non solo dell' Italia verso se stessa e per la sua sicurezza, ma anche a vantaggio degli alleati. Nell'ora della necessità un amico povero ed un alleato debole sono inutili, quando non sono dannosi. E questo è, in fondo, il senso buono delle dichiarazioni dello Aherenthal su l'Italia. L' Italia, nella politica austro-ungarica, non è più l'incognita dubbiosa, e della quale ogni movimento deve essere sospetto. L'Italia ha. interessi nell'Adriatico e li deve garantire e proteggere; e deve - quando che sia - poterli difendere: logico dunque e oaturale che l'Italia fortifichi le sue coste Adriatiche; logico e giusto ch'essa costruisca delle navi proprio con l'obiettivo della difesa di quelli interessi. Lo Aherenthal si è cooipiacinto di constatare che il sentjmento irredentista si è andato affievolendo in Italia. Queste è, forse, un punto di vista troppo roseo. Certo le manifestazioni in piazza non si fanno pitì: si grida per \a via, molto meno di un tempo, il e Viva Trento e Trieste~; si è finito per comprendere che

RIVISTA POPOLARb 59 fì ncbè dara lo statn q·uo SH rebbe assurdo pensare ad altro che a fare forte ed economicamente rigoglioso il _nostro paese E ciò nou ostante la balorda e iniqua e illegale ostinazione del Ministro della pubblica istruzione Marchet nel rifiuto di dare agli Italiani la loro Universit~ a Trie:3te. La proposta di creare una facoltà ~in ridica italiana ....a Vienna non p11 ò che rinfocolare il risentimento degli Italiani. Perciò le dichiarazioni dello Aherenthal possono dispiacere, dispiacciouo anzi, al Vaticano; ma noi le troviamo opportune e buone per il nostro paese. + L' lnghllterra e le sue colonie. - Mentre l'Anstralitt. con la nuova legge della istruzione militare ai giovani dai dodici A.idiciotti anni, e l'obbligo a tutti i cittadini dai diciotto a ventisei anni di far parte della guardia nazionale, prepara la sua armata che fra otto anni sarà forte rìi 214000 uomini perfettamente ist.ruiti ed allenati, l' [nCYhdtena rifiuta di ,., accordare l'autonomia ali' Egitto ed ali' India; rifiuta cioè di farne colonie libere come lo sono, il Canadà, l'Australia, la Nuova Zelanda. A proposito del!' P-mendamento chiedente la riforma costi_t:1zion~le pei: l'E~itto Sir Eduard Grey, ministro degli esteri, ha r18posto che la concessione non avrebbe altro resultato che di far nascere la corruzione il disordine e l'oppressione ià. dove ora regnano il' benes8ere, l'onestà e la pace. Bisogna. riconoscere che la tntela del!' Inghilterra no_n è sta~a dannosa, nè oppressiva per l'Egitto; anzi gh Inglesi hanno saputo svilupparne e farne fruttare le meravigliose risorse. Non si può dire altrettanto dell'India. • Rispondendo al Dr. Ruterford che chiedeva l'auto. nomia. per l'India, e faceva capire che se non l'otterranno gli Indiani faranno, fra breve, una rivoluzione ! ohn Morley, segretario per l'India ba dichiarato che il rnorr:ento non è opportuno e che e applicare ad una ~omumtà come l'Indi~ i sistemi di reggimento in uso m Europa sarebbe, più che un eJTore un delitto ,,. L'11gitazion~ che era si viva p0co 'tempo fa tende ora a calmars1, questo e vero; ma ciò che il Morley no!1 h:L detto è che le cause che produssero qt1esta ag1taz1one non sono state eliminate; prima frR- tutte lo sfruttamento esoso che l'Inghilterra fa del!' India· e poi il risorgere della coscienza nazionale che d~ qualche se~olo era assolutamente assopita negli Indiani: ora _aquesti due coefficienti di rivolta male ::,iprovvede; anzi al secondo non si provvede che concedendo l'autonomia; quell' Home Rule che, vana'.Ilente da tanto tempo chiedono e non ottengono gli Irlandesi, e che ora, a loro volta, vogliono ottenere gli Indiani. Senza d11bbio chiunque conoflce un po' l'India ed è al corrente delle rivalità di razza delle ambizioni dei vari Rajah, delle incompatibilità di vita e di governo comune_ ~be fanno nemici fra loro i va.rii popoli, e le molteplici caste che occupano il suolo indiano troverà che in ciò che ha detto il Morley c'è un fondo assai solido di verità; ma -giustizia vuole altresi che sia detto che su 1000 impiegati ce ne sono soltanto 96 Indiani; il resto sono Inglesi; che ogni anno emigrano dall'India per l'Iugbilterra, senza speranza. di ritorno, senza compenso, e senza vantaggio per l'India 30 milioni di sterline cioè 750 milioni di franchi· che l'Inghilterra votò - per domare la rivolta del 56 - i granai stabiliti e mantenuti dai diversi Rajah per f~r !ront_e ~li~ c~res~i~ - ~ non si è mai data la pena d1 r1formrli: e grnst1z1a d1re che se l'India fosse amministrata con la sapienza e la onestà con le qua.li è stato amministrato l'Egitto, forse il pericolo della rivoluzione, denunciato dal Ruterford sarebbe eliminato. E, del resto, di ciò bisognerà che gli Inglesi si perRuadano - e presto se non voo-liono perdere l'India - '"" ' l'autonomia dovrà essere concessa. all'India: hisognerà che sia trovato il modo per metterla su la medesima linea delle altre colonie Inglesi: e allora , veramente, l' Inghilterra potrà dire di possedere in pace un pae1:;e che le sarà fedele. + Il nuovo . (< Messaggio >> di Roose-welt. - Il Presidente degli Stati Uniti, appartenente al partito repn bblicauo ed eletto da questo, sembra di vertirsi, ora, a buttar sassi in colombaiH.. I democratici esultano per la pubblicazione del Messaggio indirizzato da lui, testè, al Congresso. E non banno torto poichè, in verità, chi ne profitta direttamente, e ohi se ne gioverà nella attuale campagna presidenziale sono eHsi che si sono sempre mostrati R-vversi al trusts. Ma d'altra parte Roosewelt ha anche per se tutte le ragioni. Egli si è fatto, nella politica del suo paese e parte di sè stesso »; e parla ai suoi concittadini con la serenità e la forza di colui cbe nulla oiù si a:;petta e che perciò nulla tema. Perchè dunqn~ il partito repubblicano si è fatto esso ligio ai grandi filibustieri della finanza e della industria? Dopo l'aspra campagna contro i Trust, che fruttò alla Standa1·d oil Company parecchi milioni di franchi di mnlta; dopo le Aevere proteste di Roosewelt su la legislazione dei 1rust; nessuno si aspettava che il Presidente volesse rincarare la dose delle parole e delle miuaccie Vero ch'egli vi è stato trascinato, direm' cosi, per i capelli dalla stampa a servizio dei Trust; stampa che ha lanciato contro il governo le più violenti accuse. Roosewelt ba dunque sentito la necessità di parlare ancora più chiaro· e di dichial'are che questa lotta intrapresa da lui e dal governo contro i 1,rust non è soltanto o principalmente una lotta politica; ma bensì una lotta morale, doverosa per nomini dai quali dipende il benessere, la pace, l'avvenire d'un paese. Nel ., Messaggio» egli presenta alcune nuove leggi, e dichiara che quelle già votate devono essere rinforzatt', e che alla loro esecuzione deve esser data la massima cura. Bisogna che coloro che posseggono sappiano e sentano che la pro11rietà non conferisce soltanto diritti 1 ma anche doveri; e cLe, per conseguenza colui che i s11oi doveri non adempie dovrebbe essere spogliato della sua ricchezza e vantaggio dello Stato Egli propone di conferire maggiori poteri alla InterState-Commerce-Commission (la Commissione creatf\ appunto molto tempo fa, nell'intento di frenare le spe• c11lazioni ferrovie dei trusts) di modo che essa possa colpire sicuramente e rapidamente gli speculatori disonesti i quali non sono affatto migliori dei giocatori d'fizzardo, degli scommettitori alle corse: sono moralmente altrettanto corrotti; politicamente più pericolosi perchè l'opera loro dai mercati ove si esercita, si riflette nei paesi che ne risentono l'influenza. La corruzione finanziaria è perniciosissima e deve essere condannata da ogni onesto uomo. e L' alleanza di corrotti uomini d'affari; con capi di operai corr~tti essi pure, agisce e reagisce con una terribile influenza deleteria su ie sorti del paese, e la politica che esce da queste alleanze e da questi accordi è tale che ogni onesto Americano deve desiderare vi sia messo fine >. E' stato affermato che la passata crisi finanziaria è stata provocata dall'opera del goveruo contro i Trusts; questo non è vero: ma foss' anche non è una ragione perchè non si debba porre rimedio al ruale: sarebbe anzi una ragione per dimostrare che bisogna agire con energia e rapidità contro queste potenti organiz• zazioni che possono mettere e mettono in pericolo la sicurezza e il credito dello Stato. Bisogna trovare il modo di conoscere il valore reale delle ferrovie, e vedere s'essa collima con le dichiarazioni delle compagnie che le possiejono, bisogna stabilil'e leggi su gli infortuui sul lavoro, sul controllo dei dividendi, contro l' impiego del telegrafo e del telefono nei giochi di

60 RIVISTA POPOLARE Borsa: bisogna che lo Stato intervenga ad impedire coalizioni disoneste e dannose come quel la cha, fino a poco tempo fa, imperò a San Francisco; alleanze fra capi di Tntst e capi di organizzazioni operaie intese a stabilire ed affermare la tirannia del capitale : potenze di Trusts che pos~ono creare disastrosi krack finanziari, affari rovinosi come quelli di Chicago e della Alton, truffe colossali come q11elladella ferrovia « Atchinson-Topeka-Santa Fe, della quale la Standard Oil si dichiarò ignara ed innocente mentre una lettera del direttore della Atchinson all'avvocato della medesima compagnia afferma che i contratti dell'una erano noti all'altra. E finalmente il Presidente dichiara che non è possibile che un popolo voglia sopportare di essere sfruttato e indirettamente governato da pochi corrotti uomini di :finanza i quali comprando alcune coscienze e qualche giornale s'immaginano di poter comandare e possedere il Paese iutiero. Gli Stati ed il Governo hanno in questa faccenda, nettamente tracciato il loro dovere: e il Governo lo adempirà iutiero votando le leggi che il Presidente propone e vegliando a che sieno eseguite e rispettate, o gli Stati faranno da se quando bene, quando male; ma faranno. La nazione deve liberarsi dei vampiri che ne impediscono il libero ascendere e la corrompono s·.techiandole il meglio della sua ricchezza, e si libererà: e se prezzo della liberazione dovranno essere le crisi finanziarie provocate ad arte, ebbene si affronteranno queste crisi per il bene ultimo dello Stato. Questa la sostanza del Messaggio; ma ciò che lo rende anche più significativo e grave è la forma nella quale è redatto. Roosewelt è noto per parlare con una franchezza tutta Americana: ma questa volta egli è state estremamente duro. Si direbbe ch'egli ha voluto far sentire, anche nella maniera di esprimersi, che i Trusts non lo hanno spaventato; e che in questa terribile lotta ingaggiata da lui contro i plutocrati degli Stati Uniti, egli ed il suo Governo sono decisi ad andare fino in fondo. Qualche giornale, arguendo dalla gioia dei democratici e dall'ira dei repubblicani provocate dal « Messaggio • afferma cbe la elezione di Taft, candidato del partito repubblicano e di Roosewelt, è seriamente compromessa. Non è esatto. Schierandosi contro i Trusts Roosewelt attira a se i democratici, e Taft non perde i voti di quei repubblicani che non sono legati agli interessi dei Trusts - e sono ancora la maggioranza - e che pensano che gli Stati Uniti non devono diventare il fondo ?i P~?h_i,.ma_gnatiarricchitisi con tutte le malearti chA la nnanza sa escogitare. Si deve anche aggiungere che contro Bryan, il candidato dei democratici, sta il ricordo dei suoi precedenti :fiaschi; ricordo, che gli toglie ogni prestigio. + Austria, Russia e Turchia ne i Balcani.- Se fossimo deo·li allarmi8ti e ci compiacessimo in n d . vani atteggiamenti eroici, non avremmo che a npetere, o presso a poco, le parole di alcuni giornali russi e qualche giudizio troppo pessimista di giornali inglesi ed affermare, a nostra voi ta, l'opinione che la guerra è vicina. Tanto più che ragioni politiche per provocarla non mancano alla Russia ed all'Austria per gettarvisi a corpo perduto. Ma noi siamo convinti che il temporale si dissiperà senza scaricarsi su l'Europa, almeno per ora. Certameu te la situazione non è delle più chiare, o si va facendo via via più oscura. Il richiamo, dopo le dichiarazioni dello Ahrenthal alle Delegazioni su la q uostione Balcanica, del principe Ourusoff, ·ai:ribasciatore Russo a VienLa, ha fatto parlare assai, tanto più che nelle sue d ichiar3:zioni . lo Aherenth_al ha espresso chiaramente il pensiero d1 una predommanza austriaca nei Balcani - Predominanza che nè Russia, nè Turchia possono vedere di buon occhio per due ragioni che sono diametralment,e diverse, ma egualmente valide. E supponiamo malcontenta la Turchia : quantunque si assicuri che il Sultano, anche per istigazione della Germania, abbia accordato il decreto favorevole alla costruzione delle annunziate ferrovie; annunzio che ha suscitato il malumore della Russia e che non può fare gran piacere a noi. Il trattato di Murzste~, firmato dalle principali potenze europee, a proposito e· per la integrità degli stati balcanici del sud, sembra avere esaurito tutta la sua influenza. La Russia, chiusale ormai ogni possibilità commerciale e poJitica nel Pacifico, è obbligata a ritornare ai suoi antichi sogni: l'India e le provincie Balcaniche. Per l' India l'osso è un po' duro da rodere e quindi il trattato anglo-russo è stato un atto di buona politica dalle due parti ; per i Balcani la. faccenda pare diversa. Le dichiarazioni dello Aherenthal a. proposito della ferrovia Uvac-Mitrovitza ha messo in orgasmo la Cancelleria dello Tsar, e la notizia che la Turchia hà gia fatto buon viso alla proposta austriaca, o che, anzi, l' ha gia accettata è stata la pietra dello scandalo. Certamente questa linea ferroviaria che per il suo tracciato interesserebbe non solo la Turchia; ma con le sue diramazioni favorirebbe enormemente il traffico Austriaco con la Grecia - Via Salonicco Pireo-mette la Russia in una assai spiacevole situazioue : le preclude, quasi ogni possibilità di libero e diretto traffico con i vilajet macedolli col Mediterraneo, certamente le chiude la via più breve all'Egitto ed all'India, poichè la nuova linea proposta dall'Austria: Vienna, Budapest-Serajevo-Atene-Pireo è la più breve linea che mette in comunicazione l'Europa centra le col Mediterraneo. E non solo ma tntto il commercio dei paesi Balcanici sarà nelle mani dell'Austria per le diramazioni Larissa-Platamona; per il troneo attraverso il sangiaccato di Novi Bazar, e l'allacciamento della linea Salonicco - Uskub alla linea Uvac-Mitrovitza. lnde irae. Maturalmente la Serbia 1 la Bulgaria, il Montenegro, che sognavano una linea Antivari- Cettigne-Mitrovitza -i trovano a fianco alla Russia nel trovare dannoso ai loro interessi la linea proposta da.li' A11stria ; non così la Turchia µerò, la quale nelle rivalità delle potenze Europee trova la possibilita della sua esistenzaIntanto bisogna notare due fatti sintomatici: il primo che Lord Fitz.maurice sottosegretario inglese per gli esteri ha dichiarato pubblicamente che l' Inghilterra intende che sia messo fine, una buona volta, al massacro dei cristiani in Macedonia: il secondo che la Turchia ammassa le sue truppe alla frontiera Russa, e mobilizza i suoi soldati di riserva dell'Asia Minore. La guerra, assai probabilmente, non si farà; anche perché la Russia si è procurato l'appoggio dall'Inghilterra a proposito della questione Balcanica; ma ciò che è certo, è che, finora, non sembra che l' Italia possa o-uadagnare qualche cosa nei Balcani; e non opponga ~essuna attività, alla. attività A11striaca, e dietro le quinte Germanica, che tende a conferire a.Il'Austria ed a.Ila Germania l'egemonia nei Baloani, egemonia che se danneggerebbe la Russia in modo irrimediabile sarebbe, sia pure in misura minore, dannosa anche agli interessi ed alla sicurezza del nostro paese. Nen bisogna dimenticarlo: per la via dei Balcani e della Greci~ è facilissimo dominare e chiudere il Mediterraneo orientale e la via al Mar Rosso. NOI Dirigere lettere e vaglia al Dott. Napoleone Colajanni, Corso Vittorio Emmanuele 115. Napoli.

RIVISTA POPOLARE 61 IjA TRAGEDIA PORT()GHESE Sarebbe assolutamente inutile e potremmo anche essere sospettati d' ipocrisia se manifestassimo troppo ca- .lorosarnente tutta la nostra indignazione per l'ultimo Tegicidio, di cui la stampa quotidiana si è largamente occ11pata e che ha ampiamente commentato. Nulla si sa del principe ereditario ucciso. Se fosse vero ciò che ora si narra e cioè che egli si sia vi vamen te opposto alla scelta ed al mantenimento al potere del dittatore Franco non poca simpatia di popolo dovrebbe seguirlo. Ma del resto nulla di eccezionale in ciò: Luigi Filippo di Portogallo avrebbe continuato il mestiere di tutti, o quasi, i principi ereditari. I quali , pare che ci tengano a stare in opposizione col Re regnante. Che dire di Re Carlo? Non potremmo ripetere se non ciò che scrivemmo altra volta di lui, quando non c'era alcun sospetto sulla fine tragica, che l'a.ttendeva. Egli era il vero tipo del cochon in graisse. Ora che è morto si cercano di mettere in evidenza i suoi gusti artistici; e la volgarità delle passioni e delle abitudini si cerca di gabellare come passione dello spo,rt Ma i porci da ing1·assare che avevano tutto il disprezzo di Napo leone I erano i Re costituzionali, che regnano ma non governano, esteriormente rispettosi della costituzione. Carlo di Braganza, in vece, negli ultimi tempi volle spiega.re la sua azione anticostituzionale brutalmente, apertamente. Volle essere porco; ma volle regnare e governare nel modo più assoluto. Si afferma, anzi che la ragione precipua che lo indusse a manomettere la costituzione vada ricercata nella critica severa che i deputati repub_blicani di Lisbona fecero alle sue troppo frequenti richieste di anticipazioni al tesoro dello Stato per coltivare i suoi sp01·ts. Noi non dobbiamo ragion~ per mutare il giudizio dato altra volta piuttosto avverso agli uomini che nel Portogallo si disptt tavano il potere per ambizioni personali e per interessi loschi; continuiamo, anzi a ritenere che il mondo politico portoghese sia corrotto. I soli repubblicani crediamo che facciano eccezione alla regola ; nè si sospetti che la passione politica si su~- gerisca di ammettere questa 6ccezione: egli è che tra i molti gioruali che abbiamo letto, e di ogni colore, solo contro i repubblicani non abbiamo trovato parole severe e ricordati atti riprovevoli. Ma non abbiamo alcun motivo per attenuare di una linea la responsabilità del fu Re di Portogallo, che non può essere diyenuto un galantuomo ed un re degno di rispetto, anche da parte dei repubblicani, solo perchè è stato assassinato. E l'ultimo atto di Re Carlo, che forse decise dalla sua sorte, fu veramente degno di severa punizione. Egli infatti con un recentissimo decreto soppresse gli ultimi avanzi d1 libertà dando effetto retroattivo ad una misura per la quale i reati politici vennero sottratti al giudizio della magistratura ordinaria. Pel suo dispotismo non ci sono attenuanti; ci sono invece delle aggravanti nel fatto che Edoardo d' Inghilterra, il tutore di fatto del Portogallo, lo aveva fatto avvertire dei pericoli gravi, ai quali esponeva sè stesso e il paese battendo una strada , che non aveva uscita legale; e l'avvertimento era stato comunicato dall'ambasciatore po~rtoghese in Londra, Marchese Da Soveral, come narra il corrispondente del Corriere della Sera (3 Febbraio) ( 1). Ce ne sono in vec~ pei regicidi, che hanno pagato colla vita il fanatismo politico che li sospinse all'assassinio del Re e del Priucipe ereditario. E su questo siamo lieti di constatare che nella stampa italiana, c' è una concordia raramente vista, rotta soltanto dalla indiguazione a freddo di alcuni conservatori e dell'organo ufficioso del Vaticano. La Corrispon-· denza romana, infatti , sarebbe stl¼ta la sola, se non si fosse trovata in compagnia del signor Guelfo Civinini del Corriere della Set·a, a giustificare l'opera. del Dittatore Franco e del Re che se ne serviva. Ma nel resto della stampa se si sono scritte molte parole di pietà e di commiserazione per la Regina Madre e per la Regina vedova - degne davvero di pietà ed anche di ammirazione - non ce ne sono state a difesa del despota coronato e del suo miuistro, che in ultimo ha dato prova anche di rara vigliaccheria. Rastignac nella T,ribima più giustamente e più sinteticamente degli altri ha espresso il giudizio sullé responsabilità dell'ucciso e degli uccisori. Egli si domanda « vendetta o giustizia? perchè: chi < era il ribelle, fra il Re ed il popolo ? > (< In questa lotta il giudizio non può élipenden:-come, del t( resto ld responsabilità - che dall'alto provocatore che la (( inizia e la rende possibile >>. « Donde partì l' atto provocatore, nel Portogallo? Dal Re (t evidentemente - e, quel che è peggio per un interesse tutto « suo personale, non per un fine politico ». I( Non si è mai visto nella storia un più grande sforzo per (< un più misero fine: eccitare il disordine nel paese per ten- « tare di mettere un po' d'ordine nel proprio bilancio: abo · « lire una costituzione, per non abolire una pietanza nel pranzo: <t fare una rivoluzione, insomma. per dare un acconto ai ere- ((d1tori propri e ottenere un rinuovo a11e cambiali. Questo (( Re che distruggeva il bollettino delle leggi per paura del (( bollettino dei protesti, non era forse più degno di una casa I( di correzione, che di una esecuzione? Ma pur troppo, il I( minorenne, che si era scelto un tutore nel Dittatore, volle (( seguitare a fare il tiranno sotto fallimento - senza ac- (< corgcrsi che, intanto, dalle vie, dalle case, dalle officine, dai (< campi sorgeva un creditore assai più formidabile di quelli (< che il ~ignor Franco tentava di tacitargli: un creditore che « non accetta dilazioni alle scadenze e non ammette rinvii (t alle sentenze: un creditore inesorabile come la morte, quando (( si presenta a chiedervi conto del potere che vi ha dato in « consegna, dell'autorità che -vi ha conferi,a, della forza che ((vi ha affidato, Il grosso discendente dei Coburgo e de i (( Braganza aveva troppo fatto il figliuol prodigo dell' altrui ((più che del suo bene - ed era fatale che nella sua prodi- << galità perdesse alla fine ingloriosamente la corona e la • I • vita ..... . (< E triste dover dire, dinanzi a una così tragica fine, che (da responsabilità del delitto, prima che negli assassini è nella «vittima. Ma non si fa l'apologia del regicidio quando si dice ( r) I giornali inglesi si so~o. ~~rettati a sm~~tire qu~sti con· sigli per non destare suscett_1b1l1ta- tanto pm _che 11Portogallo viene considerato come un feudo dell'Inghilterra. Ma la smentita trova tutti scettici.

62 RIVISTA POPOLARE «che gli ulLimi discendenti di Bruto avevano qualche ragione ((per eseguire la condanna di morte contro il re fedifrago, « anche se alcuni vogliano pensare che prima della condanna (( ci possa essere l'esperimento della deposizione, dato che ci « siano i mezzi per attuarla e che la passione politica dia il 11 modo di stabilire una graduatoria tra la deposizione e la 11 morte; - t:, del resto, non si può nel delitto politico por- (( tare un criterio diverso di quello che si porta nel giudizio ~ di un delitto comune, quando l'uno e l'altro sono l'effetto 1< di una lunga ed insensata e non mai interrotta provocazione». Abbiamo voluto gitidicare di Re Carlo colle parole •di un monarchico a.ffincbè nessuno possa sospettare che la passione ~,olitica ci faccia velo allatnente. Noi vorremmo soltanto domandare a Rastignac: crede che sarebbe stato µossibi le procedere alla deposizione?· Per qnesta occorre 1tna rivoluzione col concorso attivo di un popolo - rivolu_zione che oggi non può trionfare senza il consellso delle truppe; pel regicidio basta il coraggio di pochi - e in questo caso pare che il regicida sia stato un solo: il Bui ca - e la passi va cooperazione della collettività. A Lisbona certamente questa ci fo. Che ci sia stata questa cooperazione passiva risnlta all'evidenza dalla soddisfazione che banno ma nifestato gli abitanti di Lisbona - con grave scandalo dei monarchici europei - per l'avvenuta tragedia; soddisfazione, che non nascosero nemmeno durante i funerali. A Rastignac pel suo onesto e coraggioso giudizio sono capitate delle insolenze dai reazionari ; ma non c'era da sorprendersene, nè da addolorarsene. Ci dispiflce, però, che egli quasi per giustificarsi in un altro articolo abbia invocato l'autorità di S. Agosti110 in favore del regicidio. S. Agostino non è autorità bnona pei nostri tempi - dopo circa 1500 anni dalla sua morte; se mai c'erano cattolici illustri più recenti che lodarono il regicidio, tra i quali, S. Tommaso; e c'erano i cattolici che avevano praticato il regicidio ad onore B gloria del cattolicismo. Un indice, del resto, del modo come sia stato giudicato l'assassinio del Re di Portogallu lo troviamo nella fiera protesta dei socialisti e dei repubblicani nel consiglio comunale di Roma contro il telegramma inopportuno del Sindaco N atlian; e sopratut,to dall'accoglienza eccezionalmente calma che la Camera dei deputati fece alla garbatissima protesta di ·Eugenio Chiesa contro l'altro telegramma del Presidente Marcora. Tutti i Santini di Montecitorio l' avrebbero accoppato se la coscienza pubblica non avesse già accordato tutte le attenuante -ai regicidi. + E ora? avremo la rivoluzione seguita dalla repubblica? Una rivoluzione Miq nelista è una ipotesi semplicemente ridicola. 11 nuovo re Manuel aveva cominciato in modo da accelerare gli eventi. Qt1el suo proclama iniziale del regno conteneva 11naironia stupida ed una provocazione bestiale. Esso diceva: Gium di osservare e fare osser vm·e la costitttzione politica della nazione; dichiaro, a'llche che mi piace di mantenere i ministri attuali ..... Ma non era questa Ja provoca~io110µer ,m altro regicidio? Si rapisce che qae:;to primo atto di Re Man11el si deve attribuire~ quel dittatore Fra1rno, contro il quale, desolati e adirati, si dice, che &i siano subito scagliati il fratello di Re Carlo e la sua vedova, ritenendolo come il responsabile vero della tragedia. Ma poco dopo si venne a miglior con:-;iglio. Franco non piacque più al Regattolo e fu cacciato; la rostituzione venne ristabilita; forouo liberati i detenuti µolitici; si permise la pubblicazione dei giornali soppressi furono biasimati dallo st,esso Re figlio i procedimenti finanziari del Re ucciso..... Insomma si fece tntto quello che si doveva fare per evitare il regicidio : si tornò alla legalità ed al rispetto della costituzione. Sicchè, tenendo conto di questi buoni risultati si potrebbe dire che questo sia stato il primo, il solo regicidio che abbia raggi unto Jo scopo e che sia stato politicamente utile. Continuerà nel Portogallo il regime della legalità? Avremo la rivoluzione e la repubblica? I più eminenti rep:1bblicani, che non erano in carcere ma in esilio, come il nostro amico e collaboratore .Magalhaes-Lima, Machado; Albuquerque ecc. dichiararono che il partito repubblicano non è responsabile del regicidio, ma che quei;ito !Jresto o tardi cond11rrà alla repubblica per evoluzione alla brasiliana. Noi non siamo cosi ottimisti, perchè crediamo che le condizioni del popolo portogheae moralmente, economicamente e politicamente siano tra le più disgraziate. Il Portogallo non si può co11fondere colla borghesia e col popolo di Lisbona e di Oporto e coi pochi stud~nti di Coimbra. Ma se la repubblica, ora o fra g ualche anno, dovesse essere proclamata in Portogallo, noi non ::10!0 come re - pubblicani, rqa come amanti della ci vi! tà e del progresso sociale auguriamo che essa possa evitare gli erro1·i di quella sorta trentacinque anni or sono in Ispagna e in t ircostanza molto analoghe a quelle che si svolgerebbero nella patria di Vai:,co di Gama. La Rivista Riproduciamo dal Secolo di Milano la scena drammatica dalle espulsione dal Parlamento dei deputati repubblicani, che segnò il primo passo sulla via del dispotismo di l!-,rnnco. « La seduta del lunedì, 19 Nov\j111bre 1907, alla Camera portoghese passerà alla storia perchè da un secolo in poi non si è mai registrato 11n fatto simile negli annali parlamentari d'Europa. Ciò che è 811ccesso qui, fa passare in secouda liuea l'e8pulsione del d8putato Manuel, e richiama alla. memoria, le srene del la Convenzione e della Legislativa. I telegrammi, orribilmente mutilati, non hanno dato che ragguagli vaghi e confusi del fatto. Ecco come stanno le co:;e: Due deputati repubblicani sono stati espulsi con la forza delle baionette e i soldati, che rispettosamente effett11arono l'espulsione, si trovarono perplessi alcuni istanti, quando uno di quei deputati, fermo al suo stallo, li arringò esortandoli a proc,;larnare, lì, sui due

RIVISTA POPOLARE 63 piedi, la .RepubLliea, antepuuendo il dovere dell.i coscienza al dovere della disciplina. La minoranza repubblicana in questa Camera è di quattro membri, ma essi, non patteggiando cou gli avversari, ed essendo tutti di una speccbiata probità, fanno del lavoro per quattrocento. Si discuteva la riforma della legge di contabilità pubblica. Prese la parola il repubblicano Alfonso Costa: denunciò le confusioni che esistevano in tale riforma, ed esigette che tutti, alti e bassi, presentassero i loro rendiconti. e Il re, disse, ba dichiarato alla Società Geografica che vi. è necessità di un'amministrazione onesta. Ebbene dia per primo l'esempio il re stesso, che non ha ancora pagato al paese le anticipazioni fattegli dal Tesoro sulla sua lista civile ,. . Intervenne il presidente, avvertendo il depu_tato che non era lecito parlare del re; ma il Costa, impassibile, continuò il suo discorso. * - Si deve dare conto chiaramente e subito di queste anticipazioni. E quando tutto sarà liquidato, capitale e interes~i, i galantuomini dovranno dire al monarca che fece ciò: adesso, signore, andatevene dal Portogallo , per non obbligarci , seconda la legge a mettervi in carcere •. Si scatenò allora un tumulto terribile. Il presidente e Ja maggioranza, sul le furie, in vi tarono Costa a riti_ rare Ia frase, ma questi invece soggiunse ad alta voce: « Luigi XVI aveva fatt0 meno abusi del signor Don Carlos, eppuro la s11a. testa rotolò dalla ghigliottina ,. . Da q11el momento la confusione divenne caos. La maggioranza, in pifldi, nrlava da ossesso; le tribune applaudi v1rno, e il presidente le fece vuotare. Il presidente decretò l'e-Jpulsione del Costa, uscendo dai limiti del Regolamento, e allora, inv,3ce dei quattro depntati repubblicani, protestarono i con!Servat,)ri dissident,i. Per espellere prima il pubblico, poi il deputato Costa fu chiamata la forza armata. Un plot011edi cacciatori, al comando di un capitano·, sale alle tribune. Il capitano, che riceve ordine verbale di sgombrare, dichiara ca! :no e cortese che non lo farà se non dietro ordine scritto del presidente. Mentre vanno a cercare la lettera, il capitano CO· manda: Fissi! e i soldati si allineano immobili. Quando arriva l'ordine, il ca.vitano lo legge attentamente e si dispone a compierlo, ma intanto h gente ba abbandonato le tribune. Allora si chi~de al capitano che entri nel l'aula della seduta e stn1 ppi dal suo sca11no il deputato ribelle. Il Costa, tranquillo e circondato dai suoi tre colleghi vedendo i soldati li arringa: Soldati, voi sapete che non avete diritto di mettere la mano sopra un rappresentante della nazione! Antonio de Almeida grida con voce tonante: e Soldati ricordatevi che siete cittadini, e quì, davanti a questo affronto e a queste ignominie , proclamate la Repubblica. Scen.di1:1,moin piazza, e voi con altri soldati, io colla voce, a.ttraver.:iando la città, riscatteremo la dignità della patria e la libertà del popolo >. Alfonso Costa esce accompagnato dai suoi tre amici e da varii deputati di Sinistra cbe si associano alla sua causa. Dietro marciano i soldati gravi e siienziosi, ed à accompagnato a casa sua. Frattanto la Camera si aduna e il presidente J uan Franco stigmatizza gli e sfruttatori del popolo >. L' Almeida, con voce tonante pronunzia una filippica contro la monarchia e termina dicendo che al momento in cui arriverà la libertà e sulla nave dell'ostracismo vilipeso e disprezzato, partirà il signor Don Carlos, questo delinq nente reale che non ha saputo nè onorare uè amare un paese che lo tollerò tanto tempo con mansuetudine cosi mal ricambiata ,. . L'effetto causato nella Camera fu cosi terribile, che il presidente non pensò di pronunziare la espulsione contro Costa. Riavutosi, la pronunziò contro il terzo deputato _repubblicano Braga che si era alzato per stigmatizzare il regime monarchico. Il casoRan-zDiiGiorgio OSSIA modernismo eantimodernismo nell'esereito (i) Il problema militare odierno è costituito da due grandi ordini d'interessi da tutelare e da soddisfare. Uno riguarda la saldezza della potenza militare d'Italia, l'altro riguarda gli interessi personali, le condizioni economiche e morali di una cospicua parte dell'ufficialità e dei sott' ufficiali. (2) Il primo si presta sovratutto alla discussione obiettiva e alla trattazione ampia e serena (bene s'intende, fino a che il bisogno dell'azione non si • impone). Il secondo invece è tale da rinfocolare fa. cilmente tutte le passioni e tutte le debolezze umane; e può anche dar luogo a dolorose sorprese, se manca ad esso l'opera di tutela e di provvidenza adeguata. Un uomo, seguendo le orme di un venerato Maestro, Nicola Marselli, si è assunto il compito, anzi la missione, di discutere il problema militare odierno, portarlo innanzi al tribunale della pubblica opinione ed invocarne la soluzione pronta e radicale: Fabio Ranzi. Egli che, per un decennio ed in collaborazione con altri valorosi scrittori (3), aveva sperimentata la insufficienza e la inefficacia dei libri, degli opuscoli e degli scritti sopra Riviste mensili e quindicinali , ritenne che, al suo fine e alle esi- ( r) Nel numero scorso della ".R__ivista avevamo annunziato che ci saremmo occupati del caso Ran 1 i Di Giorgio ; ed oggi precisaménte sotto questo titolo pubblichiamo un articolo -; ma non è il nostro. Ciò che pensiamo lo diremo nel prossimo numero. La nostra parola in quanto alla quistione personale potrà esst:re serena perchè se è vero che col Di Giorgio abbiamo avuto una vivace polemica, non è meno vero che noi lo riteniamo un ufficiale di grande va !ore morale pel quale sentiamo una grande simpatia; e nella quistione nazionale siamo forse più di accordo col Di Giorgio, che col Ranzi e col nostro ottimo Altariva; e per lo aspetto economico della medesima, infine, il nostro pensiero forse non riuscirà gradito a nessuno dei tre contendenti: nè al Di Giorgio , nè al Ranzi, nè all'Altariva. (2) Vedersi articolo sul u Prc.,blema militare n ne! fascicolo n. 1 corr. anno di questa Rivista. (3) Tenente Colonn. Domenico Guerrini , Generale Marazzi ed altri.

64 RIVISTA POPOLARE genze del caso, sf convenisse meglio un giornale ; e nel 1903 fondò, in Roma, il cc Pensiero militare » - divenuto « Pensiero di Roma >) e ridiventato « Pensiero militare • tuttora esistente. - Il Ranzi è uomo di cultura non comune, brillante e facondo oratore, vigoroso polemista. Nel decennio '92-1902, egli seppe meritarsi l'ammirazione ctegli uomini più illustri della gerarchia militare (Corsi Fantoni Zanelli S., Pittaluga, Pedotti, Marazzi); nonchè quella di Guglielmo Ferrero, suo contraddittore in una polemica sul «JMilitarismo >). Il Generale Corsi ebbe a scrivere del Rauzi che, dopo la bella difesa fatta da questo in pro dell'onore delle istituzioni militari, vilipese dal Ferrero, egli (il Corsi) lo vedeva « giganteggiare sulle nuove generazioni >) Ed il Ferrero ebbe a dichiarare che, se i Ranzi. negli eserciti odierni, fossero numerosi, egli si sarebbe convertito al militarismo. Di mente eletta, di tempra adamantina, il Ranzi en « Modernità militari >) nelle collezioni della sua Rivìst& cc armi e progresso J> e del suo giornale « Pensiero militare » nonchè in conferenze ed interviste, ha costantemente sostenuto la necessita di rinnovare l'esercito, avvicinandolo sempre più alla nazione, affinchè palpitasse con essa e ne traesse forza e guida a bene _adempiere la sua funzione sociale. Il programma che il Ranzi si propose iniziando la sua campagna giornalistica a favore dell'esercito riscosse l'approvazione dei migliori intelletti, che alle cose militari, s'interessavano. Ma, dure circostanze di fatto e toga di entusiasmo, .. non fecero valutare al Ranzi i mezzi di cui disponeva e le forze su le quali poteva contare. Il « Pensiero militare » sorse su la base degli abbonamenti degli ufficiali, specie di grado inferiore. ·Privo di redattori bene scelti e bene rimunerati, d'apprima offerse ospitalità, poi chiese, come alimento (non bastando l'opera del solo direttore) la . collaborazione degli ufficiali volenterosi. Poggiando su tali basi, il giornale doveva necessariamente finire col diventare principaimente l'organo del malcontento che, già fìn dallora, si agitava nelle caserme a cagione delle di~graziate condizioni di carriera degli ufficiali inferiori, e degli arretrati sistemi disciplinari in uso. Ad affrettare l'avvento di tale fenomeno, concorsero spiacevolissime circostanze, sorte tra il Ranzi e gli alti comandi gerarchici, a proposito della elezione del Consiglio direttivo della Società cooperativa fra ufficiali, chiamata cc Unione militare >), La lotta ebbe inizio da una vertenza personale tra il Ranzi, Capitano in posizione ausiliaria e capo del partito dei giovani, ed un Tenente Colonnello di Stato Maggiore, ritenuto come il rappresentante del partito del Comando. Il Tenente Colonnello, in pubblica assemblea di socì, attaccò violentemente il Ranzi nella sua fìgura morale, sia come giornalista, sia come capo del partito ( 1), Il Ranzi, che ,aveva sperimentata la ostilità dell'alta burocrazia militare a cagione della vivacità che veniva, man mano, assumendo la prosa del Pensiero, si credette vittima di mene sleali e gridò alla calunnia. Da allora ingaggiò una lotta a fondo contro lo Stato Maggiore, cui apparteneva l'accusatore e eh' egli riteneva come l'inspiratore e il respon- (I) Il Tenente Colonnello denunziò il Ranzi come fornicatore interessato, ed in segreto, con il partito del Comando a danno della massa di ufficiali che lo seguiva. Ciò che il Ranzi negò sdegnosamente. sabile vero di quelle mene; lotta che lo condusse alla perdita del grado di ufficiale (1). E' doveroso peraltro aggiungere che il Ranzi, anche dopo questa gravissima punizione subita, non perdette mai di vista l'aspetto tecnico politico; morale ed economico del problema militare. Era però naturale ed umano eh' egli, combattuto nella sua propaganda con una contrapropaganda di severità disciplinare poliziesca; smentito circa la esistenza di una grave quistione morale nell'esercito; offeso nell'amor proprio e persino nell' onore, mettesse da parte gli inciampi delle convenienze e dei riguardi formali e persino delle forme disciplinari e desse, alla sua campagna, quella vivacità ed irruenza valevoli, per un lato a stringergli d'attorno quanti in lui riponevano fede, da altro lato a mettere crudamente a nudo i termini del problema militare, specie le piaghe più pericolose che travagliano l'esercito, nello intento di mettere in guardia Paese e Parlamento contro il pietoso, sistematico inganno dei dirigenti militari (2). Tre anni di lotta vigorosa e possente hanno dato ragione al Ranzi: il Parlamento ed il Paese hanno finalmente compreso che l'esercito e le condizioni dei « quadri i) meritano, impongono l'attenzione e l'interessamento di loro, non meno della marina militare e mercantile, dell'emigrazione, delle condizioni economico sociali dei contadini del Mezzogiorno e dei minatori di Sardegna. Il Ranzi ha visto finalmente nominare una commissione d' in.:. chiesta per l' esercito ed un ministro borghese al dicastero della guerra; ed è riuscito, specie dalle grandi manovre del 1907 in qua, ad interessare vivamente al grave problema, il giornalismo italiano. ♦ Ma un opuscolo testè pubblicato da un distinto ufficiale di Stato maggiore, il Maggiore Antonio Di Giorgio (3) viene a turbare l'idillio tra il Ranzi ed il giornalismo che ne canta le lodi. Esso rileva circostanze e fenomeni gravi, prospettanto la quistione militare in un modo pressochè nuovo (per coloro, s'intende, che non guardano, alle cose, tanto pel sottile) e conclude condannando severa~ mente il Ranzi e suoi ammiratori. L' opw,colo ha destato molto interesse sia nel mondo mili tare, sia in quello non militare, e già diviene come il salmo sacro della cosìdetta stampa dell'ordine; quindi merita intrattenerci un po' sul contenuto di esso. E per evitare inutili prevenzioni-, permettiamo che null'altro ci muove a parlare, all'infuori del desiderio onesto di esporre il nostro pensiero sulla entità, sulla portata dell'odierna crisi disciplinare, prospettata dal Di Giorgio. (1) Il motivo di questo grave provvedimento contro il Ranzi fu il rifiuto di questo a battersi in duello col Tenente Colonnello accusatore. (2) In quanto alla lotta che il Ranzi sostenl}e contro lo Stato Maggiore : « Lo Stato maggiore, ecco il nemico , noi rileviamo, e potremmo documentare se ragioni di spazio non lo vietassero , che il Ranzi non intese mai di pregiudicare la rispettabilità delle persone che ne fanno parte. Egli, più volte e su quel medesimo giornale incriminato, riconobbe e rese omaggio ai meriti preclari di alcune tra esse. Le sue accuse furono sempre rivolte al sistema che presiede sia alla sua costituzione numt:rica ed organica, sia al suo funzionamento come organo di comando e di governo disciplinare. Il Ranzi insomma intendèva far conoscere che quell' Istituto, riservato a pochi, non si adatta punto al nostro esercito, costituito com' è SU• basi democratiche; e che, se non in dritto, nel fatto esso non dà garenzie sufficienti che a farne parte vengano chiamati tutti coloro che ne posseggono i meriti. (3) « Il caso Ranzi e il modernismo nell'esercito » (Firenze Bemporai, 1908.

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