Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 23 - 15 dicembre 1907

638 RIVISTA POPOLARE minar meglio, bisogna aggiungere : epigrafista. Perchè egli non riusciva a rivedere quei personaggi nella vita dei tempi e a coglierli nel loro divenire, nelle loro debolezze, nella loro realistica realtà, da storico.· E non li discuteva come filosofo, che passa attraverso gli individui per raccogliere i risultati di verità costituenti il sistema u_nico dell'umanità il quale si fa attraverso i secoli. Eppure li assorbiva come elementi subordinati nelle agitazioni della sua anima , riferendoli alla sua individualità. Egli non aveva agitazioni, percb.è aveva una religione : aveva bensì spirito d'entusiasmo e di culto. Perciò non poteva far altro che scolpire nella parola i suoi eroi negli atteggiamenti prediletti e significativi : comporre l'epigrafe, éhe dicesse la sua ammirazione o la sua condanna. Epigrafi di uomini e di cose, di anime e l'idee. Che il Bovio sia stato, nonostante alcune gonfiezze , uno dei migliori epigrafist1 dei tempi nostri, è noto ; ed io non dubito di affermare che alcune delle sue epigrafi sono piccoli capila vori, piccole liriche perfette. Ma l'epigrafe non era pel Bovio soltanto il componimento da incidere in marmo secondo richiede l' occasione. Era la produzione continua del suo spirito. L'epigrafe era il suo canto, la forma primitiva e naturale della sua anima, come in altri la negazione e il sarcasmo , la gioia e il lamento. Ciò posto, s'intende come il Bovio non si movesse a su0 agio nella forma del verso , benchè da giovane componesse molti versi. Poeta in prosa, egli riusciva prosatort'} in versi: e, dove poi abbandonava il tono prosastico, e il consueto verso sciolto, cantava melodrammaticamente , cioè, passava dall'una all'altra delle due degenerazioni poetiche, la mancanza di canto e il cantarellare. <(Se, come avviene ad ogni uomo di no~ leggiero sentire - seri ve nella prefazione alla raccolta di alcuni versi, - qualche volta la poesia mi domin:t, non è da cercarla ne' miei versi, ma in qualche pagina lungamente pensata e consacrata ali' avvenire ~ . Senonchè, anche la forma del trattato o del discorso gli riusciva, per codesta disposizione epigrafica della sua mente . malagevole. Con qualità grandissime di scrittore , il Bovio non compose mai un libro euritmico e proporzionato ; e si può dire che anche i suoi brevi discorsi piacciono piuttosto nei particolari che nell'insieme. Pur tenendo conto di ciò, bisogna riconoscere che gli scritti del Bovi o si rivelano opera di uno stilista di gran valore. Sa legga uno dei suoi cento discorsi; per esempio quello fatto i Bari nel 1890, in commemorazione di Benedetto Cairoti. Egli deve discorrere non solo del Cairo li, soldato dell' indi - pendenza e dell' unità , ma anche del Ca.iroli politico. E nel suo amore della verità, nella sua mente di fihsofo, nella larghezza delle sue idee , trova il modo di esercitar giustizia e riuscire insieme affettuoso e commovente. Si solleva anzizutto alla contemplazione della vita politica, che il volgo vede solo nella superficie e di cui non coglie se non le contraddizioni e le brutture traendone appicco a facili giudizii e a contumelie. Il piacere morale, che ci procura il vedere un uomo di parte tenersi libero nei suoi giudizii dai legami e dalle con - suetudine della sua parte, e guardar negli uomini l' uomo, è grande; ma anche la espressione letteraria è adeguata allo stato d'animo che vuole significare. Nè il Bovio precipita alle lamentele ed al pessimismo. Con un'altra considerazione, vi porta a quella forma superiore di rassegnazione , che è nel riconoscimento della necessità e della nazionalità : E' dunque un gioco, tutto in balia della fortuna e del caso? No, ha le sue leggi ·e sono leggi della storia. Il giuoco è finito : pareva giuoco ed è una difficile scienza che a tutti perdona, meno che agli ingenui; una scienza, nella quale gli eroi possono parere imbecilli e bambinì i filosofi. Per tal modo, e preparata la via alle comprensione - e al perdono - dei falli del Cairoli, uomo di governo.' Quest' ultimo tocco è un quadro ; e il quadro, coi suoi effetti di contrasto , dà forma plastica al giudizio. - Simil brani, simili quadri possono trarsi in copia dai suoi libri: ricordo negli Uomini e tempi, il ritratto del De Sanctis, e nella commemorazione del Tarì, la descrizione del riso di quel gioviale filosofo. Anche i drammi di Bovio debbono essere guatdati e giudicati come i suoi libri e discorsi. Drammi nel senso di pezzi palpitanti di realtà, risentiti da uno spirito artistico e portati sulla scena, egli non ne fece. La sola volta che tentò un dramma alquanto complesso, nel quale dovevano essere rappresentati una lotta elettorale, una rivoluzione, una guerra , e il cozzo di spiriti diversi di capipopoli, e intrecciato in tutto ciò un episodio d'amore - il léviatano, - il Bovio fallì; ed egli stesso abbandonò il suo lavoro, riconoscendo che l'opera d'arte vi mancava, e che ciò era accaduto perchè l'autore n?n amava la vita contemporanea. Forse_ in questa ragione addotta era un' illusione : ancht; negli altri drammi, che son di vita· antica, - dei quali i migliori s'intitolano il Cristo alla festa di Purim, il San Paolo, il Socrate, - non è la vita ciò che attrae il Bovio : sono sempre le idee, gl'individui sto rici in quanto incorporano ìdee. Vorremo per questo condannare senz'altro quei lavori? No, perchè essi non oltrepassano i limiti dello stato spirituale del Bovio, come accadd\ie nel Leviatano. Quei drammi sono gruppi statuarii, epigrafi ampliate; e si collegano strettamente alla restante produzione letteraria del Bovio. Hanno una lor certa poesia, ma a scatti e a sentenze, senza gradazioni. Potrebbe dirsi che i personaggi non fanno se non scambiarsi l'un l'altro le loro rispettive epigrafi, o prepararle a sè stessi. Anche i loro gesti sono epigrafi Ciò che si chiama creazione di caratteri, non c' è in qnei drammi: si trovano sempre a fronte le posizioni mentali della dialettica della vita, quale il Bovio le concepiva : l' idealista, il suo avversario terreno, la mezza anima, l' anima fedele, Il primo si chiama Cristo, o Paolo, o Socrate : gli altri Giuda, St!neca, Lucano, Meleto, Licone; l'anima fedele, Maria di· Magdala, Epicari, Teodota. Il dialogo può sembrar gonfio ; e tale sarebbe se parlassero creature umane, ma parlano , le idee , si sa , sono solenni. - Se percorriamQ il Cristo alla festa di Purim, mcontreremo in folla le epigrafi e gli epigrammi. Nel Cristo alla festa di Purim, voi sentite che la passione per le idee, e la forma splendente che esse assumono nella fantasia del Bovio, uccidono sin dall'inizio il movimento del dramma, al quale si costituiscono. Si raggiunge il più alto punto di concitazione nel dialogo tra Giuda e Maria di Magdala, che ripete la parola del Maestro. E non è concitazione fittizia in quel dialogo; ma é conci· tazione che previene da un urto oratorio di pensìeri, e potrebbe stare in un tipico dialogo che s'inserisse come esempio in una dissertazione filosofica. Dello stesso genere sono i dialoghi del San Paolo e del Socr.ite e degli altri drammi. Che questi drammi filosofici non siano altro che il poten - ziamento e concentramento degli stessi libri e conferenze e discorsi del Bovio, e non segnino un nuovo atteggiarsi del suo spirito, riconobbe l'autore mdesimo, scrivendo nella prefazione al San Paolo: (t La critica più sincera l' ho fatta già io a me stesso: se io mi fossi sentito artista, non avrei aspet tato quest'anno a farne saggio. Io intesi volgere la filosofia sotto altra forma, ad funo scopo più universalmente chiaro che non sia nei libri, ed elessi perciò quella che fu stimata sempre forma media tra la filosofia e l'arte ». E , del resto, 1

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