.. R1v1sT A PoPOI.1ARE DI Politica, Lettere e Scienze SocialiHirettore: Prof. N A POJJEONECOLAJANNI (Deputato al Par1amento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni rnese lt,a.Jia; anno lire H; semestre lire 3,50 - II:stero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. ;JO. Amministrazione: C01·soVitto1'io Emanuele, n.0 115 - NAPOLI A11no Xl[[ - .Num. 19 ABBONAMENTO POSTALE ttoma, 15 Ottobre 1907 Pei nuovi abbonamont1 - Avver#amo ·in tempo gl·,: amt.'ci nostri clte tutti i nuov·,: abbonati, che pagheranno anticipatamente l'anno 1~08 ri"ceveranno grati"s la Rlvista da oggi a tutto Dicembre 1907. Coloro che ci· procureranno dei nuovi abbonati riceveranno libri di nostra proprieta pel valore dt una Jlra per ogni abbonato, secondo i prezzi segnati nel catalogo dei preml semigratut'ti. , Volenclo auche protranuo dedurre t<:\le importo del premio dal prezzo del propdo a,bbonameuto. SOMMARIO: Gli avvo11hnenti e gli nomini: Noi: (La grande infamia! La scomparsa di una pa~te delle memorie di Crispi - Strana ostinazione nell'errore dd criminalista Garofalo - Il Dio di Mazzini e di CarJucci trasformato da Giovanni Pascoli - I costumi e il malcostume ddle razze superiori -Degenerazione aristocratica - I socialisti italo au - striaci - La situazione nei Belcani --· Il concordato Anglo Russo per l'Estremo Oriente - li problema della magistratura ndl'ora presente - Lo sciopero genera!t:)-Dott. Napoleone Colajanni : Austria e Italia (risposta ai critici)-Angelo Crespi: Per un'azione anticleri..::ule positiva-Sperimentalismo sociale: K. Raph. I processi finanzii1ri americani -Latini ed Anglosassoni di N. Colc1janni ([ giudizi) - Nino Nicolò Minneci: Mazzini e la Sicilia-Rosario Ciaramella: La scienza cattolicaUgo Giusti: Le sp<!se delle principali città italiane nelì'anno 1906 - G. Bonagiuso: Sintomi gravi (a proposito della questione meridionale - Mario Pilo: La Settima Esposizione d'Arte a Venezia - ltivista delle IUvlste: Politica socialista pratica (Rerue Socialiste)-La nazionalizzazione delle forze idrauliche (Giornale dei Lavori PubblicU-1:tecensloni. GLI ft VVEl'lllv\ENTI e GLI UOf'\INl La grande infamia! La scomparsa di una parte delle memorie di Crispi. - Per molto ternpo siamo stati noi soli della Rivista popolare ad avvertire gli Italiani che nelle carte di Francesco Crispi si trovavano documenti importanti, che ferivano la monarchia e molti uom_ini politici tuttora vi venti ; e noi soli, o quasi, seguimmo la strana vicenda della lite tra Donna Giuseppina, la figlia prediletta di Francesco Crispi, i rappresentanti del governo e gli inqualificabili esecutori testamentari , che seconda vauo il governo nel desidtrio di seppellire tutto ciò che c'er& d' interessante in dette carte; noi soli avvertimmo che fon,e le carte erano state manomesse e eh' erano scomparse quelle che ricorda vano la spedizione africana del 1896 e la battaglia di Adua. Sulla busta che le conteneva Crispi aveva scritto: La g1·ande infamia. Ora che si parla della pubblicazione delle Memorie di Orisjn' da più parte si è annunziato che è scomparsa per lo appunto la busta della grande infam.ia, che metteva in una luce sinistra Re Umberto e il ienerale Baratieri. E della cosa si sono occupati tutti i giornali d'Italia dai Corriere della Sera all'Avanti! dal Secolo al Giornale di Sicilia. Sopratutto fu notevole un articolo di Rastignac nella T1·ibuna, cbe confermava i sospetti da noi per i primi formulati e che lascia comprendere di avere attinto le ,informazioni a fonte autorevole, cioè a Giuseppina Crispi, Principessa di Lingu&.glossa. Noi che accennammo al contenuto della busta sulla grande infamia nel N.0 del 15 gennaio 1902 avvalo rando le nostre supposizioni colle parole degli intimissimi di Crispi, Primo Levi, Giuseppe Paratore e Stillman, il vecchio corrispondente del Times, noi che ritornammo sul!' argomento nel N .0 del 30 gennaio dello stesso anno , augurando alla figlia di Crispi che pel buon nome del padre suo non trovassero conferma le voci maligne, che correvano sulla scomparsa dei più imp01·tanti documenti, noi, oggi, che le voci maligne oramai si possono. considerare come fatti innegabili, a dimostrare quale rete d'interessi era intessuta intorno a qnei do0;;imenti e come sarebbe stata. colpita la monarchia daila loro pubblicaziane vogliamo riprodurre uua parte di uno stellonci!:!O, che pubblicammo nel N. 0 del 30 aprile 1902 sotto il titolo: Le merno1·iedi Bar1·as. (A p1·oposito della sentenza per le carte di Orispi, Eccola : « Noi rivolgiamo qualche categorica domanda al governo presieduto dall' on. Zanardelli : è o no vero che trattative corsero per la compra in blocco delle carte di Crispi? > « E' o no vero che il Ministero non voleva pagare più di L. 250l000? >. « E' o no vero che l' attitudine della figliuola di Crispi ruppe il mercato? » « E' o no vero che l'on. Zanardelli mandò ad offrire una identica somma, sdegnosamente respinta dalla figliuola di Crispi, la quale non negava la restituzione di veri documenti di Stato, ma voleva costatarne sicuramente la natura e voleva essere arbitra del resto, dichiarando che avrebbe solo pubblicato ciò che poteva spiegare, e giu8tificare la vita politica del padre?» « E' vero o no che il Senatore Damiani abbia dichiarato che dalle carte di Crispi nessuno sarebbe stato colpito, che niente egli avrebbe rivelato? ,, « E' o no vero che l' on. Presidente del Consiglio e l' on. Ministro Guardasigilli non· sapendo come battere ritirata, dissero che il Ministero doveva trattare con l'erede universale?> e Queste domande, la cui risposta non è per noi dubbia, sarebbero sufficienti a dimostrare la gravità della faccenda ? > « Vogliamo essere più chiari e più obbietti vi > • « Chi potrà negare che l' affare di Adua è per noi un mistero? Il mistero finanziario di tratto in tratto si svela ... > « Il mistaro politico viceversa si fa sempre più fitto. Primo Levi con due articoli nella Rivista moderna ha detto fin troppo ed il Generale Mocenni nella Rivista d' ltalia ha messo la quistione in termini tali che un paese il quale si acq1.tetassee non imponesse la spie-
506 RIVISTA POPOLARE gazione della friste guerra sarebbe vile. E costoro, i cui nomi diciamo non sono uomini di parte : l'uno capo dell'ufficio coloniale, l'altro ex Ministro della Guerra! Noi stes'3i avevamo tentato di ricorrere allo Stìllman, i cui rapporti colla Consulta in ()Uell' epoca sono noti, riproducendo q 1Jalche brano del suo F1·ancesco C1·ispi, ma lo illustrissimo signor Procuratore Generale di Roma ritiene Jannoso per le istituzioni patrie l' argomento africano>. « Dnnque? > « Non sapremo mai tutto l'interesse che il signor Rattazzi ex Ministro di Casa Reale ha avuto per le italiche faccende? Non sapremo mai t11tto il grazioso interesse che molti gentiluomini e molte gentildonne di Corte banno avuto per le patrie cose? Dung ue non sapremo mai se Barattieri ubbidi o comandò? > Nessuno di coloro cui noi rivolgevamo categoriche domande, che si prestavano anche a qualche querela, rispose mai, E non rispose Luigi Di Laurenzana, bebè di Casa Crispi, che rifiutassi di rappresentare il governo nel la Commissione. che doveva esaminare i documenti p~r vedere quali erano appartenti allo Stato, e non rispose il Guardasigilli, cui si attribui una qualche pressione sui magistrati, affinchè avessero dato torto alla Principessa di Linguaglossa che di tutti i documenti voleva avere conoscenza prima. Quale pretesa strana q nella di una figlia che vorrebbe tentare di scagionare il padre da qualche grave accusa 1 Ora la principessa ha potuto vedere, perchè in ultimo la magistratura più alta dette torto a quella bassa. Ma la .sua legittima aspettazione è stata frustrata perchè nella b11sta della grande infamia, ,_come in certe lettere manomesse dalla posta, invece delle memorie e dei documenti di Crispi , si sono trovati alcuni pezzi inutili di vecchi giornali ... Chi avrà potuto manometterli, compier.do una seconda e maggiore infamia? Noi non ci possiamo potmettere alcuna. ipotesi; ma possiamo domandare; a chi poteva giovare la scomparsa dei documenti sulla grande infamia ? E chiudiamo con un ultimo ricordo. Crispi invitato a seri vere o a parlare di Umberto I rifiutassi sdegnoso. Da buon monarchico aveva taciuto sui complici della grande infamia., ma benchè vecchio, affralito dagli ac eia.echi e dalla viltà dei vecchi cortigiani: che lo avevevauo codardamente abbandonato nel momento triste della decadenza, egli rifiutassi di fare l'apologia di Umberto I. · E a proposito delle spiritose barzellette di quel capitano di fanteria che metteva in ridicolo il contenuto della busta della grande infamia e che assunse la difesa di Baratieri lo consigliamo a leggere l'articolo di Rastignac nella monarchica Tribuna. Sarà più cauto nn' altra volta nel polemizzare con un galantuomo. Nota Per dovere d1 imparzialità dobbiamo aggiungere che ali 'ultimo momento abbiamo letto un lung articolo dell' on. Roberto Galli, tendente a smentire la esistenza della busta del1a grande infamia; e ciò in risposta ad un articolo di Andrea Torre nel Con-iere della Sera che l'affermava recisamente. li Torre che è un giornalista dei più accorti e dei meglio informati tornò ad assicurare, dicendosi sicuro d1 non temern smentite, che i documenti esistevano e che sono sc.omparsi. Egli ha ragione da vendere. + Strana ostinazione nell' errore del criminalista Garof'alo.- Mentre la Rivista del 30 Settembre pubblicava l'articolo di Colajanni sulla abolizione della pena di morte in Francia , la T1·ibuna nello stesso giorno pubblicava una lettera del Barone Raffaele Garofalo sullo stesso argomento. Il Garofalo passa - e non a torto - come il più illustre giurista della scuola penale positiva; ma egli è un reazionario sinceramente convinto della utilità della funzione del boia. La passione politica gli offusca la mente e gli fa affermare il falso. Fu il Barone Garofalo ad affermare che in Italia si ammazza.no in ogni anno 4000 persone mentre come dimostrammo altra volta, gli ammazzati, cioè gli omicidi consumati non si riducono ora che a 1200 circa all'anno. In questa lettera della T1·ibuna imperturbabilmente ripete che in Italia avvengono ancora 4000 omicidi all'anno ..:.. Ora questa cifra non corrisponde più nemmeno al ·numero degli omicidi consumati , mancati e tentati., ... Sono molto di meno quantunque dal 1880 in poi la popolazione sia aumentata di· circa cinque milioni.- Nell'articolo sull'abolizione della pena di morte abbiamo dato la media per 100,000 abitanti degli omicidi commessi nel sessennio 1900-905 ; ora vogliamo dare le cifre assolute anno per anno : Omicidi denunciati 1900: 3479 1901: 3168 1902: 3202 1903: 3116 1904: 3011 1905: 2487 Potrebbe essere più rapida e più confortante la diminuizione? Nessuno l'avrebbe sperata tale. Ciononostante Garofalo, il penalista illustre, l' alto magistrato, ha affermato nella Tribuna che gli omicidi sono 4000 e tutti i reazionari e tutti i Procuratori del Re seguiteranno a giurare che gli omicidi sono 4000 .... · E poi ci lamentiamo delle calunnie degli stranieri ! + Il Dio di Mr..:zzini e di Carducci trasformato da Giovanni Pascoli. - Il Prof. Giovanni Pasl1oli, q ueì lo che subì una commozione divisa in p1:1.- recchi tempi A.Il' annunzio della morte di Carducci, il fratello siamese di D' Annunzio , che sostitui Enotrio Romano nella cattedra di Bologna, tanto per mostrare che realmente agli Italiani che chiedevano Roma fu data Bizanzio , ha commemorato il grande poeta a S. Marino. E ne ha fatto una delle sue: ha fatto parlare al Dio di Mazzini e di Carducci un linguaggio, che si addice al Dio dei reazionari capitalisti. L' Avanti disgustato ha chiuso un suo trafiletto con questo giusto commento, che facciamo nostro: « No, prof. Pascoli, così insegnane i parroci di campagna ai contadini che minacciano di disert11re la chiesa per la lega di resistenza e di far sciopero: così non si pensò mai di predicar Giuseppe Mazzini alla cui sana e salda anima Dio flivella nel ca1·ceredi Savona e lo trae sul Campidoglio, Ezechiele d'Italia; cosi non credè mai Giosuè Cardncci. Il Dio che fu col principio della repubblica di San Marino, è il Dio della libertà, di Grecia e di Roma; non il gendarme dei proprietari di campagna ». + I costumi e li malcostume delle razze superiori. - In data del 1 ° Ottobre da Berlino si è telegrafato at giornali di Parigi che cont,inuano le denuncie contro le persone dell'entourage dell'Imperatore Guglielmo 2°. Si sa che in seguito a tali denuncie di cui si occupò anche un pubblicista eminente, Max Harden, dne dei principali Cavalie1·i della nuova Tavola Rotonda, il Conte Eulemburg e il generale .Moltke governatore di Berlino si dimisero dalle cariche di corte; e con ciò confermarono che essi erano realmente rei dei turpissimi atti, di cui veni vano accusat,i, come, col suicidio confermò gli amori contro natura il fa. moso Krupp , il milionario arnie~ del\' Imperatore e fabbricante di cannoni, aveva praticato in qnel!' isola deliziosa di Capri, che ricorda ancora le turpitudini di Tiberio. Ora un certo Brandt ha denunziato come parteci-
RIVISTA POPOLARE M7 pante alle orgie immonde della 'lavala Rotonda, anche il Principe di B1ìlow. Il Cancf'lliere dell' Impero immediatamente dette querela. Noi per la dignità umana vogliamo sperare che il Principe di Bi.ilow riesca a far condannare il Brandt come un vero diffamatore. Ma non è Ja possibile condanna, uon è l'episodio politico che richiama la nostra attenzione; sibbene ciò che indicano queste denunzie che si ripetono, e le circostanze che esse mettono in Juce. Si afferma, infatti, che il Brandt fa parte di un gruppo , che chiede la soppressione delle pene infa - man ti, che col1-1isconoin Germania coloro, che praticano gli amo1·i unisessuali; e che a Berlino soltanto vi sono 12,000 persone conosciute dalla polizia che potrebbero essere pu11ite in base ali' articolo del Codice, che riguarda tali amori immondi , che hanno avuto da recente nn partigiano celebre in Oscar Wilde ed un espo:sitore sistematico in nome dell'estetica (!?) nel1' anarchico Carpentier; della cui opera: L' amore omogeneo e il suo posto in una società libera non fu permessa la pubblicazione in Inghilterra. Q11este 110te di cronaca mostrano se avesse ragione l'on. Co!ajanni che in Razze superim·i e ·razze inferi01·i si era occupato di quegte depravazioni tanto diffuse in Germania e in Inghilterra (pag. 88-90). Ivi· si trovano l'elenco delle opere più celebri che si occupano di unisessualità e di amore omogeneo, e le notizie snlle feste della lacobstrasse a Berlino e sulla scandalosa inchiesta tra. gli studenti universitari dal Dr. Hirschfeld fatta in uorue di un Comitato scientific<?umanitario (?!) di Charlottenburg Roberto Michels, il noto socialista tedesco, in una bella recensione che fece di Razze inferio1·i e razze supe1·iori disse che il Oolajanni si era ingannato sulla rnterpretazione di tale inchiesta. Ma che pensa adesso della ::iua affermazione di fronte alla affermata esistenza di 12000 unisessuali di Berlino, noti alla polizia. iocale? Uno scienziato eminente come il Kraft Ebing in una ad altri psichiatri domanda l'abolizione dell'art. 175 del Codice penale tede:sco, che punisce l'unisessualità, perchè considera come ammalati , coloro che la pra- .ticano. Ma via 12,000 ·unisessuali noti alla polizia come le prostitute volga1 i e che fan capo al Ciambellano di Corte Conte Eulemburg e al governatore di Berlino Generale Moìtke, pt-!r ammalati presso una razza che pretende alla snperiorità intellettuale e morale.. sono un (JÒ troppi. E raccomandiamo gli eroi moderni della Ta,vola Rotonda a Guglielmo Ferraro, che aveva sco·- vato la purità dei costumi tra Tedeschi ed Anglosassoni! + Degenerazione arlstocratlca.-Noi comprendiamo benissitDo che i decadenti, gli imperialititi, e tutti i partigiani e d ifeusori ·delle sacre prerogative dei sang-bleii torcano il naso al nuovo scandalo suscitato dalia formosa, ma non più giovincella, Luisa di Sastionia. Lo comprendiamo perfettamente poichè la principessa-oggi signora Toselli- tout coU1·t ha passato i I limite di ogni libertà possibile ed è diventata l'esponente brutale e doloroso di tutto uno stato patologico che colpisce le classi alte e specialmente le vecchie altissime famigìie: quelle famiglie che orgoglio di casta, consuetudini avite , etichetta cortigiana (nel senso più one::ito e bello della parola), e legami di vita obbligano a matrimoni fra consanguinei, o appartenenti a famiglie altrettanto decrepite, e perciò altrettanto degenerate. _ Noi comprendiamo ìe ire feroci degli adoratori della Maestà regale ed imperiale e:1si che l'hanno veduta offesa nel povero Re di f>a~sonia cui la sposa ha dato, dopo il Giron un nuovo successore. Lasciamo da parte impregiudicata, la questione, tra• gica veramente questa, della piccola Pia Monica: dovremo parlarne fra non molto, e ne parleremo come ci dettano il cuore ed il cervello insieme; ma a proposito della principessR- Luisa ( non riusciamo a deciderci di chiamarla signora Tose II i ) a pr.oposito della principessa Luisa non sappiamo cbe cosa sia più doveroso se ridere o compiangere. Confessiamo , francamente , che quando essa spezzando d'un tratto, e con un atto di energia le stupidità. cerimoniali della cortucola Sassone buttò alle or• ticbe la corona e se ne venne pel mondo, libera amante al braccio di Giron noi plaudimm·>; chè, quello , ci parve , e se fosse stato sincero sarebbe stato veramente un bel gesto. Un bel gesto fiero e forte modellato su l'esempio del fratello , egli pi1re venuto a vi. vere semplicemente, come un qnali,mque Woel:fling, fuori delle pastoie della corte nel mondo. E plaudiamo alla di lei fiera difesa della piccola .Monica, la figlia dell'amore e non del San Martino di Sassonia. Ma la buona signora ci obbligò ben presto a pentirci di esserci lasciati trasportare da un sentimento di esteti. Giron fu piantato ; a Giron la bella diede un successore giovincello; poi-docile ai consigli-piantò questo pure; e (dobbiamo dire finalmente?) ha fatto succedere all'un giovinetto un altro: l'incompreso genio musicale, giovincello anch' egli. Or ci co~lie un pensiero che è doloroso , doloroso perchè ella deve pure avere qnalcuno che veramente, per lei, nient'altr0 che per lei, non per interesse, n,m per ambizione, non per calcolo l'ami - non fosse che quella piccola Pia Monica , chi sa mai a quel destino di dolore serbata. E· s'ella non fosse - questo il pensiero molest.o - s' ella non fosse che una ninfomane? Non ~/1,ro che una povera vittima di una anormalità psico-·ti''S'iologica:uno dei tanti mostri-co'quali la natura rivendica i! proprio diritto concult.ato da troppo viete tradizioni e ~Bggi artificiose , o :'JÌ compiace a buttare in faccia alla troppo obliosa civiltà moderna il bruto primigenio? Pensiamoci un po'. Si bucinò a lungo - e si dice che la polizia inglese lo sapesse certamente - che Jach the rippe1· - lo sventratore fosse un duca, assai vicino alla famiglia regnante d'Inghilterra. Chi non ricorda Lnigi di Baviera ?-Vero che la sua memoria è riabilitata dal fatto che, almeno , egli ebbe fede in Wagner. E la Luisa di Cobnrgo? Chi ne ha dimenticate le allegre·, le mattacchione scappate e... il resto? Sembra che nn destino di miseria pesi su le famiglie che troppo potettero e godettero, et su uno dei membri di codeste famiglie si aggrava più doloroso, più spietato · che su tutti gli altri. Sia Luisa di Sassonia una dei predestinati ? Certo, tutto in lei tenderebbe a dimostrarlo. La facilità e la indifferenza nel rompere situazioni e consuetudini a lei familiari , o da lei stessa create , la mutevolezza negli amori-per cui l'amore di lei si rivela non altro essere che un semplice e brutale stimolo dei sensi - perfino le manifestazioni esterne di quel suo amore lo rivelano non altro che sessuale. A chi è sfuggito il significato volgare delle tre note simboliche legate nella spilla donata? Certamente essa è una anomala. E' uno dei tanti esponenti - più chiaro perchè fu, un tempo, collocato più in alto-di quella degenerazione aristocratica dalla quale solo si salvano quelle famiglie nobili i cui maschi s'imparentano con le rudi ed ancor sane figi ie dei miliardari americani, pizzicagnoli, giovani di commercio, spazzini diventati capitani d'industria. Luisa è uno dei colpiti dallo spietato destino, e se pensiamo a questo suo destino, certo non possiamo che compiangerla: mentre non ci sembra affa.tto piacevole, nè interessante il giovincello Toselli che se la sposaor,nai ben matura - lui che , come maschio , se non
508 RIVISTA POPOLARE come maestro di musica, avrebbe potuto pretendere a meglio. No, non ci sembra interessante ..... tutt' altro! + I socialisti italo-austriaci.- Sotto questo nome (\omprendi~mo e i socialisti di Trieste e dell'Istria e quelli dell'Austria, che rappresentano i rispettivi elettori nell'imperiale Reichsrath di Vienna. Dei socialisti di Trieste si è occupata la stampa italiana sia perchè ad essi vennero attribnite le dimostraziJni per il rincaro dei viveri, rivolte sopratutto contro l'elemento nazionalista italiano; sia per l'affare della compagnia italiana che rappresenta attualmente a 'l'rieste facendo da impresario il locala Oi'rcolo di Studi sociali. L'azione complessa dei socialisti di Trieste dal valoroso Oyrus della Vita venne giudicata come tendente a trasformare l'anima della città da italiana in austriacante. Cosi almeno riassumono il pensiero del giornale di Roma i signori Pittoni e Vivante che hanno risposto aspramente a Oyrits nella stessa Vita del 1° Ottobre. I signori Pittoni e Vivante, paladini dei socialisti di '.rrieste, formulano un grave atto di accusa, assai impressionante contro il partito nazionalista italiano e finiscono col dfre che essi sono antinazionalisti, ma non anti-italiani. Non c'è contraddizione in questa affermazione e alcune delle argomentazioni dei socialisti collimano col pensiero nostro. Noi, però, i socialisti di Trieste dobbiamo richiamare a più esatta osservanza della v~rità e dei precedenti. . Le conferenze di oratori itaHani promosse dal Circolo di Studi sociali e le rappresentazioni della Compagnia italiana di cui si è fatto imprebm·io il suddetto Ofrcolo pare che mirino pi11 a fare un buon aff..a.re fi. nanziario nello interesse del partito anziccnè P~ promuovere e difendere Ja italianità in Trie~te, come ha osservato La Vita; mirano più all':.LJ.teressedella classe anzicchè a quello del senti'!Iìento italiano. Si direbbe, anzi, che i socialisti sfruttano abilmente a loro pro' il magnifico sentimento italico di Trieste. C' è di più. I socialisti di Trieste prima. e durante la lotta elettorale ultima furono impeciati di herveismo più che di socialismo e la lor.o intima alleanza cogli Sia vi li fece sospettare nemici anzichè promotori della Italianità. Di che si ebbe prova nella lettera sdegnosa di Arturo Labriola che allora si trova.va in Trieste e che volle perciò staccare nettamente la propria responsabilità da quella dei suoi compagni del luogo. E' forse il La brio la sindacalista rivoluzionario , un tiepido compagno? Ciò pel passato abbastanza anti-italico e non solo antinazionalista. Laida, anti:italica e anti-naziona.le fu la lotta del candidato socialista contro il sindaco di Zara che i nazionalisti di Trieste portavano come protesta contro la prepotenza slava in Dalmazia. E che sia stato anti-italico e anti-nazionlista si r,uò argomentarlo dalle simpatie e dalla tolleranza che la polizia austriaca mostrò verso i socialisti , mentre riserbava tutta la sua violenza preventiva· e repressiva contro i nazionalisti. Passate le elezioni e guadagnati i seggi nel Reichsfrath che a Trieste erano prima occupati dal partito nazionale, i socialisti si sono ricordati di essere ... italiani. Perciò nel Reichs1·ath il deputato Pittoni ha chiesto con ardore l'Università italiana a Trieste ; e pare che il governo austriaco voglia concedere ai socialisti, ciò che pervicacemente negò ai deputati nazionali italici .... La diversità di atteggiamento del governo austriaco sarebbe molto suggestiva! Ora, infine, lo stesso Pittoni ha riaffermato insieme al Vivante con grande entusiasmo la propria italianità. Ma i maligni potrebbero osservare che l'affermazione di oggi potrà servire a mantenere il seggio di deputato .... Rileviamo, infine, che il deputato Pi_ttoni iu risposta a Calcante del Pungolo nell' Avanti del 6 ottobre spiega in quale senso egli fu ufficiale austriaco ... Egli cerca sapere chi si nasconde sotto lo psendonimo di Calcante; ma quando lo avrà saputo esclamerà: dagli amici e dai compagni mi guardi Iddio ..... Infatti Calcante si è subito fatto conoscere uello stesso Pungolo di Napoli: è Arturo Labriola. Il quale ha risposto al Pittoni con questo po' po' di roba, che riconferma in modo scottante l'austrofilismo poliziesco del Deputato Pittoni, che vorrebbe essere ritenuto un socialista tardivamente convertitosi ai sentimenti italiani: (( Poche o punte congratulazioni al signor Pittoni, dice il sindacalista italiano, per la sua rettifica che .... conferma così bene ciò che io scriveva. Le mie condoglianze sincere per un intervento affrettato che cela una preoccupazione che io conosco bene. Troppo abituato a difendersi questo degno signore ! Perchè non smentisce anche la sola notizia che veramente nel mio articoletto doveva bruciargli , che cioè ha una forte inclinazione a disr,utere coli' I. R. luogotenente di Trieste la politica del partito socialista ? » (( Io conosco un caso solo e lo confermo in tutta la sua estensione. So che la mattina del giorno in cui uscì il decreto che toglieva al Municipio italiano di Trieste le cosi dette (( funzioni delegate » (istruzione, coscrizione militare ecc.) il signor Pittoni è stato convocato alla luogotenenza , ha avuta comunicazione preventiva del decreto che solo la sera fu co - municato al Municipio e dette assicurazione al luogotenente che il partito socialista avrebbe difeso l'infame attentato che il governo perpetrava contro il Comune di Trieste ! » (( Poteva prometter bene Pittoni; s'è ridotta in mano la massa operaia di Trieste e la può condurre dove gli piace. Egli aveva diritto di ridersi dell'opposizione che gli muovevano su questo punto due oneste: coscienze in materia il dott. Vi van te e l' avv. Oueker gente incapaci di servire alla politica del principe Hohentohe ii. (( Pittoni sa che il mio giudizio su lui data da questo fatto. I motivi che dir~ono la sua condotta non mi preme ricercarli. Siano yuali si vogliono: odio politico o fanatismi anti-italiani, o la vanità di apparire uomo mediocre qua 'e egli, è il padrone di una delle più colte e civili città del governo; io sono convinto che egli dirige la politica del partito socialista di Trieste in un senso che coincide cogli interl!ssi delle autorità austria che. Il mio giudizio riguarda solo la sua persona t: 10 non lo estendo ad altri socialisti di quella città. :& (< L'Avanti! faccia pure l' apologia del signor Pittoni , ma si guardi da penose responsabilità. Esso è l' organo di tutto un partito e non di un paio di Demosteni che si recano a conferire in Trieste pagati dal signor Pittoni. » ♦ Poche parole pei deputati socialisti autenticamente austriaci e non austriacanti come quelli di Trieste. I socialisti austriaci hanno tennto dal 1 ° ottobre in poi il loro Congresso a Vienna. La discussione più lunga e più viva fu quella sulla gita a Corte dei deputati del partito e sulla assistenza alla lettt!ra del discorso delia Corona. Schumeier e Austerlitz, nonchè il Dr. Adler capo del partito, difesero calorosamente tali atti , e il Congresso li ha approvati. Il deputato socialista Calvi se n'è scandalizzato nel Grido del Popolo di Torino e melanconicamente riflettendo sugli effetti del suffragio universale in Austria esclama: « Q,uem.... imperator vult pe1·de1·edementat I > Sia più prudente l' on. Calvi ricordando che per molto tempo i socialisti italiani non sono andati a Corte ; ma alla Corte hanno reso e rendono ben più segnalati servizi combattendo i repubblicani con. un accanimento e con una perseveranza che non misero mai sul ~erreno politico nel combattere i monarchici. + La situazione nel Balcani. - Insomma la que sfaone Balcanica, ricomincia di nuovo a farsi acuta. Prima di tutto l'accordo Austro-Russo è indubbiamente uno smacco subito dalla nostra politica estera. Fra le tante sue ciambelle seuza bue(, l'On. Titttni può mettere anche questa. L'accordo riaffermato fra l'Austria e la Russia a proposito dei Balcani ha il significato
RIVISTA POPOLARE 509 chiarissimo di escluderci dall'interessarci di quei certi paesi di là dall' Adriatico; e lo smacco se lo ha procurato il nostro ministro degli esteri, in q nan to che aveva annunziato un accordo a tre - Austria, Russia e Italia:-, mentre l'ultima com11nicazione diplomatica rimane come un passo a dtte. Con quale dignità manteniamo ancora un nostro generale a capo della gendarmeria... turca ? E non è a dire neppure che Ja matassa Balcanica non s'imbrogli ogni giorno di più. Bulgari e Greci e ·Macedoni s'accapigliano e si assassinanò allegramente e la questione nazionalistica è di quelle che non si risolverà nel modo più facile di qnesto mondo. Basterebbe soltanto pensare alla Macedonia, a.Il' Albania ed alla Serbia. Tre paesi che non banno ancora trovato il loro assetto, nè sono prossimi a trovarlo. Questioni di razza, di religione, e di supremazia politica militano a fa·vore degli uni come degli altri: e gli uni come gli altri Macedoni, Albanesi e Serbi e Bulgari pretendono - e accampano tutti gli stessi diritti - alle egemonia nei Balcani. Perfino il piccolo Montenegro che fino ad ieri si era tenuto estraneo o quasi alla lotta nazionalista, entra a sua volta in campagna, e dichiara _di temere .... l'egemonia Serba. Come se non fosse universalmnnte risap11to che il priL.cipe Nicola ritiene - e non forse a torto - ch'egli per i Serbi sarebbe un re migliore e più adatto che non il Pietro che apri agli Obrenovich le porte del paradiso. Intanto la Russia, che comincia a guardare di nuovo l'antica costa d'Europa su la quale Pietro I. segnò tutto d' uno stesso colore la Russia fino al Mar di Marmora e fino a Salonicco, liberata - grazie all'eroismo Giapponese - delle soverchie preoccupazioni nell'Estremo Oriente, la Russia ha cominciato di nuovo a fomentare la discordia fra i montanari dei Balcani e guardano alla Russia Bulgari e Macedoni, Serbi e Albanesi; mentre Ja Grecia - non ufficialmente si ca pisce, ma con le bande sconfinanti (proprio secondo il metodo Bulgaro)-cerca stabilire i suoi diritti a nord della Tessaglia in quella Macedonia oggetto di tanti e sì vari i appetiti. Ora l'accordo Austro-Russo ha tutta l'apparenza, e più la sostanza, di mettere fuori di discussione l' Italia per tutte queste questioni , e q 11esto è male : è male e per la. nostra importanza politica e per i nostri iuteressi commerciali : è male per oggi e per l'avvenire : ed è bene che questo, una volta per tutte sia detto : perché è opportuno o che il Governo provveda a correggere gli errori e le sviste del prop1·io ministro degli esteri. La comunicazione ufficiale del convegno Tittoni - Aherenthal a Semmering diceva: Gli On. etc. si sono trovati d'accordo su tutte le questioni ..... sarebbe interessante sapere se, proprio, fu d'accordo su questa esclusione della politica italiana dai Balcani il ministro degli esteri italiano. . Si potrebbe sapere cosa ne pensa l' On. Tittoni? + Il concordato .Anglo-Russo per l'Estremo Oriente. - Visto cbe oramai la Russia deve decisamente abbandonare ogni veJJeità protettrice su l' Estremo Oriente, poichè i Giapponesi si sono dati questa cura civile; la Russia sembra ripigliare il programma di Pietro I e Caterina. Non ancora dichiara all' Inghilterra che essa esige il suo brandello d'India, o almeno l' Afganistan tutto intiero; ma agisce in modo da essere pronta ad ingoiare il boccone appena l'occasione favorevole le si presenterà. Ma con l'Inghilterra bisogna contare. Sarà un fatto che l'esercito Inglese non vale niente: che gli ufficiali inglesi sieno ufficiali da parata , e che i soldati dell'Inghilterra sieno eroi soltanto alle prese con gli Zula male armati o con i Maschona la cui arma più sicura e più fida è.... la foga; ma-l'esperienzia rende cauti-: anche i Giapponesi prima del J alu, e di Mukden e di T:rnshima erano una '}Uantità trascurabile. Natural• mente, ora, la Russia va co' piè di piombo e preferisce dei bravi concordati alle po~sibilità di vittorie ..... che potrebbero non essere sue. Ed il concordato attuale Anglo-Russo definisce, per ora, una vexata quaestio: quella della sfera di protezione e d'influenza delle due potenze Europee in Asia al nord dell'India. Così, almeno per un certo tempo, la questione dello Afganistan sembra risolta; ed un'oc chiata è stata data anche alla Persia, per le future possibilità. La Persia è il punto oscuro della faccenda. L' Inghilterra aveva bensi cercato con una spedizione militare - chiamata scientifica - d'allungare lo zam pino nel Tibet ma vide tosto che l'osso era più duro di quel che pareva e pensò a spolparlo attaccandosi ad un' altra parte. Ma c' era la Russia : guerra, no, non vale la pena. Dunque un trattato. E i due compari si sono intesi: chi non la intende alla medesima maniera sono i Persiani, e già nel Parlamento di S. M. lo Sciah (hanno il parlamento anche quei poveracci) la voce di protesta si è fatta udire.-Inglesi e Russi col loro trattato mi• nacciano la indipendenza della Persia. Pensateci : Pensiamoci !-Il monito dell'onesto persiano dovrebbe fare riflettere i diplomatici Europei. Noi non crediamo ad un pericolo giallo, ma se pen · siamo all'opera del Giappone in Corea, ed alla potenza Giapponese; se pensiamo che la Imperatrice dalla Cina dichiara cbe i sistemi d' armi e di eserciti Europei valgono la. pena di essere studiati e seguiti; se pensiamo allà lat1:mte rivoluzione nell'India, alle diffidenze del Tibet, alle proteste della Persia ; non possiamo fare a. meno di concludere che l'Europa farebbe bene a pensare a' casi suoi, chè a troppo tormentare il can_e che dorme si rischia di svegliarlo .... e di esserne morsi. E' chiaro? + Il problema della magistratura nell'ora presente. -- Ai lettori -.;he non lo sapessero o non lo ricordassero facciamo noto che il bellissimo articolo che sotto questo titolo venne pubblicato nell' ulimo nu mero della Rfrista è dovuto a persona per doppio titolo competente: Vincenzo Galante, infatti, è un magistrato ed insegna procedura civile nell'Università di Napoli. E' giovane di anni; ma è maturo per gli studi e per la esperienza. Che fortuna pel paese nostro se molti fossero i magistrati e gl' insegnant,i che lo rassomigliassero ! NOI + Lo sciopero generale, - Mentre la Rivista è in pagina, ed il Direttore è lontano , ci giunge notizia dello sciopero generale di Milano, spontaneamente cominciato in un momento di eccitazione e degli scioperi meno spontanei di altre città. La causa, uno dei soli ti conflitti che stavolta è avvenuto non in piccoli centri del m6zzogiomo, ma nella città che giu-,tamente si dice a capo del movimento civile italiano. Le narrazioni del fatto che cagionò il conflitto è data col solito clichè : una fitta sassai uola da parte della folla e il solito fuoco di fila da parte dei carabinieri. Nè l'agitazione sembra interamente cessata: anzi si minaccia nel caso che si punissero i ferrovieri aderenti al movimento, lo sciopero generale ferroviario è quello delle altre categorie di operai che avverrebbe fìlimulta neamente in tutta. Italia. Ci limitiamo per ora ad un semplice voto: che si trovi modo di calmare un'agitazione che per il latente malcontento contro il rincaro dei vi veri e dei fitti potrebbe preparare dolorose sorprese conducendo il noatro paese a tumulti di cui non è possibile misurare nè la portata nè le conseguenze, av.
510 l{ I V 1STA 1-' OP O LARE Austria e Italia ( Risposta necessaria ai critici) Il mio articolo sui rapporti tra l'Austria e l'Italia e sull'attitudine della democrazia nostra verso la prima pubblicato nella Rivista del 25 settembre mi ha procurato le critiche di alcuni amici carissimi e le sciocche calunnie di un irredento. Alcuni amici repubblicani mi hanno scritto privatamente e con preghiera di non pubblicare le loro lettere ; Salvatore Barzilai invece mi ha indirizzato una lettera da pubblicare e che pubblico nel corpo di questo stesso articolo. L'irredento ha tentato calunniarmi nella Vita di Roma. Rispondo a Barzilai e all'irredento; e la risposta che a loro do, anzi quella sola, che indirizzo al primo, naturalmente vale anche per gli amici che privatamente mi mossero dei rimproveri. L'amico deputato repubblicano scrive: CarissimoColajanni, Leggo troppo tardi, to1·nando in Roma, il tuo articolo sulla Democrazia Italiana e l'Austria, per poter fare in tempo una lunga risposta. Del resto nella mia lettera al Giornale d'Italia, successiva ali' intervista col Sobrero, che tu leggesti dopo scritto l'articolo e della quale prendi nota nel tuo poscritto, io credo di avere illustrato il mio pensiero sulla questione in modo che nessun equivoco possa cadere sopra di esso. E citando brani di miei discorsi parlamentari, che risalgono fino al 1895, credo di avere ,-d<?cwnentato nel modo più limpido la continuità del mio pensiero al riguardo, il quale può nelle attribuitemi attitudini d~plomatiche trovar nonna e misura nella esp1·essione, ma nessuna certo nella sincerità del sentimento che lo ispira I E il mio pensiero è questo: Non una politica di guerra con l'Austria; ma nemmeno politica di rinuncia. Nella seduta parlamentare del 15 dicembre '903 io ho definito questo punto di vista con queste parole, alle quali non sento oggi il bisogno di togliere o di aggiungere una virgola sola: « Si è rinfacciata a noi parecchie volte e anche in tempi recenti, e voi vi accennaste nell' ultime parole del vostro discorso, una contraddizione. Voi vorreste, si dice, una politica aggressiva verso l'Austria e non tenete conto non solo che l'Italia non è preparata ad una politica di questa natura, ma magari propugnate una riduzione dell'armamento >>. « E' questa la contraddizione che taluni si argomentano di dichiarare essere nei nostri pensieri e nei nostri programmi. Ora io colgo l' occasione per riaffermarvi ciò che anche altra volta ebbi occasione di dire su questo tema. A parte che la vostra politica estera da vent'anni fa rotta opposta a quella che per me potrebbe spiegare i maggiori sacrifici per le armi, questa contraddizione esisterebbe quando? Quando noi facessimo propaganda per una lotta di rivendica,.,ioni bellicose immediate >). cc Io ricordo che in un momento assai solenne della mia modesta carriera politica, quando una lotta assai aspra e che ebbe qualche eco anche fuori d'Italia, si accentuava in Roma, io ignorato, e raccomandato solo all'idea che in quel momento si aggiungeva al mio nome, dissi con piena coscienza ciò che anche dopo quattordici anni posso ripetere oggi. Giosuè Carducci aveva scritto da pochi mesi, ed io ripeteva nella occasione di un comizio in cui pareva aleggiassero solo i propositi estremi : cc noi non vogliamo .condurre la Patria non preparata, a contrasti non conosciuti I >) Noi non abbiamo perseguito e non perseguiamo, quando portiamo alla Camera i fatti di Innsbruck o quando vi parliamo delle offese al sentimento nazionale o ai diritti dei cittadini italiani malmenati nell'impero alleato, noi non portiamo qui la politica della guerra, la politica delle rivendicazioni ad ogni costo, la politica che possa costringere l'Italia a quelle avventure, per fronteggiare le quali ci vorrebbero le gravi cose, che ha detto l'onorevole Tittoni a cominciare dal mutamento del Ministero! Noi vogliamo oggi più modesti, un'altra cosa, e cioè la conservazione del sentimento e della idealità nazionale: vogliamo che la politica ìtaliana sia così avveduta, da trovarsi non del tutto fuori di strada, per il giorno che i fa ti possano ma turarsi >>. « Vogliamo una politica, la quale abbia una finalità ultima, mentre, onorevole Tittoni, la politica italiana del giorno che corre, è una politica, che ha un contenuto soltanto formale e che ondeggia in un modo strano dall' uno all'altro obbiettivo, senza raggiungerne alcuno >>. • « Noi non pretendiamo di dar fuoco alle. polyen e di travolgere, come taluno qualche volta 1ro111camente si argomenta di dire, l'Italia in un prossimo incendio, in una conflagrazione non lontana, noi domandiamo che le ragioni della nostra esistenza nazionale siano rispettate, siano considerate, siano inspirazione della politica del Governo >>. J.vf a tu potresti ripetere che io ho obbligo di segna1·e con maggiore precisione il programma di politica estera della Democraz_ia italiana. Ebbene posso dirti che poco più di un anno fa, editore un amico, che fu per lungo tempo redattore capo della tua Rivista , ho a1JUtola. malinconia d~ pubblicare anche un opuscolo con le linee somme dt questo programma. E mentre il Temps di Parigi e~ il Figaro e il Tageblatt di Vienna ne facevano-bonta loro - argomento di articoli di fondo, nella democrazia nostra nessuno se n'è dato per inteso. Credimi cordialmente Roma 30 settembre 1907. tuo BARZILAI Il carissimo amico politico e personale, come si vede dalla sua ultima parola, mi rivolge un rimprovero: quello di non avere tenuto conto di un opuscolo pubblicato da Arturo Catelani, l' antico segretario di redazione della Rivista popolare nel quale egli aveva anticipatamente soddisfatto il desiderio da me manifestato ultimamente di delineare con maggiore precisione il programma di politica estera della democrazia italiana. Mi sono immediatamente rivolto a Catelani dolente che mi sia sfuggito lo scritto, cui Barzilai mi rimanda, deciso a fare ammenda onorevole della mia disattenzione, di cui sinceramente mi rammarico , perchè io sono tra coloro che maggiormente apprezzano l'agilità dello spirito del Deputato di Roma e ne seguo con amore le manifestazioni, specialmente quell~ cl~e egli n~ dà nei s~oi discorsi alla qamera r1cch1 sempre d1 verve e d1 acute osservazion1. Avuto l'opuscolo (r) la mia coscienza si è tranquillata p~rchè in s?stanza nulla i_n es~o ~i con.- tiene che 10 non abbia ascoltato nei su01 d1scors1. I pensieri sempre profondi di Giuseppe Mazzini su di una politica italiana nei Balcani di riuscire ad una federazione di Slavi e di Rumeni mi erano noti; anzi alcuni anni or sono li rievocai qui stesso a prova nella vastità della sua mente, che antive- (1) La politica estera e i partiti popolari. Roma 1906. Biblioteca A. Fratti.
RIVISTA POPOLARE 511 deva alcuni interessanti problemi anche prima che dinanzi agli occhi degli altri fossero posti: Ma ben altra Italia occorreva perchè essa avesse potuto esercitare in Oriente ìa sapiente politica mazziniana; sarebb.! stato necessario almeno che dalla guerra monarchica del 1866 ignominiosamente condotta dal Grrrran Re l'Italia non fosse uscita menomata di autorità morale, stremata di forze materiali e senza confini orientali di facile difesa. Salvatore Barzilai è troppo imbevuto di spirito positivo perchè egli possa pretendere una politica estera difforme dalle condizioni presenti, di fatto. I fatti, specialmente quelli del genere di cui ci occupiamo, non si possono modifìcare coi desideri e improvvisamente. Certe situazioni desidet ate talora, sfuggita una data occasione, non si riesce più a crearle; in ogni modo occorre una lenta preparazione o l'azione dell' imprevvisto, cui as~egno molta parte negli avvenimenti, umani, perchè a qùelle desiderate situazioni. Il Deputato per Roma nello stesso opuscolo fa delle considerazioni amare e non infondate sulla Triplice alleanz.a - su questa strana alleanza che pesò tanto e pesa ancora sulla nostra politica e che sembra una specie di ricatto, poichè la continuazione della medesima ci viene imposta colla minaccia di una guerra il giorno in cui noi volessimo uscirne. Così è. E. Barzilai consiglia di preparare una situazione politica, che ci consenta un giorno di uscire dalla Triplice senza che alla guerra si venga, come la Russia uscì a suo tempo dalla Triplice imperiale senza venire a rottura bellicosa coll'Austria e colla Germania. Non interloquisco sulle origini della Triplice perchè voglio discorrere della politica presente e non fare la storia del passato; nè espongo le obbiezioni che mi verrebbero facili alla mente sulla analogia della situazione tra la Russia di 25 anni orsono e l'Italia di oggi. Non pare all'animo che all'una poteva essere lecito ciò che oggi riuscirebbe pericoloso ali' altra. In ogni modo nell'opuscolo in discorso campeggia questo pensiero materiato di prudenza politica: e< occorre avviarsi ad un nuovo e diverso orienta- « mento, non col proposito di assalire, ma con quello « di guarentirci dall'assalto o del pericolo di essere cc trascinati fìno al limi tare di una guerra impose< si bile ». Questo pensiero è ripetuto e lumeggiato meglio in un altro discorso di Barzilai del 18 dicembre 1906 pronunciato nella Camera dei Deputati e<l ascoltato da me religiosamente. Mi consenta, quindi, l'amico che io allarghi la discussione e mi riferisca precipuamente al discGrso del 1904 perché è posteriore ali' opuscolo ed anche più analitico. Mi associo pienamente all'arguta distinzione tra le due categorie d'irresponsabilità fatte nel 1906, e trovo che maggiore responsabilità nei rapporti tesi tra l'Italia e l'Austria sia per lo appunto quella degli irresponsabili per destinazione di legge. La non restituita visita in Roma dell'Imperatore Francesco Giuseppe, le manifestazioni clericali della sua Corte, le accoglienze fatte da Vittorio Emmanuele 3° alla bandiera degli Irredenti e l'influenza antiaustriaca reale o immaginaria, che sul suo animo si crede che venga esercitata dalle piccola Corte del Montenegro per mezzo dell' eterno feminino reale , ecc. sono al certo tra le maggiori responsabilità degii irresponsabili per destinaz.ione di legge. Perciò Barzilai ed io siamo repubblicani: perchè vogliamo eliminate queste pericolosissime irresponsabilità. Per valutare al giusto le successive mie osservazioni intanto rilevo le norme d'indole generalissima date sotto forma assiomatica dal mio cortese contraddinore. Disse Barzilai nel 1906: la politica estera é una scienza esatta come la matematica nel proporzionare i mezzi ai fini; supremamente relatitia nel giudicare degli atteggiamenti, che devono proporz.ionarsi alle variabili condizioni; è strumento che dev' essere maneggiato ispirandosi a sentimenti e repugnando sempre da sentimentalismi ». .L'ottusità della mia mente non mi fa afferrare la differenza tra una politica che deve ispirarsi a sentimenti repugnando sempre da sentimentalismi. Sarà troppo profonda pel mio comprendonio; avrei capito meglio se avesse consigliato una politica inspirata a sentimenti o repugnante da sentimentalismi. Per parte mia mi sembra poi più positiva una politica, che a seconda delle circostanze e anche in momenti successivi, s'inspiri a sentimenti o ripugni dai sentimentalismi, per quell'aborrimento che ho per abito scientifìco per l'assoluto in contrasto coll'ossequio· al relativismo, cui, rùi pare, che renda omaggio anche Barzilai nel secondo comma della sua norma assiomatica dove parla degli atteggiamenti della politica estera da proporz.ionarsi alle variabili condiz.ioni. Ora a me sembra per lo appunto che la politica estera italiana da alcuni anni segua questo criterio e che non merita, perciò, le critiche acerbe del Barzilai. Ad esempio : siano quali che si vogliano i risultati generali ed assoluti della Conferenza di Algesiras - e non furono del tutto inutili, come spes-,o si afferma; ma è certo che quell'atto diplomatico dette occasione ali' Italia di adattarsi bene alla contingenza del momento, segnando opportunamente i limiti della Triplice alleanza. Non per nulla la Germania all' indomani ed anche durante la conferenza ci mostrò il suo malumore. Fermiamoci ancora su questo punto. Barzilai nel 1906 saviamente ricordò in quale modo poteva e doveva interpretarsi la Triplice allean{_a. Aggiungo, che in un altro senso in altro suo brillante discorso egli aveva distinto le tre fasi della Triplice: quella pacifica e defensiva di Deprc tis; quella turbolenta e intraprendente di Crispi; e l'altra che si segue attualmente. Le sue preferenze - e sono anche le mie--dato che una Triplice debba esistere, erano per la prima fase; biasimò - e biasimai sempre anche io - la seconda ; non si contenta della terza. E qui dissento. Prima di chiarire il dissenso è bene aggiungere che Barziìai opportunamente ha ricordato che le alleanz.e non bisogna intenderle come legami assoluti e fatali tra due o più nazioni , che debbano vincolare tutta l'azione dei singoli contraenti: tali vincoli verrebbero spuzati dalla volontà dei popoli, se essi ledessero i loro sentimenti più vitali ed anche i loro sentimenti più profondi. L' azione spiegata dalla democrazia italiana nel 1870 quando gl'irresponsabili per destinaz.ionedi lfgge, cioè Vittorio Emmanuele 2°, volevano trascrnare il paese nella· guerra contro la Germania per essere travolto nella catastrofe di Sedan, o per vederci indefinitamenle sbarrata la via di Roma nel caso che l' aiuto italiano avesse mutate le sorti della guerra e salvato l' Impero napoleonico, costituisce un buon esempio del come ia politica esteré:l possa essere deviata dalla corrente, nella quale vorrebbero incamminarla gl' irresponsabili, con o senza trattati. Barzilai bellamente sottolineò il suo modo d'int1:ndere i trattati in genere e la Triplice alleanz.a in ispecie colle parole e cogli atti di Bismarck, coll' esempio della Germania e dell' Austria-Ungheria.
512 RIVISTA POPOLARE Barzilai ammonì il nostro ministro degli esteri il 18 dicembre 1906 in questi termini: « Guardi, onorevole Tittoni, quale insegnamento per regolare i rapporti con l'Austria-Ungheria le _dà ancora, ed ho finito, il massimo uomo di Stato della Germania, un uomo, che, si noti, aveva tanta fede nell'alleanza con l'Austria, che voleva da principio fosse incorporata nella costituzione dello Stato. Egli diceva: « io desidero i buoni rapporti con l'Austria, ma conosco le forze che presiedono alla politica viennese. Esse sono più complica.te delle nostre a causa della diversità delle nazionalita, delle divergenze tra loro , delle loro aspirazioni, della influenza clericale e delle tentazioni, che nascondono i paesi del Danubio e le regioni dai Balcani al Mar Nero. Noi non abbiamo il diritto di abbandonare l'Austria, ma non bisogna da altra parte perdere di vista la possibilità di essere abbandonati dalla politica· viennese. La direzione della politica tedesca, se essa vuol compiere il dover suo, deve rendersene conto prima che l'evento si avveri ». · Aveva pure ricordato, a dimostrare la grande relatività dei Trattati che nè la Germania nè l' Austria si ritennero legati da quello che reciprocamente li univa, nel venire esse ad accordi separati colla Russia. Ad imitazione di questi esempi egli consigliava accordi separati ed una buona intesa colla Francia e coll'Inghilterra; per gli accordi con quest'ultima specialmente invocava il giudizio di Bismarck, che ha scritto: « L'Italia non deve attendere la tutela della sua integrità territoriale nè dalla Germania, nè dalla Austria; la sua integrità non può essere confidata , che alla cooperazione armata dell'Inghilterra ». E infine conchiuda sulla politica estera vagheggiata con queste precise parole indirizzate sempre all'on. Titfoni: <e Io vi dirò che anche noi vagheggiamo la pace, ma una pace diversa. In Europa vi sono oggi tre Stati, l'Inghilterra, la Francia e la Russia, che, o per volontà delle forze democratiche del paese, o per necessità sono rivolte ad una politica di pace, e le ultime divergenze tra l'Inghilterra e la Russia stanno per essere spianate. Noi crediamo che l' Italia, accanto a queste potenze, potrebbe e dovrebbe tutelare ed imporre una pace, libera dalle ansie e dai sacrifizi di quella alla quale voi prestate le vostre garanzie J>. Ma siamo sinceri amico Barzilai: la politica, ch'è stata derisa sopratutto dai democratici e dai reazionari ad una volta - e che è stata attaccata specialmente in Germania come la politica dei valzers, non è quella che segue il governo italiano da qualche tempo in qua? E questa politica estera non è quella da te delineata e vagheggiata? L'Italia non ha fatto di tutto, se non coi trattati scritti, almeno cogli atti reali , per avvicinarsi , per raggiungere l' entente cordiale colla Francia e coll'Inghilterra? Il contegno nostro nella Conferenza di Algesiras, precedentemente ricordato, non è la più evidente affermazione su quei limiti e su quella relatività dei trattati - e in questo caso del trattato della Triplice - come tu hai delineato nel secondo comma della tua norma assiomatica di politica estera? E allora, perchè brontolare, perchè criticare, perchè invocare una politica diversa? Tu inneggi alla politica di pace: ma quella del governo italiano non è essenzialmente pacifica ? Nella lettera graditissima che mi hai indirizzata ci tieni ad affermare la tua sincerità. Ma le tue critiche m' indurrebbero a pensare che tu desiderando una politica diversa verso l'Austria sinceramente non vuoi la pace. E che tu non la voglia si comprenderebbe pensando che sei un irredento, nel cui animo non può essere spento j} nobile desiderio di vedere unita Trieste all'Italia; ma che in fondo sinceramente tu yoglia una politica diversa dall'attuale, eh' è di pace, si argomenta meglio dalla riproduzione nella lettera di ora del tuo discorso assai meno prudente del I 903, nel quale consigli una politica che non sia di rinuncia; di rivendica 1 ioni ... non immediate. Ecco l'equivoco; ecco i pericoli. Quando si vuole sinceramente una politica di pace, non si deve consigliare la formula negativa di una poli ti ca non di rinuncia. Per farla si va alla politica di ripicchi, di punzecchiature, di risentimenti, di proteste, di rimprovèri reciproci , che Gnisce catastrofìcamente; e finisce: o con ritirate umilianti come quella della Francia dopo Fashoda e di Guglielmo 2. 0 dopo la calata a Tangeri; o con una guerra. Confessare che non fai propaganda per una lotta di t'ivendicazioni bellicose immediate è lo stesso, che avvertire il· nemico designato, allarmarlo e farlo preparare pe1 momento in cui le rivendica1ioni bellicose diverranno ... immediate. Ora l' Austria sa che molti pensano· come te; che le tue idee sono divise da molti; che sono divise sopratutto dal maggiore irresponsabile per destina 1 ione di legge; e l' Austria si prepara pel giorno in cui le rivendicazioni bellicose diverranno immediate ... D' onde l'anomalia da te rilevata, ma di cui tu hai una particella di paternità o di responsabilità, di un'alleata, che tutta la sua preparazione militare volge senza misteri, apertamente e lealmente, contro l'altra alleata del momento! ♦ Passo sopra a minori dissensi, accennando solo a questo: tu non vedi il pericolo per la italianità nella Germania 1 mentre io lo vedo precisamente nella Germania e vengo al punto più importante nella discussione sulla politica estera. Nella tua norma assiomatica di politica estera nel primo comma affermi: essa è una scienza esatta come la matematica nel proporzionare i mezzi ai fini. L'intervento della matematica è assai discutibile; ma passo sopra alla forma per venire alla sostanza. L'accordo mio è completo nella massima; non lo è nell' applicazione che gl' irredentisti più o meno larvati e quelli che vogliono le rivendicazioni bellicose, sebbene non immediate, ne fanno ogni giorno. Del proporzionamento dei MEZZI AI FINI ebbimo esempio magnifico nella politica di Bismarck e di Moltke, che prima si svolse ai danni dell' Austria e poscia più terribilmente ai danni della Francia. Non occorre ricordare quale fu. Esempio pm recente, veramente magnifico, di questa politica del proporzionamento dei MEZzI AI FINI ce l'ha dato il Giappone. L'Impero •del Sole Levante all'indomani della guerra vittoriosa contro la Cina nel 1894-95 rimase mortalmente ferito dall'aggressione iniqua venutagli dalla Russia, che con Port Arthur gli strappò il miglior premio della vittoria. Il Giappone in silenzio subì l'affronto, ma si preparò fortemente per vendicarlo; e così in pochi anni dal 1899 al I 904 spes~ straordinariamente oltre 600 milioni - equivalente per molte ragioni a circa due miliardi per noi - nella sola marina da guerra. Quando si sentì militarmente forte, come si sentiva forte del suo diritto, intimò alla Russia di sgombrare dalla Manciuria e di restituirla alla Cina. Dalla intimazione si passò alla guerra coi risultati ben noti, che non c' è bisogno di rievocare. Gli Italiani che aspirano ad unire Trento e Trieall' Italia con serietà e senza esporre la nazione ad una tremenda catastrofe dovrebbero imitare il Giap- .
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==