Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 18 - 30 settembre 1907

... RIVISTA POPOLARE 499 samente simili - (tranne, naturalmente, le case delle classi più povere),_:_ perchè _il disegnatore mai si ripete quando ne ha il mezzo. La lezione che egli insegna è quella di perfetto gusto combinato con un'inesauribile varietà. Gusto l - che cosa rara nel mondo occidentale! - e come indipendente dal materiale, - come intuitivo, - e come incomunicabile al volgo I Ma il gusto è un diritto di nascita giapponese. Esso è presente dovunque, - sebben variante in qualità di sviluppo secondo le condizioni e l' eredità dipendenti dalle condizioni. La media occidentale conosce solamente le più comuni forme di esso, - principalmente quelle rese familiari dall'esportazione. E, come regola generale, ciò che in occidente più s'ammira del gusto convenzionale giapponese è ritenuto piuttosto volgare nel Giappone. Non che noi erriamo nell'ammirare qualunque cosa bella in sè. Anche i disegni stampati a colori su tovaglie da due centesimi possono essere realmente grandi pitture: essi sono a volta fatti da eccellenti artisti. Ma la severità aristocratica del miglior gusto giapponese - la squisita complessità delle sue raffinatezze nel determinare proporzioni, qualità, toni, forza - non è stata ancora mai sognata in occidente. In nessun luogo questo gusto è così finemente mostrato come negli interni privati, - particolarmente riguardo al colore. Le regole di colore nella composizione d'un insieme di stanz;e non sono meno esigenti delle regole di colore nella maniera di vesti re, - benchè permettano una considerevole varietà. I semplici toni d' una casa privata bastano ad indicare il grado di cultura del proprietario. Non v' è pittura, non vernice, non carta da parato, - solamente cura di particolari, ed una specie di lista di carta larga circa quindici pollici fissata lungo il fondo del muro per proteggerlo durante le operazioni d.i pulizia e di spolvero. L'intonaco può esser fatto con sabbie di differenti colori, o con frammenti di conchiglia e di madreperla, o con cristalli di quarzo, o con mica; la superficie può imitare il granito, o può sfavillare come pirite di rame, o può rassomigliare esattamente ad un ricco ammasso di corteccia d'albero; ma, di qualunque materiale, la tinta data deve mostrare il medesimo impeccabile gusto che regola le tinte delle sete per abiti e per cinture..... Eppure tutto questo interiore mondo di bellezza - proprio perchè e un mondo interiore - è chiuso al viaggiatore estero: egli può trovare tutto al più qualche sug~estione di esso nelle camere di qualche albergo ant1q1;ato. o casa da the, che egli può visitare nei suo v1agg10. ♦ Vorrei sapere come molti viaggiatori comprendano il fascino d'un albergo giapponese, o che pensino di quanto si fa per piacere a loro, non solamen te in fatto di attenzioni personali, ma nel produrre la bellezza per i loro occhi. Molti scrivono delle loro piccolissime vessazioni, - della loro personale conoscenza con pulci , delle loro personali antipatie ed incomodi; ma quanti scrivono del fascino di quell'alcova dove ogni giorno son cambiati i fiori, - disposti come nessun fioraio europeo potrebbe apprendere a disporre fiori , - e dove vi è sicuramente qualche oggetto di arte vera, sia di bronzo, di lacca , o di porcellana , insieme ad un dipinto adatto al sentimento del tempo o della stagione? Queste piccole gratificazioni estetiche, benchè mai messe in conto, dovrebbero essere benevolmente ricordate quando si fa il dono della « moneta per il the ». Io sono stato in centinaia di hote/s giapponesi e ne ricordo solamente uno in cui non potetti trovare niente di curioso o di grazioso, - una barecca edificata in fretta in una stazione ferroviaria recentemente aperta. Una parola intorno all' alcova della mia stanza in Osaka: - Il muro era coperto solamente con una mistura di sabbia e limatura metallica di una certa specie, ma da sembrare una bellissima superficie d'argento minerale. Al pilastro era fissata una coppa di bambù contenente un paio di squisiti rami di wistaria in fiore, - uno roseo e l' altro bianco. Il kakimono, fatto con pochi ed arditi colpi da un pennello maestro, rappresentava due enormi granchi prossimi a combattere dopo aver cercato invano d' allontanarsi ciascun~ dal cammino dell' altro, e l' humor della cosa era fatto risaltare da pochi caratteri cinesi che significavano Woko-sekai, ovvero: « Ogni cosa va storta in questo mondo ». VII. L' ultimo. mio giorno di Osaka fu impiegato a girare per i negozii, principalmente nei quartieri dei costl uttori di giocattoli e dei mercanti di seta. Un conoscente giapponese, negoziante anch' esso m'accompagnò in giro, e mi mostrò cose straordinarie finchè i miei occhi non si dolsero. Andammo in una famosa seteria, - un posto tumultuoso così affollato che noi avemmo qualche difficoltà a farci strada per arrivare al pancone, che in ogni bottega giapponese serve a sua volta da sedia e da banco. Ventine di agili fanciulli dai piedi nudi correvano su di esso, portando pacchi di mercanzia ai compratori ; perchè in tali negozi non v' è nessun scaffale. Il commesso giapponese non abbandona mai il suo posto dov' è accosciato sulla stuoia; ma, sapendo ciò che si desidera, egli grida un ordine, ed i ragazzi corrono subito a voi con le braccia piene di campioni. Dopo che avete fatta la vostra scelta, la merce è ripiegata un' altra volta dai ragazzi , e trasportata nel deposito protetto dagli incendii dietro la bottega. Dllrante il tempo· della nostra visita, la maggior parte dello spazio del pavimento coperto di stuoie era una splendida scintillante confusione di sete e velluti in agitazione , di un centinaio di colori e di un centinaio di prezzi. Presso l'entrata principale un sopraintendente attempato, paffuto e gioviale d'aspetto come il dio della ricchezza, guardava l'arrivo dei compratori. Due uomini di acuta vista, sur un'elevazione nel mezzo della bottega, e lentamente giranti in opposte direzioni, sorvegliavano per i ladri; ed altri guardiani erano appostati ad i lati delle· porte. (I ladri di negozii giapponesi, tra parentisi, sono molto abili ; e m' è stato detto che quasi ogni grande deposito perde considerevolmente per essi nel corso dell'anno). In un'ala dell'edificio, sotto nna debole luce, vedo file d'impiegati affaccendati, cassieri e corrispondenti seduti davanti a piccoli scrittoi alti meno di due piedi. Ciascuno dei numerosi commessi attende a molti compratori alla volta. Il movimento degli affari era grosso; e la rapidità con la quale il lavoro era fatto attestava l'eccellenza della organizzazione stabilita. Domandai quante persone la ditta impiegava, ed il mio amico rispose : « Probabilmente circa duecento qui: vi sono parecchie case succursali. In questo negozio il lavoro è molto duro: ma le ore di lavoro sono minori che nella maggior parte degli altri negozii di seta, - non più di dodici ore al giorno ». « Quali sono i salarii ? » domandai. « Nessun salario >>. « Tutto il lavoro di questa ditta è fatto senza paga? >> « Forse uno o due dei più abili commessi guadagna qualche cosa, - non propriamente un salari~, ma una piccola rimunerazione ogni mese ; ed 11

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