Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 12 - 30 giugno 1907

.. RIVISTA POPOLARE 315 eccellenza ed egli che sapeva vincere e comandare, dovette assistere alla disfatta altrui e per alto pa • triottismo provare che sapeva anche obbedire a chi era indegno del comando. Nei libri che corrono per le mani dei giovani, di cui deve formarsi la coscienza e il carattere, il primo posto viene assegnato al Re di Sardegna, Vittorio Emmanuele. Gli si fece un grande merito di avere conservato la costituzione, che divenne il faro degli italiani, quando gli altri Principi italiani la soppressero, e di essersi messo al cime11tò di perdere il proprio Regno minuscolo per riuscire al grande Regno d' Italia. Ma a lui mancò la visione anticipata di questo grande obbiettivo; appena appena la intravvide quando Garibaldi gli donò un regno che era il doppio di quello proprio. Nè di marciare verso Roma d'Iniziativa propria volle mai saperne. Quando gl'Italiani mina~ciosi, primo tra tutti Garibaldi, gl'imposero il dilemma: o Roma o la rivoluzione, egli che non poteva più contare, dopo Sedan sull'appoggio .dell'Imperatore di Francia, per conservare ciò che gli altri avevano conquistato e gli avevano donato, si decise a fare la grande balo ussada, come egli stesso la chiamò. La fras_e posteriore : Ci siamo e ci resteremo quando si pensa ai suoi tentennamenti, alle sue ripulsioni, ad Aspromonte, al Trattato del 1 5 settembre 1864., che consacrava ufficialmente la servitù del Regno d'Italia verso il Bonaparte rimasto arbitro dei destini di Roma eterna, all'attitudine verso Garibaldi, di cui sconfessò il programma al1' indomani di Mentana - il programma di Garibaldi non è il mio, disse Vittorio Emmanuele, che chiamò fratelli i francesi di Du Failly, i cui chassepots avevano fatte meraviglie contro i garibaldini che considerò come ribelli - quella frase , diciamo, rimane co1:ne una volgare espressione retorica senza alcun contenuto di. sincerità e di magnanimità. Certamente la guerra del 1859 rappresenta un momento capitale nella storia della unificazione di Italia. Ma quella guerra costituisce il merito politico e militare di N-1poleone 3° e della Francia, che vollero diminuire ed umiliare l'Austria e lacerare definitivamente i trattati del 1815 umilianti per la , Francia .. Fu politica ardimentosa e savia ad un tempo lo avere accettato o accelerato l'intervento sui campi lombardi dell'esercito francese; ma a Vittorio Emmanuele 2° non spetta il merito dell'iniziativa - nemmeno per quel famoso e patriottico· grido di dolore, che veniva da oltre Ticino. Giuseppe Massari, lo storico monarchico devotissimo a Casa Savoja, ha dimostrato che qùella frase inserita nel discorso di apertura al Parlame:nto e che potrebbe rappresentare la scintilla, che accese la guerra, gli fu suggerita da Napoleone 3°. Se sua del tutto fosse stata la iniziativa della campagna del 1859, essa rappresenterebbe la riparazione delle colpe e degli errori, che a lui ed all'italo Amleto di rimorsi giallo, a Carlo Albertv, vanno imputati verso la Lombardia e verso l'Italia nel 1848-49. Politicamente perciò, come Bovio lo defìnì, Vittorio Emmanuele non fu che un fortunato occupatore. Con maggiore ragione Alberto. Mario, polemizzando con Fanfulla, aggiungeva: « Se, come tu « stesso confessi e riconosci, Vittorio Emmanuele « fu fatto Re d'Italia da Garibaldi capitano del po- « polo e liberatore, significa che quegli è figlio e « non padre della patria, come tu e i tuoi in un « quarto d' ora di buon umore vi siete permesso di << dire, o venite intrepidamente ripetendo>> (1). (,) Lega della Democra 1 ia 24 gennaio I 882. Il fortunato occupatore, il figlio e non padre della patria, adunque, nella migliore delle ipotesi, conservò la costituzione e pose a repentaglio il piccolo regno proprio per averne premio di gran lunga maggiore e sproporzionato al rischio. E' temerario del pari il tentativo dal punto di vista della formazione e dell'Unità d'Italia di porre il Conte Benso di Cavour alla pari con Giuseppe Garibaldi. Acquistò meritata fama il ministro di Vittorio Emmanuele per avere elevato politicamente il regno di Sardegna facenq.olo partecipare alla guerra di Crimea e per avergli assicurato un posto dignitoso nel Congresso di Parigi 1el 1856; e per averne favorito lo sviluppo economico con arditi e utili lavori ferroviarii e idraulici potè essere abile ed accorto nel continuare la politica del carciofo di Carlo Emmanuele venendo agli accordi coll' Imperatore dei Francesi• nel 1859; gli diamo lode sincera per lo scatto e per l'indignazione contro il proprio Re quando apprese che la pace di Villafranca era conchiusa e che il Veneto restava in mano all'Austria all' indomani di Solferino. Ma che egli sia stato un precursore od un propugnatore ·dell'Unità d'Italia e che perciò possa assidersi terzo accanto a Mazzini ed a Garibaldi, è menzogna impudente, che non può e non deve lasciarsi passare inosservata. Ciò che Cavour operò contro Mazzini e che fu esposto nel Numero unico del giugno 1905 consacrato al grande genovese basta a sfatare l'artifici9sa leggenda; la parte avuta dallo stesso Cavour verso Garibaldi e la sua spedizione dei Mille e la sua campagna nel continente napoletano, completa la distruzione di tale leggenda. Alberto Mariv aveva . messo a posto le cose su questo punto; ma Roberto Mirabelli, che con A~- cangelo Gliisleri rappresenta nella parte repubblicana, la rivendicazione della verità storica, valendosi dei documenti venuti in luce dopo la morte del cavaliere della denwcrazia, ha ricostituito i fatti su di una base incrollabile, respingendo Cavour nel posto che gli spetta: molto discosto da Garibaldi e da Mazzini. (1) Si ammetta pure per dannata ipotesi che Vittorio Emmanuele e Cavour siano degni di stare accanto a Garibaldi in quanto a benemerenze nella liberazione e nella costituzione della nazionalità italiana; rimangono sempr~ altri e~ementi psi_co-moral_i che mettono Garibaldi molto 111 alto al disopra dei due. Vittorio Emmanuele, se mai, fece sacrifizi ed operò grandi cose per l'. Italia, per il suo reg!lo, per se stesso. Ganbal?1 tutto. ~ette alla patria; nulla prese per se. Lascia Napoli 119 novembre 1861 dopo avere liberato un regno, che vi~ne oc~,upato da altri non portando seco che provviste pm che meschine, qu:1 t si potevano desiderare da un oscuro marinaio o un lavoratore della terra. Vittorio Emmanuele e Cavour nulla sacrificavano delie loro intime convinzioni, pur di fare l'Italia; Garibaldi sacrifica sull' altare della patria le sue più care credenze. Egli_ repubbli,ca.~o,_rer:de grande e fortifica una monarchia, perche l 1st1tuz1one crede che possa rendere- sicure le sorti d' Italia. Cavour per servire l'Italia, attraverso il suo ~e, nulla deve dimenticare, nulla deve perdonare: V1ttorio Emmanuele lo ha colmato sempre di onori, (1) Raccomandiamo vivamente ai nostri amici di leggere lo interessaPte articolo di Mirabdli in risposla al Luzto nel Gwrnale d'Italia. Luzio ha risposto alla sua volta con uu lunghissimo articolo nel Corriere della Sera, di cui è_ dovero~o tener conto, me che non distrugge, a nostro avviso, la dimostrazione di Mirabelli : l'attenua soltanto.

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