RIVISTA POPOLARE 573 Si è lavorato sino a qui, come gli agricoltori della pianura padana, ad aprir canali e a moltiplicare rigagnoli per diramare su ogni lembo di terreno incolto i benefici di una irrigazione fe~ondatrice, usufruendo delle acque, quali che siano, che ci troviamo a portata di mano. Ma non ci siamo mai curati di esaminare se le acque siano tutte egualmente benefiche o non rechino, insieme con molto tritume ingombrante e infecondo, molti germi di male erbe , che l' agricoltore dovrà· poi faticosamente sradicare, per dare aria e luce ai rari steli della buona sementa. Basta porre il quesito per intuirne gli svolgimenti e le ulteriori inchieste, che ne derivano. L'esame delle quaìità della coltura, che noi e' industriamo a diffondere per mille meati , ci porta a chiedere d' onde venga, ossia da quali serbatoi naturali, e da quali naturali sorgenti, scenda l' onda irrigatrice che pei canali delle scuole e delle università popolari, e delle biblioteche operaie ecc., noi cerchiamo di far pervenire sino alle intelligenze più i~colte, e fino a qui le più dimenticate. ♦ Chi ha provato a collaborare per quest'opera di insegnamento popolare avrà trovato una prima difficoltà: non sapere di quali libri valersi, che gli agevolassero il compito arduo di far penetrare barlumi di scienza in cervelli, a cui mancò ogni iniziale preparazione : e non sapere quali libri suggerire a coloro, che già potessero leggere e apprendere da sè medesimi. Perfino nelle Università popolari delle grandi città, dove gli uditori rappresentano un ceto superiore di operai coltio di piccoli borghesi, le lezioni impartitevi di letteratura, di storia, di scienze, di arte, ecc., riescono, per universale confessione, di un grado troppo alto per forma e contenuto accademico, a quallo che veramente alla media degli uditori si converrebbe. E anche se l' esposizione apparisca semplice e at,traente, di rado avviene che le cose dette siano veramente quelle, che a un pubblico popolare più importerebbe di conoscere. Troppo spes8o, se un' inchiesta intima fosse possibile, s' avrebbe la lagnanza dell' assetato a cui si porge del pane, o dell' affamato a cui si offre d_el vino. Ora giustizia vuole elle ci si domandi: se di queste defic;enze di sostanza e di proporzione debbansi accusare i docenti e i conferenzieri delle popolari istituzioni , o debbasi risalire un poco alle fonti superiori della coltura contemporanea-agli specialisti, che coitivano le scienze nei laboratori o le bandiscono dalle cattedre delle università, ai letterati e ai filosofi e sociologi, che van per la maggiore e sono maestri di color che sanno ? Qnesta è appunto la mia opinione. Difficile nell' adattamento formale, e manchevole o di dubbia utilità nella sostanza rimarrà per lungo tempo ancora la coltura popolare - nonostante gli sforzi ingegnosi e le molt~plicate istituzioni per diffonderla - insino a che 'rimar1·à assente dai dotti e dalle sfere degli alti studi la preoccupazione dei bisogni popolari in relazione con l,e nuove esigenze della democrazia e della civiltà. Troppo la specializzazione delle scienze fisiche e morali ha ridotto i cultori degli alti studi a isolarsi nella loro quasi egoistica specialità, ignoranti e sprezza.tori molte volte delle altre branche dello scibile. Le nobili eccezioni (ognuno le conosce, alcune sono qui presenti e sono tanto più segnalabili alla nostra gratitudine) non fanno che rendere più sensibile l'assenza dei molti, dei troppi, che formano la generalità e dei quali appunto intendo. parlare. Questa solipsi a accademica e scientifica quasi sempre si accompagna con una ripugnanza disdegnosa a occuparsi delle questioni che, piacevoli o no, formano in sostanza la storia contemporanea. Cosi, incompresi, rimangono inetti a comprendere l'anima collettiva del loro tempo; e i loro libri, anche se fanno avanzare le ricerche speciali dei loro studi professionali, rimangono più remoti del tempo nostro e più alieni dal popolo che li circonda , che non i vecchissimi libri di Macchia.velli, di Cicerone, o di Platone. Ecco perchè, non solamente sono illeggibili per il popolo, ma noi pure, che a quei libri ricorriamo, come a fonti superiori, per attingere alimento alle nostre modeste conferenze o lezioni per le scuole e università popolari, non vi troviamo nè idee, nè insegnamenti che abbiano un addentellato coi bisogni odierni della vita popolare , e ci agevolino il difficile compito di accostare il sapere dei dotti alla mente delle moltitudini. ♦ E qui sorge spontanea la domanda: che cosa deve intendersi per e coltura popolare• ? Nel più consueto uso della parola io la vedo interpretata come una specie di e traduzione in volgare • del sapere scientifico propriamente detto: il quale nelle sue fonti originali adoperando un linguaggio suo proprio, buono solo per gl' iniziati che vennero favoriti da una lunga e adeguata preparazione, ha bisogno di una riduzione e di una traduzione ad hoc per gli operai, i contadini, i piccoli borghesi, a cui quella. adeguata preparazione maacò affattu. Anche vedo concepita la coltura popolare come una riduzione del contenuto delle singole scienze e arti a quel tantum che d' immediata utilità può servire ai lavori manuali , a cui le varie classi popolari sono adibite nelle odierne condizioni dell' industria , della nautica, della colonizzazione. Le scuole professionali serali e festive, di apprendissaggio. di perfezionamento per operai e teoriche-pratiche per capi tecnici, d'istruzione pratica pei contadini, l'istruzione diffusa del disegno e l' associazione della scuola all' officina, ed altre provvidenze ausiliarie (quali sono I' invio di gruppi di operai alle grandi E}:3posizioni nternazionali) sembrano appunto precisare i fini della « coltura popolare » nella preparazione di abili esecut01·i manuali per i vari rami delle moderne industrie e delle altre fon ti di produzione. Nel secolo dello macchine e del1' elettrico, si è sentito il bisogno di perfezionare anche codesta vecchia macchina a due mani e a due piedi, che per tanti Hecoli aveva da sola funzionato
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