Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XII - n. 5 - 15 marzo 1906

RIVISTA POPOLARE 123 dato occasione ad un grande discorso di Lockroy, che ha inneggiato ad un grande programma navale. Fu votata l' affissione di tale dis~orso. Pel 1906 il prol!etto del Ministro Thompson chiese in tutto 325 miHoni; e sono state votate senza notevole opposizione neppure da parte dei socialisti. Solo nella stampa vi fu una critica acuta di questa corsa sfrenata alla spesa da parte di A. Mater , che nell' Européen (27 Gennaio e 3 Febbraio) dimostrò i pericoli che al bilancio farà cor rere il nuovo programma navale; e questo è certo. Ma non è del pari esatto dal punto di vista militarista che l'aumento della flotta francese non sia richiesta dagli aumenti degli altri Stati, perchè questi sono innegabili. Le ingiurie dell'ignoranza La Revue générale des sciences ha organizzata una crociera touristica per visitare la Corsica, l'isola d' Elba, la Sardegna e le Baleari. La Revue des deux mondes e la Revue de Paris nel pubblicare il programma, annunziano che i <e touristi, sotto la protezione di una scorta armata, visiteranno le più curiose parti di quella terra sconosciuta e infinitamente pittoresca che si chiama Sardegna >>. Testualmente così! Or~ che certe cose si dicano e si scrivano in Italia - dove (salvo rare e onorevoli eccezioni) una allegra schiera di viaggiatori, esploratori e studiosi per modo di dire, fece del suo meglio per continuare a falsar la verità e accrescere di nuovi errori la incredibile, supina, vergognosa ignoranza italiana sul conto della Sardegna - passi. E' un fatto che possiamo per la millesima volta deplorare ma che per ciò appunto non ci meraviglia più. Ma che in Francia, proprio in Francia! dopo che il La Marmara, il Mimaut, il Valery, il Delesert, il Boullier pubblicarono nella lingua di Victor Hugo le loro opere, le quali, ad onta del tempo, rimangono ancora fra le più ponderose, geniali, sincere, e complete di quante ne furono scritte sull' isola nostra; dopo che Gaston Veullier, pochi anni addietro, fece apparire nella Revue des deux mondes una serie di articoli originalissimi e riboccanti di entusiasmo per li:l Sardegna, fa meraviglia -· e non meraviglia soltanto - leggere nella stessa Revue des deux mondes, e veder pappagallescamente ripetere da un' altra Rivista, di non minore importu.nza, un annuncio come quello dianzi riprodotto. E' stato detto con molta arguzia che gli stranieri costituiscono la posterità presente. E la posterità - è noto a tutti - aiutata da quel gran galantuomo che è il Tempo, corregge, spesso, raddrizza o cassa addirittura certi giudizi dati a vanvera su uomini e cose dalle generazioni che la precedettero. Ebbene la nostra malaventura è così grande, cosi implacabile, così crudele, che ci toglie per fino l'ultima speranza di riabilitazione. Condannati recisamente anche dalla posterità! Ora, questa specie di maledizione; questo abbominevole marchio d' infamia che grava sul nostro nome come un trìste retaggio dei nostri padri, e che continuerà ad imperversare sul capo dei nostri figli e dei nostri nipoti; questa ingiuria rovente che ci viene, tratto tratto, allegramente scagl" ata come un' ironia sanguinosa dalla incoscienza, dalla leggerezza altrui, drappeggiata nella ridicola pretesa di rivelarci al mondo come un interessantissimo e raro fenomeno; piLLche alla ingiustizia, alla diffidente ignoranza degli stranieri, è dovuta alla ingratitudine, alla immensa, alla crassa, alla cotennosa e vergognosa ignoranza italiana sulla Sardegna e le cose sue. Ed è rossore di tutti. ♦ Mi si consenta , poichè l'argomento mi cade in taglio, una osservazione che ha pure il suo rilievo. Da circa sei mesi noi assistiamo a uno spettacolo commovente di carità e di fratellanza umana che rivela tutto lo slancio, la generosita e la bontà de! latin sangue gentile. Passato il primo istante di stupor doloroso; riavutasi dal supremo sgomento che le strappò il pianto dal cuore; di fronte alla certezza crudele, terrificante della immane sventura che colpiva una delle sue regioni più infelici, l'anima della Nazione parve moltiplicarsi, allargarsi, ingigantire. Fu come lo scoppio subi:·aneo e formidabile di tutte le facoltà· migliori, di tutte le energie più belle e sante della commossa anima italiana, fuse nel bronzo di una volontà generosa e possente, instancabile, immutabile che grandeggiava quanto la sventura che le si ergeva a fronte. E la Calabria fu corsa, ricorsa, visitata, descritta, illustrata, studiata, conosciuta come non mai. Tanto che ora è quasi generalmente diffusa - e va sempre più radicandosi - la persuasione che il recente disastro segni per la Calabria infelice l'inizio di una era nuova: quella della sua risurrezione. Ed auguriamo che così sia. Ebbene, che cosa era questa parte d'Italia, per gli iialiani, avanti la ~ua ultima catastrofe? Presso a poco quella che è sempre stata - ed è tutt'ora - la Sardegna: una regione desolata e dimenticata , cui, per altro, si risparmiarono le ingiurie le calunnie e la triste celebrità che si regalano a noi. E prima - sempre - di oggi, è mai riuscita la Calabria a richiamar soltanto un pò d'attenzione dai suoi connazionali ? E' mai riuscita a interessar qualcuno ai casi suoi? Si udivano, tratto tratto, i lamenti e :i.e implorazioni di quei miseri; ma eran voci presto soverchiate dal gran concerto degli intrighi e di altri interessi assai più vitali per il paese! l L'Italia e gli italiani avevano ben altro da pensare!!. .. Bisognò che la terra, sconvolta come da un impeto di follia criminosa, lanciasse il suo tragico appello massacrando i proprii figli! Bisognò che dalle muraglie chiazzate di sangue e dalle macerie di interi paesi crollati, sotto cui rantolavano mille agonie, si levassero con disperata potenza le voci delle vittime, come se ogni ferita , mutata per l'estremo soffrire in bocca sanguinante, urlasse tutto lo strazio, tutto l'ineffabile martirio dei sepolti vivi. Non ci volle meno! Allora - ma allora soltanto- il gran cuore d'Italia balzò ed effuse con profonda, sfrenata commozione il suo dolore - che commosse tutto il mando civile - e prodigò, con la furia cieca di tutte le giustizie tardive, le meraviglie della sua impetuosa generosità materna alla gemente figliuola derelitta. Ora, tutto ciò fa pensare con molta tristezza che la nostra pretesa unità, che le nostre strombazzate virtù civili, i nostri sentimenti umani e quella tanto vantata fratellanza che predichiamo tutti i giorni, sono cose ben piccole, ben grette ben meschine, se per scuoterci e unirci in un'opera concorde di giustizia riparatrice, se per far vibrare la corda della commozione e della bontà, se per sentirci, in una parola, uomini di cuore, abbiamo bisogno di assi_- stere prima a un disastro che facci~ spic~iare i~ sangue più vermiglio dalla carne viva dei nostri simili l

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