R1v1sT A p·o Po LARE DI Poli tic a ' Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOLEONE COLA.JANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese Italia : anno lire 6; semestre lire 3,50 - Estero : anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: C01·so Vitt01·io Emanuele, n.0 115 - NAPOLI Anno Xll - Nnm. 2 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 31 Gennaio 1906 SOMMARIO: Noi: Gli avvenimenti e g·li nomini: (Variazioni socialistiche italiane sulla repubblica - Le elezioni inglesi - Scandali italiani. Nel ministero delle poste; nel Benadir; per la caccia a Varsalona - Contro Angelelli - I difensor'i _µfficiosi di De Marinis - Antimilitarismo e difesa nazionale. Per Hervé o contro Hervé - La d0nna e la polizia in Russia -- Il Prof. Giovanni Nicolosi - Gli. esami in Ispagna .... e in Russia) -- La Rivista: Nel!' anniversario della domenica rossa - Dott. Napoleone·colajanni: Per la ver1tà sul passato e per la logica nel presente ( una lettera di Colajanni ) -· AugustoGraziani: Il disegno di riforma dei tributi locali dell' on. Majorana - Noi : Ispettorato ferroviario e anarchia ferroviaria - Paolo Morbelli: li perchè degl' ingombri delle stazioni ferroviarie in ltalia - FrancescoPapafava: Per la cassazione del processo Murri - Ugo Giusti: L~ Statistiche municipali in Italia -:-~ Luigi Marrocco: Il Sindaco) - Rivista delle ltlvtste: La stampa cinese contemporanea (North American Review) - Divagazioni sulFimperilaismo germanico e la quistione del Marocco ( La Riforma Sociale) - La quistione scolastica in Inghilterra (L' Européen) ·-- Il meccanismo delle elezioni inglesi (Grand Maga 1 ine) - [l programma del partito del lavòfò in Inghilterra ( Nineteenth Century) - Degli Esami. Il cosi~etto libero' insegnamento (La lectu,-a) - [ rivoluzionari russi (Contemporary Review)·- Moralità senza religione (Fort/m'ightly Review) - La moralità americana alla prova (Blachwood's Maga:rine) - I romazi dello Zio Sam colla scienza e colla terra (Arena) - Recensioni. GLI ftVVENIMENTI e GLI UOMINI Variazioni socialistiche Italiane sulla :repubblica. - Da qualche tempo i giornali socia- . listi Ri mostrano meno corrivi nel!' attaccare i repubblicani e la repubblica; spesso, anzi, si mostrano buoni repubblicani. Così in occasione della elezione di Armand Fallières presidente della repubblica francese abbiamo letto vari commenti, che ci hanno fatto piacere e che potremmo considerare come ortodossi dal nostro punto di vista. Uno notevole ne ha pubblicato L'Avanti I a firma di quel Paolo Orano, che nel 1904 si era assunto l' incarico di demolire i deputati repubblicani d'Italia. Egli attraverso a diversi ma e se arriva adaffermare e che il regime monarchico non è un el~mento disprezzabile nel calcolo delle forze di arresto, che agiscono contrariamente alle conquiste del proletariato. La monarchia è, in un paese come l'Italia, un organo partecipe e vitale dell'organismo politico, intanto più v1 tale ed infiuente in quanto l' organismo politico me desimo è p1·ivo di intime essenziali vfrtù e il potere di governo si trova alla mercè dei più astttti se non dei più intelligenti, dei più abili per l'iitile loro se non dei più capaci per la realizzazione di un programma civile e sociale. • Poscia aggiunge altre considerazioni, che diminuiscono la forza della precedente constatazione, che dovrebbe consigliare ai proletari una propaganda attiva contro la monarchia e tenta discreditare una repubblica. di sua coniazione e per suo uso e cons1,mo e che non è quella dei repubblicani italiani. Ma noi ci dichiariamo paghi della precedente osservazione sulla azione che esercita la monarchia e che riesce più malefica in Italia per le speciali condizioni. del suo ambiente politico. . In quanto alla elezione del Presidente della repubblica francese non sentiamo il bisogno di rilevarne I' • importanza. Anche i più reazionari tra noi sono rimasti impres· sionati dell' ordin~ , della serietà . della disciplina dei partiti nello scrutinio; delle eccellenti qualità personali dell' eletto , che si dice un uomo mediocre e che sarà anche tale, ma eh' è sempre di molto superiore a tanti citrulli, che tengono in mano il potere per diritto divino ..... In occasione della elezione di Loubet noi abbiamo accennato alla differenza tra il sistema nord-americano e q nello francese, che fa del Presidente un Re costituzionale scelto per sette anni ; e non ci ripeteremo. Oggi ci limitiamo a rilevare che l' elezione di un membro del blocco repubblicano in questo mornenfo indica non solo il trionfo definitivo della repubblica, ma anche l'approvazione data dal paese alla separazione dello Stato dalla Chiesa. Il paese ha fatto sentire la sua voce per mezzo delle elezioni senatoriali. Ciò conferma che la Francia non è clericale. Ma su questo ritorneremo , appena avremo un po' di spazio. analizzando uno studio di Sabatier. A proposito della natura deJla Costituzione della repubblica francese, che si avvicina a quella di una buona monarchia costituzionale notiamo , infine , che gli avvenimenti di Russia e l' imbroglio marrocchino, che potrà procurare al mondo ed alla Francia ingrate e dolorose sorprese hanno richiamata l' attenzione dei francesi sui diritti di conchiudere trattati che avrebbe il Presidente e che sarebbe molto analogo a quello che la Costituzione albertina col famoso articolo 5 accorda al Re d' J talia. Hanno osservato, che se fosse abolito il segreto diplomatico tutti i pericoli attuali non esisterebbero. J ean J aurès colla sua abitLtale eloquenza, con grande slancio e con grande sincerità da un lato e Gabriel SeaiJles colla antorità che p.-li viene dall'essere membro dell'Istituto e dai suoi precedenti su questo argomento hanno fatto dichiarazioni e8plicite in un grande Meeting tenutosi a Parigi la sera del 19 per discutere sulla Conferenza di Algesiras, e che fu presieduto dal più elegante e celebre scrittore vivente: da Anatole France. I due oratori giustamente sosten-
30 R I V I S T-A P O P O L A R t nero che la diplomazia di una repubblica si deve trasformare in senso democratico (1). Gli oratori socialisti e democratici del Comizio del 19 Gennaio hanno rilevato il pericolo che c'è nell'ar-· ticolo 8 della Costituzione Rivet del 1875 : Il p1·esidente della repubblica negozia e ratifica i frattati. Ne dà conoscenza alla Camera appena l'inte1'esse e la sicurezza dello Stato lo permettano. Giustamente hanno esservato che non c'è garanzia sufficiente nel seguente articolo 9: n Presidente .della Repubblica non può dichiai·are la guen·a senza l' assentimento p1·eliminare delle due Camere. Q11esto articolo è del t 11tto platonico. Quando la politica del Ministero e del Presidente ha creato una situazione bellicosa le Camere non hanno più libertà di scelta ed approvano la guerra ! ♦ Le elezioni inglesi. - Il trionfo dei liberali è stato strepitoso ed ha superato l'aspettativa; la caduta di Balfour e di quasi tutti gli ex ministri dà la misura della sconfitta dei conservatori , che saranno ridotti a proporzioni più meschine di quelle, in cui si trovarono i liberali colle elezioni di Caino del 1900, che segnarono l'apogeo di Ohamberlaine. Sulle cause del grande mutamento se ne dicono di tutti i colori. Certamente non è dovuto ad un solo fattore; vi hanno contribuito : la lunga durata degli unionisti al potere; la campagna liberista che ha spaventato i consumatori col pericolo dello aumento del prezzo del pane; l'irritazione contro la legge scolastica clericale del 1903; la fiacchezza di Balfour e i precedenti dissensi con Ohamberlaine ecc. I liberali nel ioro trionfo, però, fm;_sesaranno amareggiati alquanto dalla vittoria insolitamente numerosa dei Trades Unionisti. Il linguaggio del Daily Chronicle che si affanna a dimostrare che alcuni socialisti non sono stati eletti perchè socialisti, ma bensi pe1·chè membri del Comitato parlamentare del lavoro e perchè hanno avuto l'appoggio deJle Trades Unions e della classe operaia, in verità non potrebbe essere più scioccamente sintomatico. E quanto sia sciocco non vale la pena di dimostrarlo. Intanto ventisei deputati riusciti in tal modo si sono impegnati a costi'tuire un gruppo a parte che si occuperà dei soli interessi dei lavoratori e si asterranno strettamente dal favorire gl' interessi del partito liberale e di quello conservatore. E' doloroso, però, che socialisti come Hyndmann e Hobson non abbiano trovato un collegio, che avrebbero certamente onorato. Ciò che ci ha meravigliato assai tra. i commenti a queste elezioni è stato quello contenuto in una delle solite brillanti lettere di Olindo Malagodì alla 'lribuna. Il valoroso pubblicista, dando di buona voglia una smentita a ciò che egli ha scritto in altre numerose corrispondenze ed in un ottimo libro sulla democrazia imperialista inglese , in queste elezioni vede un profondo cambiamento nello spirito inglese; vi scorge, quasi, la condanna dell'Imperialismo! Questa induzione è veramente sbalorditiva e sorprende che possa essere stata fatta da un uomo che conosce- bene il popolo inglese e la. sua storia. Anzitutto se fosse esatta deporrebbe contro la serietà e contro tutte le buone qualità, che in modo superlativo sono state attribuì te agli anglo-sassoni. Ohe sarebbe di esse se in sei anni gli ultimi fossero passati dagli entusiasmi criminosi per l'imperialismo del 1900 - quando s'impediva ai liberali di parlare nei comizi e li si costringeva a farsi proteggere da uomini armati per loro conto e dalla polizia e si additava in ogni oppositore di Chamberlaine un pro boero, un nemico della µatria. - agli entusiasmi grotteschi per Campbell Bannermann e alla condanna dell' Impe- (1) Il magnifico discorso di Jaurès si può leggere nell' Ilumanit~ del 21 gennaio. ' rialismo? Se ne potrebbe conchiudere che l' Inglese sia un popolo fatuo, leggero sino all' indecenza e che sulle quistioni più vitali del proprio paese cambia di opinione colla stessa facilità con cui una cocotte , che vuole richiamar~ su di sè l'attenzione dei cercatori di avventure galanti, cambia di sfarzosi vestiti .. Noi saremnio lieti se cosi fosse perchè nel cambiamento vedremmo un addentellato per una politica meno mondialmente ladra. Ma disgraziatamente così non è .. L'Imperialismo inglese non è l'opera dei conservatori soli ; ma vi hanno cooperato i liberali ed è cosa veramente nazionale, Gladstone, il meno imperialista il più umanitario e nobile politico inglese, se ha al suo attivo ·l'indipendenza riconosciuta alle due Re pubbliche sud-africane dopo l\:L1j uba, ha al suo passivo la conquista dell'Egitto e il bombardamento di Ales sandria. Forse più esattamente si potrebbe dire che l' imperialismo liberale è più i pocri to di quello conservatore e che nella politica dei liberali prevalgono le quistiorri interne e in quella dei conservatori quelle estere. Con maggiore rudezza e precisione si potrebbe anche conchiudere che i conservatori fanno le bricconate e i liberali 1e consolidano: la naz.ioue tutta le sfrutta. Meno che mai si può parla.re di a.hbandouo della politica imperialista qnale imperativo c~tegorico uscito dalle elezioni inglesi quando si riflette che i liberali si sono formalmente, esuberantemente impegnati a continuare la politica estera del precedente gabinetto che in Europa è venuta all' entente cordiale colla Francia e coll'Italia coll' intenzione di .fiaccare, quandocchessia, la Germania e in Oriente ha concluso il trattato col Giappone J:.,er debellare la Russia e per conservare l'India, l'Impero per antrmomasia. ♦ Scandali italiani. Nel ministero delle poste ; nel Benadir ; per la caccia a Va:rsalona. - . Siamo in un periodo di efflorescenza di scandali che sembra vogliano fare il pendant a quel grosso scandalo politico ch'è da per se solo la esistenza del ministero Fortis, lVIira e Malvezzi. Di quello Angelilli ci occupiamo separatamente; qui riuniti in un gruppo solo rapidamente vogliamo rilevarne tre d'indole varia e in vari ambienti e che mo· strano tutti la mancanza di senso morale , che si avverte sempre più nelle clasRi politiche dirigenti del regno d'l talia. Cominciamo da quello del le poste. Sanno i nostri lettori in che consiste. Il Ministro delle Poste e telegrafi Morelli-Gualtierotti costrinse un funzionario superiore delle poste in Milauo a querelare il Tempo per diffamazione. Il giornale socialista fu condannato; ma venne la nota delle spese, molto salata: i due avvocati della parte civile-uno dei qualì ex deputato e che in grazia di questa parcella forse è stato nominato senatore, l'on. Palberti - domandarono L. 3000. Il querelante non le aveva; nè se le avesse avute si sarebbe creduto in dovere di sborsarle lui , eh' era stato comandato dal Ministro a querelarsi. L'on. Morelli-Gnaltierotti per suggerimento di un altro funzionario centrale, provvede in un modo spiccio sì.. .. ma criminoso. Prende L. 3000 di francobolli ; li fa vendere e destina la somma al pagamento degli avvocati difensori. Se l'importo dei francobolli fosse arrivato a destinazione noi avremmo un peculato consumato. Ma dal reato il Ministro fu liberato senza merito proprio per·· chè sopraggiunta la crisi e sostituito il Marseogo Bastia al .Morelli-Gualtierotti, quelli stessi funzionari rhe avevano avuto la bella e delittuosa pensata forono assaliti dagli scrupoli, la denunziarono al nuovo Ministro , prima che il prodotto del reato fosse arrivato a destinazione ; Marsengo Bastia non si sa che cosa abbia risposto; forse avrà imitato Pilato. Certo non
RIVISTA POPOLARE 31 incoraggiò a perfezionm·e il reato; perciò si ricompra rono i francobolli di di verso taglio e furono ricondotti al loro posto. . Attorno a questo reato e mezzo con~umato ci sono diversi pasticci di lettere anonime all'Avanti! che si rassomigliano meravigliosamente ad altra lettera pubblica di un funzionario al Giorna"le d'Italia; sembra pure che stia in mezzo all'imbroglio, come mez7,ano nella vendita dei francobolli, il membro di una ditta che fa affari col Ministero delle Poste e telegrafi. Su tutto pende un inchiesta. 0' è il peculato in tutto questo affaraccio? Abbiamo sentito da avvocati eminenti che non ci sia, Ma se anche non ci fosse l'intenzione criminosa dell'ex Ministro è innegabile e noi vogliamo vedere con che faccia verrà alla Oamera a rispondere a Filippo Turati , cba ha diversi conti da aggi_ustare con lui e che sarà inesorabile nell'accusa. Questo scandalo è stato denunziat0 dall' Avami ! eh' ebbe pnre il merito di scoprire le marachelle del· l'Impresa dei Telefoni. Scandalo N° 2. La denunzia· degli att.i turpi e delittuosi attribuiti a 1\1ercatelli rappresentante semiautocratico dell' Italia al Benadir primitivamente si deve all' on. Santini. Ma il depntato di Roma non fu creduto, anche, perchè con soverchia sicurezza il vice Ministro per gli esteri, on. Fusi nato , rispose che i I Mercatelli era degno di tutta la fid11cia del governo. La Vita, il valoroso q11otidiano di retto da Lnigi Lodi , che torna ad essere Il saraceno meraviglioso per la logica, per la serenità e per la finezza polemica ora che ha un giornale suo, tutto suo , ha rimesso a galla. corredandole da prove schiaccianti le imprese affaristiche e ses.rnali del Mercatelli accusato di vendita di schiavi e di godimento di achiave. Questo parvenu, del giornalismo sempre ministeriale, nonostante l'Inchiesta 0rdinata- e diciamo nonostante perchè in Italia le inchieste servono µer uaacondere la verità ed imbrogliare il pubblico -- si può ritenere che non riuscirà a salvarsi, perchè contro di lui stanno le gravissime e precise testimonianze di ufficiali dell'esercito e della marina, ai q11ali si accorda una fiducia , che si negherebbe a qualunque galantuomo a prova di bomba. Questo scandalo N° 2 insegna sernpra più e meglio che il possedimento di colonie serve a disonorare qua· lunq ue nazione. Eccoci, infine, allo scandalo N° 3. Riguarda la caccia al famoso brigante Varsalona; caccia che venne continuata per più di un anno dopo la sua ..... uccissione La ragione di questa farsa macabra è evidente: si continuava la caccia al morto perchè essa procurava lauti soprassoldi e larga disponibilit:\ di spese segrete; cioè centinaia di migliaia , forse milioni di lire , sot tratti a Pantalone e che avrebbero potuto essere impiegati assai più utilmente per dare la caccia ai tanti malandrini vi vi, che, purtroppo, infestano le campagne della Sicilia. Mentre Varsalona era più vivo che mai l' on. Oolajanni denunziò in modo aspro i procedimenti ridicoli, inefficaoi, offembacchiani come egli li chiamò e dispendiosi che si adoperavano nel dargli la caccia. E non fu creduto; e molti gli rimproverarono di occuparsi spesso della Sicilia, sempre per denigrm·la; rimprovero che gli venne mosso più apertamente e più ::1cioccamente quando egli denunziò i magistrati ignobili che amministravano o ancora amministrano la gi118tizia nelisola. L'Avanti! ha fatto bene ad occuparsi dello scandalo. Meglio farebbe a non insistere su particolari inesatti e romanzeschi, che possono diseredi tara tutto ciò che c'è di vero nella sna narrazione. Da buoni amici, poi, ci permettiamo di dirgli che non comprendiamo perchè egli ha fatto una allusione poco benevola al Delegato Gafà, che sin dal 1903 denunziò la morte autentica del brigante Varsalona e che in premio dal governo ebbe tutte le prove della più ingiustificabile malevolenza. Del pari crediamo che sbagli nel difendere un signor Lalia eh' é quello stinco di santi che nel 1893 provocò in San Cataldo un massacro per far riuscire il Oomm. Riolo candidato del governo. Questa caccia ad un .... brigante morto va ad arricchire la collana dei fatti, che attestano come il governo italiano sia il maggiore responsabile delle tristi condizioni della pubblica sicurezza in Sicilia. ♦ Contro Angelelli. - Abbiamo tacinto su di esso; forse avremmo continnato a tacere se qualche nostro amico non ci avesse fatto temere che il silenzio nostro deve attribnirsi al timore di du.rla vinta al. l' Avvenh·e d'Italia e ad altri giornali clericali . che pei pri1.n I hanno sollevato la qui.:,;tione. No; non è il timore di dare 1 Àgione ai clericali che ci fece tacere sinora: la verità per noi è seiapre tale e sempre ammirabile sia che venga da Satanasso o da S. Ignazio, anche quando l'uno o l'altro la dicano per proprio tornaconto. Ma ci trattenne la paura di dover sempre dissentire da tutti e sopratutto da coloro che hanno preso le difese dell'Angelelli, che per noi non è. degno di scusa: Potrà interessare - ed è ginsta e doverosa la relati va ricerca-il conoscere se il direttore Angelelli agi per ordine dei superiori iminediati, Doria o Oanevelli. Oiò che non è dubbio è questo : l' azione spiegata da Angelelli fu non solamente criminosa , ma anche immorale e innmana. Non c' indugia1no a spiegare perchè in q nesto caso ci sembra più ripr,)vevole la immoralità e la inumanità: basta ricordare che per i strappare al disgraziato Acciarito le sapute confessioni si speculò bassamente e turpemente sul più umano, sul pii::. gentile, sul più intimo tra gli affetti e tra i sentimenti, che albergano nel cuore dell' nomo: sul sentimento della paternità. Ora una persona che commette un reato in tali condizioni è spregevolissima: è degna di galera e del disprezzo dei propri simili; tanto più quando dell'atto mostruoso vuole farsi un merito per ottenere quattrini, avanzamenti e forse onorificenze. Nessuna pietà, adun - que, per l' Angelelli che se fosse stato un galu11t11omo anche se avesse avuto espliciti ordini dai snperiori avrebbe dovuto rifiutarsi di eseguirli; e tutto induce a credere che se Oanevelli o Doria banno responsabilità nella losca faccenda, che ricorda quelle più turpi dei peggiori governi dispotici e della Santa Inq uisizione, essa si limita all'acquiescenza: il triste merito della invenzione pare cho spetti all' Angelelli. Questi non merita nemmeno le attenuanti. Alla giustizia del Regno d'Italia - nella quale abbiamo scarsissima fiducia - ed al Parlamento l'assodare se il passato e il presente Direttore generale delle prigioni hanno, in una misura q nalsiasi , cooperato nell'infamia dell'iniquo carceriere. Se le indagini risultassero affermative la loro p\rnizione dovrebbe essere esemplare, se non si vuole gettare sull'alta burocrazia italiana un discredito , che difficilmente nello avvenire potrebbe cancellarsi. ♦ I difensori ufflciosi di De Marinis. - La Patria e il Popolo Romano sono corsi alle difese di De Marinis. Ed ai politici nella difesa, come bilancino, si è unito nn giornale scolastico: I di?'itti clella scuola. La prima ha riprodotto i giudizi favorevoli di riviste repubblicane e socialisto su qualche opera del neo ministro della Pubblica Istrnzione. Il secondo se la sbriga alla lesta e lo conforta dicendogli che alla fin fine i suoi critici non sono che i Nitti e i C0lajanni ..... Il terzo si permette questa sciocca insinuazione: « Tralasciando di ripetere qui tutti gl' inni laudativi
32 RIVISTA POPOLARE sciolti nel passato dalla Rivista popolare diretta da Napoleone Colajanni, che invece, con inqualificabile contraddizione, più ferocemente degli altri , si è oggi scagliato contro l'on. De Marinis >. (N. del 21 Gennaio). Le osservazioni della Patria non ci riguardano. Non abbiamo mai negato il valore intellettuale dell' on. De Marinis; glielo abbiamo riconosciuto anche il giorno in cui lo abbiamo attaccato; ci troviamo , quindi , in assai migliore posizione dei giornalisti che se ne sono accorti dop'.> che arrivò al ministero. Non dispiaccia alla Patria se osserviamo che nella vita pubblica per quanto si possa tenere in gran conto la coltura, si apprezia o meglio si dovrebbe maggiormente apprezzare il caratte1·e. Si dice che Giovanni Lanza seri vesse Itaglia invece d'Italia; ed è certo che egli no.i lasciò alcun trattato di s)ciofo'gia. Ma anche in tempi borgiani, come Garibaldi chiamò quelli del Processo Lobbia, gl'ltaliani s' inchinarono innanzi al suo carattere ed ammirarono l' uomo che abbandonò il seggio di Presidente della Camera per combattere da deputato la legge sulla Regia cointeressata dei tabacchi. Del disprezzo ostentato da Costanzo Chauvet verso i Nitti e i Oolajanni questi certamente si tengono onorati. Ma l' on. De Marinis, giusto perchè non è minchione, sarà di contrario avviso; sopratutto perchè ha visto all' articolo della nostra rivista che lo riguarda va fare il giro trionfale d' Italia da Venezia a Palermo, da Tori no a Bari ed essere .accolto o lodato ad un tempo dai socialisti dell'Avanti I e dai conservatùri del Giornale d' Italia , dai liberali del Corriere della Sera e della Stampa ai clericali dell' Osservatorio Cattolico. Anche il Cipriani non seppe fare di meglio nella Petite 1·epubblique che presentarlo colle nostre parole. In quanto al collaboratore dei Diritti della scuola lo sfidiamo a trovare gl' inni laudativi della Rivista popolare per De Marinis e lo preghiamo di non dimenticare che il nostro giudizio severo colpisce l'uomo politico, che ha calpestato il carattere ed ogni criterio di moralità politica. Un insegnante che non comprende che cosa sia il caratte1·e non ha diritto di varcare la soglia di una scuola e meglio farebbe ad assicurarsi il posto di lustrascarpe o di usciere alla Minerva. Comunque, le accoglienze e la diffusione, davvero straordinarie, ottenute dal nostro articolo ci hanno procurati la più viva soddisfazione, non derivata da vanità, ma perchè ci provano che gli scatti del senso morale sono ancora bene accolti nel paese. Noi ne siamo contentissimi e non p1:overemmo alcun rammarico se sapessimo che De Marinis alla sua volta è arcicontento dell'ammirazione del Popolo Romano. ♦ Antimilitarismo e difesa nazionale. Per Hervé o contro Hervé. - Abbiamo letto con vivo interesse nell' Avant'il (19 gennaio) una risposta al Cor1·iere della Sera , che poneva al giornale socialista qnesto dilemma: pel militarismo o per l'he1·- veismo'J Noi ci associamo completamente alle osservazioni dell'Avanti I sullo spirito militare e contro il militarismo. Avremmo aggiunto per tranquillare le anime timorate della borghesia, che questa progressiva e fatale sostituzione dello spirito indu~triale a quello militare è stata formulata e giustificata sino agli estremi limiti da un filosofo e da un economista, che si possono considerare come la più pura espressione della borghesia onesta, intelligente, dotta: da Spencer e da De .Molinari, che non erano demagoghi e che gli stessi militaristi si degnano di considerare come due tra le più eminenti illustrazioni della scienza. Avremmo aggiunto dell'altro sui fasti del militarismo italiano ; e forse più che dell' autorità del Senatore Pierantoni ci saremmo valsi delle polemiche formidabili di Alberto Mario col Fanfulla e colla Libe1·tà, nelle quali mostrò ben altre vergogne, specialmente nel 1866, che. non sia stata la circostanza, niente affatto disonorevole, del piccolo numero d' Italiani che presero parte alla battaglia di Solferino. All'uopo giustizia vuole che si ricordi che · non era l' Italia che combatteva accanto alla Francia, ma solo il piccolo Piemonte. Però noi dissentiamo tanto dal Corriere della Sera quanto dell'Avanti! pel modo in cui sono messi itermini del dilemma. Infatti all' uno o all'altro termine, con Hervé o col militarismo si sarebbe costretti ad appigliarsi solo nel caso in cui non ci fosse 11 n terzo termine. Noi siamo contro Hervé che rinunzia all:t difesa della patria anche di fronte all'inyasione straniern; siamo del pari contro il militarismo professionale che dissang11a le Nazioni e in 11artele demoralizza senza assicurarne mai la difesa. Stiamo, in vece, col regime elvetico, nel quale tutti sono militi; nessuno è soldato - nel senso professionale , arnese di caserma - che assicnra il paese contro i nemici esterni ed interni col minimo sacrifizio ed ottenendo il massimo risultato. Con Hervé in fondo · non si trovano di accordo nè J aurès , nè Volkmar , nè , forse Bebel. Contro Hervé stanno non solo i socialisti riformisti ; ma anche non pochi rivolnzionari. Noi crediamo, perciò, che l'Avanti! non rispecchi il vero pensiero del socialismo italiano su questa qnistione. Solo gli anarchici e gli anarcoidi - e non tutti - potranno seguirlo nella via che vorrebbe battere. Ai nostri lettori, infine, su questo argomento segnaliamo un ottimo articolo di Vittorio Piva nell'Avanti della domenica. Concorda pienamente con noi. ♦ La donna e la polizia In Russia. - Il 4.0 fa scicolo dell'opera: I Russi su la Russia, che pub blica la Casa Treves contiene: La donna 1·1issa di A. Am5ter1troff; La polizia del libero doct>nte Moskvitc; La quistione de-i contadini di A. Korniloff. Quest'ultimo studio è appena al principio e lo rias · sumeremo quando sarà terminato. E' oltremodo inte ressante lo studio sulla donna. La donna della Reggia e del mondo rivoluzionario-da Caterina la scostumata alla buona Maria Teodorovna; da Sofia Perovskaia a Vera Zassoulitch a tante altre che affrontarono l'esilio, la prigione, la Siberia, lit decapitazione per la libertà e per l' emancipazione sociale e in Russia presenta una grande varietà di tipi ; e tL1tte presentano una impronta caratteristica, che deriva dalle condizioni politich~, religiose ecc.; e ohe le fa apparire strane, talora pazzesche, al mondo occidentale. L' Amfiteatroff è partigiano della emancipazione della donna; e :su questo, sotto certi aspetti , si può dire che la Russia sta innanzi a molti dei paesi più civili dell'Occidente e dell'America. Egli cosi conchiude il suo scritto: « Si, la carne della ·rivoluzione russa è ben pronta e invano sperano gli ottimisti che un com· promesso serva ad arrestarne il bollore.... Già è prossimo il tempo in cui non solo la forma dello Stato e le condizioni politiche sottosteranno alla rivoluzione, ma anche le classi e la popolazione tutta. A tale rivoluzione sono inadatte lia riforme modeste, che fanno intravvedere modificazioni lente, e che si potrebbero chiamare la burocrazia delle rivoluzioni. Una volta, che dobbiamo tr~cciare una via al disopra della palude , non gettiamo nna strada , che fra pochi anni dovrà essere trasformata in linea ferroviaria; costruiamo piuttosto addirittura una linea ferroviaria ~. « E ancora nn ultimo paragone. La Russia non costruisce il nuovo edificio sopra un terreno vergine; per fargli il posto essa ha dovuto abbattere pietra a pietra il colossale e<iificio dell'assolutismo, già abitato da secoli. A questo processo di demolizione, che dura già da cinquantanni, le donne russe hanno collaborato senza tregua, sempre nelle prime file.... Ora è il mo-
RIVISTA POPOLARE 33 mento di ricostruire il nt1ovo edifizio. Senza di esse il nuovo dovrebbe ancor farsi a lungo attendere! Le donne russe hanno saputo così ben comµrendere l'arte di de;nolire, che nell'opera de111olitrice hanno anche attinto le forze per ricostruire! » A noi sembra soverchia la fede riposta nella forza ricostruttrice della donna russa. Se la donna russa è, quale la maggior par le dei romanzieri ce la raffigurano temeremmo che il nuovo edificio dovrebbe riuscire troppo strano, abbandonato alle loro mani Ma già gli editicii sociali, per -fòrtuna . nè crollano in un colpo, nè vengono ricostruiti tutti di un pezzo. Il nostro autore è animato da spirito ultra.rivoluzionario ; ciò si capisce tenendo conto del momento terribile, in cui scrive. Lo stesso spirito mette il Mo~kvitc nel descrivere la polizia ; e di fronte alla sua azione terribilmente nefasta qui si spiega meglio il suo ultrarivoluzionismo. Ciò che ha reso scelleratamente celebre la i-,olizia russa è l'onnipotenza malefica della polizia speciale politica. La sua organizz.azione segreta, le male arti adoµerate per fare sorgere società operaie indipendenti - cioè ai suoi servizii, - l'azione spiegata nel promovere ed organizzare i massacri di ebrei e di armeni bastano a dare· un' idea delle paure e del dispotismo dell'Impero degli Czars ; l'elenco dei libri bruciati dalla stessa polizia per impedirne la circolazione, poi , serve a documentarne la crassa, la bestiale ignoranza. ♦ Il Prof'. Giovanni Nicolosi ci scrive risentitamente perchè abbiamo attribuita. a lui una frase, che lo faceva comparire come reazionario e · nemico d'Italia. Il suo risentimento è legittimo; ma, noi, pur non pretendendo ad infallibilità, dell'errore commesso siamo irresponsabili, il periodo del prof. Vaccalluzz.o nell' articolo pubb_licato nel N° del 15 dicembre 1905 della nostra Rivista non è chiaro. Noi non abbiamo motivo di dubitare della parola del Prof. Nicolosi e senza nern meno curarei di chiedere informazioni a chi dette luogo all'equivoco sulla esattezza delle sue smentite, notiamo che egli anzichè clericale è tale da avere polemizzato con un Monsignore sull' indirizzo antievangelico della Chiesa di Roma; da avere sostenuto le teorie neodarviniane; e da sostenere , con Cattaneo, che l' inimicizia del Vaticano è la salute d'Italia! Quest'ultimo punto è veramente decisivo nella polemica e noi con piacere dichiariamo di esserci ingannati qualificando come clericaie il Prof. Nicolosi. ♦ Gli esami in Ispagna .... e In Italia.- Raccomandiamo ai lettori ul.te s' interessano del problema dell'insegnamento la. continuazione dello studio onesto e fiero sutli esami di Pedro Dorado, che troveranno nella Rivista delle Riviste. Pur troppo ciò che egli dice della Spagna ~i applica all'Italia! NOl Siamo ancora costretti,per esuberanzàdi materia, a rimandare l' articolo di G. CiMBALI su Giuseppe Mazzini e la filosofia del dovere che pubblicheremonel prossirnonumero. 'R.._imandiamaoncheper la stessa ragione la continuazione dello studia di A. ABrsso sui fattori sociali della delinquenza e l'interessante Rivista delle riviste: Il dietroscena della rivoluzione russa. Pre,qkianto vivamente ,t/li abbonali, per evitare -involontari ritardi nella spedz'zz'one della ltivist,a, di unire sempre la fascetta colla quale si· spedz'sce 'il gz·ornale quando chz'edono varzazi'oni' d' i'ndi'rz'zzo. Nella' nniversario delladomeniea rossa Iu Russia pare soffocata la rivoluzione , alla cui vittoria non abbiamo mai creduto per le molteplici ragioni che abbiamo esposto molte volte. Se la rivoluzione è stata vinta a Mosca, dove pare che avesse posto il suo quartiere generale il partito coscientemente rivoluzionario, ciò non vuol dire che nel!' Impero degli Czars l' ordine, anche quello di scellerata memoria di Varsavia, sia stato ristabilito. Tutt'altro. Nel Cau~aso, nelle provincie del Baltico, in Polonia si vede ancora la luce cupa degli incendi , si sente ii rumore delle fucilate e ·delle bombe che scoppiano e sangue umano si versa in grande copia. Nel movimento non del tutto finito manca l' unità di azione; manca sopratutto la unità dello scopo. Si battono in un punto per ottenere libertà politica; altrove sono le nazionalità che si de~tano e che vorrebbero riottenere la loro indipendenza ; in più parti la strage e la devastazione mirano a trasformazioni economiche, che talora s'invocano non in nome di Marx o di Kropotkine, ma in quello del PiccoloPadre, che sarebbe poi ... Nicola Il! Due secoli di storia pare che siano passati invano sulla Russia e si ripetono oggi le gesta di Stenko Razine e di Pougtachefl. Come avvenne sempre all'indomani di tutte le rivoluzioni fallite sono cominciate le recriminazioni tra i vinti. Sonò i socialisti che accusano fieramente i costituzionali di abbandono e di viltà, se non di tradimento, perchè non presero parte alla lo~ta armata che essi ingaggiarono contro l'au:o~ra~ia. M~ non mancano costituzionali e democratici, d1 quelli che militano sotto le bandiere di due uomini emìnen ti e insospettabili come Mil!ouk~v. e. S~ruve, che ritorcono le accuse contro 1 socialisn n voluzionari e li rendono responsabili di un possibile ritorno alla più sfrenata reazione. . . . Non è possibile per ora portare un gmd1z10 sereno suoli avvenimenti della Russia. Parlano troppo alta~1ente le passioni più ardenti e gli interes:,i più vitali; non è possibile a molti di parlare !iber_amen!e e dobbiamo contentarci di quei racconu dei corrispondenti dei giornali autorevoli, che sono fatti più di menzogne che di verità. . E sino adesso da un anno buono. 11 record nella ' , menzoana e nella esaaerazione è stato tenuto dalla stamp~ inglese ' cheb non soddisfatta I di ve_dere l~ Russia fiaccata dalle cento sconfitte subite nei campi della Manciuria, l'annunzia decimata dalle battaglie interne. Comunque da ciò che co~osci~m_o _attua~m~nte è lecito argomentare che se a1 sociahsu e a1 nvoluzionari si deve il manifesto del 30 ottobre 1905 strappato allo Czar e alla sua 'igaominiosa Cor:e ~i Granduchi e di Generali, si deve, forse, ad essi, 11 ritardo nella realizzazione delle promesse nel medesimo fatte e forse il ritorno definitivo alla reazione. La loro pretesa di volere cooperanti in una rivoluzione economico-sociale radicalissirn~, che deve arrivare al collettivismo e all'anarchia, i costituzionali e i democratici, che all' uno o all' altra sono decisamente opposti, che hanno un ~rogr~n~m~1a~solutamente antinomico a quello dei soc1al1st1 rivoluzionari è una vera follia. I loro rimproveri rassomigliano a quelli che si possono volgere ad un nemico,
34- L{1ViSTA POPOLARE colpevole di non las-:iarsi sgozzare tranquillamente e che osa opporre una qualsiasi resistenza, che in questo c1so sarebbe tata soltanto passiva. I socialisti rivoluzionari, che hanno affrontato la morte eroicamente, sono degni di ammirazione come i tanti martiri nihilisti, che li hanno preceduti. Ma non se ne potrà ammirare la sapienza politica e la conoscenza delle leggi della evoluzione umana. Pretendere che di un colpo la Russia popolata da contadilli analfabeti, immersi nella più crassa ignornnz:i. e nella superstizione più vergognosa, si tr:1sformasse in un fiat, con un vero colpo di bacchetta magica è stata una ver,1 follìa; pretendere che in Russia, dove l'industria vive di capitale straniero e di protezione altissima, possa essere adott:tta la giornata di lavoro. di otto ore, che non hanno ottenuto ancora i lavoratori degli Stati Uniti, della Fr,111cia, della Germania, dell'Inghilterra-dove nel 1897 falli il grande sciopero dei m ccanici , che sono i più fortemente organizzati e che lottarono per 10 mesi e spesero 15 milioni dì lire per ottenerlo -- è d:1 dementi; domandare il suffragio universale per la Russia, dove rn1 moderatissimo regime costituzionale incontrerebbe gravi ostacoli per tunzionare rettamente, e quando non I' hanno ancora la Svezi:1 e l'AustriaUngheria, il Belgio, la Prussia e l'Italia, ci sembra addirittura la conseguenza di un perturbamento intellettuale, che non consente <li vedere la realtà. Questi funesti per quanto eroici..errori dei socialisti rivoluzionari banno dato buon giuoco alla reazione; la qliale non avrebbe osato o n0n avrebbe potuto riguatLignare terreno e com mettere le nuove scelleratezze cbe ha commesso senza di essi. Ristabilito l'ordine, se pur vi si riuscirà, saranno mantenute le promesse del manifesto del 30 ottobre? rimarrà al suo posto \Vitte? e se rimarrà al potere starà colla costituzione o colla reazione? Noi non osiamo fare previsioni; o meglio non ne azz::ndi::rno che un:1 sola: se domata la rivoluzione si ritornasse aU' autocrazia, allo czarismo puro e semplice di una volta si può essere sicuri, che a breve scadeuza ricomincerebbero le attuale convulsioni rivoluzionarie e reazionarie e si arriverebbe :1lla dissoluzione della compagine dell'Impero. Ciò che forse sarebbe un bene, se non d tosse il pericolo di una nuov:i spartizione deila Polonia a benefizio della Germania e senza aicun gu:1tbg1w pei pobcchi; se non ci fosse il pericolo di vedere perpetuata la guerra civile più sanguinosa nel Caùcaso tra Tartari, Armeni, Kirgisi, Georgiani ecc.; tra cristiani delle varie sette e musulmani; se non ci fosse la sicurezza che noi assisteremmo al gigantesco, all'i111mane massacro dei cinque milioni di Ebrei, che sono sparsi nell' im1nenso 1mpero. Certamente il Witte resistendo alla terribile tormenta dell' ora presente ha mostrato eh' eali noo è t> un uomo comune; tra breve , se saprà scartare la rcazion,e e far trionfare la costituzione, sapremo se egli potrà essere annoverato tra i politici più eminenti e tra i grandi uomini. Com unqne le giornate del 21 e 22 gennaio 1905, che tutto il mondo civile - e specialmente l'Italia e la Francia - ha commemorato con solennità ed entusi:1smo, rimarranno come una grande data storica, non inferiore a quella della caduta della Bastiglia. Con quelle giorn:ae s'iniziò la nuova .fase della vita di un Impero di circa 140 milioni di abitanti -- quanti forse non ne contava l'Europa all'inizio della rivoluzionç fomcese; esse saranno il punto di partenza di una difficile ma grandiosa evoluzione o il primo atto di una colossale tragedia rivoluziona ria. La Rivi.8ta Per la verità sul passato e per la logica nel presente L'amico Romussi nel Secolo fece un accenno molto inesatto all' articolo della Rivista del 30 Dicembre scorso (L' uttima commedia parlamentare), che provocò una mia lettera pubblicata nel Secolo del 22 Gennaio, cui seguirono alcuni commenti dtl Direttore del Giornale democratico di Milano. L'rnt,l e gli altri riproduco qui, aggiungendovi po• chi altri chiarimenti, nella speranza, anzi colla sicurezza, che l'amico Romussi vorrà prenderne nota in omaggio alla ve·rità, alla giustizia ed alla logica. Nel Secolo, adunque, si legge: Una lettera di Colajanni L'amico Colajanni ci scrive la seguente epistola nella quale r:sponde a un inciso che lo riguardava in una nos•.ra lettera aperta all' on. Turati del Secolo 6 gennaio : e la pubblichiamo ben volentieri perchè la polemica con Colajanni è utile a chiarire sempre mi_:glio le idee. Napoli, c7 gennaio 1906. C.iro Romussi, Assai tardi - e non tt: ne so1prenderai tu che conosci le svariate occupazioni mie - ho letto la tua lettera a Tu.rati nella quale mi presenti sic et simpliciter come un difensore di Sonnino e di Di Rudinì. Tu che ricorderai come male vennero interpretate le insinuazioni dei nostri avversari quando presentavano te e me insieme come difensori della Francia; consentirai quindi che io faccia brevemente conoscere ai lettori del Secolo in quale senso ho difeso Sonnino e Di Rudinì. Nell'articolo della mia Rivista Popolare, cui tu ti riferivi, dimostrai che in quanto a colpe ed errori politici Sonnino e Fortis, Di Rudinì e Zanarddli si equivalevano e che trovavo strano ed ingiusto che si adoperassero due pesi e due misure nel giudicare gli uni e gli altri. E tutto questo anche a parte di ogni considerazione sul funzionamento del regime rapprest:ntati vo eh' è assolutamente impossibile quando le maggio ranre sono del genere Ji quella affermatasi sul voto politico del 17 dicembre e di cui si vuole difendere l'esistenza. Questa la difesa da me fatta di Sonnino e Di Rudinì. Non altra. Tu hai trovato delle attenuanti per Zanardelli. Non voglìo lesin;1re sul loro valore, tanto più eh 'egli non è più. Ma puoi trovarne per Fortis? Soggiungi che il Secolo non lo ha difeso. Lo so ; nè io dissi cosa diversa : avvertii che gran parte di quella democrazia lombarda che fa capo al Secolo lo sostiene. L'esattezza delle mie affermazioni non puoi negarla; e se, per un momt:nto, te nt: dimenticasti ti ricorderei Marcora, Mira e, il primo voto equivoco della Società democratica di Milano, che indusse alla dimissione il suo Consiglio direttivo, che come me la pensa. Tu. infine rivolgendoti all'amico Turati vuoi stabilire una differenza tra l'attitudine sua e la mia. Rileggi il mio articolo e ti persuaderai, che ti sei sbagliato. Nel giudicare la situazione parlamentare attuale l' accordo tra me e Turati non potrebbe essere più completo. Il criterio direttivo è perfetta mente identico ; il modo di esporlo è alquanto diverso risentendosi delle diversità dei temperamenti e della forma lette• rari a eletta che è proprio dell' amico deputato per Milano e, che a me, disgraziatamente manca. Credimi sempre. tuo a.ffer_ionatissimo N. COLAJANN[ Permettemi, caro Colajanni, di rispondere direttamt:nte. D'accordo che (( quanto a colpe e ad errori politici, Sonnino e Fortis si equivalgono n e per parte nost1a li abbiamo combattuti entrambi, e nessuno voto favorevole ad essi pesa sulle
RIVISTA POPOLARE 35 nostre coscienze; sono ben lungi però dal!' equivalere Rudinì e Zanardelli. Nella tua RilJista Popolare scrivi che Di Rudinì e Zanardelli furono ingannati << dalle menzogne narrate o telegrafate da Milano da Bava Beccaris, dai Bassano Gabba, dai Vigoni >>. Va bene ; ma appena Zanardeìli si accorse dell' inganno si ritirò ~al Ministero, il che si guardò dal fare il Rudinì, che sollecitò invece i processi e le condanne col mezzo del neo senaton: Bacci, strumento delle alte e basse giustizie medioevali di quel tempo. E allorquando il Sonnino eccitava il generale Pelloux a lacerare lo Statuto e sostituirlo colle leggi ecce· zionali, sorse Giuseppe Zanardelli, vindice del diritto che si tentava soffocare, e guidò le schiere dei deputati fuori della Camera per impedire che si compiesse il reato contro le guarantigie giurate per contratto bilaterale, e che, per quanto molto incomplete, costituiscono la sola legge che regga lo Stato italiano. Rudinì si trovava allora col Sonnino a lavorare insieme per lè leggi eccezionali; e tu scrivi che non si può condannare Sonnino alla segregazione perpetua dal potere solo perchè fu inspiratore del Pelloux. Eh via ! che desideri di più per formare giudizio su di un uomo politico? Chi studia propone, caldeggia - fino a spingere sull' orlo dell'abisso le istituzioni delle quali si dice tenero, - delle leggi che sopprimono 1 diritti fondamentali del l' uomo e del cittadino, - può, a seconda del vento che spira, cambiar linguaggio e gabellarsi per liberarle, - ma neli 'animo non muta; e appena l'occasione si presentasse tirerebbe fuori di nuovo le unghie del lupo. Lo chiami un errore politico. Ma vi sono errori politici che diremo così di seconda classe, che non intaccano la sostanza, e sui quali si può passar oltre; ma quando un legislatore propone di cancellare dallo Statuto le guarentigie sulle quali poggia tutto l'edificio o la baracca dello Stato, quel legislatore, che è il Sonnino, dimostra quale pensiero lo dirigerebbe ii giorno che diventasse ministro. E a te, che affrontasti sereno ogni sacrificio per mantenerti fiero difensore d' ogni libertà, non può sembrare <( grottesco 1) il tener lontano siffatte per• sone pericolose dal Governo. Tu non sei degli uomini « adattabili 11, nuova parola trovata ora per giustificare ìl trasformismo di quelli a cui i principii dan noia e risvegliano importuni ricordi ; e per questo sei, al pari di noi, sostenitore delle deliberazioni della Società Democratica lombarda che invocava un Governo tutto di un colore, senza sottintesi e senza equivoci che possa accingersi a un lavoro serio. Tu mi inse;1,ni che un Governo misto di uomini del Centre e di d<.:mocratici divisi da principii e da tendenze, non può condurre a termine nessuna riforma importante : son come due metalli che hanno diverse espansioni al calore, che se si vogliono unire insieme, si spezzano. E allora si continuerebbe l' accademia chiacchierina che affiigge oggi la Camera e fa sprecare il tempo. Non vi è via di mezzo per uscire dall'attuale marasma avvilente: o un ministero veramente conservatore o un ministero veramente democratico (democratico, non radicale) : - meglio, cred· io. quest'ultimo perchè impedirebbe di tornar indietro; - ma ad ogni modo un ministero di un sol colore che sarebbe sincero e quindi onesto. Tuo r. c. Anzi tutto mi piace di rilevare l'eloquente silenzio dell'amico Romussi sui signori .Marcorn, Mira e soci in radicalismo lombardo. Lo spiego nel senso che egli concorda pienamente nel mio giudizio; e se mi sbaglio mi corregga con chiarezza. Parecchie correzioni sono da fare a quanto l'amico e collega Romussi scrive sui rapporti tra Rudini e Zanardelli e sulle rispettive responsabilità. Una rettifica immediata gli venne dal Corriere della Sera (23 Gennaio) e la riproduco perchè da sola basterebbe a rimettere le cose a posto. Il giornale conservatore di Milano clic.e: (( Zanardelli si dimise in fin di maggio, quando il Tribunaie di guerra aveva già esp:c:tato otto processi. Egli rimase ministro durante tutte le repressioni, e venti giorni ancora dopo che erano finite e che il direttore del Secolo era stato arrestato. Ci mise un pezzo ad accorgersi del!' errore! « Nè maggior rispondenza alla verità ha l'altra affermazione che Zanardelli sorse vindice del diritto contro Pelloux che voleva lacerare lo Statuto colle leggi eccezionali. Zanardelli rimase presidente della Camera, mentre i provvedimenti politici Pelloùx venivano discussi e approvati in prima lettura. Perchè non si dimise subito per combatterli? E' che la sinistra allora sperava di accappararsi l' on. Pelloux, e perciò l' on. Giolitti votò in prima lettura con molti altri cli sinistra i provvedimenti stessi. Il pensiero di Zanardelli, del resto, si desume dal voto favorevole dei suoi amici Gorio, Massimini, Carcano, Bonardi, ecc. il. (< E' possib:le a soli 6 anni di distanza alterar così fatti dei quali la memoria è vivissima in tutti ? Rievoco i ricordi delle conversazioni avute con Zanardelli e Rudini e delle polemiche posteriori e completo le rettifiche. 1.0 Zanardelli, appena seppe delle repressioni di Milano non accennò all'intenzione di lasciare il Ministero. Vi restò e cooperò allo studio di quelle leggi politiche ed economiche, che furono poi presentate da Rudioi alla Camera in compagnia del Bonacci. Chi non voleva restare era il Visconti Venosta, il qua_le prima dei moti di Milano, gli aveva date le dimissioni e che dopo i moti minava e rendeva impossibile la vita al Ministro. Ciò perchè dai moderati e dai reazionari si consideravano il Rudini e lo Zanardelli come complici di Cavallotti e di tutti i rivoluzionari. Il Presidente del Consiglio si credette nel dover_e, perciò di presentare lui le dimissioni per ricostituirne uno qualsiasi col quale si potesse presentare al Parlamento anche per farsi battere, come aveva fatto nel 1892. Rudioi svincolò Z,10ardelli dalle solidarietà ministeriale der debito di lealtà. Distrutta per opera del Visconti Venosta, la situazione parlamentare che aveva, condotto al connuSio Rudini-Z,rnardelli, il primo, credette doveroso restituire la sua piena libertà al secondo. Qnesta condotta legale spiega perchè le relazioni rimanessero ottime tra i due uomini politici; tanto ottime che lo Zanardelli nel Giugno dello stesso anno, in cui mori disse a me e ad altri, che dai Presidenti del Consiglio di Sinistra non aveva ::1:ai ottenuta tanta libertà di azione e tanta fiducia quanto ne aveva ottenuta da un Presidente di 'Destra. 2.0 In quanto ai Tribunali Militari è doveroso avvertire, ché11 Zanardelli non avrebbe desiderato che essi fossero com presi nei decreti sullo Stato di assedio. Ma una volta, che la cosa era stata annunziata ritenne che bisogmiva lasciarla stare. Però, perchè dimenticare che la vera funzione dei Tribunali Militari cominciò sotto Pelloux, cui spetta la responsabilità delle condanne? Perchè addossarla a Rudini? Non si giustifica il sospetto che ciò si fa perchè egli è nato a Palermo anzicchè in Lorn bardia? Non si abusa del deplorevole scetticismo del Rudini stesso, che non cura la propria difesa ? 3.0 Mi riusci davvero penosa l'accusa rivolta dall'amico Romussi al Rudini, cui attribui una qualsiasi cooperazione con Sonnino nei progetti liberticidi del Pelloux. Non parliamo della famosa prima lettura dei disegni di legge reazionari: Il Corriere della Sera ha già ricordato che quasi tutta la Sinistra, stupidamente, votò il passaggio alla seconda lettura. Ma la verità impone di rammentare che allora Rudini era nimicissimo di Sonnino e che egii parlò e votò contro i decreti. Non approvò l'ostruzionismo; nè c'è da meravigliarsene se si riflette eh' egli era stato due -1olte Presidente del Consiglio ed era cugino del Re. Ma
36 RIVISTA POPOLARE tune le sue simpatie erano per gli ostruzionisti ed insieme a Biancheri a Destra, perciò, veniva accusato di malcelato rivoì.uzionarismo. 4.0 L'accenno della avversione dei moderati e dei reazionari contro Rudini ha bisogno, infine, di essere chiarito; il chiarimento nel momento attuale ha una speciale importanza per giudicare meglio l'on. Fortic;. Moderati e reazionari rimproverarono a Rudini le sue intime rel~1zioni con Cavallotti e la intenzione fermamente mostrata <liaprire la via del governo agli uomini dell' Estrema, che non militano tra i repubblicani. L' episodio veramente caratteristico dei sentimenti dei reazionari è questo. Ucciso Cavallotti credetti doveroso pèr la sincerità politica e per la verità storica di pubblicare nel numero del 30 marzo del la 'R.__ivistpaopolare una lettera indirizzatami dallo stesso. Sapendo quale e quanta fosse stata l'intimità tra Cavalotti e RoIT1ussi chiesi a quest'ultimo il permesso <li pubblicarla; glielo chiesi anche perchè nella lettera più volte si faceva il suo nome; ed egli acconsenti non solo, ma ne corresse le bozze di stampa, che ancora conservo come ·ricordo <li quell'episodio tragico. In quella lettera l'indimenticabile lottatore manifestava il suo pienissimo accordo con Rudini e mi rassicurava sugli avvenimenti futuri. A proposito dei suoi aCCl>r<lcion Ru<lini sulla data imminente ,, delle elèzioni generali aggiungeva : (< è inutile che « ti narri su quali furie montarono Crispi, Sonnino « e i crispini appena qualche cosa trapelò del di- « segno: e quali sforzi sovrumani furono fatti, e « quantc batterie messe in gioco per iscongiurare « l'evento. Quakosa , benchè non renda che una t< pallida idea dèl retroscena, s'è visto dal linguaggio « furibondo dei giornali crispini dalla Tribuna al « Mattino, dal Roma al Popolo Romano e al Corriere « dell' Emilia ». Or bene questa lettèra per lo appunto serv1 ai reazionari per attaccare Rudini dopo le giornate di maggio; in essa trovarono la prova della complicità di Rudin1 con Cavallotti e coi rivoluzionari! Sapientemente mutilata bi ripubbliciuono in opuscolo e la diffusero a migliaia di copie in Roma e in tutta Italia con commenti asprissimi contro Rudini, che si attribuirono, non so se a torto o con ragione, al Comm. Vico Mantegazza. E l'accusa di complicità di Rudini con Cavallotti, in base a quella lettera , fu portata dalla piazza e dal giornalismo nella Camera dei Deputati. Da chi? Da Fortis. Il quale la citava senza averla letta! E credo che basti sulle responsabilità di Zanardelli e di Rudini assunte com~ criterio per giudicare sugli avvenimenti odierni. In quanto al futuro prossimo ed al presente devo deplorare che anche l'amico Romussi abbia presa l'abitudine di giudicare senza leggere gli articoli, che critica. Se avesse letto quello della Rivista si sarebbe accorto che la sua conclusione e cioè: « che « per uscire dall'attuale marasma avvilente non c'è « altra via di mezzo che o un ministero veramente « democratico (democratico, non radicale): meglio, « cred' io, quest'ultimo perchè impedirebbe di tor- « nare indietro; ma ad ogni rnod0 un ministero di « un sol colore, che sarebbe sincero e quindi one- « sto » non 111 il pregio della novità. Identica era la conclusione della Rivista. Alla conclusione di Romussi mi permetto di fare questa sola osservazione : perchè desiderare un ministero democratico e non uno radicale ? Se ci sono radicali che non vogliono arrivare al governo sotto la monarchia passi,10 nel gruppo repubblicano. Se repubblicani non furono mai o non sono più hanno il dovere di _aspirare al governo se non vogliono essere un partito di eunuchi. Tra democratici e radicali poi attualmente non so scorgere una netta dema reazione. In questo momento, infine, credo preferibile un ministero conservatore, non solo pel retto funzionamento del regime rappresentativo, che non è possibile se i govananti devono essere scelti in una maggioranza perpetua, che si forma, si riforma e si trasforma a seconda degli eventi quale l'attuale. In questa guisa ht sinistra e il partito radicale si epurerebbero di tutta la zavorra che ne determinano la paralisi e la degenerazione; e in questo modo i Marcora, i Mira e i De Marinis avrebbero tempo ed occasione di rifare la propria ·verginità. Su questo punto sarebbe assai desiderabile , per la sincerità politica, che l'amico Romussi e I: Secolo ci facessero conoscere il proprio pensiero. DoTT. N. CoLAJANNI IldisegdnioPiofrm.daeitPibulotieali dell' Ònorevole Majorana L'on. Angelo Majorana presentò alla Camera dei Deputati nella seduta del 14 di~~mbr~ _1905.un disegno di legge n.0 339 nella sene degli Atti parlamentari della sessione 1904-1905, legislatura XXII, col titolo: Riordinamento dei tributi comunali. Il diseano fu distribuito ai deputati quando l'on. Majore~a già si era dimesso dall'ufficio di ministro delle fitÌ.anze e non pare pròbabile che possa essere discusso, quantunque le proposte si~n~ state ~elineate d'accordo col presidente del cons1gho, che e pure a capo del ministero attuale. . . . Ma il silenzio delle assemblee leg1slat1ve sul disegno di legge del Majorana non· può si~nificare oblìo dell'oaaerto cui si riferisce, che anzi dovrà ben presto ri~~aminarsi dal Parlamento, in una od altra forma, con ampiezza maggiore o.minor~, per Ja su! rilevanza ed urgenza. Ed in tale occas10ne g1overa tenere conto dei coscienziosi studi e delle acute e dotte osservazioni dal Majorana esposte , anche quando si concretassero riforme differenti da quelle che egli propone. Inolt_re il docu~en~o parlamentare cui accenno offre interesse sc1ent1fico ragguardevole e inerita attenta considerazione pure nel rispetto teorico, a parte qualsiasi ragione di pratica opportunità. . Il Majorana muove dal concetto che 11 provento fiscale della finanza comunale non debba essere diminuito e che mantenuto fermo il complesso delle entrate convenga mirare ad un rio_rdinamei:i,t? d~ tributi tale che assicuri una magg10re eqmta d1 ripartizione od una minore disuguaglianz~, cos_tringendo le classi più agiate a concorr~re. 1n m1s1:1r~ proporzionalmente più grande ai canch1 pubbhc1. Pensando che un programma completo_ possa svolgersi solo in guisa graduale, in armoma alle condizioni economiche e politiche del momento crede convenga frattanto attuare provvedi~enti particolari, i quali non pregiuiichin<? future nforn~e, anche di carattere più vasto e profondo. E co_ns1derand~ la difettosa e varia applicazione dell'imposta d1
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