Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 7 - 15 aprile 1905

176 Rl VISTA POPOLARE tipatica ed anche simpatica. Ma la prima e la seconda affermazione sono assolutamente campate in aria. Dimostriamolo: e dimostrando ciò che hanno reso pel passato le terrovie alle Società e allo Stato e ciò che potranno rendere da Luglio in poi al solo Stato sarà meglio messa in evidenza la inammissibilità delle domande dei ferrovieri. A) Le Convenzioni ferroviarie del 1885, che a suo tempo combattei in pubblici comizi e in molti articoli del Fascio della Democrazia e di altri ·giornali, ebbero la singolare sventura di riuscire di danr~o enorme alle Finanze dello Stato, all' economia nazionale , come ha dimostrato alla Camera con parecchi articoli del Giornale di Sicilia Eduardo Pantano, senza contentare, nel loro complesso, i capitalisti delle tre Società esercenti. Allo Stato non assicurarono il reddito che ne sperava perchè non si ebbero gli aumenti ultra iniziali nei prodotti, eh' erano stati previsti e gli addossarono il deficit delle casse patrimoniali e delle casse di previdenza dei ferrovieri : la bagattella di parecchie centinaia di milioni ; all' econon1ia nazi onale non dettero gli sperati vantaggi per l' altezza delle tariffe, per i congegni amministrativi che ne inceppavano i movimenti e ne impedivano o ritardavano le opportune innovazioni. . La poca soddisfazione dei capitalisti in blocco si può desumere dal fatto, che, tranne la Sicula, le altre due Società continentali non a,vrebbero accettato la rinnovazione pura e semplice delle suddette Convenzioni del 1885 e che per rinnovarle avrebpero voluto altri vantaggi, maggiori per la Mediterranea e minori per l'Adriatica. La impossibilità di accordarli, anche per tener conto della opinione pub blic:-t, indusse eminenti politici come l' on. Carmine a convertirsi , per necessità , dall' esercizio privato all'esercizio di Stato. I capitalisti delle Società sono malcontenti delle Convenzioni àel 1885 per soverchia ingordigia~ Vediamo. La Società delle Sicule , oltre i vistosi guadagni nelle costruzioni , nel 1904 dette un interesse del 6,40 °lo sulle azioni; l'Adriatica del 6 ; la Mediterranea del 3,20. Lo stato dei loro affari si rileva dalle variazioni che ha subito in borsa il loro capitale. Il capitale versato dalla Sicula di L. 20,000,000 a fine Dicembre 1904 era valutato L. 27,800,000; quello dell'Adriatica (antica società delle Meridionali) da 240 milioni era salito a 367,200,000 ; quello della. .,. Mediterranea da 180 mii. era disceso a 156,600,000. Ora il guadagno delle s=cule e dell'Adriatica in massima parte venne dalle costruzioni ; e sono state le costruzioni che hanno impedito il fallimento della Mediterranea. Non c'è dubbio alcuno che i lucri della Sicula e dell'Adriatica avrebbero consentito un miglioramento nelle condizioni dei ferrovieri ; non cosi per la Mediterranea. E ammetto pure;!che frodi ci siano state nelle tre Società per diminuire la quota dei prodotti spettanti allo Stato ; l'ipotesi non è calunniosa perchè il Ministro Prinetti potè constatarlo ufficialmente nelle Sicule. Pantano ed io eravamo tanto convinti di tali frodi, che più volte chiedemmo una inchiesta, che non fu appoggiata dai socialisti. Ma la diversità del prodotto netto delle tre reti ha un carattere retrospettivo esclusivamente; i tre prodotti coll' esercizio di Stato si unificano e gli interessi che hanno percepito gli azionisti delle tre singole società si devono ugualmente ripartire sull'intero capitale sociale. Gli utili netti divisi tra gli azionisti delle tre società non furono nel 1904 che 21,400,000 sopra un capitale di 440 milioni: rappresentano quindi un interesse che ,non arriva nemmeno al 5 % e supera di poco lo interesse al netto dell'imposta di ricchezza mobile dei titoli del debito pubblico. I favolosi guadagni delle Società che esercitarono le tre grandi reti ferroviarie sono quindi una leggenda, sebbene i capitalisti non abbiano menomamente il dritto di lamentarsi perchè non si trovano oggi da collocare centinaia di milioni al saggio del 5 °fo. .I 22 milioni circa di utili netti divisi tra gli azionisti se fossero state fatte le concessioni chieste sin dal primo giorno dai ferrovieri sarebbero andati in fumo producendo una grave perdita alle Società. E ciò spiega la grande resistenza opposta da queste ultime nella interpetrazione del fanì.oso art. 103 delle Convenzioni deJ 1885; articolo, che venne interpetrato in senso favorevole ai ferrovieri nei discorsi del relatoi:e Barazzuoli e del Ministro Genala, forse nella massima buona fede, perchè essi s' illusero sulla entità degli aumenti ultrainiziali dei prodotti delle ferrovie ; d' onde anche la disastrosa illusione sulla quota di prodotto che doveva riempire le casse patrimoniali , le casse di previdenza e per le pensioni. 'B) Se le società ricavarono il 5 % dal loro capitale di eser-:izio cosa ricavò lo Stato dai suoi sei milfardi impiegati nelle costruzioni? E difficile la àeterminazione esatta del capitale impiegato nelle costruzioni; e non .è semplice e facile qùella del reddito che lo Stato ne ha ricavato sinora. Gl' interessi che lo Stato paga per le ferrovie ammontano a 240 milioni all'anno. Lo Stato nell'anno 1902-903 ne ricavò un reddito diretto di 60 milioni circa come dalla eccellente relazione Rubini presentata alhi Camera il 30 giugno 1904 sul Disegno di legge N.0 568 A (Ordinamento dell'esercizio di Stato delle ferrovie non concessoa impreseprivate); ciò che implicherebbe una perdita per la finanza di circa 180 milioni all'anno ! Secondo la Notapreliminaredel bilanciodiprevisiorie pel 1904-905 la perdita per tale anno è di lire 143,513,670. Senza tener conto dei 29 milioni e mezzo che si aggiungono all'entrata come ricchezza mobile sui titoli del debito creato per le ferrovie, e che il Rubini vuole esclusi, la perdita sale a 173 milioni ali' anno; ma si devono aggiungere le prestazioni ai servizi v,1ri che le ferrovie rendono allo Stato, che si possono calcolare in 30 milioni; sicchè la perdita si ricondurrebbe cosi a 143. L'ex deputato Ferrucci e Giustino Fortunato, che avevano il massimo impegno a fare apparire minore la perdita che viene allo Stato dalle Ferrovie cercarono dimostrare che il capitale impiegatovi rende l' 1,50 °/ 0 • An1mettendo la spesa in 6 miliardi e l'interesse che l'Italia paga in 240 milioni col calcolo di Ferrucci e Fortunato la perdita annua salirebbe a 150 milioni: cifra che si avvicina a quella accettata da Rubini. A questo punto s'impone un confronto: quello colle ferrovie prussiane.Nel bilancio prussiano del 1901 le entrate ferroviarie erano segnate in 1,441,025,359

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