Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 22 - 30 novembre 1904

614 RIVISTA POPOLARE menti , fanno parte dello stato maggiore di ogm ·quartier generale. Gli ufficiali medici s'incontrano anche nel campo facendo conferenze agli uomini su l' igiene e i cento ed un detta11-li della igiene personale , come cuocere , maneiare , ed anche non bere, bagnarsi e pulirsi le unghie, per evitare i bacterii. Il 1 ° di agosto erano stati ricoverati all' ospedale di Hiroshima 9862 uomini e di questi 6636 erano feriti. Su l'intiero numero solo il 34 per cento è morto. Il Giappone mostra certamente al mondo come può esser condotta la guerra in condizioni civilizzate. Un ufficiale Giapponese non diceva una vana parola affermando che con questo sistema di eliminazione della malattia in guerra un esercito Giapponese di mezzo milione di uomini vale due milioni di Russi. Avendo distrutto il nemico maggiore in guerra, la malattia, i Giapponesi hanno pochissimo timore del minore pericolo: le spade e il piombo. '-American Review of Review, novembre). ♦ CalchttJ : I limiti della capacità g·iapponese. Durante lo svolgimento di questa guerra i pregi ed i difetti dei giapponesi si sono rilevati in tutta la loro luce. E bisogna convenire che i limiti della loro capacità sono molto stretti. ~1 successo, malgrado l'apparenza contraria, è rimasto finora sempre alla Russia. I giapponesi non hanno potuto finora fare quell'accerchiamento che hanno tentato due volte, e non sono riusciti a schiacciare le forze del Kouropatkine. Con la loro org!loizzaziooe, la loro rapida mobilizaiione, e le truppe magnifiche, i generali giapponesi avrebbero potuto schiacciare, molto tempo fa, le piccole forze della Russia; e con un paio di Sedan metter fine alla campagna. I giapponesi hanno commesso un gravissimo errore, e sono stati salvati soltanto dai combattenti di ultimo rango. La gloria della guerra è tutta di Stoessel e di Kouropatkine. I· giapponesi hanno fatto tutto quello che può essere fatto da un sistema senza vividi cervelli, 11-ianon hanno fatto niente di più. Essi mostrano una sorprendente capacità io ogni cosa di dettaglio dove una deliberata destrezza può essere applicata. Ma è necessario anche alla riuscita Ja concezione e la larghezza della esecuzione. Ciò di cui mancano è il senso di quella vista decisiva, quella immaginazione costruttiva, associata in Occidente con le grandi personalità, con la direzione , si:1 nelle arti della guerra, sia in quelle della pace. Ora i giapponesi non dimostrano punto di poter rivaleggiare su questo- terreno con gli uomini dell'occidente. Lo spregiare il potere della Russia, dopo la esagerata ammirazione delie sue forze, e questo perchè i giapponesi non sono ancora stati vinti, è sommamente ridicolo. Con la loro superiorità i giapponesi avrrbbero dovuto disfare i russi e distruggere le loro armate; essi son riusciti nel primo intento ma hanno intieramente mancato il secondo. Essi hanno imitata la Germania senza possederne i cervelli strategici. L'armata russa si e dimostrata indistruttibile quanto la fu a Borodino, ed anche beo lungi dall'essere demoralizata, malgrado abbia passato attraverso nove mesi di disfatte. I veri eroi della guerra non sono dunque i giapponesi ma bensì Kouropatkine, Stoessel, Khilkoff e quelli che ripararono le corazzate di Port-Arthur. Come Oyama e Kouroki, Togo ha sbagliato. Come i navigatori francesi del XVIII secolo egli ha perduto per il timore di affrontare un rischio. 11 livello ge- 'niale russo non è alto. Ma la Russia ha prodotto organizzatori militari geniali d'un grado più alto che quelli mostratici dal Giappone. E questi fatti, e la ostin:izione delle truppe dello Tsar hanno concesso alla Russia una vittoria morale, e la salvano dalla definitiva sconfitta. (Fortnightly Review, 30 ottobre). ♦ Achille Loria: Lo svtJuppo della scienza economica Hal1ana neg·li ulthni tempi. - Una prova del1' importante posto che l'Italia vien prendendo nclb. _letteratura economica mondiale è il fatto che uno dei maggiori economisti austriaci., Karl Menger. richiede da' suoi scolari la conoscenza della lingua italiana come necessaria allo studio delle discipline economiche. Un'altra prova ed è data dalle sempre più frequenti traduzioni di. opere italiane, e un segno di maturità della produzione nostra è ora l'apparire di compendi e manuali come quello del Supine., che ha meritamente avuto uno straordinario successo librario, e quelio del Graziani che, al contrario dei manuali tedeschi, è imper'..:onale ed eclettico. Questo eclettismo rispecchia bene il carattere della economia politica italiana. Infatti se diamo un' occhiata alla nostra letteratura economica potremo difficilmente classificarla per scuole. Quasi nessuno dei nostri economisti rappresenta una dottt ina pura; liberisti e socialisti, seguaci della scuola austriaca, della scuola storica e socialista della cattedra , fanno tutti delle concessioni alle scuole avversarie. Anche il tentativo di dividerli per regioni , già fatto da Pecchio, è mancato, quantunque possa certo o~servarsi che nel nord , per la sua economia più simile a quella del mondo anglosassone trovano maggior favore le dottrine inglesi, mentre nel sud vengono facilmente accettate le teorie tedesche e austriache , ciò che si spiega, se è vera l'osservazione di Cornelisten che la teoria austriaca del valore è giusta per il passato, per la economia precapitalistica quale ancora io parte abbiamo in Austria e più ml sud d'Italia. (Segue un lungo elenco delle pubblicazioni economiche italiane di questi ultimi anni, con rapidissimi cenni per ciascuna opera). Dopo ciò ci si chiede se la scienza economica italiana presenti nel suo sviluppo un ritmo uguale, un indirizzo sicuro e quanto le sue presenti manife• stazioni differenzino da quelle del passato. La fase scientifica della nostra economia data dal 1870. Prima teneva la dittatura Francesco Ferrara un grande economista cui premeva più il trionfo dei principi e pregiudizì suoi , liberali e ottimisti, che la ricerca della verità. Dal 1870 all' 80 incirca l'economia italiana è dominata dalie teorie di Adolfo Wagner e specialmente dal socialismo di stato. In quèsto periodo i fenomeni e gli istituti economici vengono studiati con l'intenzione di scoprirne i difetti per indicarli allo stato riformatore. Ma quanto pil'.1progredisce lo studio dei fatti economici , appare la superficialità di tal metodo al quale non riesce di scoprire le leggi delle cose ma tutt'al più di descriverne le più gravi dissonanze. Inoltre l' appello allo stato cadeva innanzi ali' indifferenza dell'appellato. Segue allora un periodo in cui si cerca di approfondir€', e il posto di Wagner , di Stein, di Schaffie vien perciò preso da Marx, da Lange Brentano e Schmoller. I tentativi di conciliare i loro metodi e risultati con quelli della scuola inglese d:mno l'impronta a tutto questo secondo periodo che dura sino al 90 senza venire a notevoli risultati. Gli economisti si danno perciò nell'ultimo decennip alle teorie edonistiche dividendosi in due gruppi, l'uno (RiccaSalerno, Graziani, Conigliani, Tangorra) influenzato dalle teorie di Menger, Bohm-Bawerk e Wieser; l'altro ( Pantaleoni, Pareto, Montemartini , Benioi, Cabiati) da Sewons, Marshall, Walras. Queste teorie hanno seguaci anche fra i socialisti. Gli scritti teorici dei socialisti (in verità non troppo numerosi giacchè i socialisti italiani a cominciare dai loro capi Bissolati, Ferri e Turati si occupano esclusivamente di questioni di tattica e propaganda) tendono aoch' essi a conciliare le critiche del mondo capitalistico con i dogmi ritenuti incrollabili dell'edonismo. Ciò s'accorda del resto alla tradizione centenaria del socialismo scientifìco. Come Saint-Simon e Fl)urier s'appoggiarono ad Adamo Smith e a S. B. Say, come Proudhon e Marx a Ricardo , così cercano oggi i socialisti italiani di armonizzarsi con l'edonismo di Menger, Marshall e vVieser. Ma è da\·vero dubbio che da quest'ultimo tentativo esca qualche cosa ,be somiglia al « Capitale». Anche l'edonismo poi è già in ribasso sì che l' economia italiana disorientata si dà alle monografie su argomenti pratici. Tale stato di cose del resto non è solo italiano, ma europeo, e la scienza potrà solo sollevarsene appoggiandosi alla vita e alla filosofia, cioè allo studio delle cose non parcellario, ma nella loro unità, quale risulta dai documenti della statistica e dai monumenti della storia, avvivati dalle vedute sintetiche che solo la filosofia può dare. ( Archiv jiir Sozialwissenschaft und Sozialpolitik). ♦ Ludwig Woltmann: L' orig·t pe g·ermautoa dt. GaH leo. - Che 1~ radici antropologiche del rinascimento artistico italiano stiano nella emigrazione germanica, e specialmente longobarda, non dovr~bbe essere più dubbio dopo la ricerche da me pubblicate (la Rivista ne diede già qualche saggio. Nota d. T.). La stessa prova penso di dare più tardi anche per la sclenza italiana; dimostrare cioè che i maggiori uomini di scienza gli Aldovrandi, Grimaldi, Giordano Bruno, Galilei, Viviani, Avogadro, Galvani, Torricelli, Malpighi, Morgagni, Tartaglia, Volta (propriamente Inzoghi) sono di origine germanica. Per ora dò solo la prova che il più grande di essi, Galileo, appartenne senza dubbio alla razza bionda occhiazzurra. La famiglia Galilei si può risalire sino a un Giovanni,

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