RIVISTA POPOLARE 607 l'Italia non ha un centro unico, non ba un cuore, ove debba necessariamente a:ffiuire la sua vita. Noi non troviamo più, al sud del Liri, una grande v2llata; non abbiamo più, come in Toscana o nella provincia romana, un fiume dominatore, sulle rive del quale fosse destinata ad elevarsi un giorno la cittù sovrana. La stessa Capua ha dovuto la sua lunga prosperità non tanto al passaggio del Volturno, quanto alla situazione da essa occupata nella prospera pianura, sulla via di Roma, in prossimità dei due golfi di Gaeta e di Napoli. Com'è noto, la prima Capua, la città opulenta e voluttuosa come una Corinto, si trovava a parecchie miglia dal fiume. La sola città situata in una posizione centrale in rapporto a tutte le altre regioni dell'Italia meridionale, era Benevento, che costituiva il punto in cui venivano a convergere tre vie importanti e che si trovava a eguale distanza dalla Campania e dall' Apulia. Benevento, infatti, fu per quattro secoli una capitale: la capitale militare di un p~polo guerriero, una posizione strategica che teneva in potere il fascio delle grandi vie, il campo, in cui molte volte, gli eserciti dovevano -afrrontarsi per lo scontro decisivo. Ma lo spazio manca va intorno alla città, dove un anfiteatro di alte montagne limitava l'orizzonte. Benevento, cosi rinserrata, doveva restare una città di passaggio, una tappa sulle grandi vie, ma non poteva diventare un punto di partenza. Decaduta , dopo il secolo XI , dal suo grado di capitale, abbandonata più tardi al pontefice che regnava sull'Italia centrale, Benevento non ha esercitata nella storia della civiltà se non un'influenza breve e seconda ria. In realtà non è verso l'interno delle terre che doveva svolgersi l' attività dell' Italia meridionale, ma si bene verso le rive dei mari. Al tempo in cui le montagne del Bruzio e della Lucania erano ancora e soltanto popolate d,~ gruppi di mandriani selvaggi, il littorale del mare Jonio e del mar Tirreno, da Otranto a Cuma, era disseminato di città greche , feconde di filosofi , di poeti e di artisti. Quando un velo di morte si fu òisteso sulle antiche citta delL1 riva ionia, i golfi di Napoli e di S~ilerno restarono incoronati di città prospere. Presso Cuma, la qu,.de non era più se non una necropoli, i porti di Miseno e di Pozzuoli, che erano stati, al tempo dell.' impero, le due grandi stazioni della marina militare e mercantile, erano abbandonati; ma proprio nel bel mezzo della greca Neapoli, una Napoli cristiana si elevava, e Sorrento la quaìe non era pei Romani se non un luogo di riposo e di delizia, si accingeva a possedere una marina e a conquistare la sua autonomia. Sulla riva del golfo vicino, Salerno, ancora oscura al tern po dell'impero, s'ingrandiva, e, sopra una stretta spiaggia, si stava per fondare un porto, donde i vascelli dovevano portare sino alle estremità orientali del Mediterraneo il nome di Amalfi. Infine, al nord della Campania, Gaeta, fortemente instaurata sulla sua roccia, continuava il sno commercio, già prospero al tempo in cui Cicerone abitava la sua villa dinanzi alla vicina spiaggi,1 di Formia. D'altra parte, sulla costa dell'Adriatico, una serie di .:ittà, sviluppatesi poi più· tardi di Gaeta e ad un tempo con Sorrento ad Amalfi, si disponevano a rivaleggiare, durante il medio evo, con le città dei tre golfi della Campania. Brindisi, che era l'unico p·orto naturale aperto sopra una lunga fila di spiagge e di bassi fondi, aveva costituito anche, all'epoca romana, il solo porto frequentato dell'Apulia sopr~1il 1ittorale adriatico. Ma, nel secolo XII, vi è tutta una decina di porti, che noi troveremo allineati a poche miglia d'intervallo, da Monopoli sino ai piedi del Gargano. La maggior parte di essi erano formati entro seni poco profondi e si trovavano incessantemente minacciati dalle sabbie, così che, per difenderli, occorreva un apparato di moli e di dighe. Tuttavia questi porti hanno avuto tre o quattro secoli di grande prosperità e d'intensa attività. Quale ufficio era riservato a questi porti che le popolazioni littoranee della Campania e dell'Apulia sapevano sfruttare e, all'occorrenza, creare? E' facile immaginarselo , anche senza avere interrogata la storia. Ogni porto del mar Tirreno e dell'Adriatico era lo sbocco per una vi,: che metteva capo fuori dell'Italia. Mentre, dalla parte dello Stato romano e degli Abruzzi, l'accesso all'Italia meridionale era impedito da ostacoli d'ogni sorta, il mare si stendeva dinanzi alle rive come un piann facile ai navigatori. La Dalmazia e l'Epiro si trovavano con l'Apulia in maggiore prossimità che non la Toscana con la Terra di Lavoro. Brindisi era , di fronte a Durazzo, un vero capo di ponte , e la via Appia, come se avesse effettiva men te traversato l'Adriatico, ricominciava sulla riva opposta col nome di via Ernatia. 'Ora di la dal mare e.on soltanto alcuni porti ed alcune isole si trovavano in rapporto di vicinanza con l'Italia meridionale, ma s'aprivano sopra tutto le vie ddl'Oriente. Otranto, Gallipoli, Taranto comunicavano diretta men te con Patrasso e -col Pi reo. La via cosi facilmente accessibile di Brindisi, che cominciava a Durazzo , era la via di terra che si dirigeva verso Tessalonica e Costantinopoli. Quando un vascello italiano aveva raggiunto Corfù, poteva, seguendo la linea delle rive e degli arcipelaghi, costeggiare di tappa in tappa l'Asia Minore, Cipro e la Siria. La via di cabotaggio, in vista ·delle terre, scelta a preferenza dai marinai ancora spaventati dal deserto mobile del largo, conduceva da Tiro o da Smirne, lungo l,1 Morea, al canale d'Otranto e a Brindisi (1). Un'altra via, più arrischiata e più diretta metteva capo a Messina e a Reggio, a traverso l'alto mare. Il cabotaggio continuava allora, lungo le coste inospiti della Calabria , fino a Salerno e ad Amalfi, e proseguiva fino a Gaeta, e, al di là, sin verso Pisa. I porti <lell'Apulia si trovavano sull' una e i porti della Campania sull' altra delle due grandi vie marittime che, durante il medio evo, si dirigevaao verso l'impero bizantino e le coste della Siria. Come si vede, l'Italia meridionale si stacca, per così dire, dall'Italia del Nord per protendere, verso la Dalmazia, la Grecia e lt coste del Levante, i tre promontorii del Gargano, della Terra d'Otranto e deUa Calabria. Sembra che essa si offra come una intermediaria naturale fra l'Italia propria men te detta e i « paesi d'oltre mare >). E non soltanto a traverso gli ostacoli astratti, figurati sopra una carta, (1) Vedi l' itinera1io seguito in senso inverso da Federico II, quando egli si reco, nel 1228, da Brindisi a Cipro (HuILLARD-BRÉHOLLES, Hirt. dipl. Fréd. II, Introduction, p. CCCXXXI e t. I p. 898-900).
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