RIVISTA POPOLARE 523 lavoro servile cui sono costretti a curvarsi 1 contadini delle fazende , in quel lavoro libero che 1 fazenderi vedono come una spina negli occhi. E allora cosa han pensato di fare ? Siccome, presto o tardi , alla colonizzazione bisogna pure venire, se lo Stato di S. Paulo non vuole morir soffocato dalla sua monocultura a caffè, han pensato di far intendere, di far credere, di far pl'opagare, che la migliore colonizzazione sarebbe quella che venisse a stabilirsi proprio vicino alle f'azende , dove ci sono strade, dove ci sono ferrovie, ecc. ecc. Benissimo. Se non che le terre coltivabili che esistono nelle regioni delle fazende appartengono appunto a' fazenderi. Sono terre fin oggi incolte che costoro si son riserbate credendo che la i,iantagione del caffè si potesse estendere all'ìnfinito ! Oggi han capito la musica, e vorrebhero conchiudere un affare vantaggiosissimo. Anzi due affari in uno: prima di tutto trarre qualche g11adagno dalla cessione delle loro terre incolte ai coloni ; e poi impiantare un genere di colonizzazione a loro uso e consumo. Vorrebbero cioè resistere, con un nuovo adattamento alla dissoluzione di quel lavoro servile che deve essere, al contrario, la nostra metae non solo per il bene degli italiani , ma per il bene economico e sociale dello Stato di San Paulo - e mirano con grande astuzia poiitica a creare sulle loro terre dei coloni nominali, i quali sarebbero invece una specie di operai agricoli similj a quegli instleute che furono così cari alla arjstocrazi&. fondiaria prussiana. E per essere più chiari : i coloni impiantati vicino alle fazende, sulle terre dei fazenderi , avrebbero un po' di terra e un ricovero di tavole. In cambio dovrebbero fornire un certo numero di giornate di lavoro nel tempo delle maggiori fatiche delle fazende a caffè. Ad aumentar l'inganno dei nostri poveri immigrati in San Paulo, si aggiungerebbe la lusinga di un piccolo salario per queste giornate di lavoro, salario che sarà nominale, e, nella migliore ipotesi, sempre irrisorio. Come vedete si tratterebbe di rammodernare l' at • tuale servaggio. La libertà di locomozione del contadino -con quel- · l'obbligo alle giornate di lavoro-sarebbe praticamente annullata. Il permesso di moversi non verrà mai concesso dai proprietari che non hanno alcun interesse a concederlo, e si ripeteranno le soverchierie che si son lamentate fin oggi , ogni volta che il contadino vorrà lasciare la fazenda, dalla quale resterà sempre tiranneggiato m~Jgrado il novissimo appannaggio di colono. Ora che il Console Generale non veda tutto ciò, non fa meraviglia. Egli non desidera altro che-- star bene - con le classi alte dello Stato, e con le auto- . rità : le une e le altre sono rapprèsentate dalla proprietà fondiaria , e rappresentano gli interessi economici e politici dei fazenderi. JYiail Commissariato non deve cadere nel tranello paulista : è evidente. Aggiungete poi .che quel vantaggio dei mezzi di trasporto belli e pronti nelle regioni delle fazende è un' altra illusione : perchè le tariffe ferroviarie sono altissime. Per concludere questa lèttera, eh' è già abbastanza lunga formulerò due assiomi: 1 ° Al_la situazione dei nostri immigrati nello Stato di San Paulo non si può provvedere che con m).'opera di vera e propria e schietta colonizzazione. 2° Una tale opera di colonizzazione deve esser fatta in terre lontane dalle regioni del caffè - dominate da una economia specialissima - e in terre che , nello stesso tempo, siano vantaggiosamente situate rispetto ai trasporti in direzione dei mercati di Santos, di San Paulo e di Rio de Janeiro. E per questa volta faccio punto. Non senza però rivolgere dalle colonne della nostra Rivista, la più viva preghiera alla democrazia italiana perchè si convinca - e dimostri coi fatti di esser convinta - che la forza della nuova Italia sta nelle sue colonie spontanee,. e che l' emigrazione dei uostri deve essere lo strumento della nostr_a pacifica e incivilit1·ice espansione. 11111 C11111111111111 11 I Il 11111111111111111111111111111111111 11 1111111111111111111111111111 Rassegna Seientifiea Antropolog·ia, La statura dell'uomc.·-Agli studi interessantissimi che si stanno facendo ora e da qualche tempo su i caratteri fisiologici della umani.tà primitiva, porta nn notevole confributo il D.R DASTRE con una sua lunga memoria nella Reviie des de11x mondes. Da lunghissimo tempo si è creduto alla esistenza di una razza di giganti , anzi , secondo i poeti e gli storici antichi , i prfrni abitanti del mondo furono gi ganti. Oggi la leggenda è sfatata e gli apparecchi di misurazione del D.r Manouvrier permettono di determinare l' altezza dei nostri primi progenitori. Oggi, grazie agli studi di eminent.-i scienziati come Topina.rd, Rollet, Hnmphrey, si sa che uno stretto' rapporto esiste fra tutte le membra di un corpo umano e che avere la misura d'una tibia o d' nn femore vuol dire possedere il mezzo di sapere la statura dello scheletro iutiero cui quella tibia o quel femore appartenevano; tenuto conto ben in teso, dei massi mi e minimi scarti di misura che possono darsi fra il femore o la tibia in questione e il corpo cui appartenevano. L' opinione degli antichi storici e degli antichi mituralisti , ·Plinio non fa eccezione , era che la specie umana è andata progressivamente decadendo. Essi ri tenevano, e nel volgo si ritiene anche oggi che l'umanità è andata continuamente degenerando. Questa opinione è comune; Esdra l'afferma nella Bibbia, Omero ed Esiodo, Plntarèo e Virgilio riconfermano con testimonianze ed accenni le parole di Esdra. Ma il fatto reale è diven;o e noi, oggi, ne abbiamo le prove. I Patagoni d'America e i Polinesi che dagli antichi viaggiatori, che misuravano a occhio , erano stati dièhiarati alti da 3 metri a 4 metri e 50 c.m. sono stati trovati esseri più alti sì della nostra media ma non giganti. Ecco le misure forniteci dal Topinard : POPOLI ALTI Tehnelches di Patagonia Polinesi. Negri della Scandinavi Scozesi Inglesi . l! 7 rancesi Russi Tedeschi Belgi Irlandesi Indiani. Cinesi . Malesi ) Lapponi ) Guiana POPOLI MEDI POPOLI BASSI m. )) » )) » » :& » » > )) » » 1.781 1.762 l.724 1.713 1.710 1.703 1.650 1.660 1.667 1.684 1.697 1.642 1.630 1.600 Dall' esame degli avanzi pietrificati o fossili della specie umana ; dai teschi , tibie , scheletri trovati in grotte, caverne e città lacustri il Manouvrier è venuto alla conclusicne che l'uomo non ha variato di statura dalla sua apparizione su la terra ad oggi. Dividendo la specie nelle grandi epoche geologiche nelle quali ora troviamo traccie noi constatiamo che la statura dell'uomo non ha variato. Durante lungo tempo si è ritenuto che l' uomo non
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