Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 16 - 31 agosto 1904

RIVISTA POPOLARE DI I Poli tic a, Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOLEONECOLA.JANNI (Deputatoal Parlamento) Esce in Roma il !5 e il 30 d' ogni mese Italia: anno lire· 6; semestre lire 3,50 - Estero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: 001·so Vittorio Emanuele n.0 115 NAPOLI Anno X - Num. 16 AffB0NAMENT0 POSTALE noma, 31 Agosto 1904 SOMMARIO: Noi: Gli avvenimenti e g·Ii uomini: (La Monarchia p ·r Mazzini e contro ...• Mazzini - Scrupoli regali - Lo sciopero generale e il socialismo - Un fatto significante al Congresso Sociali,ta Internazionale di Amsterdam - L'Australia e il pericolo giallo - Per una rettifica desiderat::i. dai socialisti di Forlì - La débacle della Democrazia Cristiana - Moralità bancaria tedesca - Giuseppe Mu ·si - Per" Pietro Barsa11ti - Un articolo di George Sorel) - La Rivista: Intransigenza, unità e repuhblica al Congresso di A:n'-terdam - Lo Zotico: Verso lo scrutinio di lista - CamilloVaccaro : Transizione e transa1.ioni - Al1eoBiassolì-0ttaviani : Su !la funzione sociale della musica - G. Salvioli: Lo stato d..-ll'avwnire - DJtt, A. Vacirca: 1-tasseg·ua Agricola-Economica: La produzione e l'esportazione delle derrate alimentari dall'Italia meridionale - Rivista delle Hl viste: Il principio monarchico in Europa (L'Euro èen) - La guerra fra capitale e lavoro - Il pericolo giall.o,(Contemporary Review) - Bianchi e neri agli Stati Uniti (La <J{_evue)-L'elettricità nell'agricoltura (Tech•tische Rundschau) - La questione religiosa in Italia ( Die Zukunft) - Gli impiegati degli operai (Siiddeutsche :Monatshejte) - L'msegnamento morale dei giovani in Cina (International Journal of Ethics) - Le armi e le munizioni al Giappone ('N...orthAmerican Review) - Alcune cifre sulla Polonia,(L' Europèen) - ·Recensioni - Illustrazioni nel testo. AVVISOIMPORTANTE Preghiamo nel modo più caloroso gli abbonati, che non ha?no . ancora pagato l'abbonamento, di volerlo pagare colla massima sonecitudlne. Il loro ritardo, che trattandosi di somma molto esigua, non può dipendere che da danentlcanza arreca imbarazzo ali' ammlnistrazloue. Dirigere lette1·e e cartoline vaglia ali' On. N. Colajanni - CASTROGIO V ANNI. GLI fl:VVENI!1ENTI e GLI U0!1INI La monarchia per Mazzini e contro ... Mazzini.- I moder~ti non perdonano, si sa; perciò essi non sanno mandar giù la decisione presa dal ministro della Pubblica istruzione di fare una pubblicazione nazionale delle opere del grande genovese, che, se fatta senza mutilazio_nie con sincerità, sarà l'omaggio postumo, assai tardivo, reso dalla rappresentanza della nazione a chi la rievocò dalla tomba. · Hanno ragione di odiare Mazzini , i moderati ? Se l'hanno ! Essi non possono perdonargli di avere trovato in lui l' antitesi sublime dei loro difetti ; sopratutto non possono dimenticare che la realizzazione del sogno, dell'utopia - come la chiamarono, occhio alle date, sino al 1860-dell'unità d'Italia smentì in modo clamoroso tutte le loro profezie e mise in evidenza la grettezza, la cortezza della loro mente, non esclusa quella del Conte di Cavour, che fu certamente il loro massimo uomo. Perciò la figura di Mazzini, giganteggiando, sempre più oscura quella dei pigmei moderati, anche se sono quelle dei migliori. Cosi si spiega il tentativo di Lnca Beltrami nel Corrie1·edella Sera di rendere antipatica la pubblicazione, annunziando che essa sarehbe stata fatta stornando le somme destinate alla pubblicazione delle opere di Leonardo da Vinci ; e così si spiega pure il tentativo del Professore D'Ancona nel Giornale d'Italia di crearle un ambiente sfavorevole insinuando, che si trattava di un' impresa massonica. In quanto all 'ete1·odossia della dottrina di Mazzini, cui lo Stato avrebbe messo il bollo ufficiale e che allarma tau to il D'Ancona, si rassicuri: la massima ete1·odossia del grande esule, che fa andare in bestia i conservatori di ogni risma , quella della 1·epubblica , si realizzerà come l'altra dell'unità senza che all'avvenimento possa assegnarsi una scadenza fissa. Sarà affrettata o ritardata a seconda che i governanti si terranno lontani dai criteri di governo dei miserabili che per impedire la formazione dell'Italia una dal 1831 al 1848 imprigiona.nmo , processarono, fucilarono e impiccarono i migliori discepoli di Mazzini, e questi vollero tenere sotto l'incubo di una condanna di morte sino al 1866.... La decisione presa dal Ministro della Pubblica Istruzione, però, a causa della microcefalia dei magistrati italiani e del loro inveterato spirito reazionario , ha creato una situazione veramente umoristica ai bigotti della monarchia. l\f entre il Ministro e la sua Commissione dichiarano di volere pubblicare integralmente tutti gli scritti di Giuseppe Mazzi rii , compreso l' epistolario e vanno in cerca di lettere inedite , nell' Italia del Popolo se ne pubblica una, in cui il grande esule giudicava severamente Vittorio Emmanuele II, come del resto viene giudicato in altri scritti pnbblicati e notissimi. · Che fa il pubblico ministero di Milano che da qualche anno tiene il record nella corsa sfrenata alla reazione? Non fiuta il vento che corre e sequestra il giornale repubblicano , che offende la sacra persona del Re ... morto e sepolto da ventisei anni. L'Italia del Popol,o ha protestato energicamente ed ba promosso 11namanifestazione di solidarietà su questa quistione: si deve 1·ispettare il diritto della StO'ria? si possono giudicare i Re e i membri della famiglia reale che non sono più in vita ? · La logica e il più elementare senso di libertà dicono che il volere sequestrare un giornale, perchè scrive il vero, o quello che gli sembra tale, sui morti che in vita erano dichiarati sacri e inviolabili è tale bestiale anacronismo che soltanto le animi servili della magistratura italiana possono pensarlo e agire in conformità dello stupido e reazionario pensiero. In linea di fatto, però, alla quistione i giudici della monarchia italiana dettero sempre risposta conforme ai desideri dei bigotti più sciocchi delle presenti istituzioni. Non fu condannato Alberto Mario, ministro Zanardelli , per avere voluto esercitare i diritti della storia non ostante la meravigliosa difesa politica di

422 RIVISTA POPOLARE Giovanni Bo,vio e giL1ridica di ·Giuseppe Ceneri, dalle Assise di Roma? E di questo misconoscìmento dei diritti della storia ne sa qualche cosa q nesta nostra 'rivista, che fu seqnestrata per avere riprodotto -- rip1·odotto, diciamo - alci;ini brani della magnifica Cronaca azzurra di Eduardo Pantano, in cui si rivedevano le gesta degli eroi defunti di Casa Savoia .... Noi, qualche progresso essendosi fatto sulla via della libertà, non disperiamo di vedere riuscire a bene l'agitazione promossa dall'Italia del _popolo. Intanto rimarrà il ridicolo che sulla situazione ha gettato a piene mani la Procura del Re di Milano; e quale sia questo ridicolo lo lasceremo dire ad un giornale monarchico conservatore: al Gio1·nale d'Italia, dove l'anima timorata di D'Ancona ha versato la propria amarezza. « Mentre, scrive l'autorevole diario di Roma, il Mi- « nistero ai pubblica istruzione prepara, a spese dello « Stato, la stampa integrale di tutte le opere - come preso quindi l'epistolario - di Giuseppe Mazzini, il « procuratore del Re di Milano sequestra l' Italia del « Popolo che aveva pubblicata una lettera inedita del « Mazzini! » e Ma, naturalmente , Ja lettera incriminata sarà « stampata, a .suo tempo, a spese dello Stato. In modo « che il procuratore del Re di Milano, per essere eone seguente, dovrebbe sequestrare il volume che con- « terrà la lettera di Mazzini, e dovrebbe quindi agire « contro lo stesso Governo del Re, di cui egli è un « rappresentante giudiziario! 11 La situazione è mrnva davvero ed eminentemente comica. ♦ Scrupoli regali. - Si fa un gran discorrere sul titolo , che prenderà il nascituro e1·ede del trono. Si chiamerà P1·inci_pe di Piemonte , come l' erede del Regno di Sardegna; o P1·incipe di Roma come sarebbe più opportuno che si chiamasse l'erede del Regno d'Italia? Per noi repubblicani la controversia non ha alcun valore e ci fa sorridere; ma non è meno sintomatica l' avversione che si prova in alto a dare al futuro, anzi al probabile-non è detto che non possa nascere una terza femina - erede del trono un titolo che può riuscire inviso al Sommo Pontefice , che si crede ancora il solo legittimo Re di Roma. E' inutile: l'acqua non può trasformarsi in vino; e il sangue che scorre nelle vene dei Sabaudi mm sarà mai sangue di ghibellini fieri e sistematicamente tali. Er<tno assai più ghibellini i Borboni; e lo prova il disprezzo che essi manifestarono sempre per le scomuniche papali. ♦ Lo sciopero generale e il socialismo. - Hubert Lagardelle in vista del çongresso di Amsterdam dove doveva discutersi il problema ha consacrato due numeri (137 e 138) del Mouvement Socialiste uscito testè allo sciopero generale ripubblicando articoli, discorsi e relazioni già pubblicate dei socialisti più eminenti e unendovi le risposte inedite ottenute da alcuni-altri. Nella prefazione il Lagardelle, rivoluzionario e partigiano dello sciopero generale, non nasconde il proprio malcontento pel fatto che la maggioranza dei socialisti si siano manifestati contrari; e lo attribuisce allo studio deficiente della quistione. Se la prende, com'è naturale, col socialismo parlamentare e afferma che « se il pensiero socialista vuole uscire non solo vittorioso ma rigenerato dalla crisi attuale deve rinfrescarsi al contatto delle nozioni rivoluzionarie nuove. Queste nozioni sono di origine proletaria; e tra le migliori del genere é quella dello sciopero generale ». « Il socialismo , poi soggiunge , non trionferà che nella misura in cui il proletariato che n'è il fattore storico, sarà capace di realizzarlo. L' accrescimento della capacità operaia è dunque il problema essenziale del socialismo. E' ·questa una constatazione hanale; ma essa costituisce il punto di partenza del socialismo rivoluzionario. Che bisogna intendere per capacità? Si tratta puramente e semplicemente di una quistione di forza: il giorno in cui la classe operaia sarà solidale, unita, omogenea , essa sarà ca.pace moralmente e materialmente di rovesciare l' insieme delle istituzioni e delle idee tradizionali dello Stato borghese e di sostitnirvi le istituzioni e le idee proletarie coi tipi nuovi di vita sociale che esse comportano .... » « Dire che lo sciopero generale è una utopia, è dire che il socialismo è irrealizzabile ..... Se i socialisti rivoluzionari sono ben sicuri che· il regime capitalista non scomparirà dolcemente ; se essi credono alla :uecessità di gettarlo fuori dalle sue rotaie per abbatterlo definitivamente ; se essi sono persuasi che le teorie pseudo-socialiste della collaborazione delle classi e della pace democratica e sociale sono nefaste al movimento operaio; se essi pensano che il trionfo del proletariato è subordinato allo sviluppo della sua energia creativa, del sentimento della sua responsabilità e della sua forza; se essi vogliono mantenere intangibile la coscienza della rottura di ogni legame tra le classi, dell'abisso che le separa , delle lotte senza quartiere. che combattono; - essi riconosceranno che lo sciopero generale è una delle idee più feconde a cui possa ritemprarsi il socialismo in pericolo. » Così pensa il Lagardelle; e i socialisti rivoluzionari francesi in generale sono con lui. Qualcuno che ha grande autorità anche in Francia, sebbene non appartenga al partito parlamentare, è di contrario avviso. · Paul Lafargue, ad esempio, scrive: « La rivoluzione sociale non può venir fuori da uno sciopero generale, come lo pretendono i suoi sostenitori, perchè la riforma economica o politica, che mette in movimento le masse operaie, una volta ottenuta, esse sono soddisfatte e ritornano sotto il loro giogo .... Lo sciopero generale non porta nei suoi fianchi la rivoluzione; è al contrario la rivoluzione che produrrà lo sciopero generale ». J ean J aurès è più esplicito nel respingerlo. Anche assumendo un carattere rivoluzionario non crede che esso possa riuscire a fare capitolare il sistema capitalista; nè gli pare possibile che possa scoppiare contemporaneamente in tutti i punti. Van Kol, l'eminente socialista olandese lo ritiene inutile. E' possibile la sua riuscita quando il popolo in maggioranza è socialista; ma allora non è necessario ricorrere allo sciopero generale: si fa addirittura la rivoluzione sociale. Il socialista rivoluzionario russo, Plekhanoff scorge nello sciopero generale una preparazione, uno strumento di propaganda e non un mezzo per compiere la rivoluzione. Lo spagnuolo Pablo Iglesias giudica poco seria la rivoluzione fatta per mezzo dell'incrociamento delle braccia; lo respinge Enrico Ferri; lo considera come una utopia anarchicheggiante il Vandervelde; non riesce a farsene nna idea adeguata il nord-americano Simons; e lo giudica una fantasia infantile di operai male or· ganizzati lo svizzero Greulich. Lo sciopero generale, che ha i suoi partigiani in Italia, perciò venne condannato dai socialisti più eminenti di ogni paese e venne respinto a grande maggioranza, come aveva previsto Vandervelde, dal Congresso di Amsterdam. ♦ Un fatto significante al Congresso Socialista Internazionale di Amsterdam. - Quali saranno i risultati della lotta ingaggiatasi ad Amsterdam fra socialisti riformisti e socialisti intransigenti vedremo più tardi, e ne diremo allora la nostra opinione, tanto più che chiuso il Congresso vedremo 9-uale s~rà l'. atteggiamento che assumerà la parte rimasta m mmo-

RIVISTA POPOLARE .423 ram~a (1). Si può fin d'ora predire che in Italia le cose seguiteranno ad andare come prima, dato anche l' atteggiamento assunto fin dal principio dello screzio della parte intransigente, proclamante la sottomissione delle minoranze alle decisioni prese dalla maggioranza del partito. In Francia le cose potrebbero andare altrimenti; ma questo lo vedremo più tardi e sarà oggetto del nostro studio quando dovremo parla1·e dei resultati pratici del Congresso. Intanto e fino dall' inizio delle sedute s'e avverato un fatto che non vogliamo e i:ion possiamo passare sotto silenzio. Intendiamo parlare della presenza di _un delegato giappones6 al Congresso. Il partito Socialista al Giappone data da ieri, come da ieri data il rinnovamento civile e lo sviluppo industriale della Inghilterra dell'Estremo Oriente. Eppure malgrado questa sua giovinezza nel campo delle rivendicazioni sociali il delegato Katayama ha parlato al Congresso in tal senso, che ha fatto ricordare le energiche e fiere dichiarazioni di Bebel e Liebkneckt al tempo della guerra Franco-Prussiana nel 1870. Noi comprendiamo lo scoppio d'irrefrenabile entusiasmo che ha accolto le parole internazionaliste 4el Giapponese e ancor più la calda e significativa stretta di mano fra Katayama e Pleckanoff. Quelle parole snonavan.o alta e fiera protesta contro i mali della guerra, erano l' affermazione generosa di molti uomi11i contro tutti i mali causati dall' egoismo capitalista. La stretta dì mano voleva dire che al di sopra e al di là dei miserabili interessi dei capitalisti che provocano e vogliono le guerre, gli interessi dei lavoratori tendenti alla pace ed alla fratellanza unì versale si stringono d'ogni dove, ed ogni dove penetra Ja nuova parola, il desiderio grande della pace, del benessere e della libertà dei popoli. Ed è confortante vedere come da ogni parte del mondo gli interessi dei proletari stringano in un unico fascio Je forze operaie di tutto il mondo , ed un solo è il desiderio e il volere di tutti coloro che soggiacciono allo sfrattamento capitalista. Naturalmente non si può non riconoscere che questa guerra erft,, ed è, per il Giappone questione di morte o di vita. Messosi su la via dell' industrialismo, data la sua sempre crescente popolazione, l' aumento dei bisogni , che in un popolo anche sobrio come il giapponese sono notevoli, ris9ltanti dal nuovo ìndir.izzo politico e commerciale; la espansione e la necessità di grandi mercati aperti al suo commercio diventano una questione vitale per il Giappone. D'altra parte le mire della Russia non erano velate: oggi, subdolamente, intendeva strappare la Manchìuria alla Cina; domani si sarebbe ipocrita.mente insediata nella Corea per finire col pigliarsi, violentemente, il Giappone. Come ci piacque la fiera ·e spietata invettiva di Tolstoi contro la gnerra così ci è piaciuta la misurata ma energica parola del delegato giapponese, che in nome dell' umaniM. , e dei lavoratori giapponesi, mandati a morire su i campi di battaglia per interessi che a loro non danno verun vantaggio, ha protestat,o contro lo sperpero di vite e di energie che sì fa in questa guerra, ed e venuto a portare ai lavoratori d'Europa la parola della solidarietà dei loro lontani fratelli dell'Asia. Significante e questo saluto, e se lo colleghiamo alla rinascita delle forze e delle energie della razza gialla in Asia dobbiamo essere lieti di questo primo atto di fratellanza di popoli che potrebbero esserci temibili, pericolosi nemici più tardi, se le forze proletarie là sviluppatesi non potessero mettere un' argine alle ingorde brame di conquista e di sfruttamento, caratteristiche principali di ogni società capitalista. {l) Ci occupiamo dei risultati del Congresso i o. altra parte della Rivista. La Redazione L' Aust1·alia. e il pe1·icolo giallo. - Gli Anglosassoni in generale - Inglesi, Oanadìanì, Nord-americani - simpatizzano coi giapponesi ; la Grande Brettagna, anzi, colla sua alleanza col Giappone gli salva le spalle nella presente guerra. O'e una eccezione per gli anglo-sassoni: quella del1' Australia. L'Australia è troppo vicina e troppo inferiore pel numero degli abitanti-meno di 5 milioni e. con una densità dì 0,5 per chilowetro quadrato - al Giappone - con circa 50 milioni di abitanti e con una densità di oltre 113 - per non sentire istintivamente il pericolo dello incremento della potenza de11'Impero del Sole levante. La sua avversione verso la razza gialla, poi, da molti anni ha fatta manifesta con una legislazione rigorosa che esclude dal suolo della repubblica australiana i Cinesi e i Giapponesi. E che nell' Australia non sì nutrano benevoli sentimenti verso il Giappone e non si provi alcuna gioia per le sue vittorie ce lo apprende esplicitamente un articolo di Temperley nella The Contempo1·a1·yReview (Luglio). I timori degli australiani. vengono giustificati dal linguaggio dei giapponesi. Il ministro delle finanze del Giappone e parecchi altri uomini eminenti di quello impero non si sono limitati a biasimare le leggi di espulsione e di esclusione della razza gialla dall'Australia, ma dichiarano esplicitamente che il Giappone ha bisogno assoluto di espandere la sua sovere.hia popolazione nellà vicina repubblica e che quelle leggi non potranno durare a lungo. Queste intenzioni attualmente trovano un freno nell'allenza e nel timore delle Gran Brettagna, che protegge naturalmente l'Australia; e nel pericolo giallo si può essere sicuri che ci sarà un motivo poderoso per istrìnguere più saldamente i legami tra la colonia del Pacifico e la metropoli europea. Ma quando il Giappone sarà riuscito - e non sarà opera lunga - ad esercitare la sua egemonia sulla Corea e sulla Cina e sarà riuscita a risollevarne le forze militari , allora verrà il quarto d'ora di Rabelais per gli. anglo sassoni e per l'Europa tutta, che nella Cina hanno esercitato taute infamie e tanta violenza. Allora solamente si vedrà in tutta la sua interezza che cosa sia il pe1·icolo giallo j e la prima a pagare per tutti sarà l'Australia, che cesserà di essere bianca. ♦ Per una rettifica desiderata dai socia.listi di Forlì. - Lo stelloncino pubblicato in uno dei precedenti numeri della Rivista ha indotto il sig. Aurelio Valmaggi segretario della Federazione collegiale socialista di Forlì a chiedere una rettifica. Egli ritiene falsa la nostra asserzione sulla condotta tenuta dai socialisti nel ballottaggio tra Gaudenzi repubblicano e Albicini monarchico e assicnra che i socialisti di ForJì combatterono semp1·e i reazionari. Non occorre fare appello alla nostra lealtà giornalistica per indurci a, confessare che abbiamo errato, quando ci convinciamo dell'errore lo confessiamo spontaneamente ; ma in questo caso abbiamo poco o nulla da rettificare. Non a noi il sig. Valmaggi si deve ri.volgere ; ma all'Italia del Popolo che nel suo numero 1202 del 30 aprile pubblicò una corrispondenza assai ben ragionata ed anche docnmentata, che ci precedette nell'affermazione, che oggi solleva le sue pro-teste. Fu- tratto in errore anche il giornale repubblicano di Milano ? Non pare. I voti che nel ballottaggio si riversarono in favore dell' Albicinì da soli lo esclude-- rebbero. Ci fu poi qualche cosa di più solido: una deliberazione del Consiglio generale della Federazione socialista che espelleva dal partito alcuni elettori perchè presero parte alla votazione dì ballottaggio Ora questa deliberazione comunicata dallo stesso Val

424 RIVISTA POPOLARE maggi alla Pm·ola dei socialisti di Ravenna (n.0 251 14 maggio) nella sua semplicità e nella sua severità lascia intendere più di quello che dice. In ogni modo noi siamo lieti che i socialisti di Forli, e per essi il Valmaggi, abbiamo sentito il bisogno di scagionarsi dall'accusa: è un principio di resipiscenza e ci auguriamo che sia duraturo. ♦ La débacle della. Democrazia. Cristiana. - Per i Democratici Cristiani suona ora un brutto quarto d'ora. Si può dire che cominciano a perdere la bussola, senza contare che l' opera degli Emigranti Italiani che per alcuni suoi punti si connette alla Democrazia Cristiana comincia a rivelarsi tanto dannosa all'estero, che per la tranquillità dei nostri connazionali che lavorano in paesi forestieri, il governo sarà obbligato, in un modo o in un altro a intervenire. Questi risultati del resto, potevano essere prevedibili fino dal principio delle agitazioni e dell'azione. Quell' organismo proprietario che è la Chiesa , non può, nè poteva, nè potrà mai schierarsi dal lato degli operai contro i padroni. Certamente, se prestiamo fede ai Vangelj, Gesù non fu mai tenero per i ricchi e per i padroni , e le sue simpatie e le sue parole furono d' amore e d'incoraggiamento per i poveri e per gli oppressi. Ma Gesù e la Chiesa Cattolica - anzi Cristo ed il Cristianesimo in generale - non hanno più nulla di comune fra l0r0, e si potrebbe scommettere che se Cristo tornasse a questo mondo Preti Cristiani e Gover,ni Cattolicissimi, Apostolici , Cristianissimi lo ribadirebbero in Croce e gli salderebbero col cemento la pietra d.el sepolcro perchè non gli pigliasse più la voglia di venirsene fuori. La Chiesa è diventata, e da molti secoli , un organismo possidente e governante quindi, come possidente e come governante, ha interessi assolutamente opposti a qnelli dei nullatenenti o dei sudditi ed è naturalissimo che le autorità imperanti nella Chiesa abbiano voluto mettere un freno alla propaganda dei Cattolici in favore dei nullatenenti. Che diav:olo ! Oreglia, Merry del Val, e compagnia non hanno bisogno - come quel pover' uomo di Pietro - d'andare a pescare per camparsi la vita. L'organizzazione della Democrazia Cristiana che tentava di portare delle forze operaie, q nasi socialistizz,1te, in difesa del cattolicismo contro il socialismo non poteva essere visto di buon occhio dai possidenti del Vaticano e il conte Grosoli ha visto sconfessare la sua azione, e ha dovuto lasciare che fossero, per l'antorità del papa, sciolti i suoi circoli. E, intendiamoci bene, quei circoli, quella organizzazione non avevano nè il carattere, nè le attitudini, nè le volontà francamente aggres~ive del socialismo. Era una organizzazione di buone e domate pecorelle che facevano sovente il krumfro negli scioperi organizz<1ti dalle leghe e dalle Camere del lavoro, che non volevano sentir parlare di abolizione del monopolio, che non in tendevamo per niente ribellarsi ai loro padroni, ed esigere intero il frutto del loro lavoro. Si contentavano semplicemente di considt>rare e dire che, essendo uomini , dovevano essere trattati più umanamente, pagati un po' di più, sfamati un po' meglio. Usavano anche ripetere q11alche versetto del Vangelo che fa a pugni con la si tnazione della Chiesa attuale. E la Chiesa, che non vuole le si faccia toccar con mano quanto è poco Evangelica, la Chiesa proprietaria, possidente, ricca, ha brntalmente soppresso la innocua, ed anche ibrida, organizzazione. In fondo, in fondo l'atto di Pio X non ci dispiace; è venuto a dare la conferma assoluta a ciò che da tanto tempo si dice e si afferma e che la Chiesa ha negato finora: La Chiesa nata per la difesa degli umili e degli oppressi è diventata un organismo di oppressione. Gli Inglesi nel Tibet. - L'Inghilterra ha un pre- . g_ioche manca .a.Ile altre nazioui europee; persegue c10è la sua pohtrna con una costanza, una pazienza, una perseveranza e sopratutto una continnità d'azione degna veramente del premio che , tosto o tardi, essa riesce sempre ad ottenere. E' anche giustizia riconoscere che dove l'Inghilterra alza la sua bandiera conquistatrice, o stabilisce il suo protettorato ivi, se vi trova il suo tornaconto, porta forme di civiltà più alta, e metodi amministrativi che migliorano, general· mente, le condizioni economiche del paese , ed elevano gli abitanti a concetti di vHa più civili - o almeno simili a quello che noi siamo abituati a considerare come nostra ci viltà. Se sia poi civiltà, la nostra, è cosa che potrebbe essere discussa ed anche , in molti casi, negata. Contro questa nostra affermazione, della superiorità civilizzatrice dell'Inghilterra, si potrebbe portare l'India che Dadabai Nahoroj dichiara esosamente sfruttata dall'Inghilterra, e che Hyndemann, il noto capo socialista, afferma derubata ogni anno di 30 milioni di sterline come fu rilevato da noi altra voi ta colla parola dello stesso Hyndemann e come dimostra l' Hobson. Tuttavia è giusto riconoscere che le carestie sono un male secolare nell'India, che l' occL1pazione inglese ha rispettato, come rispetta dovunque, la religione, ed i costumi degli abitanti meno il barbaro caso del Sutti, il rogo delle vedove, energicamente soppresso dagli inglesi - e che le ricchezze Hlosofiche e letterarie delle biblioteche e delle pagode indiane sono state religiosamente rispettate dagli inglesi, che hanno dato all' Europa il mezzo di conoscere le idee ed il pensiero etico e socia!e di q 1u gli antichissimi popoli. Messo a confronto con la condotta del.le nazioni europee a Pechino , la cond.otta dell' Inghilterra è lodevolissima e non ha confronto che nella condotta dei militari ed ufficiali italiani, cbe a Pechino, meno spiacevoli eccezioni aspramente e severamente stigmatizzate in Italia, non rovina• ono e non rubarono niente. E' noto che i soldati russi penetrati nell' Osservatorio Imperiale di Pechino spezzarono e fracassarono gli strumenti astronomici per pigliarsi gli ornamenti di argento e di bronzo che gli rivesti vano , spezzarono preziosi vasi nel Cimitero degli Imperatori per impa- . dronirsi delle gemme che vi erano incastonate; i tedeschi saccheggiarono una biblioteca e se la portarono a Berlino, i francesi rubarono un po' di tutto, dalle suppellettili della Imperatrice alle cose d'arte delle case private. Non è ancora spenta la memoria di quel vescovo-in verità poco cristiano, anche se molto cattolico-che spedì in Francia una splendida e copiosa collezione di rarità rubate ai palazzi, alle tombe, alle case cinesi. L'Italia, l'Inghilterra, il Giappone rimasero a mani nette di queste profanazioni e fn a tutto onore per loro. Si puo dire, se vogliamo trovarci la punta dell'interesse, che il GiapJJone lo fece perchè gli conveniva; ma l'Italia e l'Inghilterra lo fecero percbè, in verità, sono i soli dµe popoli veramente civili, od almeno più civili d'Europa, almeno intendendo la civiltà come una abitudine al ri8petto delle opinioni, delle credenze e delle cose altrui. Ora si osa dire: - Il Tibet doveva cadere un giorno o l'altro nelle mani degli europei, la barriera che chinde il misterioso pae~e doveva essere abbattuta, e l'affascinante paese patria e centro del. Buddismo doveva entrare in contatto del mondo. Noi, a vero dire, non vediamo la necessità di tutto questo, anzi, francamente, la neghiamo. Noi con~ideriamo che la cosiddetta civiltà coloniale è fatta di oppressione , di violenza, di sfruttamento e di vizio come al Congo. nel Seneo·al, nell'Africa Tedesca; di alcool e di acquavite 5 come nelle isole dell' Asia e in America; di Bibbia - che non è il libro piu morale di questo mondo - come un po' dappertutto; di superstizione

RIVISTA POPOLARE 425 diversa che si sostituisce alla ongrnaria superstizione degl'indigeni. E questa che è l'e::isenza della cosiddetta nostra civiltà - noi siamo viziosi, sfruttatori, ubbriaconi, violenti, snperstiziosi - non è utile ai popoli, e non è desiderev,;]e. l\f a contro al fatto che ine::iorabilmente si svolge e si compie la recriminazione è inutile, e poichè il Tibet doveva fatalmente cadere nelle grinfie di una qualche potenza europea, meglio cada sotto quelle dell' Inghilterra. Bisogna tener conto che il Tibet non è un paese di selvaggi. di cannibali, di barbari; è un pae::ie che ha una :-;tona. e glorios11., che ha una civiltà - sna particolare ma ci vi• tà; e, avnto rig 1ardo al concetto che noi abbiamo della civiltà, superiore alla nostra-; è un paese che ha una letteratura grandiosa, una filosofia ori~ioale e pr0fonda, istituzioni mvili, divnse dalle no::itre ma non meno delle nostre ammirevoli e rispettabili; ora questo paese non può e!-iser~ trattato come i tedeschi trattano gli Htlrero , e come i belgi_ trattano i nativi del Majombo. l\leglio dunque cada nelle mani dell' Inghilterra che da lunghissimo tempo ne agognava il posse::iso e temeva vederselo portar via dalla Russia. Ora il 'Tibet nelle mani della Russia, con i suoi amministratori ladri e vili - come quel1' Alexeieff che dopo aver voluto la guerra della Manchuria , fugge più lontano che può di dove si combatte - con i suoi sistemi di governo oscillanti fra la frusta del Cosacco e la forca, col suo protettorato - che oggi non vale più niente privo com'è della flotta e il suo prestigio militare distrutto dalla scienza militare dei Giapponesi - non sarebbe stato fortunato. Naturalmente noi non vediamo di buon occhio il colonnello J oungsband e le sue truppe alle porte di Lahassa. Avversi come siaoto ad ogni politica di· conquista non ammettiamo che il diritto di un popolo debba essere violato, foss'anche per metterlo in cornunicaz ione del mondo , e ci dnole che la forza brutale dei fucili abbia obbligato i Tibetani ad aprire i recessi della loro città sacra agli invasori. Ora essi trattano ed hanno la sottile accortezza di tirare in lungo le trattative. L'inveruo del Tibet è rude e non è lontano; forse i Tibetani sperano nell'aiuto che loro porgerà la natura più che nella forza delle armi; e poichè -date le attuali condizioni della. Russia - il pericolo di una invasione russa è scongiurato o almeno allontanato per molto tempo , noi auguriamo ai Tibetani che la loro tattica abbia successo e che la loro speranza non sia delL1sa. Ci piace sempre quando un popolo riesce a conservare la sua indipendenza e la integrità del suo territorio. ♦ Moralità bancaria tedesca.. - Dopo gli scandali delle banche ipotecarie tedesche sono venuti quelli più gustosi del barone de .M:irbach , che alcuni giornali chiamano Jlllù-bacheide. La posizione politica e sociale di questo signore è ·quella che gli accresce la non desiderata celebrità. Infatti non solo egli appartiene alla più alta nobiltà feudale, ma é anche ciambellano dell'Imperatrice. Sono varie e curiose le accuse non smentite che contro ,di lui si scagliano. Egli è implicato in un affaretto colla banca di Pomerania di 700,000 m~rchi, che non paga. perchè afferma di non averne ricevuto che 375,000, benchè ci sia la sua ricevuta per la somma precedente. E la differenza? Egli esercitava un' altra curiosa industria, usando ed abusando della sua carica : accordava ciondoli e titoli a tutti gl' imbecilli che ne chiedevano e pagavano; e consacrava alla costruzione di chiese evangeliche ciò che onestamente ricavava. Si capisce che qualche cosa rimaneva nelle sue mani .... Egìi , sempre disinte1·essatamente, !, accordava ogni sorta di favori ufficiali. Egli , infine, testè è stato accusato dal principe di Sayn Wittgenstein , ch'ebbe la disgrazia di averlo per tutore nella sua minore età, di non avere reso i conti della tutela e di avere promesso invece di questa misera bile operazione il titolo di principe::isa ad una semplice borghese che il Wittgenstein voleva sposare. Ma nè rese i conti nè mRntenue la promessa ... Non ostante queste marachelle il de Mirbach rimane Mar11sciallo di Corte dell'Imperatrice ... Ecco un indice della moralità imperiale che fa poco onore alla razza, che pretende di essere superiore e che rinfaccerebbe petulantemente come segno di decadenza e d' inferiorità se la Germania potesse riscontrarlo in Italia o in Francia. ♦ Giuseppe Mussi. - E' morto in una sua villa presso Milano. Fu per moltissimi anni una delle più caratteristiche figure del mondo parlamentare lombardo, più che milanese. Era colto ed arguto e nella Camera dei Deputati aveva acquistato tale posizione da essere nominato più VJlte relatore àel bilancio degli interni anche quirndo ancora repnbblicaneggiava Più tardi ne fu il Vice-Presidente e da lni si atte~e invano un atto rivoluzionario all'epoca di Abba Carima. Fu in· predicato di essere nominato ministro; e per molti anni egli non nascose che vi aspirava. · La sua vita politica iniziò da repubblicano ardente e fu uno dei collaboratori assidui dell' indimenticabile Gazzettino Rosa; poi con Ca vallotti fondò La Ragione e smorzò alquanto gli antichi ardori. Finì monarchico e Senatore del Regno. Il momento veramente tragico della vita lo ebbe nel 1898: durante i tumulti di Pavia una palla regia gli ammazzò l'unico figlio Muzio, che militava da studente nelle fila del partito repubblicano. Ma il buon Muzio era tra i tumultuanti per raccomandare la paèe ! Fu uno schianto per lo sventurato padre ed anche i suoi più fieri avversari , i moderati lombardi che non perdonano, si commossero profondamente, qna.ndo la prima .volta dopo la tragedia, Giuseppe Mnssi pianse nel riprendere il suo seggio nella Camera mentre tutta l' Estrema in piedi gli faceva una sincera e imponente manifestazione di affettuosa i-:olidarietà. Tutta Milano , di cui fu il primo Sindaco democratico, accorse doverosamente ai suoi funerali. ♦ Per Pietro Barsanti. - I giovani del Fascio Mameli di Firenze quest'anno hanno voluto commemorare l'anniversario della fucilazione di Pietro Barsanti con la pubblicazione di un numero unico consacrato alla memoria del martire repubblicano. Ed hanno fatto molto bene. Questo della fucilazione del Barsanti alla vigilia dell'entrata degli italiani in Roma è uno degli episodi più disonorevoli per la monarchia italiana ed .è giusto, che non cada nell'oblio. Il numero unico costa 5 centesimi e per--averlo bisogna rivolgersi ai bravi giovani del Fascio ·Mameli in Firenze Via Pandolfini 17. ♦ Un articolo di George Sorel.-Ci pervenne troppo tardi per darlo in questo numero. Tratta dell'opera di Waldeck-Rousseau ; ma con tanto acume e novità di' osservazioni , che riuscirebbe sempre interessantissimo, come tutti quelli del nostro illustre collaboratore, anche se p~bblicato fra un anno. Lo daremo nel numero prossimo. Noi

426 RIVISTA POPOLARE Intransigenza, unità e repubblica al Congresso di Amsterdam In altra parte della 'l(ivista vengono rilevati un episodio caratteristico del Congresso di· Amsterdam l'accordo tra Plekhanofl e Katayama, e il voto sullo sciopero generale. Qui vogliamo occuparci di altri punti interessanti e di certe manifestazioni equivoche sul principio repubblicano (1). Gl'intransigenti italiani, con a capo Errico Ferri, gongolano di gioia pei successi, che hanno ottenuto al Congresso di Amsterdam le loro idee e i loro metodi. Fu votata la intransigenza , cioè la lotta di classe nel senso più rigido e come contorno allegro anche l' unita del partito. Gl' italiani ne sono allegri perchè i due voti corrispondono a quelli del Congresso di Bologna ed anche di quello di Brescia, che alla toro volta furono rifritture dei voti del Congresso di Dresda, di cui si parlò molto nella metropoli commerciale dell'Olanda. L'intransigenza votata ha carattere internazionale ed .impone l' uniformita ai socialisti di tutte le naz10m. Ora l'uniformità dei metodi e dei principi colla profonda differenza delle co·ndizioni politiche, intellettuali e morali rappresenta la negazione del!' esperienza e del metodo positivo e darebbe sempre risultati disastrosi se non ci fosse il correttivo del contrasto tra la pratica e la teoria. Quando si tratta di applicare i principi si trova sempre modo di accomodare Ja coscienza agli strappi dati e da dare a tutti i voti dei Congressi socialisti.... ed anche repubblicani. In teoria, in ogni modo, ha rrjonfato l' assurdo e di fronte alla decretata soppressione di ogni autonomia nazionale Gerault Richards nella Petite Republique melanconicamente osserva « una formula redatta da Kautsky e commentata da Bebel si applicherebbe a tutte le circostanze, a tutte le crisi, a tutte le quistioni di dottrina o di tattica, in tutti i partiti socialisti dell'universo. Non ci sarebbe per i proletari del mondo intero che un cervello, quello di Kautsky; che una voce, quella di Bebel. Certuni spingono l'audacia sino a dire che questo è insufficiente. >) (N.0 del 19 agosto). Undici anni prima di Gerault-Richards, all'indomani del Congresso di Zurigo (1893) Bernstein, che allora passava per ortodosso nella Neue Zeit scriveva : « A causa delle differenze politiche , sociali ed economiche dei diversi paesi , le quistioni di tattica non rientrano, a mio avviso, nel circolo delle quistioni che un Congresso internazionale deve troncare. E' impossibile fissare una linea di azione che abbia la medesima opportunità in tutti i paesi. Una misura buona in uno può essere cattiva in un· altro ; ciò che produce poche difficoltà all'uno, impone grandi sacrifìzi ad un altro >). La rievocazione dei . deliberati del Congresso di Dresda, di cui non si volle neppure l'attenuazione nella forma, quasi a solo titolo di cortesia, chiesta dall'emendamento Vandervelde-Adler, fu cagionata dai casi della Francia e discussa e votata quasi in odio a Millerand ed a Jaurès. Fu la partecipazione (1) Sui rapporti tra repubblica e socialismo richiamiamo l'attenzione dei lettori sull'articolo di' A. Naquet che troveranno nella 'Rj.vista delle Riviste. dei socialisti al governo borghese e il loro appoggio al medesimo che determinò il voto e la discussione. Ma anche sull' uno e sull' altro lo stesso GeraultRicl1ard con fine ironia osserva: « che colpa hanno i socialisti francesi se in Francia si è creato uno stato di cose che permette ad un socialista di accedere il potere ? E che possono farci essi se l' Imper,1tore di Germania non si degna di chiamare Bebel al posto di von Bulow; se lo Czar non sostituisce Plekhanofl: a de Plehwe ? » I due grandi giornali socialisti quotidiani della Francia, L' I-fumanité e La Petite republique si compiacciono poi nel constatare, che i paesi liberi Inghilterra, Svizzera, Olanda, Danimarca e parte della Francia - votarono per la mozione Adler Vandervelde, contro l'assolutismo di Dresda, - e che al1' intransigenza dettero il loro voto la Russia, la Spagna .... Il tracollo in favore dell'intransigenza venne da] rappresentante del Giappone, dove il socialismo non ha il diritto all'esistenza. Non va dimenticato neppure che la mozione intransigente di Dresda trionfò come certi accusati in Corte di Assise : per la parità dei voti , 21 contro 21. L' unità del partito socialista in tutto il mondo fu votata all' unanimita .... Questa stessa unanimità toglie serietà al voto; e che cosa possa valere noi lo sappiamo dalla triplice incarnazione dell' unità uscita dal Congresso di Bologna. Il voto non sopprirnera nè Jaurès in Francia, nè Bernstein in Germania, nè Turati in Italia; e non sopprimerà neppure tutte le differenze, che il socialista tedesco Robert Michels ha chiamato incoerenze internazionali ; e sono numerosissime come può apprendere chiunque vorra leggere l' articolo pubblicato nella 'RJJ orma sociale del 15 agosto. Se l'intransigenza che ha trionfato possa nuocere o giovare al socialismo si può infine desumerlo sino ad un certo punto dal contegno dei suoi avversari. I quali, in Francia almeno dove ha la mozione di Dresda un significato speciale , ne sono più contenti di Ferri e di Walter Mocchi. Gli organi della borghesia ed il capitalismo, infatti, esultano e profondono lodi a Guesde, Vaillant e agli altri rivoluzionari, per la loro logica, pel loro carattere ecc. Questo dato non potrebbe servire per dimostrare che il possibilimio di Jaurès, tanto odiato dai reazionari , abbia giovato alla causa socialista ? ♦ ' Ed ora veniamo al punto che c'interessa maggiormente. Al Congresso di Amsterdam si parlò di repubblica non dai soli repubblicani, come Jaurès, ma anche da quelli che lo sono in forma equivoca, come Bebel. · Passiamo sopra alla settaria dichiarazione di Jules Guesde: egli pur di nuocere a Jaurès e di negare la benemerita opera sua disse che 11011 c' era da salvare la repubblica in Francia, perchè essa non aveva corso e non corre alcun pericolo .... Che magnifica faccia tosta ! Quanta ragione ha avuto Bonanet a rimproverare a questo inacidito settario il funambolismo di cui dette prova nel 1893, quando, perchè eletto deputato , si rimangio , senza creparne d' indigestione, tutta la sua precedente intransigenza; e quanta giustificata amarezza c'è nel rimprovero mosso ai repubblicani francesi per non aver saputo ptotestarg

RIVISTA POPOLARE 427 energicamente contro le insane affermazioni dd Guesde !... Noi speriamo di potere avere un pò più di spazio nel prossimo numero per potere dare gran parte del discorso di J ean Jaurès; oggi dobbiamo occuparci delle dichiarazioni di Bebel. Fu egli contrario o favorevole al principio repubblicano ? Fu equivoco; e l'equivoco suo fu più nel la sostanza che nella forma. Che le sue dichiarazioni siano state equivoche risulta da diverse circostanze. Quasi tutti i giornali d' Italia, com presa L' Italia del popolo, hanno affermato, che egli abbia parlato contro la repubblica. Furono malamente informati i nostri diari? Non compresero bene il tedesco di Bebel o la traduzione francese che ne fece Vanderveld o i loro corrispondenti ? Può darsi. Ma chi era presente ad Amsterdam e comprendeva benissimo l'una e l'altra lingua, il belga Fournemont, ben conosciuto tra noi , affermò nettamente in pieno congresso che il discorso di Bebel era stato anti-repubblicano , ed era riuscito ad una difesa della monarchia in Germania, e ad un'accusa della repubblica in Francia, benchè provocasse le proteste di Vandervelde e di molti altri , che asserirono il contrario. D' onde il contrasto nella interpetrazione di un discorso fatto da due uomini del valore di Vandervelde e di Fournemont, che avevano sentito colle proprie orecchie? Dal fatto incontrastabile che la forma era stata repubblicana e la sostanza monarchica o almeno impeciata di quell' amorfismo politico che credevamo una caratteristica dei socialisti italiani, ad eccezione di alcuni redattori dell' Avanguardia Socialista di Milano e della Propaganda di Napoli (1). L'uno dette importanza alla forma e l' altro alla sostanza. Il contrasto tra l'una e l'altra fu evidente. Sacrificando un poco alla forma Bebel aveva affernrn to: « Noi siamo repubblicanie non l'abbiamo tnai negato;noi invidianio la repubblicaalla Francia... Ma si sta meglio sotto l'Impero in Germania. In Germania la libertà dello sciopero e dell'associazione è completa; le truppe non intervengono contro gli scioperanti; il regime fiscale vi è migliore ; i socialisti vi esercitano una maggiore influenza e vi strappano maggiori riforme sociali, che sotto la repubblica io Francia >). Ed a questo non si limitò il Bebel; ma in lui fece capolino la vecchia anima germanica e volle anche negare ogni merito ai repubblicani francesi anche nel passato non prossimo. « Voi, egli disse, vi vantate di possedere il suffragio universale ; e questo ve l' ha restituito Napoleone 3° dopo il colpo di Stato. Voi vi fate beli.i della repubblica; e questa ve l' ha data Bismark facendo prigioniero il vostro Imperatore.... )) Ci arrestiamo qui, perchè la filosofia della storia di Bebel è tanto volgare e calunniosa che in tale uomo ce la possiamo spiegare soltanto con una improvvisa recrudescenza di chauvinisnie tedesco. Questo potè essere linguaggio da socialista; ma da socialista alldeutsche.r... di quelli che designano gli (1) Anche nel penultimo numero dell'Avanguardia (13 agosto) c' era una vigorosa risposta a Filippo Turati, che aveva messo uno storto giudizio contro la repubblica in bocca a Carlo Marx. italiani col dispreziativo nomignolo di J(atzelmacher (fabbricanti di gatti di gesso) e che se riconoscono che Dante fu grande, egli è che se lo appropriano e ne fanno un .... tedesco ! - Bebel non mancò di promettere ai francesi di far loro conoscere la vera repubblica ; quella della Germania. Ma dichiarò loro che devono avere la pazienza di attendere sino a tanto che i socialisti ottengano nelle elezioni sette milioni di voti. Aspetta cavallo che l'erba cresca .... E in attesa che cresca l' erba repubblicana in Germania per potere ammirare Ja repubblica delle repubbliche, la repubblica delle razze superiori e dei superuomini, noi vedremo i monarchici italiani andare a pescare nell'arsenale di Bebel i fulmini logici per annientare la propaganda repubblicana in Italia. La Rivista •Hll II IU •oli; 111111 IIU 11111 .CHI 111!111111 IIHI lii 111111111111 !Ulllllll lll l• IIII I IIIII Verso lo scrutiniodi lista Si è fatta dalla Tribuna la proposta di ritornare allo scrutinio di lista; e dal giornale che caldeggia la proposta si argomenta, che l'on. Giolitti sia favorevole alla medesima. Che cosa guadagnerebbe il paese col ritorno a questo sistema di scrutinio? che cosa vi guadagnerebbe la democrazia? e sopratutto : segnerebbe l' inizio di un risanamento della nostra vita politica ed un progresso sulla via della sincerità e del consolidamento d~l carattere? Ecco tante domande alle quali non è facile dare risposta adeguata e recisa. Il collegio uninominale e lo scrutinio di lista hanno i loro lati buoni e cattivi e non si potrebbe fare un taglio netto a favore dell'uno o dell'altro. L' uno e l' altro sono stati in vigore e in Francia e in Italia e i vari partiti, conservatori e liberali di ogni gradazione, volta a volta li hanno esaltati o biasimati. In Francia dallo scrutinio di lista si · ritornò al collegio uninominale per recidere i nervi al boulanaismo; in Italia, invece, si procedette alla analoga riforma per com battere il confusionismo. Ricordiamo per un monumento quale fu lo spettacolo, che dettero gli elettori collo scrutinio di lista in tre elezioni generali dal 1882 al 1890. Dove i partiti politici erano ben delineati come nella provincia di Milano, di Mantova, di Ravenna, di Porli, di Torino e in generale in quelle del Piemonte, della Lombardia e deìl' Emilia, gli elettori dettero il voto alla lista del proprio partito e vi si afl:ermò legittimamente la maggioranza reale in un senso o in un altro. Altrove le cose procedettero diversa men te : furono i candida ti, di ordinario gli ex deputati, appartenenti a tutti i colori che si unirono e si coalizzarono tra loro: le votazioni avvennero in base a scambio di voti tra gli antichi collegi uninominali. L' antico deputato di destra promise l' appoggio del proprio collegio al1' antico deputato di sinistra, anche al repubblicano o al socialista; e viceversa. I consigli provinciali per lo più rappresentarono il caucus e furono gli intermediari dello accordo, assumendo una influenza politica, che loro non spettava a tutto danno della loro legittima funzione amministrativa.

428 RIVISTA POPOLARE Si può immaginare quanto abbia contribuito questo sistema a correggere la deficiente educazione del paese, specialmente nel ·mezzogiorno ! Fu un vero disastro politico e morale. Allo scrutinio di lista si attribuirono delle virtù mirabolanti : la scomparsa delle nullità da Montecitorio ; la diminuzione della corruzione elettorale. Ora in realtà le zucche vuote tornarono alla Camera collo scrutinio di lista nè più nè meno come col collegio uninominale; la corruzione continuò le sue devastazioni come prima. In quanto a corruzione, anzi, vi fu qualche peggioramento: fu concesso di esercitarla ai più ricchi , che ·raramente furono i più onesti e i più intelligenti. Ciò che si ottenne collo scrutinio di lista fu questo: 1° crebbe il pervertimento politico e la confusione delle lingue, che non poco contribui a generare il trasformismo; 2° dette agio ai più abili, cioè ai più immorali, di emergere colle combinazioni sbalorditive, intese ad accaparrarsi voti dai candidati delle altre liste con un sistema di ripartizione sapiente dei voti dei paesi nella propria sfera d'influenza. Rammentiamo un tale, - oggi è senatore del Regno, per merito del sangue fatto spargere io una precedente elezione, - che vanta vasi di avere diviso il proprio antico collegio uninominale come un cocomero e di averne assegçata una fetta a tutti gli otto candidati delle due liste in lotta. E così egli, che valeva meno di tutti, in cambio della fettina di cocomero , ottenne voti dagli altri sette candidati ed ebbe una elezione trionfale ! 3° assicurò al governo una influenza straordinaria esercit~1ta per mezzo dei suoi organi sempre a posto e che si muovevano ordinatamente, puntualmente ed energicamente ad ogni tocco del bottone di un apparecchio elettrico. I deputati eletti con questo sistema furfantesco, però, ebbero 1a loro punizione -- esemplare sopratutto nel mezzogiorno - sotto forma di pioggi:i di lettere, di telegrammi, di richiesta di raccomandazioni e protezioni di ogni genere. Questa non benefica pioggia preesisteva allo scrutinio di lista, ma era limitata : cascava sulle spalle del deputato dal solo collegio, che lo aveva nominato. Collo scrutinio di lista ogni elettore credeva di avere acquistato il diritto di rivolgersi contemporaneamente ai quattro, ai cinque, a tutti i deputati del collegio plurinominale. Perciò su di ogni singolo deputato la pioggia si triplicò , si quadruplico , si quintuplicò a seconda del numero dei deputati che venivano nominati da un dato collegio ! Con ciò il funzionamento del regime rappresentativo non poteva che peggiorare perchè si aumentarono i rapporti illeciti, i favori chiesti e concessi, tra deputati, ministri e funzionari di ogni genere. E ministri e funzionari sentirono maggiormente la pressione delle raccomandazioni perchè per un d3to aflare e in favore di un solo individuo non ne veniva una sola , ma parecchie ad un tempo e spesso da deputati di diverso colore. Le considerazioni esposte lasciano intendere che non sono partigiano dello scrutinio di lista nelle condizioni attuali e col regime di uniformità che, naturalmente, dovrebbe prevalere. Però riconosco che il modo come si tornò al collegio uninominale non poteva essere più vergonoso ; e ciò per colpa di Giovanni Nicotera , che da ministro dell' interno tagliò i collegi coi criteri più disonesti dell' opportunismo sfacciato. Basta guardare alla provincia di Napoli per convincersene: ad ogni collegio della città venne aggiunta una lunga striscia della provincia , che d0veva servire come contrappeso neutralizzante di un dato partito o dell' inflnenza di un dato uomo. Mantenendo il collegio uninominale, quindi, sarebbe necessario, assolutamente indispensabile, correggerne le circoscrizioni per farne delle unità organiche quanto più è possibile. Una riforma all'inglese, circoscritta nello spazio, si potrebbe tentare utilmente. Si potrebbe fare delle città coi loro sobborghi , qualunque ne fosse l' estensione, un collegio plurinominale lasciando i collegi uninominali nel resto della provincia. In questa guisa si otterrebbero parecchi considerevoli vantaggi: si avrebbe la rappresentanza di aggregati omogenei per le tendenze politiche e per gl' interessi economici; s' impedirebbe lo schiacciamento della città per mezzo della campagna o quello della campagna per mezzo della città , assai più impro- ·babile. Il benefizio non sarebbe piccolo dal lato della sincerità della rappresentanza; poichè in Italia, come dapertutto, c' è diversità d'interessi e di convinzioni tra i centri urbani e i centri rurali e non • è onesto e neppur utile lasciare senza rappresentam::a legale gli uni o gli altri. La disciplina maggiore dei partiti che c' è nelle città , poi, servirebbe come esempio educ:itivo alle campagne circostanti e le preparerebbe ad ulteriori trasformazioni, alla fusione dei collegi che dovrebbe seguire e non precedere la fusione degli interessi e deile convinzioni. Tutto ciò in conformità del metodo evolutivo, che è sempre la mia direttiva. Se poi non fossimo sotto il regime della uniformità legislativa noi non esiteremmo a consigliare lo scrutinio di lista nella Lombardia, nel Piemonte, nell'Emilia e quello uninominale r;el resto d'Italia; vorremmo però che fosse mantenuta la' rappresentanza della minoranza col primo nella speranza, che coll'aumento della coltura .e della educazione politica del nostro paese fosse possibile vedervi attecchire il sistema di Hare , il solo che assicura la rappresentanza proporzionale ai singoli partiti secondo la loro reale importanza ; il solo conforme a ragione ed a giustizia; il solo che. elimina i colpi di maggioranza ed assicura la gradua.le evoluzione degli uomini e delle istituzioni. Lo Zonco 111111111111 li I li I li lii llll li I li lii li lii li li I I IIIIII I li 111111111111111111111111111111 I 1111 Transizione e transazioni ----~---- Le tempeste passionali domestiche di Marcu Froment , in Verità - il più vissuto dei romanzi di Emilio Zola - m'invogliano a prènder la penna per fissare qualche forse non inutile riflessione. Egli - ricordate ? - era stato licenziato maestro primario dalla scuola normale di Beaumont; e, siccon~e questa era diretta da tale Salvan, positivista tutto d'un pezzo, il quale della vita s'era fatta una missione contro la triplice menzogna convenzionale clerico-antisemita-nazionalista, - Marco era venuto su pure lui positivista battagliero, dalle idee largamente umanitarie. Sposata Genovieffa Berthereau, orfana' di un libero pensato're e di fresco uscita da un educandato religioso, imprende

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