162' RIVISTA POPOLARE rimpol_pettare il lavoro con quelle scene di falso Ahruzzo e di nessun tempo che sono d'un grottesco, ma d'un grotte~co unico, massime sulla scena!. ... » Continua il Calvi : « Ancora, preghiamo i lettori di considerare la Yolgarità spettacolosa· dei finali di tutti e tre gli atti. Tale volgarità è stata certamente uno dei coetiìcienti del trionfo teatrale, ma al lettore tranquillo non può sfuggire. Le folle, anche ~e di gente sbrigliata e non analfabeta, sono cosi fatte che non avver.tono se non il grossolano; è assioma di psicologia collettiva, che il greco Focione non ignorava, quando applaudito volgevasi a domandare al vicino quale corbelleria avesse mai detto ». Il cl'itico feroce della tragedia dannun7,iana dopo avere riconosciuto che « di veramente bello in questo canto dello antico sangue-come lo chiama l'Autore= non rimand se non la forma letter~aria: il D'Annunzio è pur sempre il grande poeta-retore» viene a questa. conclùsione di altro ordine che riproduciamo integralmente : . « A 'proposito di questa Figlia di Iorio= e per finire = nel coro dei critici esaltanti . ed anche un po'. esaltati , non mancò chi rièercasse la « ragio e etica » del lavoro, meravigliandosi che l'autore della Canzone dz Garibaldi , e della Laus Vi:tae - così fieramente pagana-. siasi fatto ora il dramatul'go della superstizione e indiretto fautore di reazione morale e sociale ». « Nel riguardo etico ed estetico, la spiegazione del fenomeno - trattandosi di scrittore così in voga come è il D'Annunzio - sarebbe certo interessante. Ma noi vogliamo proporre, senza malizia, una questione di forse maggiore pubblica utilità, nel riguardo morale : - ~< Il perchè dello strepitoso ,.trio11 fo della Figlia di Jorio, in un teatro della città che va famosa per il tradizionale buonsenso ambrosiano ». (Consnltare, per la non necessaria risposta, l' aneòdoto del bizzarro scrittore, che Vittòrio Imbriani narra nelle ultime pagine del suo studio sul Faust del Goethe, nel volume che s'intitola: Fame usurpate) », E chiaro: Giusto Calvi adirato dalle accoglienze che Milano ha fatto a D'Annunzio non esita a pro· clamare che il tradizionale buon senso ambrosia- . no è una fama usurpata. Noi non siamo del suo avviso e riteniamo che quella della Capitale ·morale sia una fama meritata, benchè non vi manchino lati oscuri e 11011 buoni. E dove e qual'è la colletti ,ità sociale perfetta? In quanto al contrasto tra la ragione etica della Canzone di Garibaldi e della Laus Vitae a v vertiamo che in poeti grandissimi manca spesso ogni ragione etica. 'Chi più ·pagano del Carducci? Ma i suoi versi sulla Madonna di Polenta nun sono tra i meno belli. E il Carducci del ca ira scrive colla stessa indifferenza I Ode alla RegÌna .... Si con ,tati, intanto, che il successo di Firenze ha superato forse quello di Milano. Anche la città dei ·fiori ha una fmna usurpata? Lo Zotico rer colorocheprocuranodeinuoviabbonati alla RIVISTA POPOLARE ~ Chi procura Ut) abbonato avrà diritto ad uno dei seguenti prem gramiti: a> .Si&t?Ota .So1e di Paolo Remer; L'11'r}pe:rla1is1'r}o i11&1ese di F. S. Nitti. b) L'i.sttuzio:t:)e e1e1'r}et)tate di C. Vaccaro; La fisio1o&ia cle1 ge11io del • rof. Gallerani. c) I c011fH ttl 11aziona1i dt Savelli; La 1'r}a1atia it) Italia di 'l3erteaux. d) Jylouve1'r}e:t:)ts .sociau:x: e11 ItaHe di N. Colaja1,ni. e) GH ù.fflc:i del 1avoto di N. Colajanni. /) La &tat")cle 1!>att.a&Ha cle11avò:ro d1 N: Colajanni g) Ji{e1 reg110 cle11a 1'r}afla di N. Colajanni. STELLONCINI LETTERARI XVI. La figliadi Jorio = Arte odierna = Arteantica = Arte ant1ch1ss,ma = Letteratura contemporanea = Un romanzo francescano = L'ombra = Le sette lampade d'oro = Tre volumetti~i versi = Saggi, discorsi e riviste. « O rinnovarsi o morire », scrisse Gabriele d' Annunzio in una sua celebre prefazione: e ad ogni suo libro egli si rinnova, infatti, con una versatilità prodigiosa, e rivela un diverso e sempre fulgido Iato del prisma iridescente dell' arte sua! La tragica FigUa di J01·io, alla quale il difficile ed elettissimo pubblico di Milano ha decretato pel µl'imo il trionfo della riba.l ta, riesce, anche letta in volume (Milano, Treves), un'altra sorpresa, e rappresenta una nuova metamorfosi del proteiforme poeta abruzzese: - forma e sentimento, pensiero e visione, tutto s1 stacca recisamente dal consueto, tutto dischiude orizzonti inesplorati di creazione estetica: la. metric11. ingenua e quasi selvaggia, il verseggiare monotono e rude, le assonanze quasi puerili, le rime li~ere d'ogni legge, gli se olti, gli accenti non ligi se non agli sbalzi della passione e della fantasia , le can tilene di suoni e di parole anche incoerenti, anche insensate, il linguaggio e lo stile mezzo dia-Iettali, dàn già alla trage,lia rusticana un sapare di verità, un colore locale pieno di suggestioni e d'evocazioni; gli arcaici disegni, poi, e gli ornati semibarbari del De Carolis, e gli stessi caratteri tipografici dell'artistica edizi :.me, ch'è per sè sola un giojello, co pletano l'illusione, e traspongono l'animo nostro nel tempo come nello spazio, creando quasi quello stato d'imprLcisione, d'indeterminatezza nelle nostre impressioni, per cui meglio nel concreto sentiamo l'astratto, nel singolare il collettivo, nell'individuo la ruza, nel fatto la legge, nel reale l'ideale. Sentimenti primitivi e passioni violente, rassegnazioni supine e tirannidi cieche, sacrifici er ici ed· egoismi bruti , trascinano subito, dopo le prime scene di p1·eparazinne aspettante, nella vertigine della tragedia, nelle emozioni terribili del destino che si determina inesorato. Destino insito fin da principio· in quelle anime strane ed oscure, che pensano e parlèl.no e agiscono tutte, come i personaggi di Eschilo, sotto l'impulso incosciente dei dogmi e dei pregiudizi tradi7.ionali, sotto la suggestione, sotto la fascinazione, d'una fede idolatra, mista di paganesimo e di cattol cismo, fatta d' allucina7.ione e di miti. Se tale sia Ò non sia realmente l'anima profonda del popolano abruzzese, . non so, nè mi preme sapere : l'opera d'arte non ha da es• sere ligia nemmeno al vero , come non ha da e~serlo al bene , ma solo al bello : ed opera bella , cioè forte , cioè affascinante, cioè travolgente, ha fatto Gabriele d'Annunzio con questa « Figlia di Iorio»: e noi estetisti applaudiamo: fischino pure i pedagoghi e i pedanti. * A proposito di estetica.: un bel libro d'estetica sono ap pun1o i Nouveaux essais sur l' a1·t contemporain (Parigi, Alcan), che il ~• .-,rt:,11s-<.:hw ,erti ha fatto ora 1:,eguire alla seconda edizione dei primi, tanto acclamati, e a.Ila sua. .squisita « Psychologie d'une ville», in cui parla con tanta suscitatrice eloquenza della Venezia del Nord, di Bruges la e. mo1·ta, della fia minga città del silenzio e del s,)gno, della bellezza e dell'arte. Chi ha letto l' altt·o volume dei « Saggi », ra,mmenta co,n'essi tracciassero quasi uno schema generale e teorico d'una estetica un poco astratta e un bel po' metafisica, secondo l'innato gusto settentrionale, ma piena _di delicatezze e di sfumature; e come nell'ultimo capitolo so larnente, Yi si tentass~ qualche princip.io d' applicazione pratica di quelle elevate dott1·ine. Ebbene, questo volume è del tutto positivo ed applicativo: l'estetica YÌ assume carattere di proposte concrete e di suggerimenti :,Lilitari; l'esempio vi segue immediatamente la regola, e la legge vi a.spira in ogni pagina all'opera di creazione. I tre primi' saggi propugnano infatti il rinnovamento dell'architettura, sia in sè stessa, sia come matrice e come superbo sfondo alla plastica ed alla pittura monumentali, mirano a farla penetra.re, e con lei tutta l'art.e, nella vita sociale, nell'edilizia cittadina; vogliono l'abtellimento della città moderna per opera degli artisti, finalmente compre:Si e asco Itati dai governanti sotto la pressione qel gusto e della "olontà sovrana del popolo, ·
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