• RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI 353 colare che sorge nel mezzo. Queste abitazioni sono umide, malsane, scarsamente aerate ed illuminate da anguste finestre quadrangolari.... Pei pastori spesso le abitazioni consistono i.n paglia di frasche•. , Nella provincia di Catanzaro, dopo aver parlato del cattivo nutrimento, il relatore si domanda : « Che dire poi delle abitazioni 1 Esse lasciano molto a desiderare per igiene e per comodità. Il povero giornaliero dorme spesso in meschini pagliai, senz'aria e senza luce e dove spesso l'acqua di pioggia scende a bagnare i meschini letticciuoli messi a casaccio per le di verse persone della famiglia, se pure non sia uno solo per tutti. Lo zappatore sta menò male ...; il fittaiuolo benestante od il mezzadro, se non ha un'abitazione salubre, comodissima, al certo trovasi in condizioni assai migliori degli altri lavoratori)). Nella provincia di Reggio le case dei contadini . sono presso che simili a quelle delle altre due provincie, ed in qualche punto forse peggiori. Corrie dunque s'è visto, misere, oltre ogni dire, sono le condi7,ioni del1a classe agricola, in Calabria. Domandate un po' ai medici di campagna, i quali quotidianamente hanno occasione di vi.sitare gli stambugi dei poveri lavoratori, quante vol - te, nel portare la parola della scienza, non si siano trovati impotenti a lottare contro la morte, appunto perchè quelle case micidiali affrettavano la catastrofe; domandate un po' loro quante malattie che, con la sola osservanza dell'igiene, sarebbero subito scomparse, subirono invece mille complicazioni e condussero inesorabilmente alla fossa; domandate, infine, quante volte e quante dinan7,i a malattie che, più che la parola del medico, richiedevano aria, luce e sano nutrimento, uscì dall'animo loro una bestemmia contro la miseria che signoreggia sovrana in quelle ubertose campagne! Domandate questo ed altro ancora ai medici di Calabria ed essi vi risponderanno all'unisono che non per natuta i ·contadini calabresi sono deboli e malaticci, ma tali li rende la pesantezza delle fatiche, congiunta alla scarsi~sima alimentazione e alla povertà delle case abitate. ANNUNZIATO ORISERA' L.A.GUERRA I tre ronzini miserabili trotterellavano· negligentemente sulla china ripida del monte; nel punto in cui la stradicciola di Pafarella entra e si perde nella strada grande, si fermarono con visibile sodisfazione. Dalla grossa diligenza nera discese il pievano di San Marco, avendo in un·a mano un grande ombrello violaceo e nell'altra un grosso fagotto: dopo una rumorosa soffiata di naso e una presa di tabacco copiosa, si calò il. cappuccio sugli occhi e infilò la strada a sinistra. Dal ponte, in tanto, due figure s'erano staccate che attendevano; la donna si accostò allo sportello della diligenza e, scambiato uno sguardo con l'uomo che la segui va da presso, entrò ad occupare i.l posto che era stato del pievano di San Marco; poi prese di tra le mani dell'uomo un grosso sacco e l'acconciò tra' piedi suoi e quelli dei suoi compagni di viaggio. Una mano inguantata chiuse lo sportello con forza, mentre la diligenza s'illuminava debolmente della 1 uce d'un zolfanello, co' 1 quale il postiglione attizzava la pipa; s·'intese una bestem'- mia, lo schioccar della frusta e la diligenza riprese la sua strada. L'uomo del sacco le si trascinava dietro con pena, sforzandosi d'agguagliare il negligente trotterellar dei ronzini co' 1 suo stentato saltellare sulla gruccia. Aveva solo un gamba; ma non dal.la madre sua era stato figurato in quel modo; ragazzo, anzi, mentre pascolava H breve armento nelle fresche· mattine di maggio, gareggiava al lç1.corsa co' 1 torello e co' 1 cane, fedele guardiano della mandria. Erano corse lunghe allora tra verso al prato tutto verdeggiante, salti audacissimi. oltre le Hiepi e i burroni, che ~li imperlavano di sudore la fronte, mentre gli rendevano i garetti d'acciaio. E quelle corse sfrenate a vevano tutte, un.a fine pre~so che eguale: una dolce carezza al torello - ' una amichevole lotta co' l grosso cane, una sassata innocua alla magnifica Abbadessa, la regina dell'armento che sc_onfinava e una lamentosa can.:. ti.lena sulla zampogna. Nelle ore calde, ridotte le sue bestie all'ombra di una lunga fila di pioppi . tutti verde, si adagiava egli stesso sotto il pioppo più alto e più ombroso e là_traeva dalla zampogna le note più lamentose della sna cantilena. Là conobbe Margherita. Veniva tutti i giorni a quell'ora colla sua mamma a sciorinare e a so- · leggiare molta tela dopo averla bagnata nel fiumicello sottostante; q_uella tela scura e grossa che • tengono dJinverno le nostre donne e che alcune r,ontadine macerano e affinano e imbiancano con molti lavacri pazienti. Tutti i giorni a quell'ora accovacciato all'ombra del suo pioppo) egli seguiva collo sguardo la Margherita che andava su e giù pel prato biancheggiante, accomodando e ridistendendo quella pez;1,adi tela che allo spirare importuno del vento si fosse rattratta. Ma se aYveniva che la Margherita si rivoltasse in quel momento e dirizzasse g!i occhi suoi bellissimi verso la lunga fila dei pioppi ondeggianti, Nkola abbassava tosto lo sguardo vergognoso e ricorreva alla sua zampogna, traendone note ancora più lamentose delle consuete. Dove mai aveva veduto un donna sì bella? Dove mai aveva veduto una donna? Suoi compagni erano stati il grosso cane e il torello vivace, sua amica la magnifica Abbadessa, la regina della mandria; nè mai gli era Yenuto in mente che un giorno an0h,'egli potesse avere \lna don-
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